Annales, Tacito

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Testo

52. La morte di Burro segnò la fine del potere di Seneca, perché i buoni consigli non avevano più la stessa efficacia di prima, allontanata per così dire una delle guide, e Nerone si lasciava attrarre dai peggiori. Costoro prendono di mira Seneca con accuse di vario tipo: che volesse aumentare ulteriormente le sue ingenti ricchezze, eccessive per un privato; e che intendeva concentrare su di sé le simpatie dei cittadini; e che superava, in un certo modo, il principe con la bellezza dei giardini e lo splendore delle ville. Gli rinfacciavano anche di attribuirsi in modo esclusivo la fama dell'eloquenza e di comporre poesia troppo frequentemente, dopo che Nerone vi si era appassionato (lett: era nato l'amore di Nerone x quelli). In fatti (Lo dicevano) apertamente avverso agli svaghi del principe, ne sminuiva l'abilità di auriga scherniva le voci, quando cantava. E fino a quando nello stato non ci sarebbe stato niente che non si credesse trovato da lui? Senza dubbio, l'infanzia di Nerone era finita ed egli era nel pieno vigore della sua giovinezza: si sbarazzasse dunque del precettore ora che poteva contare sull’insegnamento abbastanza efficace dei suoi avi, come maestri (lett: istruito in modo abbastanza efficace dai suoi antenati come maestri).
62.Quello (Seneca) senza paura chiede le tavole testamentarie poiché il centurione gliele rifiutava, rivolto agli amici, attesta, dal momento che gli veniva proibito di ringraziarli per i loro meriti, ciò che era ormai il suo unico possedimento e tuttavia il più bello, cioè un immagine della sua vita, della quale se ne saranno memori porteranno i frutti delle sue virtù come ricompensa di una amicizia duratura. Nello stesso tempo trattiene le loro lacrime ora con le parole ora con più intensità alla maniera di chi costringe alla fermezza chiedendo dove siano i suoi precetti di sapienza dove un esercizio di vita, per tanti anni meditato, contro i corsi della sorte? A chi infatti era stata sconosciuta la crudeltà di Nerone? E che non restava altro dopo aver ucciso la madre e il fratello che aggiungere l’omicidio del suo educatore e maestro.
19. Casualmente, in quei giorni, si era recato Cesare in Campania, e Petronio spintosi fino a Cuma era trattenuto là. Non sopportò oltre le attese, nel timore o nella speranza. Tuttavia non di tolse la vita con precipitazione, ma si tagliava le vene, le fasciava a suo piacimento e le riapriva nuovamente, parlava agli amici ma non con temi seri, o con parole (quibus = per ea quibus) che gli procurassero gloria di fermezza. Non ascoltava discorsi sull'immortalità dell'anima o sulle massime di filosofi, ma poesie leggere e versi giocosi. Premiò alcuni tra i servi, ad altri li frustò. Sedette ai banchetti, indulse al sonno, perché la sua morte, benché imposta, apparisse accidentale. Neppure nei codicilli, cosa che facevano la maggior parte di coloro che dovevano morire, adulò Nerone o Tigellino o qualche altro potente, ma scrisse dettagliatamente le infamie del principe, elencando i nomi degli amasii e delle amanti, e le novità dei suoi costumi sessuali, e , dopo aver sottoscritto (il documento) mandò il testo a Nerone. Poi spezzò l'anello del sigillo, perché non servisse (usui = dat. fine) in seguito a mettere in pericolo altre persone.
