Età augustea

Materie:Riassunto
Categoria:Latino
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Testo

RIPASSO DELL’ETÀ AUGUSTEA
Nel 27, dopo la battaglia di Azio del 31, Ottaviano prende il potere assoluto nello stato romano, trasformando la repubblica di fatto in una monarchia; ricordando la fine del padre adottivo, Cesare, non userà però questo termine, definendo invece il suo governo come un principato.
Cesare: Cesare era stato ucciso con 23 pugnalate da altrettanti congiurati, alle idi di marzo del 44. Era una personalità molto forte, ma il suo punto debole era che si affezionava troppo alle persone: adottò infatti molti ragazzi, tra cui Bruto e Augusto. L’omicidio di Cesare è stato definito un delitto idealizzato, cioè compiuto dai congiurati guidati da ideali repubblicani, che vedevano in Cesare il tiranno che sopprime ogni libertà. Alla morte di Cesare, con la lettura del suo testamento, si apprende che egli ha designato suo successore Augusto, quindi nasce una disputa tra quest’ultimo è Marco Antonio. Cesare era un nobile, appartenente quindi ad una classe che era solitamente odiata dal popolo, dal quale però lui è ben visto per diverse ragioni:
• poteva vantare una discendenza divina: la dinastia Giulia infatti discendeva da Iulo, figlio di Enea;
• non era ricco, anzi, per entrare nella vita politica aveva dovuto chiedere aiuto a amici quali Pompeo e Crasso, con i quali poi istituirà il primo triumvirato;
• era una personalità forte, che riusciva ad attirare l’ammirazione e la stima del popolo.
Accanto a lui c’è la figura di Pompeo, famoso per diverse imprese:
• dopo aver scacciato Annibale, intorno al 60, c’è una ribellione in Spagna, che egli riesce a sedare.
• di ritorno dalla Spagna, insieme a Crasso, interviene presso Capua per sedare il cosiddetto bellum servile, una ribellione di schiavi comandati da Spartaco; gli schiavi a quell’epoca, erano una merce che si importava dall’Africa e dall’Asia.
Augusto: Con la guerra civile tra Cesare e Pompeo, la repubblica si rivela di fatto fallimentare, e perciò Augusto la annulla e toglie alcuni poteri al Senato, che si era rivelato corrotto: i governatori delle varie province approfittavano del potere, come Verre e Catilina, quindi il Senato è inutile perché non fa nulla di concreto per impedire l’illegalità, come non cercherà nemmeno di evitare l’omicidio di Cesare. Una volta salito al potere, Ottaviano dichiara Bruto e Cassio nemici della patria; questi scappano a Filippi, dove vengono battuti nella battaglia del 42 e si uccidono.
Augusto crea la burocrazia: non toglie le cariche preesistenti, ma diminuisce il loro potere e istituisce le nuove prefetture:
• prefetto del pretorio: è la guardia del copro personale del princeps, che doveva difenderlo da eventuali congiure
• prefetto dell’annona: si occupa dell’alimentazione nelle varie terre dell’impero; con i Fenici è nato il fenomeno che noi oggi chiamiamo “globalizzazione” e ora i romani commerciano con tutti e costruiscono a questo scopo strade e ponti, anche per spostare le truppe.
Augusto riesce a garantire la cosiddetta pax augustea: i governatori dovevano rispettare i costumi dei popoli sottomessi. Il suo governo di Augusto è fondato sulla diarchia, cioè la cooperazione tra princeps e Senato; pur avendolo lasciato come eredità, non verrà spesso mantenuto dai suoi successori. Augusto regna dal 27 a.C. al 14 d.C.
I romani riconoscevano le religioni delle altre popolazioni; l’unica eccezione riguarda i cristiano, che furono perseguitati per un motivo politico: non erano buoni cittadini perché si rifiutavano di adorare l’imperatore.
Nel periodo successivo all’impero di Augusto, cioè durante la dinastia Giulio-Claudia, ci sono diversi mutamenti in vari campi:
• mutamenti politici: prima, con Augusto, c’è la pax augustea, quindi non ci sono le guerre civili e i letterati (Virgilio, Orazio, Ovidio) vivono alla corte di Augusto, protetti da Mecenate e altri potenti, ma non sono liberi, perché sottostanno comunque a un potere dispotico, che ha reso di nuovo legittimo il delitto di lesa maestà e ha tolto molti poteri alle cariche pubbliche e politiche, quindi non si possono manifestare liberamente le proprie opinioni. I quattro imperatori della dinastia Giulio-Claudia (Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone) hanno in comune che iniziano il loro governo in modo giusto ed equilibrato, migliorando l’economia dell’impero e collaborando con il Senato (diarchia) ma poi degenerano, forse a causa di una malattia mentale tipica della loro famiglia. Proprio quando non vengono più aiutati da personalità forti e corrette, ecco che si accaparrano ogni potere, instaurando di fatto una monarchia orientaleggiante (di tipo orientale), seminando terrore e accentrando tutti i poteri. In particolare:
• Tiberio: non si faceva scrupoli ad uccidere Senatori e nobili romani sospettati di congiurare contro di lui; nell’ultima parte della sua vita, elegge Elio Seiano come consigliere, ma di fatto quest’ultimo governerà di fatto al suo posto, consigliando (ma senza possibilità di scegliere altrimenti) una “vacanza” a Tiberio, che venne allontanato da Roma e mandato a Capri; accusato di congiurare contro di lui, verrà condannato a morte.
• Caligola: nella seconda parte del suo governo, è stato considerato un pazzo: arriverà all’estremo di eleggere Senatore il suo cavallo, Incitatus e a proclamarsi divino; con lui il governo è una monarchia orientaleggiante, dalla quale Caligola estromette totalmente il Senato, privandolo di poteri e mettendo fine alla diarchia.
