Materie: | Versione |
Categoria: | Latino |
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Data: | 22.06.2005 |
Numero di pagine: | 3 |
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Testo
Tacito
Annales
Versione 243 pag. 279 (Vertendi itinera)
Quando governa un tiranno
Lucano, Quinziano e Senecione negarono a lungo: quindi corrotti dall’impunità promessa, per giustificare l’indugio, denunciarono Lucano sua madre Acilia, Quinziano invece Glizio Gallo, Senecione, da parte sua, Annio Pollione, i loro migliori amici. [...]
Anche Lucano, Senecione e Quinziano non tralasciavano di svelare liberamente i loro complici, con Nerone sempre più timoroso, sebbene avesse protetto se stesso con le guardie, che erano state aumentate. Anzi, mise per così dire in carcere anche la città, in quanto le mura furono presidiate con dei manipoli, mentre anche il mare e il fiume furono occupati. [...]
In seguito Nerone ordinò l’uccisione di Anneo Lucano. Egli, mentre il sangue sgorgava, quando sentì i piedi e le mani raffreddarsi e l’anima ritirarsi a poco a poco dalle estremità, con il cuore ancora caldo e padrone della mente, ricordatosi di una poesia da lui composta, in cui aveva narrato che un soldato ferito era morto in un modo simile al suo, recitò quei versi, e quelle furono per lui le ultime parole.
Versione 264 pag. 300 (Vertendi itinera)
Sfrenatezza e depravazione nella Roma neroniana
I costumi degli antichi, aboliti a poco a poco, furono abbattuti del tutto dalla dissolutezza importata, cosicché nella città si vedeva ciò che in qualche luogo era corrotto e corrompeva, e la gioventù degenerava a causa delle passioni straniere, della frequentazione delle palestre e dell’esercizio degli ozi e degli amori illeciti, grazie al sostegno del principe e del senato, i quali non solo permettevano la dissolutezza con i vizi, ma ricorrevano alla forza affinché i nobili romani fossero disonorati in pubblico dal genere di orazioni e poesie. Cosa restava, se non per spogliare anche i corpi, prendere i cesti e preparare queste battaglie al posto del servizio militare e delle armi? O forse la giustizia si sarebbe accresciuta e le decurie dei cavalieri avrebbero compiuto meglio l’eccellente funzione di giudicare, se avessero ascoltato con perizia molli suoni e la dolcezza dei canti? Anche le notti si rivolsero alla vergogna, affinché non fosse lasciato del tempo al pudore, ma nella folla promiscua i più depravati osassero nelle tenebre ciò che avevano desiderato ardentemente di giorno.
Versione 270 pag. 307 (Vertendi itinera)
Dei e fato
La mia opinione è in dubbio, se gli eventi dei mortali siano determinati dal fato e da una necessità immutabile o dal caso. Infatti chi si sforza di emulare i più sapienti tra gli antichi e i loro principi, scoprirà che sono discordi, e che per molti il parere naturale è che né la nostra nascita, né la morte, né pertanto gli uomini stanno a cuore agli dei; perciò molto spesso gli avvenimenti funesti accadono agli onesti, quelli piacevoli invece agli uomini peggiori. Al contrario, altri ritengono che il fato corrisponde senza dubbio ai fatti, ma non per i pianeti, bensì nei principi e nella connessione di cause naturali; e tuttavia ci lasciano la scelta del genere di vita, e quando l’avessimo decisa, un certo ordine del futuro. E non è male o bene ciò che il popolo ritiene tale: molti, sebbene sembrino afflitti dalle avversità, sono felici, moltissimi invece, pur con tante ricchezze sono molto sventurati, se quelli tollerano regolarmente una sorte insopportabile, questi usano sconsideratamente la fortuna. Tuttavia alla maggior parte dei mortali non si può togliere dalla testa l’idea che sin dalla nascita di chiunque il futuro è stabilito, ma contro questa opinione si dice che proprio il futuro accade sconosciuto agli inganni di quelli che parlano: così la lealtà è corrotta dall’abilità, lealtà di cui avevano narrato i famosi esempi e l’età antica e la nostra.