Venere

Materie:Tesina
Categoria:Italiano
Download:1129
Data:07.07.2009
Numero di pagine:10
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
venere_4.zip (Dimensione: 1.82 Mb)
trucheck.it_venere.doc     1915 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Liceo Scientifico Statale Leonardo Da Vinci Firenze
DUCCIO SIMONELLI
ANNO SCOLASTICO 2008-09
VENERE
Riflessioni sul pianeta e sulla divinità che gli ha dato il nome.
Scaletta della tesina
Introduzione La parola Venere:Pianeta e Divinità ;Letteratura Latina :Lucrezio "Inno a Venere" Letteratura Italiana :Dante Canto VIII, Ciclo di Venere;; Filosofia Galileo e Le fasi di Venere e la fine della concezione aristotelica dell'epiciclo Fisica Keplero e le sue tre leggi Astronomia il pianeta Venere;Venere nella Storia dell’arte: Botticelli e Canova
Introduzione Venere storia della divinità dell'amore; Pianeta conosciuto fin dall'antichità Letteratura Latina:Lucrezio nel proemio del De Rerum Natura invoca la dea Venere,celebrando le sue virtù e i suoi poteri,perché possa concedere fascino ed eterna bellezza ai suoi versi e che ridoni la pace ai Romani intercedendo presso Marte, il dio della guerra.
Letteratura Italiana:Dante nella terza cantica della Commedia ,nel Paradiso, racconta la parte conclusiva del suo viaggio. Dante, seguendo la concezione astronomica del suo tempo,nella quale i cicli erano considerati come sfere concentricele che ruotavano intorno alla Terra, ferma nel centro dell' Universo , immagina di arrivare al cospetto di Dio dopo aver attraversato i nove cieli angelici. Nel Canto Vili del Paradiso Dante giunge al cielo di Venere, dove risiedono gli spiriti amanti. Per enfatizzare l'importanza di questo pianeta, nelle prime quattro terzine di questo canto, il poeta da una spiegazione sull'origine del suo nome:i pagani credevano che la dea Venere irraggiasse, dall'epiciclo del terzo cielo,l'amore insano per cui essi la veneravano.
Filosofia:La spiegazione delle fasi di Venere da parte di Galileo con il suo nuovo sistema eliocentrico e la fine della concezione aristotelica dell'epiciclo. Fisica :Keplero e le sue tre leggi AstronomiarDescrizione del pianeta Venere(Caratteristiche deH'atmosfera,della superficie dell'orbita ecc.)
Storia Dell'arte:La Venere del Botticelli; Paolina Borghese rappresentata come Venere vincitrice del pomo aureo di Antonio Canova
/ Bibliografia
Introduzione www.Studenti.it e Wikipedia
Letteratura Latina Corso integrato di letteratura latina 2 L'età di Cesare-Gian Biagio Conte,
Emilie Pianezzola; Le Monnier
Letteratura Italiana La Divina Commedia-Paradiso-Dante Alighieri a cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio Le Monnier
Astronomia Geografia Generale -La Terra nell 'universo - Ivo Neviani,Costina Pignocchino Feyles SEI
Filosofia Le stelle di ra/e/e-2-Giuseppe Cambiano,Massimo Mori; Editori Laterza Fisica Idee ed esperimenti:dalpendolo ai quark Volume Primo - Ugo Arnaldi; Zanichelli
Storia Dell'arte Dell 'arte -e àgli artisti 2 : il Rinascimento- Piero Adorno, Adriana Mastrangelo
Casa editrice G. D'Anna
L 'arte Italiana 3 tomo primo -Piero Adorno
Tesina
La parola Venere richiama alla mente due principali significati: mitologico e astronomico: Il culto di Venere,dea dell’amore e della fecondità, fu importato a Roma dalla Grecia, nella quale la divinità veniva chiamata Afrodite. La nascita di questo culto risale tuttavia all’epoca babilonese,in cui la dea dell’amore era venerata sotto il nome di Ishtar.
Il mito della dea dell’amore giunse in Grecia attraverso gli scambi commerciali fra le varie culture che si svolgevano nell’isola di Cipro,punto di contatto tra occidente ed oriente,per la favorevole posizione geografica nel Mediterraneo. Questo spiega perché nella mitologia greca Cipro fosse il luogo di nascita di Afrodite. La cultura greca si diffuse nella penisola italica dove entrò in contatto con la civiltà romana, la quale assimilò la maggior parte delle divinità greche, anche se modificando il loro nome.
Fra le divinità greche ,Afrodite\Venere diviene una delle più importante nel pantheon romano.
Virgilio nell’Eneide racconta di come la fondazione di Roma sia voluta da Giove:la distruzione di Troia da parte dei greci,porterà Enea, figlio della dea Venere, a fondare la città.
Una delle più importanti celebrazioni della dea nella letteratura latina, si ha ad opera di Lucrezio.
Nel De Rerum Natura,il poeta segue ,pur essendo epicureo,la tradizione proemiale:non chiede ispirazione a una semplice musa ma a Venere,celebrando le sue virtù e i suoi poteri e rivolgendole poi una preghiera: di concedere la pace al popolo romano.
L’inizio di questo poema sembra contradditorio,perché la filosofia epicurea sostiene che le divinità non si interessino delle vicende umane. Lucrezio però invoca comunque Venere perché è la madre dei discendenti di Enea,il popolo romano, e perché definita desiderio degli uomini e degli dei si avvicina alla concezione del sommo bene epicureo l’hedonè. Accanto a queste interpretazioni bisogna considerare che Lucrezio non poteva pubblicare un poema dove venisse rifiutata la religione:sarebbe stato un impatto troppo forte per il cittadino colto romano.
Lucrezio-Proemio del De Rerum Natura:Inno a Venere
“Acneadum genetrix, hominum divumque voluptas,alma Venus, caeli subter labentia signa quae mare navigerum, quae terras frugiferentis concelebras, per te quoniam genus omne animantum concipitur visitque exortum lumina solis: te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus summittit flores, tibi rident aequora ponti placatumque nitet diffuso lumine caelum. Nam simul ac species patefactast verna diei et reserata viget genitabilis aura favoni, aeriae primum volucres te, diva, tuumque significant initum perculsae corda tua vi. Inde ferae pecudes persultant pabula laeta et rapidos tranant amnis: ita capta lepore te sequitur cupide ,quo quamque inducere pergis. Denique per maria ac montis fluviosque rapaces Frondiferasque domos avium camposque virentis omnibus incutiens blandum per pectora amorem efficis ut cupide generatim saecla propagent. Quae quoniam rerum naturam sola gubernas nec ine te quicquam dias in luminis oras exoritur neque fit laetum neque amabile quicquam,te sociam studeo scribendis versibus esse qùos ego de rerum natura pangere conor Memmiadae nostro, quem tu, dea, tempore in omni omnibus ornatum voluisti excellere rebus.Quo magis aeternum da dictis, diva, leporem. Effice .ut interea fera moenera militiai per maria ac terras omnis sopita quiescant. Nam tu sola potes tranquilla pace iuvare mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors armipotens regit, in gremium qui saepe tuum se reicit aeterno devictus vulnere amoris, atque ita suspiciens tereti cervice reposta pascit amore avidos inhians in te, dea, visus, eque tuo pendet resupini spiritus ore. Hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto circumfusa super, suavis ex ore loquelas funde petens placidam Romanis, incluta, pacem. Nam neque nos agere hoc patriai tempore iniquo possumus aequo animo nec Memmi clara propago talibus in rebus communi desse saluti.”

