L'evoluzione stilistica nel De Bello Gallico

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Testo

Bellum Gallicum:
Cesare:
Gaio Giulio Cesare nasce a Roma nel 100 a.C. da una famiglia patrizia di antichissima nobiltà. Inizia il suo cursus honorum relativamente tardi: imparentato coi populares Mario e Cinna, del quale aveva sposato la figlia, e perseguitato dai sillani, è costretto a stare lontano da Roma fino alla morte di Silla, nel ’78. Cariche publiche: nel ’68 è questore, nel ’65 edile, nel ’63 pontefice massimo, nel ’62 pretore e nel ‘ 61 propretore. Nel ’60 accordo per il primo triumvirato con Crasso e Pompeo, in vista di una spartizione del potere. Due anni più tardi ottiene il proconsolato in Illiria e nelle Gallie (Cisalpina e Transalpina). Prendendo a pretesto sconfinamenti e provocazioni da parte degli Elvezi, da’ inizio alle guerre galliche, che porteranno a 7 anni di dure campagne che a Roma portano la sottomissionedi una regione vasta e a Cesare la sicurezza di un vastissimo potere personale e militare.
Nel ’50 sono consoli L.Emilio Paolo e Gaio Marcello, avversari di Cesare: la mutata situazione politica si concretizza in una serie di atti politici e giuridici che mirano a impedirgli il secondo consolato e a sottrargli l’appoggio dell’esercito, indispensabile per il potere supremo. Nel ’49 inizia la guerra civile: durante i 5 anni di conflitto le forze di Cesare sconfiggono prima l’esercito senatorio guidato da Pompeo, poi spengono gli altri focolai di resistenza pompeiana. Questo provoca la continua ascesa del potere personale di Cesare a Roma. Nel ’49 è nominato dittatore, nel ’47 console, e nello stesso anno una seconda volta dittatore e poi tribuno a vita. Nel ’45 viene proclamato dittatore a vita. Muore l’ anno seguente, pugnalato nella Curia da congiurati di fede repubblicana.
Contenuti:
L’opera che viene comunemente indicata con il nome di De Bello Gallico originariamente si chiamava C. Iulii Caesaris commentarii rerum gestarum. I commentarii latini di età repubblicana sono i resoconti, i diari, i rapporti dei magistrati romani, ma il termine poi passa ad indicare delle memorie personale, delle rievocazioni di fatti. Il commentario annovera fra i suoi rappresentanti uomini politici molto importanti: Scauro, Silla, Cicerone hanno scritto commentari destinati alla lettura da parte di un vasto publico. In questa tradizione s’inserisce l’opera di Cesare; da Cicerone e da Irzio sappiamo infatti che Cesare con la sua opera aveva intenzione di offrire agli storici futuri il materiale grezzo su cui poter poi lavorare. Cosa che poi non avvenne perché Cesare aveva raccontato così bene la sua storia da distogliere gli storici e trasformare il commentario in una vera e propria opera storica, sia per la cura letteraria che per la meditata impostazione politica. Questo però con poca fortuna, infatti la forma letteraria introdotta da Cesare non soddisfa pienamente gli ideali di Cicerone né quelli della posterità; non è un caso infatti che non sia nominato nella lista canonica degli storici romani conservata nel decimo libro dell’ Institutio Oratoria di Quintiliano. Il De Bello è formato da 7 libri, uno per ogni anno di guerra, i fatti della guerra contro i Galli e le spedizioni contro i Germani ed i Britanni. Un ottavo libro è aggiunto da Aulo Irzio, che aveva seguito Cesare in Gallia.
1. Libro I (58 a.C.) – Gli Elvezi migrano in territorio gallico, dando così a Cesare l’ occasione di intervenire militarmente. Vittoria contro i Elvezi e contro i Germani;
2. Libro II (57 a.C.) – Campagna contro i Belgi e contro i Nervi;
3. Libro III (56 a.C.) – Campagna contro le popolazioni situate sulla costa atlantica;
4. Libro IV (55 a.C.) – Operazioni contro le infiltrazioni di Usipeti e Tencteri. Prima spedizione in Britannia;
5. Libro V (54 a.C.) – Seconda spedizione in Britannia. Rivolta delle popolazioni della Gallia Belgica;
6. Libro VI (53 a.C.) – Seconda spedizione oltre il Reno;
