La commedia

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Testo

TERENZIO E LA NUOVA SOCIETА
La commedia classica, dalla risata grottesca di Plauto, diventa critica del costume sociale
Nel II sec. a.C., reduce dalla vittoria della seconda Guerra Punica (218-202a.C.), l'Impero
romano diventa unico ed assoluto protagonista della scena politica e Roma assume, nel bacino
del Mediterraneo, il ruolo di centro politico e culturale interrogandosi sul proprio futuro.
Portavoce di questa nuova atmosfera, nel mondo del teatro, и Publio Terenzio Afro. Liberto
proveniente dalla Libia visse a Roma sotto la protezione della potente famiglia degli Scipioni
distinguendosi per le sue spiccate doti di commediografo; la sua attivitа perт fu ostacolata
dall'avversario Luscio Lanuvino che accusт Terenzio di plagio, di essere solo un prestanome
e di avere fuso piщ commedie greche per comporne di nuove in latino. Terenzio fu vittima anche
del pubblico che inizialmente non riuscм a comprendere e accettare le sue rappresentazioni a
causa della forte attrazione che esercitava il teatro plautino. Le commedie di Plauto infatti,
rappresentate anche a molti anni dalla morte dell'autore, riscuotevano parecchio successo per
la licenziositа che permetteva agli spettatori di estraniarsi dai propri problemi e di trovare

diletto. Ciт rappresentт per il giovane Terenzio un ostacolo alla propria attivitа che trovт
bloccata la strada verso il successo. Effettivamente il teatro terenziano non puт definirsi
erede di quello plautino, perchй diverso fu il periodo storico in cui i due operarono, diverse
le condizioni politiche, diversa la societа romana cui le commedie erano destinate. All'epoca
di Terenzio Roma si era sprovincializzata, era cresciuta, il proprio dominio si era allargato,
quindi era giusto che anche il teatro mutasse, era necessario che diventasse specchio di vita
vera. Al mutare del contesto politico non seguм perт il progresso ideologico del pubblico che
restт saldamente legato alla tradizione plautina, ripudiando e denigrando l'innovativo teatro
terenziano. Una testimonianza in tal senso и fornita da Terenzio nel prologo dell'Hecyra (il
prologo terenziano assume un valore molto simile al "cantuccio" manzoniano); qui l'autore,
portando in scena la sua commedia per la seconda volta nel 160 a.C., spiega che alla prima
rappresentazione avvenuta nel 165, gli spettatori avevano abbandonato in massa il teatro per
assistere ad uno spettacolo di gladiatori e saltatori, ritenuto piщ interessante. Il pubblico
non riusciva a capire che il teatro terenziano si poneva ad un livello superiore rispetto a
quello plautino; gli spettatori non erano nй pronti nй disposti ad abbandonare la classica
commedia degli equivoci cui erano stati abituati per passare a rappresentazioni in cui i
personaggi dietro una maschera di ilaritа nascondevano un dramma personale profondo.
Protagonista assoluto del teatro terenziano fu lo smarrimento della classe benestante che
Terenzio, portavoce verso il grande pubblico della famiglia degli Scipioni, ebbe il compito,
nelle sue opere, di tranquillizzare dal pericolo che il "parassitismo urbano", cioи quella
classe sociale costituita da stranieri, potesse mettere a repentaglio la loro vita. Cambiando
il destinatario, nel teatro terenziano cambiarono anche le situazioni, le scene, i protagonisti.
