Apuleio

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Testo

Apuleio, ai giorni nostri, è conosciuto essenzialmente come l’autore dell’Asino d’oro, com’è comunemente ricordata, la sua opera maggiore, i Metamorphoseon libri (Metamorfosi). Chi legge oggi questo romanzo rimane affascinato dal contenuto quasi fantastico e dalla valenza allegorica che esso ha. Ma Apuleio non è soltanto l’autore dell’Asino d’oro: egli è l’intellettuale curioso, poliedrico, attratto da interessi svariati, che non disdegna neppure a sbirciare all’interno della magia e delle sue pratiche. Apuleio è l’uomo colto, per il quale la cultura non è solo quantità di saperi diversi, bensì è apertura, è lotta in campo aperto contro l’ignoranza, contro il vecchio. In questo senso, egli può essere considerato una sorta di precursore dell’intellettuale moderno, incline a seguire percorsi differenziati di conoscenze e desiderio di riunirle. L’importanza di Apuleio nel complesso panorama culturale romano e la sua funzione d’intellettuale poliedrico e ricco di curiositas non furono apprezzate negli anni che seguirono la sua morte. Per gli scrittori cristiani che dal III sec. d.l. in poi egemonizzarono la cultura romana, si trattava di un autore scomodo, giacché davanti alla crisi spirituale del tempo aveva fornito risposte valide, anche se da una prospettiva non cristiana. Invece una vera e propria rinascita si ebbe dal Boccaccio, che lo tenne presente per la composizione di alcune sue novelle, e si può dire che le simpatie per lo scrittore africano non cessarono per tutto il Rinascimento, inoltre tutta la novellistica cinquecentesca lo tenne presente e s’ispirò a molti racconti che costellano la Metamorfosi. In epoca romantica le simpatie per Apuleio aumentarono, giacché nelle sue opere s’individua il gusto dell’avventura in chiave autobiografica, tanto amata dagli scrittori romantici. Infine, in epoca moderna gli interessi nei confronti dell’opera apuleiana si sono snodati lungo due direttrici di marcia: da un lato la filologia ha posto la sua attenzione sull’individuazione della fonte greca delle Metamorfosi, dall’altro la storiografia ha indagato a fondo per definire il complesso rapporto che lega lo scrittore alla cultura e alla società del suo tempo. Ma anche oggi, malgrado l’impegno di tanti studiosi, si può affermare che “il caso Apuleio”è ancora aperto, nel senso che si è ancora lontani dalla soluzione di alcuni problemi nodali che da sempre assillano la critica apuleiana.
Nacque a Madaura, piccolo ma importante avamposto romano nell'odierna Algeria, attorno al 125 d.C. Il prenome Lucio, dato da alcuni codici, è sospetto, poiché coincide con quello del protagonista-narratore del romanzo, apuleiano. Il padre fu anche console della città, lasciò a lui e al fratello un’eredità di quasi due milioni di sesterzi. Dopo aver compiuto i primi studi, forse nella città natale, li proseguì a Cartagine, dove studiò retorica, e poi ad Atene, dove ascoltò i maggiori maestri di filosofia del tempo. La sua formazione accurata e completa fa pensare che la famiglia fosse piuttosto benestante. Apuleio seguì due percorsi formativi: la retorica, assimilata fin da giovinetto, e la filosofia. La prima lo portò a essere un brillante conferenziere e uno stimato avvocato: infatti, sensibile agli insegnamenti della nuova sofistica, Apuleio fu attratto dall’uso abile della parola. Un altro percorso