Gli "Adelphoe" ,l'ultima commedia composta da Terenzio

Materie:Appunti
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Testo

ADELPHOE
LA VITA
Le notizie sulla vita di Terenzio sono raccontate nel “Vita Terenti” di Svetonio e ci indicano che inizialmente Terenzio era giunto a Roma come schiavo dall’Africa mediterranea;in seguito il suo padrone, C. Terenzio Lucano ,aveva fornito al futuro commediografo un’istruzione e il proprio nome. Ben presto Terenzio entra tanto in contatto con il circolo degli Scipioni da essere addirittura accusato di essere il prestanome dei suoi potenti protettori. Nelle sue commedie si rifà a Menandro sfiorando in alcuni casi il plagio a detta di alcuni critici. La sua prima commedia, l’Andria, fu rappresentata nel 166 a.C. Seguirono: l’ “Heautontimorumenos”(163 a.C.) l’ “Eununchus” e il “Phormio”(161a.C.) e gli “Adelphoe”( 160 a.C.).Nel 160 fu rappresentata con successo l’ “Hecyra”
Dopo due tentativi falliti.Secondo la biografia di Svetonio Terenzio morì di ritorno da un viaggio in Grecia e in Asia nel 184 a.C. a soli 25 anni.
TRAMA DELL’OPERA
Gli “Adelphoe” ,l’ultima commedia composta da Terenzio,deriva da un originale gerco di Menandro e fu rappresentata a Roma per la prima volta durante i giochi funebri in onore di Lucio Emilio Paolo nel 160 a.C.
Prologo
Vengono dichiarate al pubblico le accuse lanciate dagli avversari a Terenzio: plagio (furtum) e aiuto da parte di homines nobiles nella stesura della commedia.Infatti Terenzio attinge la scena del giovane che rapisce la meretrice da un’opera di Difilo già “utilizzata” da Plauto e per il resto della commedia si ispira ad un’opera di Menandro.Riguardo alla prima accusa Terenzio dichiara di aver utilizzato una scena scartata da Plauto e per questo non è da condannare.
Gli homines nobiles a cui fanno riferimento gli accusatori di Terenzio fungono da scusa per il poeta per promuovere la sua amicizia con questi uomini:l’accusa mossagli è solo un onore per lui.Infine invita il pubblico a non aspettarsi un prologo tradizionale e ad ascoltare con attenzione le prime battute che daranno loro stesse un’idea generale dei fatti.
Intreccio
Il monologo iniziale di Micione svolge la funzione di vero e proprio prologo della commedia.Il vecchio descrive se stesso come una persona sensibile e colta molto legata al figlio Eschino.Dopo aver manifestato la sua preoccupazione per la mancata presenza del figlio che non è rientrato a casa dalla notte precedente,Micione racconta la situazione: Eschino non è il suo vero figlio ma l’ha adottato dal fratello Demea. Contrappone ai severi metodi pedagogici del fratello Demea i propri basati su un sentimento morale piuttosto che sulla paura.Eschino e Ctesifone sono fratelli ma sono stati cresciuti diversamente e alla fine se ne vedranno i risultati questo punto entra in scena Demea infuriato per il comportamento di Eschino.Micione riesce solo a placare di poco l’ira del fratello:infatti nonostante Eschino abbia fatto irruzione nella casa di un lenone ed abbia rapito una cortigiana il gesto rimane comunque motivo di vergogna per lui e per Micione.Rimasto solo il padre adottivo di Eschino ammette la colpevolezza del gesto del figlio e decide di andarlo a cercare per parlare con lui dell’azione disonorevole che ha compiuto.Nella scena seguente Eschino porta a casa sua la cortigiana rapita e fa bastonare il lenone che la richiede indietro;dopo avergli promesso tuttavia di pagarlo,il servo di Eschino,Siro, contratta abilmente il prezzo da pagare con il lenone.Si introduce sulla scena Ctesifone,colmo di riconoscenza per il fratello Eschino che si è fatto carico del disonore e dei pericoli per condurre presso di lui la cortigiana di cui si era innamorato.Seguono dei brevi colloqui tra Siro,Ctesifone ed Eschino che lasciano poi spazio all’entrata di due personaggi:Sostrata e Cantara.Queste due donne sono rispettivamente la madre e la nutrice di Panfila,la giovane amata da Eschino.La ragazza è incinta di questo ma Geta,servo di Sostrata, annuncia indignato che Eschino ha rapito una cortigiana e che probabilmente intende abbandonare Panfila.La scena si sposta su Demea e il servo Siro: lo schiavo per nascondere a Demea la partecipazione di Ctesifone al rapimento,finge di indignarsi per il comportamento di Eschino e del padre Micione che tirato su un figlio così scapestrato e sotolinea lo sdegno di Ctesifone nei loro confronti.Demea inorgoglito dalle parole di Siro si vanta dei propri metodi educativi.Demea dopo essersi allontanato viene a sapere da Egione,un parente di Panfila,che