Si muovevano sulla scena personaggi appartenenti alla media borghesia, intere famiglie che con
fatica, e nel corso di piщ generazioni, avevano raggiunto una stabilitа economica; erano
personaggi tradizionali il cui modo di fare perт aveva subito una radicale trasformazione,
esulando dal canovaccio plautino. In tutte le sue sei rappresentazioni, a partire dall'Andria
del 166 a.C. fino agli Adelphoe del 160, и netto il distacco rispetto ai modelli tradizionali;
qui il nuovo spettatore romano trovava un termine di confronto, una nuova concezione della vita
e della societа. Lo sperimentalismo terenziano ebbe uno dei suoi punti forti nella figura della
cortigiana. Plauto in tutte le sua rappresentazioni aveva attribuito a tale personaggio uno stile
di vita dissoluto, dedito al vizio al fine di guadagnarsi di che vivere. Questo modo di agire
della cortigiana sulla scena mise in cattiva luce l'intera classe del parassitismo urbano, che
anche nella realtа divenne vittima di pregiudizi e di discriminazioni. Cosciente di tale
situazione e desideroso di rivalutare il ruolo degli stranieri a Roma, Terenzio operт una
radicale trasformazione nel carattere di tale personaggio. La cortigiana non si identifica
con colei che si unisce al dominus o al giovane per motivi economici, ma и una donna capace
di nutrire sentimenti veri e sinceri verso la persona amata. Non agisce mossa da istinto
egoistico, ma cerca di trovare un equilibrio interiore per migliorare la propria vita e quella
delle persone a lei care. Si adopera affinchи la propria posizione sociale non si infanghi e
soprattutto cerca di riscattarsi, di acquisire credibilitа e fiducia da parte degli anziani,
difficilmente disposti a spogliarsi delle loro false veritа, di stornare da sй quei pregiudizi
che la media borghesia plautina nutriva nei suoi riguardi. Un tentativo disperato, ma vincente
che fa della cortigiana una figura, rendendola piщ amabile agli occhi sia degli altri personaggi
sia del pubblico, ormai consapevole di vivere in una societа piщ sicura e piщ moderna e che rende
Terenzio il massimo rappresentante del nuovo teatro romano.
DEFINIZIONE
La commedia nasce nella Grecia classica: il termine, infatti, deriva dal greco "comodмa" e
significa "canto in onore di Dioniso" (il dio del divertimento, della gioia di vivere).
И una rappresentazione in cui gli eventi hanno una conclusione felice e ha la funzione di
divertire gli spettatori. Essa descrive i caratteri di personaggi comuni, appartenenti ad una
dimensione quotidiana della vita, di ceto sociale non elevato, differenziandosi anche in tal
modo dalla tragedia. Si avvale anche di elementi satirici, prendendo in giro vizi, difetti e
debolezze umane.
EVOLUZIONE
Nella societа greca il teatro era giudicato come una necessaria forma di educazione per tutti.
In modo particolare la commedia era occasione di una vivace critica di costumi (ad esempio
potevano essere lanciate dalla scena accuse contro i politicanti corrotti). Si trasformava dunque
in un dibattito civile, insegnando la "morale" attraverso la satira. Lo scopo della
rappresentazione era migliorare gli spettatori che avrebbero tratto una lezione dai fatti
narrati senza essere costretti a vivere personalmente casi analoghi.
Come i Greci, anche i Romani, che costruirono numerosi teatri nelle loro cittа, furono
appassionati spettatori di rappresentazioni sceniche; fra gli antichi commediografi merita un
ricordo la ricca comicitа di Plauto. Nell’etа medievale il genere cade in disuso, ma trova
nuova fioritura nel clima culturale dell’Umanesimo e del Rinascimento. Si notano due impostazioni.
Una ripropone la commedia "dotta", di modello classico: una seconda vuole aderire di piщ alla
vita reale, o dando piщ spazio all’elemento comico e burlesco o utilizzando addirittura il
dialetto.
COMMEDIA DELL’ARTE
Questo nuovo tipo di commedia ebbe una diffusione vastissima in Europa. Gli attori erano tutti
professionisti. Essi non avevano il compito di recitare una parte imparata a memoria, ma
improvvisavano, introducendo i loro "lazzi", cioи gesti e battute comiche di sicuro effetto.
