carmi di catullo

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Testo

LA DEDICA (carmen 1)

Questo carme inaugura il “Liber” Catulliano. La dedica è riferita a Cornelio Nipote, uno storico diventato famoso per i suoi “Chronica”. Catullo sceglie Cornelio Nipote come dedicatario della sua opera per due motivi principali:
- Cornelio era uno fra i8 maggiori estimatori di Catullo e apprezzava veramente le sue nugae
- Cornelio era uno storico innovatore in quanto la caratteristica principale dei suoi Chronica era la brevità, qualità molto apprezzata dagli scrittori neoterici. (cfr, omne…tribus)
Nel corso di tutto il carme si nota una continua contrapposizione tra l’esaltazione dell’opera di Cornelio e la modestia di ciò che ad esso viene dedicato. Catullo attribuisce alla sua opera aggettivi tipo “lepidum” o nomi tipo “libellus”. Egli contrappone le sua “nugae” all’omne aevum (la storia universale) di Cornelio. La sua modestia tuttavia è attenuata dallo stile ironico e scherzoso che investe l’intero carme ew rientra in un canone di atteggiamenti tipici della sua epoca. Non manca infatti comunque l’invocazione alla usa e la speranza che la sua opera gli possa portare molta fortuna, cosa anch’essa molto d’uso

Pomice: parola utilizzata al femminile anche se normalmente è maschile
Meas…nugas: i due verbi sono collegati sintatticamente ma nel testo tra di loro sono interposte altre parole, dando luogo così ad un iperbato.
Omne…tribus: Catullo crea, accostando questi due termini, un antitesi e sottolinea così la bravura di Cornelio che è riuscito a raccogliere tutta la storia (omne) in soli tre libri (tribus). Ritorna qui l’esaltazione della brevità degli scritti di Cornelio.
Cartis: sono i Chronica
Habe tibi: questa è una formula tipicamente giuridica qui utilizzata in forma ironica
O patrona virgo: è probabile che qui l’autore si voglia genericamente riferire alla Musa, ma alcuni sostengono che invece egli si riferisse alla dea Minerva. L’incocazione, per la sua posizione alla fine del carme, è da considerarsi un’invocazione ritardata.
Saeclo: equivalente di speculo, termine tipicamente appartenente al lessico popolare.

E’ MORTO IL PASSERO DI LESBIA (CARMEN 3)

Il passero era un divertimento e un conforto per Lesbia ma adesso purtroppo è morto.Pe r questo e per altri motivi soprattutto di natura stilistica, il carme 3 è strettamente connesso con quello precedente. Sul tema della morte del passero di Lesbia, Catullo costruisce un epicedio (carme funebre che annuncia la morte di qualcuno). Nel testo si possono riscontrare molti riferimenti allo stile ellenistico. Il carme è ricco di colloquialismi e di diminuitivi che in qualche modo tendono a diminuire la tragicità e a esprimere un forte senso di affetto nei confronti del passero e soprattutto di Lesbia.

Veneres Cupidinisque: il motivo per cui Catullo utilizza il plurale è stato ampiamente dibattuto ma la tesi più convincente è quella che afferma che qui c’è un chiaro riferimento alla tesi alessandrina secondo la quale non esiste una sola Afrodite.
Venustiorum: questo aggettivo viene da “Venus” (Venere)
Passer…passer: anafora
Plus illa oculis suis amabat: è un modo di dire familiare (coloquialismo)
Mellitus: è un aggettivo (dolce come il lìmiele) tipico del linguaggio quotidianop
Norat: corrispone a noverat, è una forma sincopata
Ipsam: ha il significato di dominam, anche questo è un termine tipico del linguaggio quotidiano.
Pipiabat: Verbo onomatopeico (linguaggio familiare)
Qui: nesso relativo
It per iter: figura retorica etimologica
Illuc: qui è presente un enjambemant che mette in rilievo il termine illuc (là)
Male sit malae: paronomasia
Micelle, turgiduli, ocelli: questi diminuitivi sono posti in senso affettivo e diminuiscono la tragicità del carme.

“RESISTI, CATULLO, RESISTI!” (CARMEN 8)

Catullo con un’accorata esortazione a se stesso espressa attraverso l’uso di un soliloquio, si impone di chiudere un rapporto per lui diventato ormai troppo lacerante. Ma questa scelta produce in lui moltissimo dolore e ansia. Questo carme è il primo, secondo l’ordine con il quale il “liber” ci è stato tramandato, nel quale si esprime la volontà di troncare il rapporto con Lesbia. Ma ci sono moltissimi elementi che dimostrano quanto poco Catullo fosse stato realmente convinto di quello che stava per fare. Il carme dunque si risolve nell’eterno dissidio, proprio dell’amore, tra sentimento e ragione. Lo stile è abbastanza colloquiale ricco di riferimenti al lessico familiare. Questo potrebbe farci pensare che questo è semplicemente uno sfogo estemporaneo di Catullo anche se in realtà il carme ha una struttura molto complessa e ragionata. E’ possibile infatti dividere il carme in 5 parti, l’alternarsi delle quali evidenzia maggiormente questo dissidio:
- vv.1-2: esortazione che che il poeta rivolge a se stesso.
- vv.3-8: ricordo dei momenti felici per dimostrare come un rapporto, che all’inizio era così bello e vero, è destinato a deteriorarsi. Catullo inoltre si chiede se quell’eccessiva felicità e sazietà d’amore che lui aveva offerto a Lesbia, non erano state nocive per il loro rapporto. E’ frequente in questa parte del carme l’uso dell’imperfetto che evidenzia il senso del ricordo.
- Vv.9-11: insistente sequenza di imperativi che Catullo rivolge a se stesso.
- Vv.12-18: addio a Lesbia che precipita in ansia. Catullo comincia a porsi molteplici interrogativi che si trasformano in invettive nei confronti di Lesbia.
- V.19:ultimo imperativo che Catullo rivolge a se stesso, come un ultimo tentativo della ragione di imporsi sulla passione.