della sua formazione culturale, quello filosofico, lo fece appassionare al pensiero di Platone e lo accostò specialmente al medio - platonismo. La frequentazione di maestri importanti e di problematiche filosofiche di tipo speculativo colarono i vuoti lasciati dai suoi studi di stampo neosofistico. Così, Apuleio ebbe modo di occuparsi di filosofia naturale e morale, di logica e di dialettica, di teologia e di metafisica. Egli, infatti, è l’autore che, nell’età degli Antonini, più di altri si segnalò per molteplicità d’interessi e per sensibilità culturale. I frequenti viaggi portarono Apuleio in Grecia, Asia Minore, a Roma dove fu iniziato al culto di Osiride e di Iside e praticò con successo l'avvocatura. Nell’odierna Tripoli dove s’imbatté in un vecchio compagno di studi, Ponziano e approfittò della sua ospitalità. Ponziano aveva una madre, Emilia Pudentilla, vedova, non bella ma con un considerevole patrimonio: egli volle che Apuleio, fidato amico e, in quanto filosofo, indifferente alla ricchezza, la sposasse. Alla morte di Ponziano i parenti di Pudentilla, per timore di perdere la ricca eredità, gli intentarono un processo, accusandolo di aver sedotto la donna con le sue arti di mago. Il processo si celebrò tra la fine del 158 e gli inizi del 159 d.C. ed espose Apuleio persino al rischio della pena capitale. Dopo essere stato assolto grazie alla sua famosa Apologia, Apuleio fissò la sua dimora a Cartagine, dove forse rimase fino alla morte. Poiché dopo il 170 non si ebbero più sue notizie, la sua morte è avvolta nel mistero.
Lo stesso Apuleio afferma di aver scritto moltissimo, su argomenti diversi, sia in greco sia in latino. Moltissime di queste opere sono andate perdute, ma la tradizione ne ha conservato numerosi titoli e un certo numero di frammenti. Alla produzione poetica appartenevano “poesie divertenti”, ”versi d’amore”, non dissimili da quelli composti dai poetae novelli, inni a divinità. Fra le opere in prosa, alcune erano i testi di discorsi oratori e di conferenze su argomenti vari, alle quali sono da aggiungere una raccolta di racconti di sfondo amoroso e altri tesi narrativi. Agli interessi filosofici di Apuleio dovevano ricondursi traduzioni di opere di Platone e di altri filosofi greci.
In ambito filosofico egli produsse in misura piuttosto cospicua e oggi si è propensi a ritenere che le opere filosofiche pervenuteci dovessero precedere, almeno in buona parte, l’Apologia. Le opere pervenuteci, oggi attribuite, in modo quasi unanime, ad Apuleio sono: il De mundo.L’opera, breve, comprende due parti: la prima tratta della cosmologia, la seconda la teologia. L’operetta è espressione di una profonda conoscenza della dottrina platonica e di quella peripatetica. Il De Platone et eius dogmate era un trattato originariamente in tre libri, dei quali soltanto due ci sono pervenuti. Si tratta di un’esposizione della dottrina platonica, probabilmente con destinazione didattica. Il De deo Socratis (sul demone di Socrate), è il testo di una conferenza in cui si affronta l’argomento con finalità divulgative. In esso ritorna l’immagine di un universo scisso e gerarchizzato, ma ora apprendiamo che si tratta di un universo popolato da potenze intermedie, di demoni, che riempiono ogni spazio tra le bassure della terra e il sommo etere. Il contenuto delle opere filosofiche a noi pervenute confermano l’adesione del poeta al medio - platonismo.