Espello-is-expuli-expulsum-ere
63.Dopo che ebbe detto queste parole e altre di questo genere a tutti, abbraccia la moglie e un po’ addolcitosi di fronte a quell’angosciosa situazione la prega continuamente di limitare il suo dolore e di non essere afflitta in eterno ma di tollerare in nome di una vita trascorsa nella virtù il desiderio de marito con onesti piaceri. Quella al contrario afferma che anche per lei la morte è stata destinata e chiede la mano del carnefice. Allora Seneca non volendo opporsi alla sua gloria e allo stesso tempo nel timore di non lasciare lei che era amata da lui soltanto esposta alle offese del principe “Ti avevo mostrato le consolazioni della vita, ma tu preferisci le consolazioni della morte, non ti negherò la possibilità di essere d’esempio. Sia la decisione di questa morte tanto coraggiosa pari per entrambi, ma ci sia più onore nella tua decisione”. Dopo di queste parole si tagliarono le vene delle braccia con lo stesso colpo. Seneca,a causa del suo vecchio corpo e indebolito da una scarsa alimentazione offriva al sangue lente uscite, si taglia anche le vene delle gambe e dietro le ginocchia e indebolito da queste crudeli ferite la persuade ad andarsene in un'altra stanza per non tormentare con il suo stesso dolore l’animo della moglie e per non essere agitato egli stesso nel vedere il dolore di lei. E anche in questo estremo momento non mancando egli di eloquenza, chiamati degli scrivani, lasciò scritte molte parole, che essendo state pubblicate fra il popolo testualmente tralascio di trascrivere.
18. Su Petronio bisogna riprendere alcuni precedenti. Passava il giorno nel sonno, la notte tra gli affari e i piaceri della vita e, come altri erano arrivati alla fama con l'operosità, così egli vi era giunto per l’indolenza; e non era ritenuto un crapulone o uno scialacquatore,come la maggior parte di coloro che superano i propri beni, ma (un uomo) dalla vita lussuosa e raffinata (ab. qualità). Le sue parole e le sue azioni, quanto più disinvolti e in grado di mostrare una certa noncuranza di sé, venivano accolti con tanta più simpatia come espressione di semplicità. Tuttavia come proconsole in Bitinia e più tardi come console, si mostrò energico e all'altezza dei compiti. Tornato poi ai vizi, o perché tali vizi li sapeva simulare, fu ammesso tra i pochi intimi da Nerone (dat. agente) , come arbitro di eleganza, al punto che (Nerone), (in quel) abbondanza di piaceri, non stimava niente dolce e piacevole se non ciò che (sta per “id quod”) Petronio gli faceva approvare. Da qui la gelosia di Tigellino, come contro un rivale che è migliore (di lui) nella scienza della voluttà. Quindi sollecita la crudeltà del principe, le cui altre passioni erano inferiori, imputando a Petronio l'amicizia con Scevino, corrotto uno schiavo per fare la denuncia, sottratta a Petronio la possibilità di difesa, gettando in carcere la maggior parte dei servi.
2. Narra Cluvio che Agrippina, per la smania di mantenere il potere, in pieno giorno, nel momento in cui col vino e i cibi Nerone si infiammava, fu spinta a tal punto da offrirsi più spesso a lui ubriaco, seducente e pronta all'incesto; e poiché coloro che stavano vicino già notavano i baci lascivi e le carezze che preannunciavano la scelleratezza, (narra che) Seneca, contro l'adescamento femminile, abbai chiesto aiuto a una donna, facendo intervenire (oppure: e gli aveva messo vicino) la liberta Atte, la quale, preoccupata per il suo stesso pericolo e per l'infamia di Nerone, lo informasse delle voci circolanti sull'incesto, per il vantarsi della madre, e che i soldati non avrebbero sopportato il comando di un principe empio. Fabio Rustico ricorda invece che ciò fu desiderio non di Agrippina, ma di Nerone, e che questo stesso fu sventato dall’accortezza della liberta. Cluvio (tramandò) le medesime cose