Stichus «Stico»

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Testo

Stichus «Stico». Da tre anni le sorelle Panfila e Panegiri sono senza notizie rispettivi mariti, Panfilippo ed Epignomo, che sono all’estero a tentare la fortuna col commercio. Il vecchio padre delle due giovani donne, Antifone, è stanco dell’imbarazzante silenzio e vorrebbe indurle ad abbandonare il tetto coniugale e a chiedere il divorzio: ma le due “Penelopi” (vv. 1-2), pur ferite e preoccupate, resistono, tenendo con coraggio e fermezza le loro posizioni. Tanta fedeltà è finalmente premiata: il servetto Pinacio arriva trafelato dal porto con la notizia che i due mariti sono tornati. Da questo istante (II. 1 sgg.) l’atmosfera da nobile e composto “dramma domestico” si dissolve e lo spettacolo si trasforma in una festa totale: dei giovani, Epignomo e Panfili le rispettive mogli; del vecchio padre, che servendosi di un apologo di facile decifrazione chiede ai generi «due», anzi «quattro flautiste» in cambio delle due «figlie» che ha concesso loro; anche e soprattutto dei due rispettivi servi dei due reduci, Stico e Sagarino, che ottengono di spassarsela con la comune “amichetta” Stefanio. Il banchetto dei due servi con la servetta, anzi, ha luogo davanti agli spettatori e ha il privilegio esclusivo del finale (atto V). Si beve, si canta, si danza tra baci, strilli e scomposte moine. In chiusura Stico ordina agli spettatori: «Fateci un bell’applauso e andate a bisbocciare a casa vostra!» (v. 775). Lo Stichus, rappresentato su un palcoscenico in legno eretto all’interno del circo Flaminio in occasione dei ludi plebeii del 200 a.C., è una commedia di pura atmosfera, quasi senza storia, e di marcati spiriti carnevaleschi.

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