Eschino dopo aver sedotto la giovane intende abbandonarla.Dalla stanza vicina si sente Panfila in preda ai dolori del parto.Intanto Ctesifone e Siro dialogano fuori casa della azione compiuta e delle conseguenze che porterà:Ctesifone è molto preoccupato che il padre scopra tutto e si augura che debba rimanere a letto per tre giorni stravolto dalla fatica dei campi.Proprio in quel momento arriva Demea che si fa nuovamente prendere in giro da Siro. Nuovamente la scena si sposta su altri personaggi:Egione e Micione che passeggino in piazza parlando di come risolvere il problema di Panfila ed Eschino.Il padre del ragazzo dà il suo consenso alle nozze .Finalmente compare in scena per un lungo periodo Eschino che ritornando dalla piazza dove ha parlato con Micione,incontra Cantara,serva di Sostrata che lo accusa di tradimento.Eschino disperato esprime tutta la sua incertezza in monologo interiore in cui è combattuto tra l’amore per Panfila e i doveri nei confronti del fratello.Il protagonista decide allora di recarsi da Panfila dove incontra il padre Micione ceh dapprima gli fa credere che Panfila sposerà un altro ma poi gli rivela la verità quando Eschino scoppia in lacrime.Ora si incontrano Demea e Micione che dimostrano atteggiamenti radicalmente diversi nei confronti di Eschino:Demea è scandalizzato dal comportamento del figlio mentre Micione è felice di essere riuscito a risolvere la questione senza le punizioni tanto auspicate da Demea.Poi allontanatosi infuriato dalla casa di Micione scopre il figlio in compagnia della cortigiana e disperato torna da Micione che cerca di confortarlo.Demea rinfrancato dal fratello decide di presenziare le nozze e di portarsi in campagna la cortigiana per farla diventare una perfetta donna di campagna,dedita al lavoro e alla famiglia.Demea rimasto solo sulla scena diventa il protagonista della commedia ed inizia un soliloquio in cui si interroga sulla situazione e si chiede se riuscirà a cambiare vita.In realtà Demea adotta il sistema pedagogico del fratello per dimostrargli l’inefficacia di esso:con una tecnica che ricorda la dialettica,Demea ridicolizza il fratello e rovescia le peculiari caratteristiche dei personaggi.

Idee guida
L’intera commedia è basata sui principi pedagogici dell’antica Roma e di conseguenza sul rapporto padre-figlio.Il teatro di Terenzio si assume quindi il ruolo di esplorare la poliedricità della natura umana.Nel contrasto tra i due sistemi educativi si amplifica il discorso fino a giungere ad una interpretazione metaforica del modo romano:esso era basato su due modelli educativi che erano a loro volta incentrati uno sul metus,la paura della punizione e l’altro sul pudor, ossia su un senso morale che spinge gli uomini ad attenersi al proprio dovere volontariamente pur rispettando la tradizione degli antenati.Mentre Demea che vive in campagna è favorevole ad un modo eductivo che impedisca al figlio di commettere sciocchezze ,Micione insiste sulla morale di Eschino per risolvere in meglio la situazione.La paura che è stata inculcata in Ctesifone è particolarmente evidente nel colloquio con il servo Siro: il giovane è in preda al terrore di un punizione che potrebbe pendere su di lui.Giunge ad augurarsi una malattia per il padre purché non scopra l’inganno.Al contrario Egione si rende conto dei dispiaceri che ha arrecato al padre e a chi gli sta intorno e cerca di rimediare.Il contrasto è molto più accentuato nei dialoghi tra i due genitori in cui Micione dichiara espressamente la concezione terenziana dell’ “humanitas”:un uomo deve riuscire a capire i bisogni degli altri e a dimostrarsi flessibile nei confronti dei giovani in particolar modo perché sono portati più degli adulti a sbagliare.Il finale rimane però un nodo cruciale per la critica moderna e passata:Demea che per tutta la commedia era stato ingannato e addirittura perso in giro da un servo ora diviene il saggio padre mentre Micione si trasforma in uno sciocco.Secondo alcuni critici Terenzio non si identifica conmpletamente con una delle due correnti di pensiero ma ne prende le distanze limitandosi solamente a presentarle come esistenti,niente di più. Secondo altri l’ autore rifacendosi alla tradizione greca e latina attua un finale farsesco che è estraneo alla commedia Una terza ipotesi è che Terenzio parteggi per il personaggio di Micione,pur con qualche incertezza,e che al termine della commedia voglia dare una rivalutazione al personaggio di Demea nel quale si identificava la maggior parte del popolo romano ancorato saldamente ai valori del mos maiorum.