che anche altri storici tramandano, e la voce pubblica propende per questa versione, sia che Agrippina concepì nell’animo un tale obbrobrio, sia che il proposito di soddisfare l’inusitata passione (lett: la preparazione della strana libidine) sia apparso più credibile in lei che negli anni giovanili, per sete (speranza) di potere, aveva commesso adulterio con Lepido, e che, per uguale brama, si era abbassata fino (a cadere) alle voglie di Pallante, e, dopo le nozze con lo zio, (era) esperta di ogni vergogna. Prodo-is-didi,ere = tramandare 3. Nerone dunque evitava incontri privati con lei (la madre), quando si recava nei giardini o nelle campagne di Tuscolo o di Anzio e lodava perché si prendeva un po’ di svago. Ma alla fine, considerandola pericolosa ovunque fosse, decise di ucciderla, riflettendo solo se col veleno o colla spada o in qualche altro modo violento. In un primo tempo decise per il veleno. Ma, se se le venisse dato alla mensa del principe, (la sua morte) non sarebbe stata attribuita al caso, poiché tale era già stata la fine di Britannico; e sembrava difficile corrompere i servi di una donna resa vigile contro le insidie dalla sua abitudine al delitto; tanto più che si era immunizzata con l’assunzione di antidoti. Nessuno riusciva a escogitare come si potesse nascondere un delitto di spada; e temeva che il tale designato a compiere quel delitto così orribile rifiutasse di obbedire. Gli suggerì un'idea ingegnosa il liberto Aniceto, comandante della flotta di stanziata a capo Miseno, educatore della fanciullezza di Nerone, ostile ad Agrippina che, a sua volta, lo odiava. Informa dunque che si poteva costruire una nave, parte della quale, aprendosi ad arte in alto mare, facesse precipitare in acqua (Agrippina) colta di sorpresa: (si sarebbe potuto dire che) nulla è tanto capace di provocare disgrazie accidentali come il mare, e se (Agrippina) fosse stata tolta di mezzo da un naufragio chi sarebbe stato tanto maligno da imputare a delitto ciò che avevano provocato i venti e le onde? Il principe avrebbe poi innalzato alla (madre) morta un tempio, altari e altre cose a mostrare la sua devozione filiale. Addo-is-didi-ditum-ere 4. (A lui) piacque la trovata, favorita anche dalle circostanze, perché celebrava a Baia le feste delle Quinquatrie. Lì attirò la madre, mentre andava ripetendo che si devono sopportare i malumori dei genitori e placarne gli animi, per diffondere le voci di una riconciliazione, Agrippina crebbe (a ciò), grazie alla facile credulità delle donne verso ciò che fa loro piacere. La accolse all'arrivo, andandole incontro sulla spiaggia (perché veniva da Anzio), la prese per mano, la abbracciò e la condusse a Bacoli. Questo è il nome di una villa sul mare, che è lambita dal mare ripiegato ad arco tra il capo Miseno e il lago di Baia. Era ormeggiata, fra le altre, una nave con ornamenti più fastosi, come se anche questo fosse un segno d'onore offerto alla madre: poiché (Agrippina) soleva farsi trasportare su una trireme spinta da rematori della flotta da guerra. Fu invitata a cena, perché si approfittasse della notte per nascondere il delitto. Risultò abbastanza evidente che ci fosse un traditore e che Agrippina informata della trappola, incerta se credervi o no, si fece condurre a Baia sopra una lettiga. Ma lì l’atteggiamento accattivante (del figlio ) alleviò la paura: fu accolta con affetto e collocata alla sinistra dell’imperatore (al posto d'onore). Nerone conversava su svariati argomenti, ora con giovanile spontaneità, ora pensieroso, quasi volesse condividere (con lei) problemi seri; trascinò a lungo il banchetto, la accompagnò mentre partiva, guardandola negli occhi e stringendosela forte al petto, come gesto conclusivo di una finzione, o perché l’ultima visione della madre che stava per morire tratteneva il suo pur feroce animo.