Ogni artista diventava specialista in una parte fissa, in una "maschera", dotata di proprio
carattere e di proprio costume. Le maschere permettevano di improvvisare divertenti
rappresentazioni immediatamente comprensibili ad un largo pubblico.
COMMEDIA NEL ‘700
I teatri, in questo secolo, divennero assai numerosi in tutte le cittа italiane,
specialmente a Venezia, dove uno scrittore di grande talento, Carlo Goldoni operт la "riforma"
della commedia. Sostituм alla frivolezza in cui la commedia dell’arte era caduta una nuova
concezione del teatro, ristabilendo una visione educatrice e morale dell’opera scenica. La
cultura illuminista, del resto, induceva ad abbandonare i puri effetti scenici per fare
prevalere la verosimiglianza della storia e la diffusione della nuova mentalitа.
CARLO GOLDONI (1707-1793)
Goldoni fu un grande commediografo, non solo per numero e la qualitа delle commedie che ha
scritto, ma anche perchй ha saputo rinnovare il teatro italiano.
Ai suoi tempi la "Commedia dell’arte" regnava sovrana in ogni teatro e gli artisti prendevano
spesso spunto da autori stranieri, improvvisando delle favole senza una chiara struttura ed
anche immorali. Queste rappresentazioni non piacevano a Goldoni il quale era convinto che lo
scopo principale e piщ nobile della commedia fosse correggere il vizio.
Nel 1738 egli fece dunque rappresentare il Momolo cortesan, in cui la parte del protagonista
era interamente scritta: un’innovazione rispetto ad uno dei caratteri fondamentali della
commedia dell’arte, l’improvvisazione. Nella commedia La donna di garbo, scritta nel 1742-43,
egli presentт poi la prima opera in cui tutte le parti erano giа state interamente scritte.
Naturalmente, gli attori si opposero alle novitа che l’autore voleva imporre, perchй vedevano
sminuita la possibilitа di esibirsi come inventori di battute comiche. La libertа degli artisti,
che potevano combinare sulla scena tutti gli intrecci che volevano, cessт di colpo, poichй essi
erano obbligati a rispettare la parte scritta.
Goldoni, dopo molte lotte, riuscм ad imporre alle compagnie la recita di intere commedie scritte,
nelle quali egli proponeva non dei "tipi" (come erano le "maschere"), ma dei "caratteri"
portando sulla scena personaggi autentici ed utilizzando un modello linguistico vicino alla
lingua d’uso nel ceto borghese, destinatario naturale delle sue opere.
Lo stile l’ho voluto qual si conviene alla Commedia, vale a dire semplice, naturale, non
accademico o elevato. Questa и la grand’arte del comico poeta, di attaccarsi in tutto alla
Natura, e non iscostarsene giammai. I sentimenti debbono essere veri, naturali, non ricercati,
e le espressioni a portata di tutti.
Lo scrittore dice di avere imparato da due libri: il mondo (la realtа della vita) ed il
teatro (l’esperienza e la tecnica scenica). Con lo scrittore veneziano la commedia acquisisce
una chiara fisionomia, portando sulla scena la vita reale e le sue molteplici vicende.

L’italiano commedia deriva dal latino comoedia, proveniente dal greco komoidia, a sua volta
composto di komos, festino e oidй, canto e che forse indicava in origine il canto dei festini
in onore di Dioniso.
Agli albori della nostra letteratura, il vocabolo indica un componimento poetico con un’azione a
lieto fine, scritto in stile comico, cioи medio, tra il tragico e l’elegiaco. Cosм Dante
intitola comedмa il suo poema e chiama tragedмa l’Eneide di Virgilio.
Nel Cinquecento, col ritorno in voga della commedia classica, il vocabolo riprende il significato
greco e latino, quello di rappresentazione teatrale, e si contrappone alla tragedia e al dramma.

La commedia ha maggiore varietа della tragedia, anche perchй non si hanno regole aristoteliche
come per la tragedia.
