Somnium Scipionis (Cap. 9 e 10)

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Testo

CAPITOLO 9 SOMNIUM SCIPIONIS
Pag. 556

Dopo che ero giunto in Africa come tribuno a capo della quarta legione, per il console Manilio, come voi sapete, nulla fu per me importante quanto incontrare Massinissa, re assai amico della nostra famiglia per motivi giusti. Appena giunto presso costui, il vecchio avendomi abbracciato proruppe in pianto e dopo un po’ sollevò lo sguardo al cielo e disse: “Ringrazio il sole e gli altri dei perché, prima di morire, vedo nel mio regno Publio Cornelio Scipione, al cui solo nome io mi sento riconfortare: a tal punto mai il mio animo si allontana dal ricordo di quell’uomo ottimo e indomito”. Allora io gli chiesi notizie del suo regno, quello mi interrogò sulla nostra repubblica, e dopo aver scambiato molte parole dall’una e dall’altra parte quel giorno ci trascorse.

CAPITOLO 10 SOMNIUM SCIPIONIS
Pag. 557

Poi, ricevuti a cena con sfarzo regale, protraemmo la conversazione fino a tarda notte, mentre il vecchio non parlava di null’altro che dell’Africano, dando prova di ricordare non solo ogni cosa fatta, ma anche detta da lui. Quindi, quando andammo a dormire, stanco per il viaggio, e poiché ero rimasto sveglio per molte notti, mi avvolse un sonno più profondo del solito. A questo punto a me si mostrò l’Africano – credo senza dubbio in conseguenza di ciò di cui avevamo parlato; succede anche spesso che i nostri pensieri e i nostri discorsi producono nel sonno qualcosa di analogo a ciò che Ennio scrive di Omero, del quale da sveglio certamente soleva molto spesso pensare e parlare – con quell’aspetto che mi era più noto dal suo ritratto che da lui stesso. E quando lo riconobbi, subito rabbrividii; ma quello disse: “Rincuorati e non temere, Scipione, e tieni bene a mente quello che dirò”.

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