Un no deciso al fumo

Materie:Tema
Categoria:Italiano

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Testo

Titolo:
Dall’ultima indagine Doxa emerge che i giovani fumano un po’ meno, ma si avcinano al fumo sempre più presto, ormai perfino a dodici-tredici anni. E le ragazzine sono le prime. Chi inzia così presto ha molte probabilità di sviluppare verso il fumo una vera e propria dipendenza, difficilissima da sradicare. Tenuto conto che in Italia ci sono quattro milioni di bambini costretti a respirare in casa il fumo di un adulto, la mamma, il papà o anche entrambi, e che ogni anno muoiono 90.000 persone per colpa della nicotina, ritieni che far guadagnare le multinazionali del tabacco sia giusto?
In tutta Italia, e più in generale nel mondo, la situazione riguardante i fumatori risulta a dir poco preoccupante: la percentuale di consumatori di tabacco è sempre più alta, troppo, e l’età media di chi fuma si abbassa in modo impressionante, arrivando a circa tredici-quattordici anni. La diffusione del fenomeno è strettamente connessa con l’interesse delle multinazionali del tabacco di incrementare sempre più il proprio guadagno.
Ma è giusto aumentare i proventi di tali “aziende”? E, soprattutto, è giusto farle guadagnare, danneggiando la nostra stessa salute? Personalmente credo di no, in modo categorico.
Innanzitutto, è lo stato italiano che in prima istanza si schiera contro il consumo di tabacco; infatti sono numerosissimi gli spot e le campagne pubblicitarie anti-fumo e, dato molto importante, ultimamente sono state emanate leggi che vietano di fumare nei locali pubblici, in particolare in presenza di donne in gravidanza e di bambini.
In secondo luogo, la pubblicità, collegata al sistema della comunicazione mass-mediatica, ci sta plasmando e influenzando come meglio crede, convincendoci ogni giorno di più che ciò che conta è come ci si mostra agli occhi del mondo piuttosto che come interiormente ci si senta. Così l’immagine stereotipata del bell’uomo che sorseggia un bicchiere di whisky con in mano una sigaretta si fa incalzante e trascina migliaia di giovani, desiderosi di emularlo. Non serve fumare per sentirsi più grandi, perché non ci si rende conto di mostrarsi ridicoli, incapaci di affermarsi e farsi valere con le proprie capacità, senza scappatoie che potrebbero, all’inizio, consentire più facilmente l’inserimento in un gruppo di amici, ma che, alla fine, non producono nient’altro che un grande vuoto interiore.
Aspetto importantissimo, da non tralasciare assolutamente, è che il consumo di sigarette si trasforma velocemente e inavvertitamente in vizio, abitudine; si trascura spesso l’effetto psicologico della nicotina, dimenticando che essa crea una vera e propria assuefazione psicofisica. Tale assuefazione è, poi, favorita anche dalle ferma volontà di non capire ciò che si sta facendo, soprattutto nei giovani e, in particolar modo, nelle ragazzine, che con la sigaretta tra le labbra vorrebbero assumere l’aspetto di donne mature e sfacciate, quando, al contrario, dentro di sé sono oltremodo fragili e insicure. In tal caso il tabacco è, quindi, causa di un innaturale salto dall’adolescenza(ma a volte dall’infanzia stessa) all’età adulta, in cui manca un percorso di costruzione interiore.
Ma la conseguenza che, a mio parere, deve destare più preoccupazione e deve servire da incitamento a smettere o, ancora meglio, a non cominciare mai, è il danno che il nostro corpo subisce a ogni sigaretta. La nicotina, sostanza contenuta nel tabacco, debilita gravemente l’organismo umano, sia esteriormente che internamente; infatti, per quanto riguarda l’aspetto esteriore, macchia i denti, indebolisce i capelli, ingiallisce le mani e crea un processo di invecchiamento precoce nelle cellule dell’epidermide. Ancora più preoccupante è il danno che devono, però, subire i nostri organi interni: la capacità polmonare viene notevolmente ridotta, determinando difficoltà respiratorie; il cuore è troppo sollecitato e si possono riscontrare tachicardia e problemi alla circolazione sanguigna; potrebbe insorgere l’ipertensione e, ultimo ma non meno grave, è molto facile lo sviluppo di diverse forme tumorali. Il senso di onnipotenza generale, però, si esprime in tutti i fumatori con il pensiero che la malattia non si manifesterà necessariamente.
Un ultimo motivo per rinunciare all’idea del tabacco: si comincia a dodici anni per gioco, si continua a venti perché va bene così, si arriva ai trentacinque ed è un vizio, a cinquanta ormai è un’abitudine, a sessanta ci si rende conto di essersi rovinati la vita, perché non è vero che a noi non capiterà mai niente, ce ne rendiamo conto sempre troppo tardi.
Quindi ribadisco senza ripensamenti o esitazioni la mia tesi: fumare è nocivo e soprattutto inutile; se da un lato addossare la responsabilità alle multinazionali del tabacco è una sorta di scappatoia per non prendersi fino in fondo le proprie responsabilità, dall’altro esse stesse pronte a tutto per il guadagno, anche a uccidere 90.000 persone all’anno.

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