APULEIO

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Testo

APULEIO
Vita
Le notizie riguardo alla vita di A. provengono unicamente dalle sue opere, Apologia e Florida, ma i contemporanei non ne parlano.
Apuleius nacque verso il 125 d.C. a Madaura provincia africana da una famiglia di condizione elevata: ricevettero una cospicua eredità dal padre, ex-duumviro, carica di alta magistratura.
Compì i suoi studi inizialmente a Cartagine, poi ad Atene. Viaggiò a lungo spinto dalla curiositas: in Grecia, in Oriente ellenizzato, esercitando l’attività di pubblico conferenziere. Durante le peregrinazioni venne iniziato a culti misterici e salvifici, molto diffusi al tempo.
Nell’anno 155 o 156 si reco’ all’odierna Tripoli dove incontrò Sicinio Ponziano e sposo’ sua madre Pudentilla molto ricca: 3 anni dopo fu accusato di averla costretta al matrimonio con arti magiche e dovette affrontare un processo pronunciando l’autodifesa, l’Apologia o De Magia. Probabilmente fu assolto. L’imputazione era pero’ molto grave: la magia era punita con una legge sillana dell’81 d.C. che prevedeva la pena di morte.
In seguito tornò a Cartagine dove forse proseguì la sua carriera di oratore. Dopo il 170 non abbiamo più notizie di lui.
Apuleio è un classico esempio di intellettuale cosmopolita e bilingue(greco e latino) dell’epoca. Conosce benissimo solo un’arte: quella della parola.
Opere
Opere perdute: tutte quelle in lingua greca, alcune in lingua latina come gli Hymni in Aesculapium, i Ludicra, i Carmina amatoria(di cui sopravvivono 9 senari x l’invio di un dentifricio e 2 epigrammi). Perdute anche le opere scientifiche ed erudite in prosa.
Opere spurie o dubbie: il dialogo Asclepius, i trattati De herbarum medicaminibus, De remediis salutaribus. Dubbio è anche il trattato latino di logica Perì hermeneias.
Opere conservate: l’Apologia, i Florida (raccolta di 23 brani oratorii), i trattati filosofici De Platone ed eius dogmate, De deo Socratis, De mundo, i Metamorphoseun libri e Asinus Aureus, l’unico romanzo latino a noi pervenuto integro.
Eloquenza e filosofia
Il De magia (o Apologia) è l’unica orazione giudiziaria di età imperiale a noi pervenuta. Forse il dialogo che leggiamo è pero’ frutto di una rielaborazione successiva.
L’orazione è suddivisibile in 3 parti, corrispondente a 3 punti fondamentali:
1) A. respinge una serie di accuse minori, intese a provare la dissolutezza dei suoi costumi.
2) Affronta il capo d’accusa principale e cerca di sfatare le false credenze diffuse dicendo che sono esperienze mediche, studi zoologici e atti di devozione religiosa.
3) Si entra nel merito dei fatti accaduti a Tripoli e legati al matrimonio.
Fin dall’inizio Apuleio mostra la disinvolta sicurezza di chi si sta accingendo ad un compito fin troppo facile, di demolire un castello di inconsistenti accuse. Anche se la difesa si fonda sulla dimostrazione che il testamento è rivolto a lasciare l’eredità al figlio A. si basa sull’esibizione della propria schiacciante superiorità culturale, adoperando per la difesa la sua abilità oratoria. Ricorre spesso allo sfoggio della cultura attraverso citazioni e digressioni erudite, facendo una sorta di mini conferenze.
I modelli sono diversi, per quanto riguarda il piano stilistico:
- struttura dei periodi, ammiccamenti, sarcasmi sono ispirati a Cicerone
- l’ornamentazione retorica risente del gusto delle scuole
- il composito impasto lessicale è apuleiano
I Florida sono 23 estratti di discorsi a carattere epidittico scritti da A. tra il 160 e il 170, preziosa testimonianza della sua attività di celebre conferenziere. È un’antologia ricavata da un ingoto compilatore da una precedente raccolta di 4 libri, curata dallo stesso autore. I singoli brani sono esempi di virtuosismo retorico. Gli argomenti sono svariati e curiosi. L’atteggiamento esibizionistico del neosofista latino, compiaciuto della propria abilità e del dominio su pubblico entusiasta colpisce il lettore.
Le opere filosofiche di Apuleio furono considerate fonti di primaria importanza per la conoscenza della dottrina platonica fin dall’età dell’Umanesimo. Sono ancor oggi prezioso documento del platonismo medio(caratterizzato dal pensiero di Platone + influenza di altre scuole).
Il De Platone et eius dogmate è diviso in 2 libri: fisica ed etica platonica. Nel 1° libro A. segue fedelmente i dialoghi di Platone; nel 2° attinge alla trattazione post-platonica dei commenti e della scuola.
