Lucrezio De Rerum Natura libro V

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Testo

In primo luogo quanta parte di cielo copre la grande volta celeste, di questa avidamente una parte la occupano i monti e le foreste delle bestie, le rupi e vaste paludi, e il mare che per un lungo tratto separa le coste. Inoltre di questa parte circa due terzi sono tolti ai mortali da un calore intenso e dalla frequente caduta di neve. Lo spazio che resta, tuttavia la natura con la sua forza lo ricoprirebbe di rovi se la forza umana non si opponesse per sopravvivere, abituata a gemere sul pesante bidente e a dissodare la terra affondando gli aratri. Se rovesciando con il vomere le zolle feconde e se lavorando bene il suolo della terra non la costringono a produrre, di sua volontà i frutti non potrebbero spuntare alla limpida aria; e tuttavia talvolta le cose ottenute con grande fatica quando ormai sono rigogliose sulla terra e tutte fioriscono o un sole più caldo brucia con calori eccessivi, o improvvisi acquazzoni e gelide nevi distruggono e raffiche di vento in un violento turbine le devastano.Inoltre perché la natura alimenta e fa crescere la specie orribile delle bestie, ostile all’uomo, per terra e per mare? Perché le stagioni portano malattia? Perché si aggira la morte prematura? Infine poi il neonato, come un marinaio sbattuto dalle onde in tempesta,giace nudo a terra, incapace di parlare, bisognoso di ogni aiuto vitale, appena venuto alla luce con sofferenze dal ventre materno e riempie le stanze di un pianto lugubre, come è giusto per colui al quale in vita resta da affrontare tanti mali. Ma le varie greggi, gli armenti e le fiere crescono e non necessitano di sonaglini e a nessuno devono essere rivolte le parole dolci e balbettanti dalla nutrice che allatta, né chiedono vari vestiti a seconda del tempo, infine non necessitano di armi, di alte mura con le quali difendere le proprie case, dal momento che la stessa terra e la geniale natura delle cose produce tutto in larga misura a tutti.
(Lucrezio - De Rerum Natura, V,200-234)

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