Apuleio svolse un’attività oratoria senz’altro intensa, nella quale mise a frutto gli studi di retorica seguiti, a Cartagine, negli anni giovanili. Di questa sua attività a noi è giunto ben poco. In questo settore possediamo l’Apologia e i Florida. L’Apologia è il discorso di difesa, un’orazione giudiziaria, che Apuleio scrisse e pronunziò, nel 158 o 159, davanti al tribunale presieduto dal proconsole Claudio Massimo. In quell’occasione, dovette rigettare l’accusa di praticare la magia, proposta contro di lui dai parenti della donna che egli aveva sposato qualche tempo prima. L’opera è quasi certamente anteriore al romanzo, in quanto gli accusatori di Apuleio non citano certi episodi di magia, che si trovano nelle Metamorfosi e che avrebbero potuto confermare la loro tesi. Il medesimo codice che ciò ha trasmesso l’Apologia contiene una raccolta di passi scelti di altre orazioni di Apuleio.Si tratta di ventitré brani, di diversa estensione, che un ignoto compilatore ha tramandato, forse per motivi scolastici. Questa raccolta, il cui titolo è Florida, deriva molto probabilmente da una silloge più estesa, di almeno quattro libri. Alcuni brani dei Florida sono utili per la ricostruzione di momenti importanti della vita del poeta, nonché della sua evoluzione culturale; altri invece costituiscono parti di discorsi e di declamazioni dedicate all’Africa e a Cartagine; altri ancora contengono curiosità di ogni genere, specialmente di tipo geografico, mitologico, storico e filosofico. Non mancano, poi, aneddoti ed elogi di personaggi di rilievo.
Le Metamorfosi sono l’opera di Apuleio che forse di più e meglio delle altre rispecchia la varietà e la complessità della sua personalità culturale. Non conosciamo la data di pubblicazione, ma quasi certamente l’opera è successiva all’Apologia. L’opera, che con un calzante anacronismo siamo soliti definire con il nome di romanzo, è in realtà una composizione molto varia, nella quale concorrono generi letterari diversi, dalla storiografia alla biografia, dalla satira menippea al racconto mitologico e all’epica. Ne viene fuori una struttura narrativa molto articolata e complessa. Apuleio nell’introduzione del romanzo ci informa di aver desunto la materia per la sua fabula graecanica da una fonte ellenistica. Di più lui non dice, e da sempre la critica apuleiana si è arrovellata per stabilire l’identità di questa fonte. Le Metamorfosi constano di undici libri, e già questo semplice dato ci fornisce l’esatta misura dell’anticlassicismo dello scrittore. Per intenderci, uno scrittore augusteo avrebbe composto l’opera in dieci o dodici o quindici libri. Inoltre l’undicesimo libro appare, se non del tutto diverso rispetto agli altri, con una fisionomia tutta propria, e si pone come una vera e propria chiave di lettura di tutto il romanzo. La struttura dell’opera è molto intrecciata e complessa; infatti, all’interno del racconto principale si sviluppa una serie di racconti-digressione che vivono una vita autonoma rispetto alla narrazione centrale. Nel racconto-cerniera il protagonista è Lucio che,giunto in Tessaglia,viene ospitato dall’usuraio Milone e dalla moglie Panfila,che risulta essere una maga. Lucio,desideroso di accostarsi ai misteri della magia,cerca di farsi svelare dalla servetta Fotide i segreti di Panfila. Così una sera assiste alla trasformazione di Panfila in barbagianni e chiede a Fotide di essere trasformato a sua volta in un uccello; ma per un banale errore di Fotide, che sbaglia ampolla, Lucio viene trasformato in asino, pur mantenendo intelligenza e sentimenti umani. A questo punto, ha inizio tutta una serie di disavventure per il povero Lucio asino, che viene portato via da una banda di ladri. Così giunge in una caverna, nella quale una vecchia tiene a bada una fanciulla rapita al proprio fidanzato, raccontandole la favola di Amore e Psiche, che si snoda per ben due libri. La favola occupa un posto centrale nella struttura del romanzo, ma ha una sua centralità anche per quanto riguarda la tematica e le possibili omologie che si possono cogliere fra le vicende di Psiche e quelle di Lucio. Psiche, infatti, è il simbolo dell’anima che, presa dalla curiositas di vedere ciò che non le è consentito, perde il suo stato di felicità