Adhibeo-es-bui-bitum-ere
5. La notte offerta dagli dei fu illuminata dalle stelle e quieta per il placido mare, quasi a rivelare il delitto. La nave non era avanzata molto, e due dei (suoi) servi accompagnavano Agrippina, dei quali Crepereio Gallo stava in piedi non lontano dal timone, mentre Acerronia chinata ai piedi di colei (Agrippina) che giaceva a letto, invocava con gioia il pentimento del figlio e la gratitudine riacquistata dalla madre (presso il figlio), quando, con un segnale dato, il tetto della cabina, gravato da molto piombo, rovinò e Crepereio fu schiacciato e subito morì: Agrippina e Acerronia furono protette dalle spalliere del letto alte e per loro fortuna troppo resistenti per cedere sotto il peso. L’apertura della nave non seguì,perché lo scompiglio generale e i molti ignari intralciavano chi era al corrente. Allora ai rematori sembrò opportuno fare inclinare l’imbarcazione su un lato e così farla affondare: ma neppure gli stessi rematori si accordarono subito, e gli altri che si sforzavano di muovere (la nave) in senso contrario diedero la possibilità (alle donne) di essere gettate in mare più dolcemente. Acerronia però, a causa della sua imprudenza (o ignoranza) grida di essere Agrippina e (chiede) di portare aiuto alla madre del principe, e (così) viene uccisa con dei pali, coi remi e con attrezzi navali che erano presi a caso. Agrippina, in silenzio, e quindi non riconosciuta (sopportava però una ferita alla spalla) prima a nuoto e poi trasportata nel lago di Lucrino da alcune barche da pesca che le erano venute incontro, ritornò nella sua villa.
6. Qui riflettendo capì che per questo era stata fatta venire con un invito ingannevole e che era stata trattata con singolare onore; e il fatto che la nave, vicino alla costa, non sbattuta dai venti, non urtata dagli scogli, era crollata dall’alto, come una costruzione terrestre; considerava anche la morte di Acerronia e guardava la propria ferita. Comprese che l'unico rimedio alla trappola era fingere di non averla capita. E mandò il liberto Agermo ad annunciare a suo figlio che, per benevolenza degli dèi e per fortuna di lui, era scampata a un grave incidente e lo pregava, per quanto scosso dal rischio corso dalla madre, di rimandare il pensiero di vederla: lei per il momento aveva bisogno solo di riposo. Intanto, ostentando sicurezza, provvede a medicare la ferita e a ristorare il corpo; fa cercare il testamento di Acerronia e ordina di siggilare i beni: questo solo fece senza finzioni.
7. Nerone che attendeva la notizia dell'avvenuto delitto, annunciarono invece che si era salvata con una lieve ferita, ma dopo aver corso un tale pericolo non avrebbe dubitato il mandante. Morto di paura, gridava che ben presto sarebbe venuta pronta alla vendetta:sia che armasse gli schiavi o aizzasse l'esercito sia che arrivasse sino al senato e al popolo, offrendo il naufragio, le ferite e i suoi amici uccisi; al contrario lui che aiuto aveva se non che Burro e Seneca inventassero qualcosa? Che subito fece chiamare: e non si sa se fossero complici già da prima. Allora un lungo silenzio tra loro, o per evitare inutili tentativi di dissuasione, o forse credevano che si fossse arrivati ad un punto tale per cui , se non si preveniva Agrippina, per Nerone era la fine. Poi Seneca fu più pronto, guardò Burro e gli chiese se si dovesse ordinare ai soldati che venisse uccisa. (Burro) Quello rispose che i pretoriani, legati (devoti) a tutta la casa dei Cesari e memori di Germanico, non avrebbero osato nessuna violenza contro la sua progenie: Fosse Aniceto a mantenere le promessa. Questi,senza esitazione alcuna, chiese l’estremo delitto. A queste parole Nerone stesso confessò che in quel giorno gli si dava l'impero e che l’autore di tanto dono era un liberto: andasse subito, e conducesse gli uomini più inclini all’obbedienza. Quanto a sé, saputo dell'arrivo di un messo di Agrippina, chiamato Agermo, inscena da sé un attentato e, mentre quello gli riporta il messaggio, getta fra i piedi di quello una spada e poi, quasi l’avesse colto sul fatto dà ordine di gettarlo in prigione, per far credere che la madre, macchinata la fine del principe,scelse spontaneamente la morte per la vergogna della scoperta del crimine.