Quod vides perisse perditum ducas: nella disposizione di queste parole c’è un chiasmoe l’accostamento di perisse e perditum costituisce una figura retorica etimologica, figura tra l’eltrpo di origine proverbiale e che troviamo anche in Plauto.
Soles: è una metonimia ed equivale a dies.
Puella: nel linguaggio amoroso questo sostantivo si riferisce sempre alla donna amata, qualunque sia la sua età.
Puella ducebat: è in questo verbo espressa tutta la sudditanza di Catullo nei confronti di Lesbia, la quale appunto lo conduceva nel rapporto diventando la protagonista. Questo è dovuto anche al fatto che Lesbia era comunque una donna affermata nella politica greca del I sec. A.C.
Inpotens: grecismo
Fulsere: vi sono due versi praticamente identici (v.3 e v.8).
Nec…nec:anafora che evidenzia la convinzione di Catullo.
Nec…vive: imperativo negativo usato soltanto in poesia invece di ne+ congiuntivo perfetto
Ostinata mente: è un avverbio derivato dall’unione di un aggettivo e di un sostantivo.
Nec Requie nec rogabit:è una climax che ancora sottolinea la convinzione di Catullo.
Quae…quis…cui…ecc:è un poliptoto ovvero una figura retorica che consiste nella ripetizione di una stessa parola in casi diversi
Bella: aggettivo proprio dello strato quotidiano e popolare della lingua.
Labella:diminuitivo tipico in Catullo.
At: questa congiunzione fortemente avversativa esprime la difficoltà dell’autore di far valere la ragione sulla passione.

SINDROME D’AMORE (CARMEN 51)

Un uomo osserva rapito Lesbia mentre ride e Catullo rimane fortemente turbato da questa situazione e nel carme descrive, appunto, i suoi sentimenti. Il carme appartiene al primo periodo del rapporto tra Catullo e Lesbia e quindi è difficile pensare che Catullo abbia provato un sentimento prevalentemente di gelosia in un periodo durante il quale non poteva avere nessuna pretesa su Lesbia. E’ interessante notare come Catullo esalti l’uomo che contempla Lesbia, proprio perché egli non è sconvolto dall’amore come lui e riesce continuamente (identem) a osservare Lesbia sena avere eccessivi turbamenti. Per quanto riguarda lo stile del carme notiamo che è ricco di enjambemant.
Confronto con Saffo: Catullo ha chiaramente preso ispirazione per comporre questo carme da un ode della poetessa eolica Saffo per la quale, tra l’altro, Lesbia aveva una speciale predilezione. Tuttavia Catullo non si è limitato a “tradurre” l’ode di Saffo ma ha piuttosto apportato numerose innovazioni. Catullo comunque “segue” la poetessa fino alla terza strofa, la quarta infatti risulta completamente differente. Saffo inoltre inserisce nella sua ode elementi tipicamente femminili che Catullo elimina. E’ interessante chiedersi perché Catullo abbia scelto proprio Saffo come fonte di ispirazione. Alla base della sua scelta si pensa ci sia il fatto che comunque, anche se in una situazione completamente diversa, il poeta abbia ritrovato nell’ode di Saffo una descrizione di sensazioni molto simili a quelle che lui provava. Diverse sono quindi le situazioni ma analoghe le reazioni fisiche ed emotive.

