Versione note di latino dal testo "Lectio"

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Testo

Pag. 107, n° 36
COERENZA TRA FILOSOFIA E CONDOTTA DI VITA
Quelli, che molto volentieri “abbaiano” contro la filosofia, alquanto spesso mi rimproverano: “Perché i tuoi modi d’agire sono di gran lunga molto differenti dagli insegnamenti? Perché i tuoi pranzi sono più simili a quelli dei ricchi che a quelli dei filosofi? Perché in casa hai suppellettili più belle che in proporzione alla saggezza del filosofo? Perché nei tuoi banchetti si beve il vino più vecchio della tua età? Perché in Epiro possiedi più poderi di un re? Perciò, tanto più ognuno vuole essere stimato saggio, tanto più deve mostrarsi modesto. Infatti tutti coloro che sono sapientissimi vivono molto umilmente”. Se qualcuno mi rinfaccerà queste parole, non lo dirò alquanto insolente, ma risponderò: “I miei difetti sono più numerosi e più grandi che secondo la tua opinione. Non sono saggio, né mai lo sarò, perché la natura dell’uomo è alquanto debole. Tuttavia non pretendo da me stesso di essere uguale agli uomini ottimi, bensì migliore degli stolti. Questo fatto mi è sufficiente: che ogni giorno i miei difetti diventano minori. Per il mio morbo, come per la podagra, dispongo più palliativi che rimedi, contento se mi attacca più raramente e se dà meno fitte di dolore di giorno in giorno.
Pag. 234, n°132
DEVE IL SAGGIO DEDICARSI ALL’ATTIVITÀ POLITICA?
Soprattutto due scuole, degli Epicurei e degli Stoici, discordano su quest’argomento, ma entrambe, in diversa maniera, conducono all’ozio. Epicuro dice: “Il saggio non parteciperà all’attività politica, a meno che non sarà accaduto qualcosa”. Lo stoico Zenone dice: “ (sott. il saggio) Accederà all’attività politica, a meno che qualcosa non gliel’avrà impedito”. Uno si dirige verso l’ozio di proposito, l’altro per necessità. D’altra parte quella necessità ha un vasto campo di applicazione: se lo stato è troppo corrotto affinché possa essere sanato, se è occupato da mali, il saggio non si sforzerà in un lavoro superfluo. Se lo stesso (il saggio) avrà poca autorevolezza o poche forze, e lo stato non avrà intenzione di accoglierlo, se la malattia lo ostacolerà, come non metterebbe in mare una nave sconquassata, così non accederà ad un percorso che saprà (sott. essere) impraticabile. Dunque anche quello che ha tutte le cose a posto, prima che affronti qualche sciagura, può rimanere al sicuro e affidarsi subito alle buone arti e condurre una vita privata integra, cultore della virtù che anche gli uomini meno attivi possono esercitare.
Pag. 365, n°332
ESEMPI DI AUTOCONTROLLO
Bisogna seguire gli esempi moderati di quelli, ai quali non mancò né il motivo per adirarsi, né l’occasione per vendicarsi. Infatti che cosa sarebbe stato più facile per Antigono, re dei Macedoni, che punire due soldati, i quali parlavano male del loro re nella tenda? Aveva udito tutti i discorsi, poiché tra loro che parlavano e lui che ascoltava c’era soltanto una tenda; che quello scosse leggermente e disse: “Andate più lontano cosicché il vostro re non vi senta”. Il medesimo, poiché aveva ascoltato tra i suoi soldati alcuni che auguravano ogni male al re, che li aveva condotti in quel cammino e in un guaio da cui non si può uscire, si avvicinò e disse: “Adesso sparlate di Antigono, per colpa del quale siete incappati in queste difficoltà. D’altra parte, chiedete bene al medesimo chi vi ha condotto fuori da questo baratro”. La medesima sopportazione d’insulti ebbe il re Filippo. Tra gli altri legati di Atene era venuto verso quello Democare. Ascoltato volentieri il personale dell’ambasciata, Filippo disse: “Ditemi cosa possa fare che sia gradito agli Ateniesi”. Democare rispose: “Impaccati”. Si levò l’indignazione di coloro che stavano intorno, ma Filippo lo lasciò andare incolume e disse: “Voi legati riferite agli Ateniesi che sono molto più superbi quelli che dicono codeste cose, che quelli che le ascoltano senza reagire”.
Pag. 541, n°481
IL SAGGIO È AL DI SOPRA DELLE OFFESE
Dunque dico questo: il saggio non è sottoposto a nessuna offesa. Pertanto non importa quanti dardi sono lanciati contro di lui, poiché non è penetrabile da alcunché. Come la durezza di certe pietre non può essere scalfita dal ferro e il diamante non può essere tagliato o graffiato o rovinato, ma toglie la punta a ciò che gli va contro; come certe cose non possono essere consumate dal fuoco, ma, circondate dalla fiamma, conservano la loro durezza o forma; come certe rocce lanciate in alto infrangono in mare e le stesse, colpite per tanti secoli, non mostrano alcune tracce della violenza, così l’animo del saggio è solido. […] Cosa dunque? Non ci sarà qualcuno che tenti di recare offesa al saggio? Tenterà, ma (sott. accadrà che l’offesa) non potrà giungere a quello (il saggio). […] Come le cose celesti sfuggono dalle mani umane e da quelle, che distruggono i templi e fondono le statue, nessun danno è recato alla divinità, così, qualsiasi cosa che è prodotta sfacciatamente, insolentemente, superbamente, contro il saggio è tentata invano.
Pag. 331 n°254
IL TERRORE CONSEGUENZA DELL’IGNORANZA
Gioverà supporre nell’animo questo fatto: né il cielo, né la terra sono scossi dall’ira degli dei.
Questi fenomeni hanno le loro cause e non infieriscono per comando degli dei, ma, come i nostri corpi, sono turbati da certi vizi. D’altra parte per noi, che ignoriamo la verità, tutte le cose sono più terribili poiché la rarità accresce la paura di quelli. Con più leggeri spaventi per noi avvengono quelli famigliari; la paura è maggiore da quelli insoliti. Perché d’altra parte qualcosa è insolito per noi? Perché conosciamo la natura con gli occhi, non con la ragione, e non pensiamo a ciò che essa può fare, ma soltanto a ciò che ha fatto. E scontiamo la pena per questa negligenza, così come (sott. siamo) spaventati dai nuovi fenomeni, nonostante quelli non siano nuovi, ma insoliti. E allora? Non incute forse terrore superstizioso nelle menti, o se il sole sembra mancare, o la luna, quando si nasconde in sua parte o tutta? Non ci spaventano spesso quelle luci mosse di traverso e una grande parte ardente di cielo, le comete e le stelle viste durante il giorno e i repentini passaggi di fuoco, che lasciano dietro di sé una luce? Guardiamo senza timore nessuno di questi (fenomeni), ma la causa del timore è il non sapere. Quanto è meglio conoscere le cause e dedicarsi a questo con tutto l’animo!
Pag. 169, n° 79
LA SAGGEZZA STOICA
Ciò che gli altri filosofi insegnano in modo flacco e blando mi sembra (essere) simile a quei medici che prescrivono ai malati non ciò che sembra il rimedio migliore e più veloce, ma ciò che a quelli piace. Gli Stoici, al contrario, adottando una via virile, non si curano che quella via sembri (essere) piacevole, ma che ci conduca al più presto a quella vetta di saggezza che domina (che si erge sopra)la fortuna. Ma i luoghi, attraverso i quali siamo chiamati, sono ardui, ma il primo tratto ha soltanto rocce e dirupi, poi la salita sembrerà piana. Non ci sdegnano (mal sopportiamo) perché il suo tempo (gli uomini del suo tempo) abbia capito poco Catone e a noi sembra indegno che a quello che cercava di sconsigliare una certa proposta di legge sia stata strappata la toga nel foro e che, trascinato per la città, abbia dovuto subire parole e sputi e tutti gli altri insulti di una folla impazzita. Ma a Catone non fu di nessuna offesa che a lui il popolo abbia tolto la toga e che lo sputo abbia bagnato il suo sacro capo.