La commedia greca и una tipica forma di celebrazione religiosa, originariamente connessa con il
culto di Dioniso. Nasce infatti dalle fallofтrie dionisiache alle quali si aggiungono elementi
di commedia popolare. In origine era un canto epico-lirico con un’invocazione e una narrazione
dei fatti; a volte ai canti si univano beffe per gli spettatori.
Si suole dividere la commedia greca in tre periodi: la commedia attica antica, caratterizzata da
un grande sviluppo della parte lirica, dalla presenza di elementi fantastici e dalla satira
politica e personale; la commedia attica di mezzo, che и una parodia mitologica, filosofica e
letteraria; e la commedia attica nuova, rappresentazione ridicola dei costumi e dei vizi della
media umanitа.
A Roma la commedia nacque con Livio Andronico che, nel 240 a.C., portт sulla scena una commedia
e una tragedia greca tradotte. Ma nel teatro comico romano, a differenza di quanto accade nella
commedia greca delle origini, manca un vero e proprio senso religioso. Inoltre l’attore e il
poeta non sono tenuti in grande considerazione.
Dalla commedia importata dalla Grecia si distinguono forme comiche autoctone: il fescennino, la
satira e l’atellana il cui nome proviene da Atella, cittа osca della Campania. Invece il mimo и
importato dalla Magna Grecia, anche se nel nuovo ambiente subisce qualche trasformazione. In
tutte le commedie latine sono conservate le unitа di tempo e di luogo.
Nel Medioevo la commedia decade e lo spirito comico serve a ravvivare soltanto qualche passo
delle sacre rappresentazioni o qualche scena del mimo. In generale la comicitа и propria degli
ambienti goliardici e popolari. Del XII secolo и caratteristica la commedia elegiaca, in cui il
dialogo и inserito in un racconto continuato.
Nel periodo umanistico riprende vigore la tradizione classica. La prima commedia in volgare del
mondo moderno и la Cassaria dell’Ariosto.
Piщ tardi nasce la commedia dell’arte, caratterizzata dalla presenza di protagonista fissi che
s’identificano con le maschere come Pantalone e Colombina. Si recitano commedie all’improvviso,
a soggetto o a braccio. Scritta и soltanto la trama, detta canovaccio.
Dei numerosi tipi di commedia ricordiamo la commedia d’intreccio, dalla trama molto articolata,
la commedia di carattere, in cui si evidenziano tipi psicologici, considerati soprattutto nei
loro difetti, la commedia musicale, spettacolo teatrale e cinematografico a metа strada tra
operetta e rivista. Al cinema appartiene la commedia all’italiana, genere che ebbe successo
soprattutto nei nostri anni Sessanta con registi come Mario Monicelli e Dino Risi.
Ma oltre a esprimere fortemente gli stili e gli orientamenti della cultura, il termine commedia
indica anche in senso figurato la messinscena, la finzione o la presa in giro. Chi finge
sfacciatamente fa la commedia. Qualcosa finisce in commedia quando, dopo un inizio serio,
precipita nel ridicolo. E non bisogna fidarsi di chi fa la doppia parte in commedia. Si tratta
infatti di persona ambigua e falsa, forse piщ di colui che и detto comunemente un commediante.
Si definisce invece personaggio da commedia un tipo buffo e bizzarro.
Nell’antico teatro greco era detto protagonista il primo attore che sosteneva sulla scena la
parte del personaggio principale. Protagonista proviene infatti dal composto delle parole greche
protos e agonistes, cioи colui che agisce per primo.
Gli attori erano tre: protagonista, deuteragonista, tritagonista. Ma ciascuno di essi, facendo
uso della maschera, poteva rappresentare piщ parti, anche quelle femminili.
Oltre al ruolo principale, il protagonista interpretava il nunzio. I personaggi di una tragedia
erano talvolta piщ di tre, ma solo eccezionalmente si ricorse a un quarto attore.
