De bello Gallico, liber V, Cesare

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Testo

Lentini Federica
CESARE: “DE BELLO GALLICO”
Liber quintus
(Preparata la flotta, Cesare fece un viaggio in Britannia)
Sotto il consolato di L. Domizio e Ap. Claudio, Cesare,lasciando i quartieri invernali per l’ Italia, come era solito fare ogni anno, ordina ai legati che aveva messo a capo delle legioni di far costruire, in inverno, il maggior numero possibile di navi e di riparare le vecchie. Ne indica la struttura e la forma: per la rapidità del carico e per tirarle in secco le costruisce poco più basse di quelle che di solito sono impiegate nel nostro mare e, tanto più perché aveva saputo che qui, per il frequente alternarsi delle maree, le onde sono meno alte.Per trasportare il carico e la moltitudine di giumenti (le costruisce) un po' più larghe di quelle che usiamo negli altri mari. Ordina che siano costruite tutte navi leggere, per questa cosa la bassezza aiuta molto. Comanda di far pervenire dalla Spagna tutto ciò che serve per equipaggiare le navi. Egli stesso, terminata la sessione giudiziaria in Gallia cisalpina, parte per l'Illirico, poiché sentiva che la parte di confine della provincia veniva devastata dai Pirusti con insursioni. Giunto lì, richiede soldati alle popolazioni e ordina di riunirsi in un luogo stabilito.Annunciata questa cosa, i Pirusti inviano a lui dei legati che spiegano che niente è stato fatto con una deliberazione dello stato e si mostrano pronti a risarcire i danni in ogni modo. Percepito il loro discorso, Cesare esige ostaggi e ordina che essi vengano condotti un dato giorno; dichiara che se non avessero fatto ciò, lui stesso avrebbe mosso guerra al popolo. Consegnati questi il giorno stabilito, come aveva ordinato, mette dei giudici tra il popolo per valutare i danni e stabilire il risarcimento.Sbrigate queste cose e terminata la sessione giudiziaria, ritorna nella Gallia cisalpina e, da qui, parte verso l'esercito. Appena giunto, ispezionati tutti i campi invernali, trova costruite, in mancanza estrema di tutti i materiali, grazie allo zelo di soldati eccezionali, circa seicento imbarcazioni di quel tipo che abbiamo sopra descritto e ventotto navi da guerra e non mancava molto da questo perchè in pochi giorni potessero essere varat. Lodati i soldati e coloro che erano stati a capo del lavoro, mostra quello che vuole sia fatto e ordina a tutti di radunarsi a Porto Izio, da dove sapeva che il passaggio in Britannia è molto agevole, circa trenta miglia dal continente. Lasciò quanti soldati gli sembrarono abbastanza per questa cosa. Egli stesso con quattro legioni senza bagagli e ottocento cavalieri, si dirige verso i territori dei Treveri, poichè questi nè venivano alle assemblee, nè ubbidivano all’ordine e si diceva che istigavano i Germani d'oltre Reno.Questo popolo è di gran lunga la più forte di tutta la Gallia per la cavalleria e ha una grande quantità di fant, e confina con il Reno (come abbiamo detto sopra). I loro territori raggiungono, come si è detto in precedenza, il Reno. In questo popolo due dei capi lottavano tra lor, Induziomaro e Cingetorige; l’altro di questi, non appena seppe dell'arrivo di Cesare e delle legioni, gli si presentò e, confermò che lui e tutti i suoi avrebbero rispettato l’impegno e non sarebbero venuti meno all'amicizia del popolo romano, e gli spiega ciò che succede tra i Treveri. Induziomaro, invece, iniziò a raccogliere cavalieri e fanti e, condotti nella selva delle Ardenne (questa di grandi dimensioni si estende dal Reno attraverso la regione dei Treveri sino al confine dei Remi) coloro che per età non potevano essere in armi, a preparare la guerra. Ma dopo che alcuni principi di questo popolo -sia spinti dall’amicizia per Cingetorige sia spaventati dall'arrivo del nostro esercito- si recarono da Cesare e, poichè non potevano provvedere per il popolo, cominciarono a chiedere per i loro affari privati, anche Induziomaro, preoccupandosi di non essere abbandonato da tutti, gli inviò dei legati: egli perciò non aveva voluto abbandonare i suoi e presentarsi di persona a lui per poter più facilmente mantenere il popolo nell’impegno, affinchè, allontanatisi tutti i nobili, il popolo non sbagliasse a causa dell’imprudenza; dunque il popolo era sotto la sua autorità ed egli, se Cesare lo permetteva, si sarebbe recato da lui nell'accampamento e avrebbe affidato alla sua protezione il destino suo e del popolo.Cesare, nonostante capiva per quale motivo si dicesse ciò e quale cosa lo avesse distolto dal piano prestabilito, tuttavia, per non essere costretto a trascorrere l'estate tra i Treveri, pronte tutte le cose per la guerra in Britannia,ordinò ad Induziomaro di presentarsi a lui con duecento ostaggi. Consegnati questi, tra cui suo figlio e tutti i suoi parenti che aveva nominatamente richiesto, confortò ed esortò Induziomario a rimanere fedele. Sistemate quelle cose, Cesare con le legioni raggiunse Porto Izio. Qui apprese che sessanta navi, che erano state costruite presso i Meldi, respinte da una tempesta non avevano potuto tenere la rotta ed erano tornate nello stesso luogo da dove erano partite; trovò le altre pronte per navigare ed equipaggiate di ogni cosa. Nello stesso posto si riuniscono la cavalleria da ogni parte della Gallia, nel numero