Le prime osservazioni del pianeta
Come il culto della dea dell’amore ebbe le sue origini in Babilonia,così gli astronomi babilonesi furono i primi ad osservare il pianeta, che noi oggi chiamiamo Venere, essendo uno degli oggetti più luminosi nel cielo, dandogli il nome della dea Ishtar.
Così come è mutato il nome della dea dell’amore attraverso il tempo cosi anche il nome del pianeta da Ishtar è diventato Venere.

L’astronomia antica
Dal II secolo d.C. la concezione geocentrica di Tolomeo divenne la dottrina ufficiale astronomica fino all’avvento di Copernico e di Galileo che la misero in discussione.
Secondo la dottrina tolemaica la terra era l’immobile centro dell'universo; intorno ad essa ruotavano cieli concentrici e diafani. Il terzo cielo era rappresentato dal pianeta Venere; anche Dante, seguendo la concezione astronomica del suo tempo immagina di arrivare al cospetto di Dio dopo aver attraversato i nove cieli angelici.
Nel Canto VIII del Paradiso Dante giunge al cielo di Venere, dove risiedono gli spiriti amanti. Per enfatizzare l'importanza di questo pianeta, nelle prime quattro terzine di questo canto, il poeta dà una spiegazione sull'origine del suo nome:i pagani credevano che la dea Venere irraggiasse,dall'epiciclo del terzo cielo,l'amore insano per cui essi la veneravano.
“Solea creder lo mondo in suo periclo /che la bella Ciprigna il folle amore /raggiasse, volta nel terzo epiciclo;/per che non pur a lei faceano onore di /sacrificio e di votivo grido le genti /antiche ne l'antico errore;/ma Dìone onoravano e Cupido,/quella per madre sua, questo per figlio, e /dicean ch'el sedette in grembo a Dido;/e da costei ond'io principio piglio /pigliavano il vocabol de la stella che '1 /sol vagheggia or da coppa or da ciglio.”
Come ho già accennato, la teoria tolemaica fu confutata nel XVII secolo da Galileo Galilei , che proponeva il nuovo modello eliocentrico. Fondamentali furono i suoi studi astronomici pubblicati nel Siderus Nuncius

