La pentola del tesoro, Plauto

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Testo

Plauto - LA PENTOLA DEL TESORO

PERSONAGGI:

IL LARE DOMESTICO
EUCLIONE vecchio
STAFILA vecchia serva di Euclione
FEDRIA figlia di Euclione
MEGADORO vecchio
EUNOMIA sorella di Megadoro
STROBILO servo di Megadoro
PITODICO servo di Megadoro
LICONIDE figlio di Eunomia
STROBILO servo di Liconide
ANTRACE E CONGRIONE cuochi
FRIGIA E ELEUSIA suonatrici di flauto

Per permettere che la giovane Fedria vada in sposa più facilmente, il Lare domestico fa trovare al suo vecchio padre Euclione, uomo avido, gretto e avaro, una pentola piena d’oro. Il Lare spera così di sistemare le cose tra lei e il giovane Liconide, che, ubriaco, l’ha violentata.

Il tesoro è custodito gelosamente da Euclione che, sospettoso, nevrotico e ossessionato dall’idea che qualcuno possa rubarglielo, maltratta chiunque si avvicini alla sua casa, specialmente la sua vecchia serva Stafila che, ignara di tutto, deve fare la guardia alla misera casa del padrone.

Nel frattempo, su consiglio della sorella Eunomia, il non più giovane Megadoro accetta di prendere moglie e indica come prescelta Fedria. Quando però Megadoro avvicina Euclione per chiedere la mano della ragazza, questi si insospettisce perché è convinto che Megadoro sia venuto a sapere della sua ricchezza e ambisca alla dote della figlia, oppure che lo stia prendendo in giro, perché non è frequente che un ricco si rivolga ad un povero senza secondi fini.
Ribadendo la sua miseria e il fatto che Fedria non merita di sposarlo perché non avrà nessuna dote, Euclione acconsente che le nozze avvengano il giorno stesso.

Sapute queste cose, Stafila si preoccupa per Fedria, che ormai è prossima al parto.

I servi di Megadoro cominciano così i preparativi: dividono i cuochi, i servi, i suonatori di flauto e il cibo, parlando tra loro dell’avarizia di Euclione, che non ha speso nulla per la figlia; Strobilo (di Megadoro) manda allora da Euclione i servi meno esperti e l’agnello più scarno.
Tornando a casa e trovandoci questi servi, il vecchio avaro, in ansia per la pentola, bastona il cuoco Congrione.

Per la strada, Megadoro si compiace di aver trovato una moglie povera che, non potendo sostenere che la sua dote è maggiore del denaro del marito, non può pretendere che egli soddisfi in futuro ogni suo capriccio.
Incontrandolo, Euclione si lamenta con lui dei servi che gli ha mandato in casa e dell’agnello, tutto pelle e ossa.

Poi, preoccupato per pentola, le cambia posto per l’ennesima volta e la nasconde nel tempio della Buona Fede, non accorgendosi che Strobilo, fedele servo di Liconide, è seduto nelle vicinanze e ha sentito e visto tutto. Non appena Euclione si allontana, infatti, Strobilo corre nel tempio, ma viene sorpreso dallo stesso Euclione che, avvisato da un corvo, è tornato indietro.
Il vecchio accusa Strobilo di furto, ma, perquisendolo e non trovandogli niente addosso, lo lascia andare intimandogli di non farsi più vedere.

Euclione decide allora di cambiare nascondiglio al tesoro, ma di nuovo Strobilo sente le sue intenzioni: lo precede nel bosco di Silvano e, appostato su un albero, riesce a vedere il nuovo nascondiglio e a rubare la pentola.

Liconide intanto rivela alla madre Eunomia, sorella di Megadoro, di aver violentato Fedria e le chiede di andare a pregare il fratello di rinunciare a sposarla, perché sta per partorire.

Di corsa, Strobilo giunge alla casa di Liconide e nasconde il tesoro, non facendosi vedere da Euclione, che, disperato, si appella alla gente per la strada chiedendo aiuto per ritrovare il suo oro.
Liconide lo sente e, credendo che si stia lamentando per la vergogna di Fedria che sta partorendo, ammette di essere il colpevole, suscitando l’indignazione del vecchio che gli domanda come abbia potuto toccare una cosa non sua e adesso davanti a lui rivendicarla come diritto. Chiarito l’equivoco, Liconide informa Euclione che sua figlia ha appena dato alla luce un bambino.

Tornato a casa Liconide, Strobilo gli racconta di aver rubato a Euclione la pentola e, dato che il padrone lo minaccia di torturarlo se non la restituirà al legittimo proprietario, Strobilo promette di farlo in cambio della libertà.
Liconide accetta e ridà il tesoro a Euclione che, felicissimo e sorpreso dalla sua onestà, decide di accordargli la mano della figlia e in uno slancio di generosità gli dona anche la pentola del tesoro.

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