7. Libro VII (52 a.C.) – Insurrezione generale dei Galli, guidati dal re averno Vercingetorige. Assedio di Alesia: espugnazione della città e resa di Vercingetorige;
Opinione accreditata è quella che afferma che il De Bello è stato composto di getto durante l’ inverno a cavallo fra il 52 a.C. ed il 51 a.C. Testimonianze di contemporanei e di biografi antichi concordano nel sottolineare la grande rapidità con la quale è stato scritto. A questa opinione se ne è opposta un’altra che ha sostenuto l’idea di una composizione condotta anno per anno.Argomenti a favore:
• Alcune contraddizioni interne, che mal si spiegherebbero con una redazione unica;
• Evoluzione stilistica che si avverte passando dai primi agli ultimi libri;
Nella stesura dell’ opera Cesare si è servito di scritture ufficiali, rapporti al senato (epistulae), relazioni, forse anche lettere private. Mentre tracce di queste relazioni sono evidenti nella prima parte dell’ opera, nella seconda (dal IV libro in poi) tali indizi diventano sempre più rari e compaiono parti che verosimilmente non erano contenute in trattati ufficiali. La narrazione s’ allarga e si fa più diffusa ed il patrimonio lessicale si amplia e si diversifica. Perciò è ipotizzabile che Cesare abbia abbozzato separatamente i promemoria ed i resoconti delle varie campagne militari e che poi li abbia rivisti e redatti in forma definitiva in un secondo momento. Invece è universalmente riconosciuto che i Commentarii del De Bello Gallico (come quelli relativi al Bellum civile) nascano da interessi immediati e perseguono uno scopo preciso, ovvero hanno una funzione politico-polemica. Infatti alla fine del suo mandato in Gallia, con l’ ambizione al secondo consolato e con tutte le forze dell’ oligarchia romana schierate contro di lui, Cesare sente la necessità e l’ urgenza di raccontare al grande pubblico come sono veramente andate le cose, di porre finalmente fine alle voci tendenziose e alle notizie diffamatorie messe in giro dalla propaganda a lui contraria. Cesare si fa dunque storico per poter giudicare il proprio operato: lo fa contro chi sostiene l’ illegalità del suo agire, e contro chi vede nelle lunghe campagne militari da lui condotte oltr’ Alpe solo il segno di un’ irrefrenabile sete di potere. Sin dal primo libro del De Bello Gallico appare evidente la necessità per Cesare di presentare le campagne militari di Gallia come una necessità di difesa a lui imposta dagli avvenimenti, e come una sorta di riabilitazione per l’ onore delle armi di Roma, più volte offeso dai barbari: è una guerra necessaria, condotta contro nemici pericolosi (dai contenuti emerge una diversa realtà: chi, come Roma, ha domini su territori stranieri, deve considerare tali guerre come provvedimenti difensivi e conservativi del tutto logici ed indispensabili per la sopravvivenza stessa dell’ impero). Inoltre questi commentarii hanno un tipo di narrazione ‘dismesso’, che impone limiti vistosi a livello di ornatio ed elocutio, che insomma rimane lontano dagli schemi tradizionali. L’ uso della narrazione in terza persona era già stato adottato da Senofonte: lo scopo era introdurre una distanza artificiale tra lo scrittore ed il protagonista di quelle gesta, così da sembrare oggettivo e mettersi al sicuro da accuse di protagonismo ed autoelogio. Oltre a questo, appartengono alle caratteristiche più marcate del genere le numerosissime forme di richiamo, l’ uso abbondante delle costruzioni participiali (come ablativo assoluto e participi perfetti), il forte prevalere dell’ oratio obliqua sul discorso diretto. Se poi, nel corso dell’ opera si assiste ad un’ evoluzione stilistica, ciò accade perché la convenzione letteraria adottata resta come scelta di partenza. Comunque la realizzazione effettiva, specie dal IV libro in poi, pende proprio verso quel polo, la storia, da cui Cesare si era imposto di tenersi lontano.

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