La tradizione attribuisce al mitico Tespi l’invenzione del primo attore, a Eschilo quella del
secondo attore, a Eschilo o a Sofocle quella del terzo attore. In effetti Eschilo nelle Coefore
e nelle Eumenidi aveva messo in scena tre attori.
Nella tragedia, piщ che nella , il protagonista era l’anima del dramma che si
svolgeva sulla scena. Si tenga presente in ogni modo che giа nel V secolo a.C. gli attori
greci non erano piщ degli improvvisatori, ma professionisti organizzati in corporazioni.
L’uso della maschera, che realizza un’economia di attori ma impedisce il ricorso alla mimica,
era comune in Grecia, ma a Roma entrт soltanto nel periodo tardo.
Ai giorni nostri il protagonista и l’attore o l’attrice che interpreta il personaggio principale
in un’opera teatrale, lirica, cinematografica, televisiva, o in uno spettacolo di qualsiasi
genere. Sono molti e frequenti gli usi del vocabolo: ‘essere il protagonista’, ‘sostenere la
parte del protagonista’, ‘debuttare come protagonista’, ‘il ruolo del protagonista’, ‘attore
protagonista’. Erronea, perchй ripetitiva, и invece l’espressione il protagonista principale.
Tra i compiti del regista c’и anche quello di armonizzare la recitazione del protagonista con
quella degli altri attori, in modo che la relazione tra il primo e i secondi risulti confacente
al carattere dell’opera rappresentata. La funzione e il tipo di recitazione adottato dal
protagonista varia nel tempo, assecondando tendenze e mode culturali .
Si chiama protagonista anche il personaggio principale di un’opera lirica, teatrale,
cinematografica, narrativa, figurativa: Dante и il protagonista della Divina Commedia, Renzo e
Lucia sono i protagonisti dei Promessi sposi, Venere и la protagonista di un famoso quadro del
Botticelli.
Per estensione, и detto protagonista chi ha la parte principale, un ruolo di primo piano nelle
vicende della vita reale: abbiamo cosм protagonisti della vita politica, della serata, della
partita, e i protagonisti di uno scandalo.
Protagonismo и il ruolo del protagonista e piщ precisamente l’atteggiamento di chi vuole ad ogni
costo primeggiare in un evento, mettendosi in mostra.
Un aspetto del protagonismo и senza dubbio il presenzialismo, la tendenza ad essere presente
ad ogni avvenimento di una qualche importanza, sia per motivi d’immagine sia per stabilire
contatti con persone importanti.
Accanto al protagonista troviamo dunque il presenzialista, vocabolo usato anche come aggettivo.
Mentre и ancora in uso l’aggettivo protagonistico, resta piщ raro presenzialistico.
Definizione.
*Potremmo intendere per "letteratura latina" l'insieme delle opere d'intento artistico e
letterario scritte in latino: una definizione formalmente valida, ma altresм decisamente vasta,
comprendendo di fatto varie letterature, differenti l'una dall'altra. L'uso letterario del
latino, che comincia ad affermarsi nel corso del III sec. a.C., и destinato infatti a
svilupparsi ininterrottamente da allora in poi: s'annoverano, cosм, una letteratura latina
moderna, la letteratura del periodo di Cicerone o di Augusto, la letteratura in lingua latina
d'ispirazione cristiana, la letteratura latina "pagana" (e, all'interno di quest'ultima, и
bene distinguere le opere composte tra il III sec. a.C. e il III o, al massimo, il IV della
nostra era). E' evidente, insomma, che caratteri e "spirito" di questi periodi e siglature sono
del tutto diversi.