Il De deo Socratis appartiene al genere della trattatistica divulgativa e espone in forma di conferenza la dottrina platonica dei demoni. Questa conferenza è suddivisibile in 3 parti:
1) delineamento del mondo degli dei e quello degli uomini
2) affermazione dell’esistenza dei demoni e definizione di caratteri e funzioni
3) concentrazione sul demone di Socrate, voce interiore che lo distoglie da ciò che non è bene
l’opera si chiude con l’esortazione a seguire la via della sapienza.
Il De mundo è una traduzione, o meglio un rifacimento in latino del trattato pseudoaristotelico Perì Kosmou. È di struttura bipartita: prima sezione dedicata alla cosmologia, seconda alla teologia. I principi della filosofia peripatetica sono combinati con elementi di derivazione platonica e stoica.
Le metamorfosi ovvero l’asino d’oro.
Le metamorfosi sono l’unico romanzo antico in lingua latina a noi pervenuto per intero.
Si tratta di un’opera di notevole ampiezza, dove si narrano le avventure di Lucio, un giovane bramoso di conoscere i segreti dell’arte magica, che in seguito a un incantesimo sbagliato si trasforma in un asino. Attraversa così ogni sorta di peripezie e di travagli, finché il benigno intervento di una divinità non lo restituisce alla sua forma umana. Riconoscente si consacra per sempre al culto della dea.
Nel corso della vicenda principale si inseriscono numerose storie secondarie, secondo la tecnica del racconto “ad incastro.”
Si ignora in quale periodo sia stato scritto.
Nei manoscritti il romanzo di Apuleio reca l’intitolazione di Metamorphoseon libri XI, ma tuttavia fin dall’antichità il titolo ufficiale si affianca per tradizione a quello di Asinus aureus. Indubbiamente i materiali narrativi che Apuleio intreccia sono stati attinti da svariate fonti.
Il motivo della metamorfosi animalesca risale alle più remote tradizioni orali e preletterarie delle civiltà antiche. In particolare, la storia dell’uomo trasformato in asino è argomento di un breve romanzo greco, “Lucio ovvero l’asino”, tramandato nel corpus delle opere di Luciano di Samosata, ma considerato spurio dalla maggior parte degli studiosi.
Le caratteristiche di questo romanzo rimandano al repertorio delle fabulae Milesiae, cui lo stesso Apuleio dichiara apertamente di rifarsi nel prologo.
Al gusto milesio si ispirano diversi episodi, mentre vere e proprie Milesiae vanno considerate non poche fra le varie novelle inserite nel romanzo. Impossibile però distinguere quanto sia da a attribuirsi all’invenzione dell’autore e quanto derivi invece dalle fonti.
Le metamorfosi si apparentano anche con il romanzo ellenistico erotico-avventuroso.
L’opera di Apuleio tuttavia rivela una stratificata ricchezza di contenuti e di intenti che va ben oltre i limiti del filone narrativo dichiaratamente prescelto.
Nelle metamorfosi confluiscono e si intersecano molteplici influssi di generi letterari diversi, dalla tragedia all’elegia, dall’autobiografia al racconto mitico filosofico, dal teatro comico alla satira, dal poema epico alla storiografia, come del resto è caratteristico del romanzo antico.
Dal punto di vista strutturale il romanzo si articola in tre sezioni ben distinte, di ampiezza diseguale, scandito da due episodi simmetrici che segnano le svolte cruciali della vicenda, cioè le due metamorfosi del protagonista.
IL PRIMO BLOCCO NARRATIVO( libri 1-3) presenta una struttura piuttosto organica e coerente, impostata sullo schema del viaggio. Il tema dominante è la magia, presentata sotto una luce ambigua, come una realtà misteriosa che può celare terribili insidie. Anche lo sviluppo della vicenda è relativamente lineare. In questa prima parte il modello cui l’autore si ispira più da vicino è il Satyricon di Petronio, per l’evidente affinità di situazioni, figure, sfondi ambientali.
Diversa appare invece l’articolazione dell’amplissima SEQUENZA CENTRALE, caratterizzata da una struttura narrativa debole, che può essere definita paratattica: gli episodi si susseguono uno dopo l’altro in modo imprevedibile, collegati fra loro unicamente dalla presenza dell’asino. Il mutamento della tecnica del racconto corrisponde dunque alla metamorfosi subita dal protagonista; l’apparente disordine narrativo riflette la sostanza caotica del mondo, l’irrazionalità dell’universo sociale e l’impossibilità, da parte dell’uomo-asino, di controllare gli accadimenti e di modificare la propria situazione che diviene sempre più miserevole.