di quattromila, e i capi da ogni popolo. Tra questi aveva deciso di lasciare in Gallia pochissimi, di cui avava già conosciuto la fedeltà, gli altri di portarli dietro come ostaggi, perché temeva, essendo lui assente, una sommosa della Gallia.Passate queste cose, lasciato Labieno sul continente con tre legioni e duemila cavalieri, per difendere i porti e provvedere alle scorte di grano e per sapere cosa succedesse in Gallia e prendere decisioni secondo il momento e le circostanze, egli stesso con cinque legioni e con lo stesso numero di cavalieri che aveva lasciato sul continente fece vela verso il tramonto sia spinto dal leggero Africo, cessato il vento circa verso mezza notte, non tenne la rotta, sia spinto piuttosto lontano dalla marea, all'alba vide la Britannia lascita sulla sinistra. Poi di nuovo, seguendo il cambiamento della marea, a forza di remi cercò di raggiungere la parte dell'isola nella quale aveva saputo dall’estate precedente c’era un comodissimo accesso. In questa cosa si dovette assai lodare il valore dei soldati, che con navi da trasporto appesantite dai carichi, non interrotto il lavoro di remare, uguagliarono la velocità delle navi da guerra. Approdò in Britannia con tutte le navi verso mezzogiorno, e in quel luogo non si vide nemico; ma. come Cesare apprese dopo dai prigionieri,essendo giunti sul luogo con truppe numerose, spaventate dalla moltitudine di navi -che erano apparse nello stesso tempo in più di ottocento con quelle dell'anno precedente e le private- erano scappati dal litorale e si erano rifugiati in posti più alti. (Presa la fortezza dei nemici, Cesare tornò alle navi incagliate).Cesare, sbarcato l'esercito e preso un luogo adatto per l’accampamento, non appena seppe dai prigionieri in quale luogo si erano attestate le truppe nemiche, lasciate sul mare dieci coorti e trecento cavalieri per esser di presidio alle navi, dopo mezzanotte, marciò contro i nemici, tanto meno preoccupandosi delle navi, in quanto le lasciava legate all'ancora su una spiaggia lievemente inclinata e senza scogli e mise a capo del presidio e delle navi Q. Atrio. Dopo aver percorso nella notte, circa dodici mila passi, avvistò le truppe dei nemici. Quelli da un luogo più alto, con la cavalleria e i carri, avanzando verso il fiume, iniziarono ad impedire ai nostri di procedere e ad attaccare battaglia. Respinti dalla cavalleria, si rifugiarono nella selva, occupando un luogo egregiamente difeso sia dalla conformazione naturale che da fortificazioni, che erano state allestite già prima a causa di guerre interne, come sembrava;infatti ogni accesso era precluso da molti alberi abbattuti. Loro, disseminati, combattevano dall'interno della selva e impedivano ai nostri di entrare nella fortificazione. Ma i soldati della settima legione, formata la testuggine e spinto il terrapieno fino alle fortificazioni, presero la postazione e, subendo poche perdite, li scacciarono dalla selva. Ma Cesare vietò di inseguire quelli che scappavano, sia perché non conosceva la natura del luogo, sia perché, trascorsa una gran parte del giorno, voleva lasciare tempo alla fortificazione dell’accampamento.Il giorno dopo di quello, di mattina, mandò fuori in spedizione i soldati e i cavalieri divisi in tre parti per inseguire coloro che fuggivano. Avanzati costoro per una notevole distanza, essendo già in vista dell’ultima parte, i cavalieri da Q. Atrio raggiunsero Cesare per annunciare che la notte precedente, scoppiata una violentissima tempesta, quasi tutte le navi hanno subito danni e sono state sbattute sulla costa, pochè non avevano resistito né le ancore né le funi e i marinai e i timonieri non hanno potuto resistere alla violenza della tempesta; infatti era grande il danno riportato dalle navi da quello scontro. Sapute queste cose, Cesare ordina alle legioni e alla cavalleria di ritornare e di resistere durante il viaggio, lui stesso ritorna alle navi. Constata personalmente circa la stessa cosa che aveva appreso dai messi e dalle lettere, così che, perse circa quaranta navi, le altre tuttavia sembravano esser riparabili con gran fatica. Dunque sceglie dei fabbri tra le legioni e ordina che ne siano portati altri dal continente. Scrive a Labieno di allestire con le quelle legioni che sono presso di lui quante più navi possibile. Sebbene la cosa era molto complicata e faticosa, decide tuttavia che è più comodo che le navi siano tirate in secco e siano congiunte all'accampamento con una fortificazione. Per queste cose impiega circa dieci giorni, non essendo state tralasciate neppure le ore notturne per il lavoro dei soldati. Tirate in secco le imbarcazioni e ben munito l’accampamento, lascia a presidio delle navi le stesse truppe di prima. Egli stesso ritorna nello stesso luogo da dove era venuto. Appena giunto, si erano già radunate da ogni parte in quel luogo più numerose truppe di Britanni, il comando supremo della guerra e della condotta era stato affidato, per volontà comune, a Cassivellauno, un fiume chiamato Tamigi, distante dal mare circa ottanta miglia, separa la regione di questo dai popoli del mare. A lui in passato, con gli altri popoli c'era stata continua guerra, ma adesso tutti Britanni, preoccupati per il nostro arrivo, gli avevano conferito il comando.

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