De officis I, 23-23

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Testo

Delle altre tre quella che opera di più estesamente riguarda l’umana società e quasi il consorzio sociale. Due sono le sue pari: la giustizia, grandissimo splendore di virtù per cui gli uomini sono chiamati buoni ed a cui è congiunta la beneficenza, che possiamo anche chiamare generosità e liberalità. Primo dovere della giustizia è di non offendere alcuno , se non si è procurati da ingiuria; poi di usare delle cose comuni come comuni e delle cose private come proprie. Non vi sono però cose private per natura , ma per antico possesso, come accade per quelli che vennero un tempo in luoghi non occupati o per quelli che se ne impadronirono per vittoria bellica, o per legge, per contratto o sorteggio; e così avvenne che il territorio di Arpino è chiamato paese degli Arpinati, quello di Tuscolo dei Tuscolani; e simile è la distribuzione dei possedimenti privati. Ma poiché quei beni che erano comuni per natura diventano di proprietà privata, ognuno si tenga ciò che ebbe in sorte; se poi qualcuno desidererà per se l’altrui, violerà il diritto dell’umano società. Ma se egregiamente Platone ha scritto che noi non siamo nati soltanto per noi solo, ma che dalle nostre esistenza una parte richiede la patria, parte gli amici; ed egregiamente ritengono gli Stoici che i prodotti della terra sono stati tutti creati ad uso degli uomini, e questi sono stati generati per gli uomini, perché possano giovarsi l’un l’altro. Dobbiamo seguire come guida la natura mettere al beneficio comune ciò che è utile a tutti con lo scambio dei servigi, col dare e col ricevere, stringere fra gli uomini i legami sociali con i prodotti delle arti, i servigi e i mezzi pecuniari. Fondamento della giustizia è la fede, cioè la osservanza e la sincerità degli impegni e degli accordi. Perciò sarei quasi propenso a seguire gli Stoici , i quali diligentemente ricercano l’etimologia delle parole, e a credere, sebbene possa sembrare un po’ sforzato, che la fede si chiaa così, perché si fa ciò che è stato detto.

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