Unica consolazione per Lucio osservare ciò che accade intorno a lui: non a caso in questo blocco si concentra il maggior numero di inserti novellistici. Ecco che la forza tratta passività di Lucio scopre un’inopinata valenza positiva, e la storia dell’uomo-asino può configurarsi come una sorta di odissea minore, un’avventura conoscitiva resa possibile dall’assunzione di una prospettiva straniata..
LA SEZIONE CONCLUSIVA del romanzo comprende solo il libro 11, nel quale Lucio viene tratto in salvo da Iside e i iniziato ai misteri.
L’apparizione della dea segna un mutamento radicale nell’atmosfera e nei toni della narrazione, pervasi di misticismo e di religiose simbologie. Anche l’andamento narrativo appare diverso: il racconto diventa quasi privo di azione e di dialogo.
Unico evento di spicco è la metamorfosi.
Lo spazio che nei libri precedenti era gremito dagli accidenti di una realtà quotidiana fin troppo rude e concreta viene ora occupato dal sogno, dalla visione e dai rituali del culto.
Appena si è compiuta la nuova metamorfosi, il sacerdote di Iside pronuncia un discorso che getta una nuova luce sull’intera vicenda, svelandone il vero significato: tutto ciò che è stato narrato in precedenza sembra assumere le connotazioni di una vasta allegoria, o meglio del racconto esemplare di un percorso iniziatico.
Lucio si è macchiato di bassa sensualità e di sacrilega curiositas; alla caduta è seguita l’espiazione in un corpo animalesco, infine il riscatto, non per suo merito ma per la benevolenza di Iside.
In seguito all’improvvisa rivelazione, assumono un nuovo significato sia il numero insolito dei libri, che ha un evidente valore simbolico (dieci erano i giorni di preparazione per l’iniziazione, che avveniva l’undicesimo giorno, dei misteri isiaci ), sia la disposizione e il contenuto delle novelle incastonate nel racconto principale.
Nei primi tre libri, si incontrano infatti due novelle di magia pervase da un’atmosfera inquietante entrambe concluse con la morte o la rovina dei protagonisti, che costituiscono quindi un monito a guardarsi dalle insidie dell’arte magica.
Così nella seconda sezione narrativa, quasi a scandire la discesa del protagonista nei meandri della corruzione e della malvagità umana, troviamo racconti violenti e sanguinosi e storie di fatti delittuosi e foschi.
Ma è soprattutto la lunghissima novella di Amore e Psiche ad imporsi quale proiezione e anticipazione, in chiave fiabesca e mitologica, della vicenda di Lucio. Il parallelismo fra le 2 vicende è trasparente: Iside libererà Lucio come Amore libera Psiche…
Avallando senza riserve l’interpretazione teleologica della vicenda che emerge dal discorso del sacerdote, diversi studiosi si sono adoperati e ricondurre l’intera narrazione sotto il segno unificante del messaggio religioso. Questi interpretano puntualmente ogni episodio ed ogni particolare del racconto quale prefigurazione allusiva e simbolica dell’undicesimo libro, leggendo le “Metamorfosi” come un romanzo mistico che traveste in forma narrativa il percorso rituale dell’iniziato.
Altri interpreti invece sono giunti a negare l’esistenza di un qualsiasi rapporto fra il complesso della narrazione e l’ultimo libro, visto come una sorta di appendice incongruente e artificiosa.
Il dibattito critico sulla questione dell’unità del romanzo resta tuttora aperto.
Occorre in ogni caso prendere atto di una sorta di dissonanza fra i primi 10 libri e l’ultimo. Infatti nelle metamorfosi confluiscono istanze diverse: da una parte il libero piacerebbe di raccontare, proprio della narrativa di intrattenimento; dall’altra il messaggio religioso, che pervade esplicitamente l’undicesimo libro. Intento edificante e misticismo convivono accanto all’elemento comico e ludico, in una mescolanza di toni che conserva qualcosa di sfuggente e di misterioso.
Alla varietà di toni e dei registri narrativi corrisponde una tessitura linguistica iridescente e sontuosa. Apuleio si forgia una lingua personalissima, composita e squisitamente artificiosa attingendo alle risorse di un’immensa tradizione letteraria.
L’autore accosta e fonde neologismi, arcarismi cari al gusto della sua epoca, diminutivi nello stile delle novelle, poetismi e forme del sermo cotidianus.
Nel periodare tendono a prevalere le strutture paratattiche.
La poikilia e una fastosa abbondanza sono le caratteristiche più appariscenti di questo stile pittorico e musicale, intarsiato di continui richiami allusivi ad autori delle più varie epoche, specialmente dei poeti, intonati alle differenti atmosfere e situazioni del romanzo.
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