Ille…ille: anafora.
Mi: mihi.
Superare divos: iperbole.
Fas est: inciso (proposizione parentetica) che serve ad attenuare l’iperbole “superare divos” che poteva risultare blasfemo. Questa accortezza manca in Saffo. Questa espressione quindi era utilizzata soprattutto in un contesto religioso.
Identitem: questo avverbio è stato ritenuto poco poetico perché pesante, sebbene Catullo lo utilizzi spesso. Egli qua vuole soprattutto fare un riferimento con il carme XI. Non è presente in Saffo.
Spectat e audit: riguardo al confronto con Saffo notiamo che Catullo esprime una sensazione dia visiva che acustica, mentre Saffo solamente acustica.
Dulce: è un neutro con valore avverbiale.
Ridentem: questo verbo ci dà l’idea della contemporaneità.
Misero: è in forte contrasto con “ille” del primo verso.
Omnis: omnes.
Lesbia: in Saffo non viene pronunciato alcun nome femminile.
Aspexi: perfetto con valore iterativo che si trova in forte antitesi rispetto a specto. Esprime un’azione che si ripete ma è conclusa nel tempo.
Est super: super est, anastrofe e tmesi (taglio).
Lingua sed : anastrofe che rende l’idea del balbettare.
Sonitu suopte tintinant: l’allitterzaione e l’onomatopea (tintinant) coniata direttamente da Catullo, potenziano a livello fonico l’immagine.
Lumina nocte: ossimoro.
Otium…otium: anafora.
Otium…otio…otium: poliptoto
Exultas…gestis…perdidit: climax ascendente
Queste figure retoriche evidenziano lo sconvolgimento interiore del poeta.
Otium: questo termina ha una forte connotazione romana ed è usato qui proprio come contrario di negotium (impegno politico e civile).
Reges: probabilmente in questo verso Catullo vuole esprimere il suo timore per il crimine che stava commettendo con Lesbia (adulterio).

ESTREMO ADDIO AL FRATELLO (CARMEN 101)

Durante un viaggio in Bitinia, nel 57 a.C., Catullo si reca nella Triade dove è stato seppellito il fratello, morto quando ancora era molto giovane, forse a causa di un naufragio. Il carme quindi consiste in un appassionato addio rivolto alle spoglie del fratello. A livello stilistico sono molto frequenti le anastrofi. Le anafore anche sono frequenti e sono talvolta evidenti (multas…multe) o altre volte sparse nel testo (miseras, miser). A livello fonico vi sono delle consonanti molto ricorrenti, soprattutto le M e le R. riguardo al modello greco va ricercato soprattutto nell’epigramma n.7 di Meleagro.
Confronto con Ugo Foscolo: Ugo Foscolo, per comporre il suo notissimo sonetto “in morte del fratello Giovanni” si è certamente ispirato a questo carme di Catullo. Innanzitutto la situazione è molto simile: entrambi compiangono il fratello morto. Catullo, in particolare esprime la sua amarezza per la morte del fratello, la cui tomba è “illacrimata” in quanto mai nessuno la può andare a trovare. Anche Foscolo esprime il suo dolore per non poter andare a trovare la tomba del fratello, anch’essa “illacrimata”, poiché costretto ad una vita da esiliato. Foscolo ritiene che il sepolcro abbia una sua utilità non per il defunto ma perché crea una connessione tra il defunto e i vivi. Il sepolcro ha in particolare due funzioni per Foscolo:
- Funzione storica: serve a perpetuare il ricordo.
- Funzione affettiva, familiare: è utile per i vivi. Infatti la persona viva affezionata al defunto può trovare giovamento dall’andare a trovare il defunto, stabilendo un contatto con lui attraverso la tomba.
Anche se comunque Foscolo reinventa un componimento del tutto nuovo rispetto a quello di Catullo, vi sono numerose corrispondenze testuali. Per cominciare l’incipit risulta molto simile sia riguardo al contenuto ma soprattutto circa il ritmo, lento e un po’ faticoso che esprime in entrambi i casi la stanchezza dell’autore, a causa del lungo viaggio nel caso di Catullo e a causa dell’esilio nel caso di Foscolo. La differenza principale tra i due componimenti, invece, è soprattutto il fatto che mentre il carme di Catullo è incentrato sullo svolgimento del rito funebre, il sonetto foscoliano vuole invece focalizzarsi sulla descrizione del suo stato d’animo, della sua infelicità e del suo dolore. L’elemento che comunque lega fortemente i due brani è sicuramente il tema della lontananza e l’importanza di esseri seppelliti vicini, in patria.

Multas…vectus: verso che ricalca molto da vicino i primi versi dell’Odissea (Libro 1 vv. 1-4)
Multas per: per multas, anastrofe che mette in evidenza l’aggettivo multas.
Advenio: presente con valore di perfetto.
Miseras e inferias: i sacrifici compiuti in onore degli dei mani. Gli dei mani erano le anime dei defunti, gli antenati, e in ogni casa c’era un angolo dove si veneravano questi dei. Queste due parole accostate formano una figura retorica, l’omoteleuto (accostamento di due parole che hanno una desinenza simile).
Inferiae: offerte di acqua, latte miele, sale, olio, sangue di vittime che usualmente si portavano ai defunti, che però al fratello non erano mai state portate poiché seppellito troppo lontano dai parenti.
Donarem: accusativo della persona a cui si dona, ablativo strumentale della cosa che si dona.
Munere mortis: allitterazione.
Mutam nequiquam: omoteleuto.
Cinerem: sostentivo che viene da cinis, normalmente usato al maschile ma qua al femminile.
Tete ipsum: rafforzativo per sottolineare questa fratellanza strappata.
Miser: collegato con miseras del v.2.
Prisco quae: quae prisco, anastrofe.
Atque vale!: era una formula usuale di estremo saluto ai defunti, frequente soprattutto negli epigrafi.

Esempio