Catullo:Temi principali

Materie:Appunti
Categoria:Latino

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Testo

CATULLO

Catullo, poeta latino vissuto probabilmente tra l'84 e il 54 a.C., scrisse numerose poesie di cui, almeno 116, vennero raccolte in un "Liber", che egli decise di pubblicare per riunire le sue produzioni. In questa collezione, non disposta per ordine cronologico, notiamo che si possono individuare tre parti principali:
_ I carmi 1-60, scritti in metri vari (molti endecasillabi faleci, trimetri giambici, coliambi, metri lirici, ...);
_ I carmi 61-68, con componimenti più estesi dei precedenti ("Carmina docta") scritti in metri diversi;
_ I carmi 69-116, scritti in distici elagici, dei quali la maggioranza sono epigrammi, alcuni di carattere satirico.
Lo stile catulliano può essere considerato come una fusione tra linguaggio familiare e linguaggio letterario più alto. Questo è individuabile nel fatto che, nei testi, si possono trovare sia parole di origine parlata e volgare (nugae, bellus, basium, cinaedus, pedicare, irrumare) sia parole di genere opposto, perfino contenenti dei grecismi (mnemòsynum, zona, phaselus, caelites, dii).
Numerose sono le figure retoriche che caratterizzano le poesie: chiasmi, antitesi, allitterazioni, enjambement, ossimori, climax, metafore e similitudini, sono le più comuni.
Nei carmi compaiono anche un gran numero di diminutivi, usati a scopi diversi a seconda delle situazioni (per pietà, per disprezzo, per amore...), tutti miranti a rendere la piacevolezza di una conversazione tra amici, come anche i modi di dire che troviamo, invece, più raramente.
Nelle opere di Catullo ricorrono spesso particolari tematiche che ci permettono di capire alcune caratteristiche della sua personalità. Così, troviamo spesso riferimenti all'amore, all'amicizia (o anche all'inimicizia) e al viaggio, che ci forniscono quasi una scala dei valori del poeta.
Uno dei temi più ricorrenti e, quindi, probabilmente, più cari a Catullo, è quello dell'amicizia basata sull'affetto, sul divertimento e il gioco, e sulla solidarietà.
I carmi 9 e 13 sono interamente dedicati agli amici più cari al poeta: Veranio e Fabullo. Nel primo viene espressa la felicità, per un rincontro dopo una lunga lontananza di Veranio a causa di un suo viaggio in Spagna, tramite due "esagerazioni" (iperboli) poste in principio e fine della poesia. Con la prima egli pone Veranio come primo tra tutti i suoi amici, giustificando la sua felicità "Verani, omnibus e meis amicis
antistans mihi milibus trecentis",
mentre con la seconda si definisce come uomo più lieto tra tutti gli uomini
"O quantum est hominum beatiorum,
quid me laetius est beatiusve?".
Alla gioia del ritrovamento si unisce quella delle aspettative riguardanti i racconti dei viaggi e dei luoghi visitati, che mette in risalto la curiosità e il desiderio di conoscere, sia attraverso esperienza personale, sia tramite altri, di Catullo.
Il carme 13, diversamente, è uno scherzoso invito a cena all'amico Fabullo che pone come condizione il fatto che egli porti con se il cibo e una bella ragazza. Il poeta si dice disposto a dare solo un buon profumo della sua ragazza e, riguardo a questo, usa una particolare espressione scherzosa: "Appena lo annuserai pregherai gli dei che ti facciano tutto naso". Inoltre, anche se non possiamo esserne certi, l'affermazione relativa alla difficile situazione economica del poeta sarebbe falsa e mirata, assieme all'espressione detta in precedenza e ad altre frasi, a dare all'invito un'atmosfera scherzosa tipicamente presente nei gruppi di amici.
"[...]:nam tui Catulli
plenus sacculus est aranearum.".
Di tipo opposto è il carme 12, in cui Catullo esprime il suo disprezzo nei confronti di Asinio Marrucino, che avrebbe rubato un suo tovagliolo durante un pranzo. Per contrapposizione, quindi, vediamo che il poeta non nega assolutamente la scherzosità nel rapporto tra amici ma dà, ad essa, un limite ben preciso oltre il quale non si dovrebbe mai andare. Parlando al ladro, Catullo lo invita a seguire l'esempio del fratello Pollione che, non solo sarebbe disposto a dare i suoi averi per ripagare i suoi furti, ma è anche una persona di buon gusto e di spirito.