Le fasi di Venere e la fine della teoria dell’epiciclo
Nella sua opera Siderus Nucius Galileo tratta le grandi scoperte astronomiche da lui compiute con l’ausilio del cannocchiale, da lui stesso modificato:la scoperta dei satelliti di Giove,delle macchie solari , dell’irregolarità della superficie lunare

.
Sempre in questa opera,Galileo riesce a dimostrare, attraverso la nuova concezione eliocentrica, le fasi di Venere,che venivano spiegate, fin dall’antichità, con la teoria aristotelica dell’epiciclo. Galileo dimostrò l’impossibilità di questa teoria spiegando che se la Terra fosse al centro dell’universo e il Sole girasse intorno ad essa,Venere, posto nel mezzo ad essi essendo più piccola del sole e quindi più vicina alla terra, provocherebbe il fenomeno dell’ eclissi e quindi sarebbe sempre in ombra rispetto ad un osservatore posto sul nostro pianeta. Per cui lo studio da parte di Galileo del pianeta Venere ha contribuito al rafforzamento della nuova teoria eliocentrica.
Verso l’ astronomia moderna
Grazie all’osservazione di Galileo del pianeta Venere la concezione aristotelica dell’epiciclo finì, e con questa la concezione tolemaica del sistema solare. Keplero rivoluzionò l’astronomia con la formulazione delle sue tre leggi,che portarono al tramonto definitivo dell’ astronomia classica.
Johannes Keplero fu uno scienziato di grandissimo valore nel XVII secolo che formulò le seguenti leggi sul moto dei pianeti:
1) la prima legge sostiene che «le orbite dei pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi».

2) la seconda legge dichiara che «la velocità orbitale di ciascun pianeta varia in modo tale che una retta congiungente il Sole e il pianeta percorre, in eguali intervalli di tempo,eguali porzioni di superficie dell'ellisse». Ciò significa che un pianeta - quando è più vicino procede più velocemente, percorrendo un arco di ellissi più lungo. Quando invece è lontano dal Sole, ha una velocità inferiore e percorre un arco di ellissi più breve. Se la prima legge rifiutava il presupposto aristotelico del moto circolare,perché il cerchio era per il filosofo la figura più perfetta, questa seconda legge liquida la tesi connessa a quel presupposto, della velocità uniforme dei pianeti.

3) La terza legge afferma che “il rapporto del cubo del semiasse maggiore dell’orbita e il quadrato del periodo di rivoluzione è lo stesso per tutti i pianeti”. Ciò significa che l’anno di un pianeta, cioè il tempo che esso impiega per fare un giro completo dell’orbita, è tanto più lungo quanto più il pianeta è lontano dal sole.
Attraverso queste leggi, Keplero rappresenta l'universo come un sistema dotato di un ordine matematico, in cui si riflette la perfezione del suo divino autore. In ciò egli si trova perfettamente d'accordo con l'altro grande scienziato del suo tempo, Galileo Galilei.

