Gli autori latini

Materie:Appunti
Categoria:Latino

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Testo

XXVIII d.r.p. cic. Come possono degenerare le tre forme di governo III/168
E parlo di questo [cioè delle popolazioni non confuse e sconvolte da quella forma di condizione politica, ma che conservano la loro condizione [originaria]. E per prima cosa quelle [tre] forme sono ciascuna sottoposta a quei difetti di cui ho parlato prima, poi hanno [anche] altri difetti dannosi;infatti non c’è nessuna forma di quelle condizioni politiche, che non ha la strada aperta verso qualche male funesto e pericoloso. Infatti a quel famoso re, come specialmente quel nome, sopportabile, se volete, anche amabile, Ciro, è succeduto per la facoltà di mutar contegno quel crudelissimo Falsaride, il cui dominio assoluto in [una situazione] simile cade su di un cammino facile ed agevole. Ma dei pochi [eletti] di Marsiglia e dei principi al governo della cittadinanza è simile a quello che un tempo fu la consorteria faziosa presso gli ateniesi dei trenta tiranni. Già i popoli degli ateniesi [tennero] loro stessi il potere di tutto, affinché non ci lamentiamo d’altro, mutato nella sfrenatezza e nel furore della massa.
XLV d.r.p. cic. Il governo migliore combina insieme le tre forme
Tra le precedenti forme [di governo] è di gran lunga preferibile a mio parere la monarchia, ma sarà preferibile alla monarchia quell’ordinamento che sarà uguagliato e mitigato dalle tre migliori forme di Stato. Giova infatti che ci sia un che di eccellente e di regale in una Repubblica, che ci sia un certo potere degli eletti ripartito e concesso, che ci siano certe questioni osservate dal giudizio e dalla volontà della moltitudine. Questo ordinamento per prima cosa ha una certa uguaglianza di cui [gli uomini] liberi possono venire privati a lungo con la forza, in secondo luogo la stabilità, poiché quella prima si converte facilmente nel vizio opposto, cosicché dal re nasce il tiranno, dagli eletti la faziosità, dal popolo la massa e la confusione, poiché questi stressi generi spesso si mutano in generi nuovi, ciò non accade generalmente in questa forma di governo [ben] connessa e moderatamente mista senza grandi vizi di sovrani. Non è infatti causa di mutamento [politico], dove ciascuno è saldamente collocato al suo posto e non è data occasione in cui decada o tramonti.
XLVI d.r.p. cic. L’antica Repubblica romana è modello di governo misto
Ma io temo, o Lelio e voi uomini amicissimi e prudentissimi, che, se tratto questa forma costituzionale a lungo, sembri che la mia orazione sia in certo qual modo di uno che spiega ed insegna e non di chi considera insieme a voi. E per questa ragione darò inizio a questi ragionamenti che sono conosciuti da tutti, ma esaminati da noi ormai a lungo. Così infatti decido, così sento, così affermo, che nessuno tra tutti gli elementi pubblici o per ordinamento politico o per divisione dei poteri o per costituzione politica debba essere paragonata a quella che, a cominciare da quel momento, i nostri padri ci hanno lasciato dopo averla ricevuta dagli avi. Come per favore, dopo che avete voluto dire anche da me questi argomenti che voi stessi conoscevate, non appena che io mostri quale sia e che è la migliore, delineata la nostra forma costituzionale come esempio, adatterò quella, si potrò, tutto quel discorso, che deve essere tenuto da me circa il miglio governo di una popolazione. Poiché, se potrò raggiunger[lo] e intrattener[lo] avrò pienamente condotto a termine questo compito, di cui Lelio mi ha messo a capo, come intende la mia supposizione.

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