"[...] Crede Pollioni
fratri, qui tua furta vel talento
mutari velit: est enim leporum
dissertus puer ac facetiarum.".
In conclusione della poesia il poeta ribadisce il suo affetto per gli amici Fabullo e Veranio, che dal loro viaggio in Spagna hanno portato il fazzoletto che, proprio durante il pranzo, è stato rubato.
"Nam sudaria Saetaba ex Hibereis
miserunt mihi muneri Fabullus
et Veranius; haec amem nocesse est
ut Veraniolum meum et Fabullum.".
Un altro dei carmi analizzati, che tratta il tema dell'amicizia, è il cinquantesimo, in cui Catullo, dopo aver svolto una gara poetica con Licinio, chiede a lui di trovare un'altra occasione di confronto, tanto si è accresciuta la sua ammirazione per l'amico.
La poesia evidenzia l'importanza del dialogo e del divertimento nell'amicizia individuando, però, in essa, un lato negativo: la lontananza. Come, infatti, abbiamo visto nella poesia dedicata a Veranio e in quella in quella in cui è narrata la divisione del poeta dai compagni per il ritorno a casa dal viaggio in Asia (Carme 46), la separazione dagli amici è un momento molto doloroso, cui è legata una particolare ansia e un desiderio molto forte di rincontro.
"Atque illinc abii tuo lepore
incensus, Licini, facetiis que
ut nec me miserum cibus iuvaret,
nec somnus tegeret quiete ocellos,
sed toto indomitus furore lecto
versarer cupiens videre lucem,
ut tecum loquerer simulque ut essem.".
L'altro tema a cui Catullo tiene particolarmente, probabilmente, come abbiamo già detto, per la sua curiosità e la sua brama di sapere, è quello del viaggio. Abbiamo, infatti, già visto che questo compariva nel carme 9, in cui si parla di Veranio, relativamente al desiderio del poeta di udire i racconti dell'amico.
Nel carme 101, dedicato interamente al fratello prematuramente scomparso, il tema viene accennato nei primi versi, dimostrando lo spirito "avventuroso" dell'autore.
"Multas per gentes et multa per aequora vectus
advenio has miseras, frater, ad inferias,[...]".
Accenna a questo anche il carme 46, in cui Catullo si dice pronto a lasciare gli amici per tornare a casa seguendo una strada che lo porterà per le città e i campi dell'Asia, secondo il desiderio della sua anima impaziente e dei suoi piedi rinvigoriti dalle aspettative.
"Iam mens praetrepidans avet vagari,
iam laeti studio pedes vigescunt".
Legato al viaggio è, ovviamente, il riposo che lo segue, trattato principalmente nei carmi 4 e 31. Nel primo Catullo narra (attraverso una personificazione) la storia della barca che lo ha accompagnato in numerosi viaggi, mostrando come ella, ormai vecchia, si trovi adesso ferma e inoperante. Con questo egli vuole evidenziare il contrasto tra l'ansia di movimento tipica della giovinezza e la necessaria calma della vecchiaia, forse riferendosi anche a se stesso.
Nel carme trentunesimo, diversamente, il poeta, pur non negando il fascino e i piaceri ottenibili dal viaggio, ammette la gioia di un ritorno a casa dopo tutta la stanchezza e gli affanni che lo hanno preceduto. Questo lo porta perfino a dedicare l'intera poesia alla sua casa di Sirmione e alla calma e il riposo che essa rappresenta.
"[...] Vix mi ipse credens Thyniam atque Bithynos
liquisse campos et videre te in tuto.
O quid solutis est beatius curis,
Cum mens onus reponit, ac peregrino
Labore fessi venimus larem ad nostrum,
desideratoque acquiescimus lecto?".
I valori dell'amicizia e della conoscenza, acquisita attraverso lo spostamento fisico della persona, sono, quindi, tra i valori più importanti per il poeta latino ma, a questi si affianca sicuramente anche quello dell'amore, contrapposto alla morte che strappa via ogni cosa bella della vita.

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