8. Diffusasi intanto la notizia del pericolo corso da Agrippina, come se fosse successo per caso, man mano che la gente veniva a sapere, accorreva sulla spiaggia. Chi si arrampicava sul molo, chi saliva sulle barche più vicine, alcuni scendevano in mare fin dove consentiva la loro altezza, altri tendevano le braccia. Tutta la spiaggia si riempiva con lamenti, preghiere, con il clamore di domande molteplici o risposte confuse; affluiva una grande moltitudine con lumi e, quando si seppe che era incolume, le mosse incontro come per congratularsi, fino a che fu respinta all’apparire di una schiera armata e minacciosa. Aniceto con uomini armati circonda la villa e, sfondata la porta, trascina via gli schiavi che incontra, fino a giungere alla soglia della camera; davanti alla quale c'erano pochi schiavi: gli altri per il terrore dell’irruzione erano fuggiti. Nella stanza c'erano un fioco lume e una delle ancelle e l’ ansia di Agrippina aumentava, perché nessuno (veniva) da parte del figlio, e neppure Agermo; altro sarebbero stato il volto di una situazione felice; ora la solitudine e gli strepiti improvvisi e gli indizi dell'ultima ora. Quando disse all'ancella che se ne andava «Anche tu mi abbandoni» vide Aniceto, accompagnato dal trierarca Erculeio e dal centurione di marina Obarito: e disse che se erano venuti a vederla riferissero pure che s'era ripresa; se a compiere un delitto, non aveva sospetti sul figlio: non poteva avere ordinato il matricidio. I sicari circondano il letto e prima il trierarca la colpì con un bastone al capo. Al centurione che brandiva la spada, per ucciderla, protendendo il grembo: «Colpisci il ventre!», esclamò e fu uccisa con molte ferite.

9. I fatti precedenti sono concordemente tramandati. Che Nerone abbia guardato la madre morta e abbia lodato la bellezza del suo corpo, vi è chi lo ha raccontato come chi lo nega. Venne cremata la notte stessa su un letto da convito e con esequie modestissime e, finché Nerone tenne il potere, non ebbe ne monumento né pietra sepolcrale. Più tardi, grazie alla pietà dei suoi domestici, ricevette un modesto tumulo sulla via di Capo Miseno, vicino alla villa di Cesare dittatore, che guarda le insenature sottostanti da una posizione elevata. Acceso il rogo, un suo liberto chiamato Mnestere si trafisse col pugnale, è incerto se (lo abbia fatto) per amore verso la patrona o nel timore d'essere ucciso. Agrippina, molti anni avanti, pensò questa sua fine e la disdegnò. Infatti a un suo consulto su Nerone, i Caldei risposero che avrebbe regnato e ucciso la madre. E lei disse: «Mi uccida, purché abbia il potere.»
10. Ma compiuto infine il delitto è capita da cesare la grandezza del fatto. Per il resto della notte, talvolta immobile nel silenzio, più spesso si alza di scatto per la paura e fuori di senno evitava la luce del giorno, come se questa portasse la fine. E l’elogio dei centurioni e dei tribuni incitati da Burro rafforzò la sua speranza, gli stringevano la mano per congratularsi poiché era scampato all'imprevisto pericolo e all'attentato della madre. Gli amici poi andarono ai templi e, sul loro esempio, i municipi più vicini della Campania manifestarono la propria gioia con offerte e cerimonie: egli stesso fingeva un diverso stato d’animo quassi non gli interessasse della propria incolumità e mostrandosi in lacrime per la morte della madre. Ma poiché non cambiano il loro aspetto, a differenza del volto degli uomini, e non gli si cancellarono dagli occhi la vista opprimente di quel mare e della spiaggia (e c'era chi credeva che si udisse un suono di tromba e il pianto della madre dalla tomba sui colli circostanti,), andò a Napoli e inviò una lettera al senato, la cui sostanza era che era stato trovato con una spada il sicario Agermo, uno dei liberti intimi ad Agrippina, e che lei si era punita da sé per il rimorso, come se avesse preparato lei il delitto.

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