Pag. 541, n° 480
L’IRA É COME UNA PAZZIA
Pertanto certuni tra gli uomini sapienti indicarono l’ira come una breve pazzia; infatti, in maniera uguale, è incapace di frenare se stessa, si dimentica del decoro, è immemore delle necessità, è tenace e attenta in ciò che ha cominciato, è preclusa alla ragione e ai consigli, è sommossa da futili motivi, è incapace a distinguere tra giusto e vero, è molto simile alle macerie, che sono abbattute su ciò che travolgono. Allora, affinché tu sappia che coloro che l’ira possiede non sono sani, osserva lo stesso aspetto di quelli; infatti, come uno sguardo sfrontato e minaccioso, una fronte aggrottata, un volto truce, un andamento sconnesso, le mani inquiete, un colorito alterato, un respiro affannoso e veloce sono sintomi certi della pazzia, così sono medesimi i segni dell’ira: gli occhi sono accesi e strabuzzati, molto rossore diffuso per il volto, a causa del sangue che affluisce dal fondo del cuore, le labbra tremano, i denti digrignano, i capelli si drizzano e si arricciano, il respiro forzato e ansimante, il suono delle articolazioni che si contorgono, i gemiti e i muggiti e il modo di esprimersi precipitoso con suoni poco chiari e le mani battute insieme più spesso e pestata la terra con i piedi e il corpo tutto proteso ed esprimente grandi e irose minacce, il viso orrendo e brutto alla vista di coloro che si contorgono e si gonfiano d’ira – non sapresti se il difetto sia più detestabile o più deforme. Gli altri (sott. difetti) si possono nascondere e mantenere in segreto: l’ira trapela e si manifesta in volto.
Pag. 542, n°482
NECESSITÀ DELLA FILOSOFIA, CIOÉ DELLA SAGGEZZA
La filosofia non è un artificio popolare, né destinato all’ostentazione: non è nelle parole ma nelle cose. E (sott. la filosofia) non è utilizzata per questo, cioè perché il giorno si consumi con qualche distrazione, perché si sottragga all’ozio il fastidio: forma e dà struttura all’animo, dispone la vita, regge le azioni, mostra ciò che si deve fare e ciò che si può trascurare, siede al timone e dirige il corso in mezzo alla variabilità delle cose che sono mobili. Senza questa nessuno può vivere intrepidamente, nessuno tranquillamente; in ogni momento si presentano innumerevoli circostanze che esigono una risoluzione, che bisogna chiedere a questa (la filosofia). Qualcuno dirà: “A che mi serve la filosofia, se esiste il fato? A che serve, se c’è un dio governatore? A che serve, se domina il caso? Infatti e gli eventi prestabiliti non possono essere modificati, e niente può essere predisposto contro quelli incerti, ma, o un dio si è impadronito della mia decisione e ha deciso che cosa dovessi fare, o la sorte non concede nulla al mio giudizio”. Qualunque cosa esista tra queste […] bisogna filosofare: sia che le sorti ci vincolino con la legge inesorabile, sia che un dio, arbitro dell’universo, abbia disposto ogni cosa, sia che il caso metta in movimento e agiti senza ordine le vicende umane, la filosofia ci deve proteggere. Questa esorterà ad affrontare volentieri dio, con fierezza la sorte; questa insegnerà a seguire dio, sopportare il caso.

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