Letteratura e teatro nell'età augustea

Materie:Riassunto
Categoria:Latino
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Testo

Letteratura E Teatro
L'attività di librettista parallela a quella di poeta aulico, attesta da un lato la necessità, anche per autori come Lucano (39-65) e Stazio (40-96), di rivolgersi al teatro per ricavare proventi più sostanziosi dal lavoro letterario, e documenta la fortuna di cui godeva un genere come la pantomima. Questa era una rappresentazione teatrale introdotta a Roma, forse, sotto Augusto. Spesso la pantomima aveva carattere intensamente drammatico, un attore cantava, accompagnato dalla musica, il testo del libretto (fabula saltica), mentre un secondo attore, col volto mascherato, mimava la vicenda. La fortuna di questo genere di spettacolo a Roma fu enorme. Accanto ad altre forme teatrali minori, come il mimo e l'atellana, la pantomima costituì il genere di maggior successo popolare per tutto il primo secolo dell'Impero e oltre, un successo pari solo a quello riscosso dai giochi del circo, che in età imperiale diventarono sempre più spettacolari, sia per l'ingegnosità dei macchinari scenici, sia per la brutalità di gare come quelle dei gladiatori. Il tentativo di recupero del grande teatro tragico da parte dell'élite senatoria, destinato a un pubblico colto e ideologicamente ristretto non poté reggere il confronto con un fenomeno tanto rilevante, che colpiva la vita sociale e culturale di una metropoli popolata da grandi masse di italici e provinciali inurbati, sul cui gusto elementare, sensibile alle emozioni violente, quegli spettacoli facevano presa, quindi la letteratura coeva, specie quella in poesia, assunse, entro certi limiti e sorto certi aspetti, connotazioni teatrali. Nello stesso periodo si diffusero le pubbliche declamazioni. La declarnatio era un tipo di esercizio in uso da tempo nelle scuole di retorica. Un’opera di Seneca il Vecchio (50 AC-40 DC) fornisce un quadro dell'attività oratoria e dei principali retori del suo tempo. L'opera, Oratorum et rhetorum sententiae divisiones colores (sententiae = frasi ad effetto; divisiones = articolazione degli aspetti giuridici; colores = sottolineature stilistiche) è frutto dei suoi ricordi di scuola (è improprio, l'epiteto di Rètore con cui comunemente si definisce l'autore, poiché Seneca fu allievo di retori, non retore egli stesso). Seneca il Vecchio, padre del Seneca filosofo, nacque a Cordova, in Spagna, attorno al 50 AC, da famiglia equestre, divise la sua lunga vita tra Roma e la Spagna e frequentò gli ambienti romani socialmente più elevati. L'opera, composta negli ultimi anni della sua vita, testimonia quel mutamento che l'avvento del principato e la progressiva scomparsa della libertà politica produssero sull'attività retorica a Roma. Venuto meno lo spazio dell'oratoria politica e giudiziale, la retorica perse la sua funzione civile e divenne strumento per addestrare brillanti conferenzieri, immiserendosi in futili esercitazioni, le declamationes, che vertevano su temi fittizi, romanzeschi, irrisi da Petronio (20-66) nei primi capitoli superstiti del Satyricon. Tali argomenti erano scelti per la loro singolarità o stranezza, che doveva fungere da elemento stimolante sugli ascoltatori, accentuando così la limitazione in senso letterario degli esercizi di retorica. La declamazione diventò uno spettacolo pubblico. Seneca il Vecchio illustra i due tipi d'esercizi più in voga: la controversia, ossia il dibattimento, da posizioni contrapposte, di una causa fittizia, e la suasoria, consistente nel tentativo da parte dell'oratore di orientare l'azione di un personaggio famoso, della storia o del mito, di fronte a una situazione incerta o difficile. Dell'opera restano un libro contenente sette Suasorie e cinque dei dieci libri di Controversiae, degli altri libri, perduti, restano degli estratti. Seneca fornisce anche un'interpretazione della storia dell'oratoria a Roma, fino alla decadenza dei suoi giorni, che egli attribuisce alla corruzione morale dell'intera società. A causa del carattere fittizio delle situazioni e di molte delle premesse, scopo dell'oratore delle declamationes non è convincere quanto stupire il suo uditorio, ed egli ricorre perciò agli espedienti più ingegnosi della lingua e dell'immaginazione: il manierismo delle forme, uno stile brillante e prezioso, che fa ricorso a tutti gli artifici dell'asianesimo, dall'accumulo delle figure retoriche al ritmo del periodo, all'uso esasperato dei colores, termine tecnico, con cui si indica la manipolazione di una situazione o di un concetto, per presentare il caso sotto l'aspetto più imprevedibile.
Le Recitazioni
Accanto alle declamazioni, si sviluppò un'altra forma di pubblico intrattenimento culturale, le recitationes, ossia la lettura di brani letterari, fatta dall'autore, davanti a un pubblico di invitati. L'uso di queste pubbliche letture fu introdotto da Asinio Pollione. La moda di leggere in pubblico i testi letterari, insieme al genere delle declamazioni, trasformò sia l'oratoria sia l'intera produzione letteraria, dando vita a polemiche vive anche nelle opere di Persio, Petronio, Giovenale contro la mania diffusa delle recitationes, e all'analisi più diffusa presente nel Dialogus de oratoribus di Tacito, che fa un resoconto del dibattito sulle cause della corruzione dell'eloquenza. Il mutamento di destinazione sociale dell'opera letteraria comportò una trasformazione dei caratteri formali dell'opera stessa e la letteratura acquisì tratti teatrali, "spettacolari". Il metro di valutazione divenne l'applauso dell'uditorio, non più formato da quella ristretta aristocrazia del gusto cui si rivolgevano i poeti augustei, ma da un pubblico assai più ampio, di condizione sociale e culturale non sempre elevata, tale fatto implicò un processo di "volgarizzazione" del prodotto letterario. Questa concezione della letteratura come esibizione d'ingegno, spiega la tendenza, tipica di tante opere del I secolo, fra le più emblematiche del nuovo gusto (come le tragedie di Seneca, o la Tebaide di Stazio), a costruire una serie di "pezzi di bravura" tesi a strappare l'applauso, a scapito dell'organicità dell'opera. Oltre che dall'invadenza della retorica, la letteratura argentea (la definizione indica il declino classicistico rispetto all'età aurea di Augusto e il mutamento del gusto e delle tendenze di fondo) è caratterizzata da una forte reazione anticlassica, sia sul piano dei contenuti (predilezione per temi e soggetti insoliti, esotici o spettacolari) sia su quello formale, con un'accentuazione dei toni cupi e patetici e della ricerca esasperata della tensione espressiva che, proprio per la sua intenzione di opporsi al classicismo augusteo, cede al "manierismo" stilistico, infatti l'abuso degli artifici retorici è uno dei tratti caratterizzanti della letteratura del I secolo DC. Nella tensione espressiva che la anima, la letteratura della prima età imperiale rivela anche l'intimo disagio di una realtà sociale e culturale che vede mutare i propri orizzonti e i propri valori.

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