Il teatro nel '500

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Testo

Nel 400 in Europa era ancora vivo il teatro religioso medievale, che porta per la strada i suoi drammi sacri paraliturgici. Si hanno nuovi orientamenti della storia del teatro con un attenzione rivolta alla classicità greco-romana.
Il teatro moderno recuperò i testi e modi del dramma antico:in un primo momento furono ripresi testi nella loro lingua, poi tradotti in volgare e infine imitati da grandi scrittori del 500 come Machiavelli e Ariosto.
L’antichità classica ispirerà anche la formulazione di norme precise per la composizione di opere drammatiche. Il teatro medievale era conosciuto per la confusione dei generi, invece il teatro umanistico e poi quello rinascimentale, ricopre la partizioni in due generi fondamentali:
- Commedia
- Tragedia
Questi ripresero modelli di autori latini, la commedia ripresero da Plauto e Terenzio, la tragedia da Seneca.
La tragedia ,rispetto alla commedia ,suscitò minore interesse. Autori del 500 furono:
- Gian Giorgio Trissino (Vicenza, 1478 – Roma, 1550)
- Giambattista Giraldi Cinzio (Ferrara, 1504 – Ferrara, 1573)
Gian Giorgio Trissino scrisse il primo testo che si impose ,fuori dalla cerchia degli esperti, è la Sofonista (1515).
Gianbattista Giraldi Cinzio scrisse la prima tragedia regolare apparsa sulle scene italiane, l Orbecche (1541). Forse è la tragedia più bella del 500 italiano, in cui si avverte l’imitazione del teatro di Seneca , soprattutto per quanto riguarda la presenza della crudeltà e dell’orrore, dalla cui rappresentazione dovrebbe seguire aristotelicamente la purificazione .
La commedia registra grande fortuna già nel primo ventennio del secolo.
Essa nasce come spettacolo di corte e nella corte(a Ferrara, Urbino, Roma), ma può anche essere frutto delle riunioni accademiche , collegandosi in particolare alle feste carnevalesche. La struttura della commedia è molto regolare, composta da un prologo(che, sul modello terenziano, contiene dichiarazioni di poetica) e cinque atti , in cui si parte da una situazione aggrovigliata , si incontrano e si superano diversi ostacoli, per ristabilire alla fine l’ordine inizialmente infranto. I personaggi , non derivano solo dalle commedie classiche, ma anche dalla novellistica di Boccaccio. La più antica commedia di stampo umanistico fu scritta da Pier Paolo Vergerio (Capodistria, 1370 - Budapest, 1444) , che imita lo stile di Terenzio, è il Paulus (1388-1390 ).
Autori fondamentali delle commedie tra il 500 - 600 sono:
- Ludovico Ariosto (Reggio Emilia, 1474 - Ferrara, 1533)
- Niccolò Machiavelli (Firenze, 1469 – Firenze, 1527)
- Bernardo Dovizi di Bibbiena (Bibbiena, 1470 - Roma, 1520)
- Giordano Bruno (Nola, 1548 - Roma, 1600)
Ludovico Ariosto ha un ruolo decisivo per lo sviluppo del teatro rinascimentale italiano, che lavorò affinché la corte degli Estensi a Ferrara potesse essere all’avanguardia nella produzione di opere drammatiche sia classiche (tradotte in volgare per un pubblico colto) sia originale. La prima commedia in italiano che risponde ai canoni classici fu La Cassaria, scritta in prosa e rappresentata alla corte di Ferrara nel 1508. l’anno successivo scrisse I Suppositi,commedia sempre in prosa, poi tradotta e imitata in Francia ,Inghilterra e Spagna. Tra il 1528 e il 1531 riscrisse queste due opere in versi Tornò, poi, alla scrittura teatrale con Il negromante , scritta in versi e nel 1528 rappresenta la Lena, scritta sempre in versi..
Bernardo Dovizi di Bibbiena alla corte di Urbino scrisse La Calandria. Ebbe grande successo e fu rappresentata a Urbino nel 1513 e Roma nel 1518. Il titolo trae origine dal personaggio presente nel Decameron, la trama invece è ricavata sui Menaechmi di Plauto.
Niccolò Machiavelli con la Mandragola, pur rispettando le norme classiche, si libera totalmente, a livello contenutistico, da qualsiasi condizionamento. Macchievelli scrisse anche canzoni per pastori e ninfe, da inserire come intermezzi durante la rappresentazione della Mandragola nel 1526, e la Clizia, commedia tratta dalla Casina di Plauto, allestita a Firenze.
Una personalità a se nel panorama della commedia rinascimentale è Angelo Beolco, detto il Ruzante (1500-1542). Fu organizzatore di spettacoli , autore e attore nell’ambiente colto e raffinato che si raccoglieva intorno al nobile Alvise Cornaro a Padova. Beolco inventa e dà corpo al comico, goffo e sanguigno personaggio di Ruzante. Inventa una lingua teatrale aderente alla lingua parlata , usando un dialetto padovano ricchissimo di inflessioni e di potenzialità comiche. Il capolavoro di Beolco è considerato La Moscheta (1528). Altre sue importanti commedie sono: L’Anconitana (1528), Betia (1523-25) e Il Reduce (1528).
Giordano Bruno scrisse il Candelaio , commedia in prosa , pubblicata nel 1582, che si beffe esplicitamente della precettistica sulla commedia classica e il suo linguaggio, plebeo e letterario insieme, contaminato da termini dialettali , si pone agli antipodi del modello linguistico di Bembo. La commedia è ambientata in una Napoli cinquecentesca, percorsa da furfanti e mariuoli, da finti maghi, inganni e brame di denari, è un ambiento violento e fortemente grottesco. I personaggi sono per lo più negativi e incarnano la degradazione delle passioni, tema presente in tutta l’opera di Bruno. Spicca un unico personaggio “positivo” il pittore Gioan Bernardo, “doppio” dello stesso Bruno, che si muove a suo agio tra i piccoli delinquenti dei bassifondi di Napoli.
Un terso genere inteso a elaborare drammaturgicamente, nel 500, le “favole boscarecce” , cioè intrecci romanzeschi di ambientazione bucolica, è il Dramma o Favola Pastorale. Si tratta di un genere misto, definito anche “tragicommedia”, perché unisce a uno sviluppo “tragico” uno scioglimento a lieto fine. Il genere ,sviluppatosi a Ferrara verso la metà del XVI sec. è caratterizzato da tematiche sentimentali: in un ambiente naturale idealizzato vengono rappresentate vicende di pastori, nella quale si riflette la vita raffinata e galante della corte. Ha un carattere di svago e di intrattenimento, gli autori di questo genere intendono provocare il piacere e la meraviglia del pubblico, creando situazioni che sfiorano la tragedia che poi si risolve felicemente, riproducendo l’esito della commedia. Lo schema del dramma pastorale verrà perfezionato in due opere della metà del XVI sec, l’ Aminta (1573) di Torquato Tasso e il Pastor Fido di Battista Guarini.
Con l’Aminta del Tasso si hanno gli esiti più alti del classicismo rinascimentale, non venne solo un modello nell’ ambito del genere ma anche, più in generale, di tutta la poesia lirica.