ed è costretta a una serie di sofferenze per recuperare “il paradiso perduto”.E come non vedere un’omologia fra la condizione di Psiche e quella di Lucio, il quale, per soddisfare la sua sete di conoscenza delle arti magiche, è stato trasformato in asino e dovrà vivere una serie di disavventure prima di recuperare lo stato umano. Dopo la favola di Amore e Psiche, riprende il racconto dei casi di Lucio, le sue disavventure continuano ed egli è costretto a sopportare numerose fatiche passando da un proprietario all’altro.Alla fine Lucio riesce a fuggire e dopo un lungo viaggio giunge nei pressi del mare, dove gli appare la dea Iside, la quale gli consiglia di assistere alla processione in suo onore, che si terrà il giorno seguente, e di mangiare le rose sacre che un sacerdote terrà in mano, per riacquistare le fattezze umane. Lucio prontamente ubbidisce al suggerimento e, riacquistate le sembianze umane, si fa iniziare ai culti di Iside e Oriside. Alla fine l’ultimo colpo di scena che acuisce il significato dell’opera: Lucio si rivela “Madurense”. Le avventure di Lucio, il suo imbestiamento, la sua salvezza tramite l’iniziazione ai culti di Iside e Osiride sono quindi le avventure, l’imbestiamento e la salvezza dello stesso Apuleio. Per una corretta interpretazione del romanzo, è determinante il libro conclusivo, che per altro appare del tutto originale rispetto alla tradizione letteraria alla quale Apuleio si ricollega. E’ questo, ad esempio, il caso delle descrizioni avventurose, delle digressioni, dei racconti erotici che rientrano perfettamente nei caratteri del romanzo greco, ma che nelle Metamorfosi acquistano un significato del tutto nuovo. Infatti, essi non hanno un significato per se stessi, non servono, nell’economia del racconto, esclusivamente a catturare la curiosità del lettore, ma hanno una forte caratterizzazione simbolica, in quanto rappresentano tutto un campionario si pericoli di esperienze degradanti alle quali Lucio deve sottoporsi per riacquistare le fattezze umane e giungere così alla salvezza. E’ indubbio che il romanzo risenta della cultura misterica che si era diffusa in quel tempo nella società romana: infatti, l’idea del congiungimento con la divinità era tipica di tali culti orientali. Con la composizione delle Metamorfosi Apuleio compie un’operazione culturale molto composita perché, se da un lato, mediante le descrizioni di avventure, le novelle erotiche, i racconti di episodi straordinari e meravigliosi egli riesce a soddisfare un pubblico abbastanza vasto e di media o bassa cultura; dall’altro con l’allegoria e con la presenza massiccia nel romanzo di pratiche misteriche intende rivolgersi a un pubblico più colto, capace di cogliere la profonda verità che si annida dietro la straordinaria esperienza di Lucio.Anche nelle Metamorfosi Apuleio dimostra di non aver per nulla dimenticato la lezione della Nuova Sofistica: il suo stile straordinariamente ricco e mutevole abbonda di diminutivi, di arcaismi, di grecismi, di popolarismi; la sua prosa, nella quale la coordinazione prevale sulla subordinazione, sfugge a ogni tentativo di classificazione. Alla luce di quanto si è fin qui detto, si potrebbe credere che il romanzo manchi di unità, che addirittura in esso convivano due scrittori: quello realistico, amante delle avventure, splendido narratore di novelle, e quello misticheggiante, tutto quanto proteso verso l’allegoria e il mistero. Ma se si analizzano, ad esempio, le novelle, ci si accorge che esse non servono soltanto a soddisfare nel lettore il gusto per l’avventuroso o per l’erotismo, ma acquistano nell’economia del romanzo una funzione ben precisa, che è quella, di mostrare la degradazione morale del mondo per provocate una specie di crisi di rigetto che preannuncia la conversione, in altre parole l’iniziazione misterica. La forma del romanzo rispecchia una società dove non vi sono più valori autentici; il protagonista, intento a cercarli, è egli stesso problematico, cioè non conosce quei valori. La grandezza di Apuleio consiste proprio nello sforzo di cercare questi nuovi valori, che egli crede di individuare soprattutto nella salvezza proveniente dall’iniziazione ai culti misterici.

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