• Claudio: è, tra tutti, il più saggio e moderato della dinastia; all’inizio rispetta la diarchia e si dà da fare sia in campo militare che economico: promuove due campagne, una in Britannia e una in Giudea e riforma la burocrazia.
• Nerone: nella prima parte del suo governo, è aiutato dalla madre Agrippina e dai consiglieri Seneca e Afranio Burro; quando però ottiene tutto il potere, fa uccidere prima la madre, poi, nel 65, anche Afranio Burro e Seneca. È un appassionato della monarchia orientale e la vuole imitare: impara il greco, è vanitoso, scrive poesie e canta; non si fa scrupolo ad uccidere chi lo ostacola, tra cui la madre e le mogli Ottavia e Poppea.
• mutamenti sociali: sotto Augusto c’è un accordo tra il princeps e l’aristocrazia Senatoria (diarchia), che però scompare con la dinastia Giulio-Claudia, i cui componenti fingono di dividere i poteri con gli altri organi politici, ma di fatto governano senza di loro. Per avere l’appoggio del popolo, il sovrano fa concessioni che agevolano la plebe, con la quale stringe così un’alleanza. Le classi predominanti nella Roma imperiale sono la piccola e la media borghesia, che inizia ad emergere, formata anche da liberti (schiavi liberati → consuetudine molto frequente in questo periodo → diventano ricchi, ma hanno comunque la mentalità degli schiavi → Trimalcione → ostentazione della ricchezza).
• mutamenti culturali: l’età augustea, definita anche età classica, è dominata da valori quali la ratio e il decor (moderazione ed equilibrio); viene varata una riforma culturale severa, che colpisce, tra gli altri, i rei di adulterio, pratica molto diffusa allora. Nella prima età imperiale invece, con la rottura dei rapporti tra il princeps e il Senato, c’è la crisi del classicismo: la letteratura non è più espressione della politica, non c’è più in essa l’esaltazione dell’impero, perciò cambia anche la forma, che diviene per forza di cose più controllata, per paura delle repressioni violente che si attuano in quegli anni. C’è, in generale, nella letteratura, un senso di inquietudine, di morte, di precarietà della vita.
Cambiano conseguentemente anche i caratteri generali dell’arte e, in particolare, della letteratura.
Temi trattati: Non vengono più trattati temi epici, come nell’Eneide di Virgilio, perché non c’è nulla da esaltare, la realtà è divenuta un mondo di terrore, in cui la vita è appesa ad un filo, quindi si preferisce parlare dell’uomo, dei suoi problemi, delle sue ansie e delle sue insicurezze. Nelle opere traspare un sentimento di nostalgia del passato, di malinconia e di tristezza per un mondo in disfacimento.
Stile: Non ci sono più le costruzioni elaborate tipiche dello stile augusteo (stile attico) perfette, con i loro periodi complessi; nella prima età imperiale, invece, si preferisce uno stile variegato (stile asiano), che si adatta alla varietas degli stessi temi che si trattano: non ci sono regole precise, si “spezza” il periodo, si seguono i movimenti dell’animo e della mente.
Lingua: Si preferisce usare il cosiddetto sermo cotidianus, non più un linguaggio aulico, ma familiaris, perché la letteratura sia più aderente alla realtà di cui si parla.
Generi:
• Oratoria: nell’età repubblicana (Cicerone) aveva una grande importanza, perché aveva la funzione di dibattito politico, che vedeva un vero scontro di ideali; questo era possibile perché la vita politica era vivace, e soprattutto si era liberi e ci si poteva esprimere. Nell’età augustea, con il clima di terrore che si viene a creare, anche l’oratoria viene immancabilmente sottoposta ad un rigido controllo: non scompare perché rappresenta l’espressione stesa della romanità, ma cambia argomenti e diventa un’esercitazione orale, senza alcun riscontro nella realtà, quasi un passatempo. Nella prima età imperiale tutti gli aspetti negativi apparsi sotto Augusto si acutizzano: sospetti, censure e una politica invasiva sottopongono l’oratoria ad un tale controllo che essa perde ogni attinenza con la realtà, divenendo semplice esercitazione letteraria nella forma delle cosiddette declamationes; ne esistono di due tipi:
• controversiae: si cerca una contrapposizione e l’oratore presenta l’argomento sotto due punti di vista diversi, a volte addirittura opposti, senza propendere né per l’uno, né per l’altro, solo per dimostrare la propria bravura;
• suasoriae: servivano per persuadere personaggi, solitamente mitologici, a non compiere determinate azioni malvagie(Medea che ha ucciso i figli per punire Giasone; Clitemnestra che ha ucciso il marito Agamennone;...).
• Storiografia: si scrive di storia, ma con moderazione, di solito su avvenimenti molto lontani nel tempo per non colpire personaggi contemporanei, aggiungendo anche degli elementi fantastici. I più famosi storiografi sono Cremuzio Cordo, Aufidio Basso, Valerio Noniano, che dissentivano dall’impero e le cui opere vennero per questo sottoposte a censura; altri, come Curzio Rufo, Valerio Massimo e Velleio Patercolo, preferirono mettere la loro arte a servizio dei potenti ed accettarono di lusingarli ed adularli.
• Poesia astronomica: non potendo parlare di argomenti attinenti la vita reale, si parla degli astri, per non incorrere nel pericolo che le opere venissero censurate.

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