Personaggi e tecniche narrative
Il protagonista dell’opera non è un unico personaggio ma i principali sono tre Eschino,Micione e
Demea:infatti i tre si alternano più volte durante lo svolgersi della commedia ognuno con le proprie caratteristiche ed ognuno con un proprio spazio indipendente.Alla fine della commedia Micione e Medea invertono i ruoli che rivestivano sin dal principio e divintano uno uno sciocco ed uno un saggio:infatti come in Plauto anche in Terenzio il personaggio sciocco è spesso raggirato da un servo,come in questo caso accade a Medea ingannato con molta abilità dal servo Siro.Il principale antagonista di questi e di altri personaggi minori è quindi la Fortuna,che riesce a perpetrare a danno dei personaggi equivoci e incomprensioni.Infatti è assente un antagonista vero e proprio:Medea si limita ad infuriarsi per il gesto di Eschino ma niente di più;allo stesso modo i parenti della ragazza sedotta da Eschino si trovano in imbarazzo e cercano una soluzione ai problemi che si sono sollevati.Per quanto riguarda le tecniche narrative in Terenzio ricompaiono spesso elementi simili a Plauto come l’utilizzo del soliloquio per descrivere la situazione ma anche differenze particolari rispetto all’altro commediografo latino di età arcaica:il prologo innanzitutto è strumentalizzato dall’autore per difendersi dalle accuse degli avversari e sotto il punto di vista lessicale il linguaggio è molto più contenuto,non compaiono bestemmie o imprecazioni contro gli dei né parole tratte dal lessico popolare.Pur risultando più elegante lo stile, molti, critici e non, a partire da Cesare,hanno individuato proprio in questa eleganza il fattore che ha danneggiato Terenzio lungo la sua breve carriera: infatti la mancanza di un linguaggio scurrile e popolare era la principale ragione della discontinuità dei successi delle commedie del “dimidiatus Menander”(Cesare).
Terenzio ha infatti cercato di seguire il realismo greco dei fondatori della commedia nuova(Menandro su tutti) senza però riuscire nel suo intento di raffinare il crudo e spesso volgare teatro comico latino.
VALUTAZIONE PERSONALE
La commedia è piuttosto piacevole,il motivo dei contrasti padri- figli la rende anche più profonda ma credo che il ricorso sfrenato ai modelli greci non garantisca molta originalità:infatti non sono certo infondate le accuse di furtum e contaminatio.Al di là dei suoi detrattori qualunque romano con una cultura di base sulla commedia nuova ellenica avrebbe potuto notare parecchie somiglianze:la più evidente è il ruolo della Fortuna che domina incontrastata lungo il corso di molte commedie.Credo che si possa tuttavia presentare come attenuante la facilità del ricorso a questo tema:infatti chi se ne è servito è vissuto in epoche diverse:Menandro,Plauto,Terenzio,Boccaccio Moliere e probabilmente molti altri autori che non conosco.Resta comunque evidente l’aspetto linguistico di Terenzio che rivela un’innata capacità di rendere i personaggi molto vicini alla realtà del tempo e la capacità di svariare tra aspetti peculiari tanto diversi tra di loro giungendo poi ad un rovesciamento finale.
Montanari Giancarlo
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