*Possiamo di contro affermare che fino a che sopravvive, tra gli autori, il sentimento di
partecipare a una cultura "romana", и possibile ammettere ancora l'esistenza di una letteratura
latina. Questa letteratura, infatti, и essenzialmente quella di Roma, della Roma repubblicana e
conquistatrice, della Roma imperiale e trionfatrice. E’ animata dallo spirito romano, celebra la
gloria dei padroni del mondo: ma si sforza anche di definire i valori fondamentali sui quali
poggia questa conquista; segue, e talvolta anticipa, l'evoluzione intellettuale, contribuendo
in questo modo alla formazione di una civiltа originale. Sarebbe, dunque, allettante chiamarla
"romana", piщ che "latina", se anche questa definizione non rischiasse, a sua volta, di creare
confusione. Tra coloro che hanno contribuito a formarla, com'и noto, pochi autori infatti furono
"romani di Roma": fin dal principio sono dei sudditi o degli alleati coloro che compongono le
prime opere e, via via che la conquista avanza, si vedono provinciali, i "barbari" della vigilia,
arricchire la letteratura dei loro vincitori. Il che lascia intravedere come questa letteratura
sia in realtа il prodotto di una convergenza tra uno stato sociale e politico e uno stato
linguistico, tra la cittа romana e la lingua latina.
*Ciт che dobbiamo tentare di cogliere e definire и, cosм, una letteratura di lingua latina e
di ispirazione romana. Si capisce, allora, perchй essa potesse nascere soltanto nel momento
in cui, simultaneamente, si trovarono realizzate le due condizioni che le erano necessarie,
e perchй, inoltre, non potesse sopravvivere alla scomparsa di una delle due. Alla sua nascita,
era necessario che Roma fosse giа affermata e sufficientemente forte come centro politico, e
che la lingua latina avesse acquistato flessibilitа e ricchezza sufficienti. Al momento del suo
declino, fu il crepuscolo dell'Impero, la scomparsa dei valori tradizionali che ne compromisero
definitivamente il vigore.
*Altra questione и il debito della letteratura latina nei confronti di quella greca: se и oramai
assodato che l'una и "figlia" dell'altra, non si deve tuttavia credere che, giа inizialmente,
si tratti solo di una copia maldestra e scolastica. Le composizioni latine sono una
trasposizione, rispondente ai bisogni culturali propri di Roma, piщ della funzione che della
materia di quelle opere che i romani vedevano vivere all'interno del mondo greco.
Volendo azzardare una schematizzazione, potremmo quindi dire che la letteratura latina:
1 non и originale, in quanto assume l'elemento formale greco (verso, forme stilistiche,
generi letterari) e spesso quello contenutistico (pensiero filosofico, mitologia, scienza,
leggende…);
2 и originale, invece, in quanto esprime i valori essenziali che erano il fondamento della
tradizione, della cultura, dell'educazione, dello spirito del popolo romano.
Forse, in tal senso, sarebbe preferibile valutare la possibilitа, a questo punto, di parlare
di una sola civiltа ellenistico-romana, dove l'apporto della romanitа и, piщ che altro, dovuto
ai caratteri che denotano il suo spirito:
- la tendenza pratica, propria della sua anima "contadina"; - la preferenza per uno stile
solenne nella forma e una certa inclinazione alla sentenziositа; - la capacitа di assimilare
ed unificare il pensiero di popoli tanto diversi; - il superamento dell'individualismo, per
cui prevale una tendenza nazionale e patriottica.Si creano, cosм, delle epopee e un teatro
tragico, che tenderanno a fissare, per Roma, un passato mitico; la stessa commedia si svilupperа
intorno a valori morali e sociali, proprio come faceva la "commedia nuova" greca. La prosa,
quella degli storici, dei legislatori, dei giuristi, degli oratori, si integrerа anch'essa allo
spirito della cittа, e l'imitazione dei grandi prosatori greci sarа tutt'altro che sterile
schiavitщ. E’ vano, insomma, voler opporre una Grecia creatrice a una Roma che ne sarebbe
soltanto l'imitatrice servile: la creativitа si sussegue, dall'uno all'altro campo, tanto che
l'anterioritа della letteratura greca spiega solo come quella di Roma abbia potuto svilupparsi
cosм rapidamente e prendere una sorta di "scorciatoia" per giungere alla perfezione

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