Dedalo e Icaro

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Testo

Dedalo e Icaro
Daedalus, eximius architectus, apud tyrannum Cretae insulae confugit hospitiumque petivit atque obtinuit; ideo gratus beneficiis, a tyranno rogatus, Labyrinthum aedificavit. Postea autem domini invidiam excitvit: ideo tyrannus Daedalum in Labyrintho cum Icaro filio relegavit. Flebat misere puer. At Daedalus: «Cur ploras, mi care fili? Tyrannus terrae pelagisque imperium habet, sed non firmamenti. Caelorum viae adhuc patent: ideo novam machinam ad fugam excogitabimus». Mox pennas cera coniungunt et alas fabricant; alas humeris accommodant et laeti e Labyrintho evolat. Puer magno gaudio alas quatitebat et vastas caeli auras peragrabat, sed incaute nimis ad astra appropinquavit. Phoebi radii ceram liquefecerunt: ita puer in pelagus cecidit atque decessit. Dedalus contra in Italiam pervenit, in oppidum Cumas, ibique in Phoebi templo alas ex cera deo consecravit.
Dedalo, egregio architetto, si rifugiò presso il re dell’isola di Creta e chiese e ricevette ospitalità; perciò, grato per i benefici, chiamato dal sovrano costruì un Labirinto. Dopo invece suscitò la malevolenza del padrone: perciò il re relegò Dedalo e Icaro nel Labirinto. Il povero ragazzo piangeva. Ma Dedalo: «Perché piangi, figlio mio caro? Il re ha il potere della terra e del mare, ma non del firmamento. Le vie dei cieli sono ancora aperte: quindi inventeremo una nuova macchina per la fuga». Subito unirono le penne con la cera e crearono delle ali; applicarono le ali nelle spalle e volarono felici dal Labirinto. Il ragazzo sbatteva le ali con grande gioia e percorreva le vaste distese del cielo, ma incautamente si avvicinò troppo al Sole. I raggi di Apollo sciolsero la cera: così il ragazzo cadde nel mare e morì. Dedalo al contrario giunse in Italia, nella città di Cuma, qui consacrò le ali di cera nel tempio di Apollo.

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