Dalla divinità al Pianeta
Il pianeta Venere ha dimensioni e densità simili a quelle della Terra e, diversamente dalla Terra, non ha un satellite. La sua orbita lo porta a essere sempre visibile in prossimità del Sole. Noto fin dalla preistoria, può essere facilmente osservato a occhio nudo nel cielo, prima del sorgere del Sole o appena dopo il tramonto, anche perché è particolar-mente luminoso: le dense nubi che lo circondano, infatti, riflettono fortemente la luce solare. Per lungo tempo gli astronomi, osservando Venere al mattino e alla sera, ritennero che fossero due astri diversi, ai quali diedero il nome di Lucifero e Stella del Vespero.
Poiché è un pianeta interno, presenta delle fasi (come Mercurio e la Luna) . Nei momenti di massima luminosità ha uno splendore 12 volte superiore a quello della stella Sirio. Il suo grande splendore si deve non soltanto alla vicinanza al Sole e al suo grande potere riflettente, ma anche alla sua vicinanza alla Terra.Venere ruota intorno al suo asse molto lentamente e in senso retrogrado.
Ha un'atmosfera molto densa e secca, che impedisce la visione diretta della sua superficie . L'atmosfera è costituita in gran parte di biossido di carbonio (96%), di azoto e piccole quantità di vapor d'acqua. L'acido solforico è probabilmente il principale costituente delle nubi che formano uno strato di spessore considerevole. La pressione atmosferica al suolo è elevata: circa 90 volte quella terrestre.
A causa della forte percentuale di biossido di carbonio, l'atmosfera genera un evidente effetto serra: intrappola e assorbe le radiazioni infrarosse che la superficie del pianeta emette quando è riscaldata dal Sole, impedendo che vengano disperse nello spazio. Venere è perciò un pianeta caldissimo, molto più di quanto ci potremmo aspettare, anche tenendo conto della vicinanza del Sole. La sua temperatura media diurna si aggira intorno ai 462 "C. Alte temperature, assenza di acqua, forte pressione e "aria" velenosa rendono questo pianeta decisamente inospitale.
La superficie di Venere è stata studiata con difficoltà: le sonde inviate hanno, infatti, subito danni a causa della corrosività e dell'elevata temperatura dell'atmosfera. Grazie soprattutto ai dati forniti dalla sonda sovietica Venere, e dalle sonde americane Pioner e Magellano, è stato comunque possibile tracciare una mappa topografica della superficie del pianeta, dove si osservano poche depressioni e scarsi rilievi. Anche se i rilievi più elevati raggiungono altezze superiori ai 10 km, per lo più è costituita di altopiani rilevati di un migliaio di metri. La presenza di strutture simili a vulcani a scudo potrebbe indicare una passata attività vulcanica fino a 800 milioni di anni fa.
È possibile, ma non è provato, che esistano tutt'ora vulcani attivi. Sono visibili anche diversi crateri, probabilmente causati dall'impatto con meteoriti .
L’immagine di Venere ha sempre affascinato gli uomini. Ma oltre che nelle leggende e nei poemi, Venere è stata rappresentata nell’arte figurativa.
Venere nell’arte pittorica
Nel 1485 ca Botticelli dipinge la “Nascita di Venere”
La dea nata dalla spuma del mare sostenuta da una conchiglia è sospinta dai Venti verso terra dove l’attende una delle Ore per rivestirla di un manto purpureo .Venere e’ il centro della composizione su cui convergono le linee arcuate dei Venti e dell’Ora.
Questo dipinto del Botticelli coglie l’atto della nascita di Venere per utilizzare la sua bellezza della dea e piegarla all’idealizzazione della bellezza platonica propria del suo tempo
La nascita dal mare di Cipro probabilmente non è casuale ma come ho già accennato all’inizio rappresenta la sintesi dell’incontro fra le culture della mezzaluna fertile con quelle del Mediterraneo

Venere nell’arte scultorea
Antonio Canova è il maggior scultore dell’ età neoclassica e l’ultimo artista italiano di risonanza internazionale La sua fama si accresce grazie alle opere commissionate dall’imperatore di Francia, Napoleone Bonaparte.Oltre alla statua dedicata all’imperatore, rappresentato come Marte pacificatore,all’artista italiano viene commissionata un’altra scultura: la sorella dell’imperatore Paolina Borghese.
Canova decide di ispirarsi alla mitologia greca:si immagina di rappresentare la bellezza della dea Venere che ha appena vinto il pomo aureo da Paride.
Il Canova quindi vuole rappresentare la bellezza trionfante della donna. Paolina è infatti raffigurata con il pomo vinto.
Il marmo della sorella di Napoleone presenta un rigore chiaramente dettato dalla necessità di oggettivare le forme, di ritrovare la trasparenza in contrasto con gli eccessi e la complessa ridondanza propria del barocco. La rigidità viene però smorzata dalla naturale morbidezza con cui sono rappresentati i drappeggi e il triclinio, abilità che Canova apprende grazie ai numerosi studi in gesso e in terracotta finalizzati ad una elevatissima conoscenza del nudo umano.L'artista riprende la tradizione dell'antica Roma, ritraendo un individuo mortale nelle vesti di un dio, o come in questo caso, di una dea. Inoltre la postura della figura femminile è adagiata e reclinata su un triclinio.

1

Esempio