IL TEATRO DEI PRINCIPI.
Il successo del teatro e della letteratura drammatica trae origine dalla nascita della figura del Committente. I potenti che reggono le numerose città italiane finanziano il teatro rinascimentale. Questi potenti sono i Principi. Le loro corti diventano centro propulsore dell’innovazione culturale. Gli Estensi a Ferrara, i Gonzaga a Mantova, i Montefeltro a Urbino e a Roma i papi si circondano di artisti che lavorano nelle loro corti.
La corte Estense di Ferrara ben presto dimostra di avere una grande predisposizione alla produzione di eventi teatrali. Cambiano rispetto al Medioevo i luoghi del teatro, dal cortile del palazzo si passa alle sale del palazzo stesso. La sala veniva organizzata in modo che su tre lati del locale siede il pubblico, convergendo verso la piattaforma rialzata, il palcoscenico su trova infondo al quarto lato. Se il teatro medievale era caratterizzato da una scena multipla, il teatro rinascimentale recupera dal antico teatro greco-romano, l’unificazione della scena. Una scena che ha l’obbiettivo di dare all’ ambientazione del dramma una verosimiglianza illusionistica. Mentre con il teatro medievale si esce dalla chiesa e si invade la città, nel teatro rinascimentale la città entra nelle sale del principe. La scenografia assume un’importanza che non aveva mai avuto.
Un altro elemento caratteristico del teatro rinascimentale è la sua collocazione all’interno di un momento festivo, spesso legato alla celebrazione del Carnevale. Il pubblico teatrale coincide con quello degli invitati alle feste di corte. Le stesse rappresentazioni teatrali vengono intervallate da intermezzi che propongono al pubblico azioni sceniche spettacolari, danze in maschera. Mentre il teatro medievale era uno spettacolo di popolo, il teatro rinascimentale è un teatro chiuso, indirizzato alla élite che si raccoglie intorno alla classe dominante.
LE TEORIE ESTETICHE RINASCIMENTALI.
Teorici del teatro classicistico avevano stabilito alcune regole per i drammaturghi che dovevano attenersi per creare le loro opere teatrali. Le norme classicistiche nacquero dalla interpretazione delle Poetica di Aristotele, tradotta in latino da Lorenzo Valla nel 1498 e in italiano la prima volta nel 1549. Concento principale è la verosimiglianza. Temi, azioni, soggetti devono corrispondere a eventi che potrebbero verificarsi, devono evitare voli impossibili e fantastici oppure lunghi soliloqui. Atti di violenza, morti, battaglie si devono svolgere fuori dalla scena o essere solo evocati. Un secondo aspetto del dramma deve anche dare un messaggio morale e mostrare come viene premiata la bonta e punita la malvagità. La rappresentazione inoltre deve presentare anche i caratteri universal, che consentono di cogliere la “natura comune sottostante” della vita, del destino e dei suoi protagonisti.
Viene formalizzata la divisione fra due generi principali: La commedia, divisa in 5 atti, personaggi che appartengono alla classe modesta, ambientazione domestica , narra vicende private stile prossimo alla conversazione quotidiana, l’intreccio a un andamento positivo; La Tragedia, i personaggi sono figure di eroi, aristocratici, re, il linguaggio è alto poetico e sublime e a un finale infleice.
Nel XVI sec. si affermano le cosi dette tre “unità aristoteliche”:
1) unità di luogo: per cui non si poteva avere , in una stessa rappresentazione , la presenza di luoghi tra loro distanti, di fronte a uno spettatore immobile;
2) unità di tempo: l’azione doveva avere una durata credibile per uno spettatore che passava a teatro solo qualche ora; in generale l’evento rappresentato non doveva superare le 24 ore;
3) unità di azione: che rispondeva al precetto di Aristotele secondo cui ogni opera deve “rappresentare un’ azione unica, che sia un tutto coerente e compiuto in se stesso ”.

Esempio



  


  1. Antonio

    Nn mi è servito a un kaxo xD