IL PARADISO: DIVINA COMMEDIA

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

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Testo

Il paradiso venne scritto negli ultimi sei anni della vita del poeta: fra il 1315 ed il 1321, pochi mesi prima della morte, è stata elaborata quindi negli ultimi tre anni di permanenza a Verona e negli ultimi tre anni a Ravenna.
La struttura è costruita sulla cosmologia geocentrica Aristotelica. Al centro dell’universo sta la terra, ed intorno ad essa nove sfere concentriche: i nove cieli del paradiso dantesco. I primi sette cieli prendono il nome dai pianeti che hanno la loro orbita apparente intorno alla terra: luna, mercurio, venere, sole, marte, giove, saturno. L’ottavo cielo è quello delle stelle fisse, in cui orbitano tutti gli altri in posizioni reciproche fisse. Il nono cielo è il primo mobile o Cristallino, che imprime il moto ai cieli sottostanti. Oltre questi nove cieli c’è l’empireo, un decimo cielo eterno ed infinito di pura luce e amore, in cui ha sede Dio nella sua essenza.
Tra i nove cieli c’è una gerarchia di perfezione, dalla luna (più vicina alla terra, più piccola, più lontana da Dio, più lento) al Primo Mobile (più vicino a Dio, più veloce e grande). Dante nella sua ascensione incontrerà le anime dei beati secondo un ordine di maggior perfezione e beatitudine (la loro collocazione è provvisoria, sono scese nelle sfere celesti solo per far capire a Dante le gerarchie interne dei beati, il loro luogo è la rosa dei beati nell’empireo). Nell’ottavo cielo Dante vede Cristo e Maria, e nel nono le nove gerarchie angeliche, che ruotano come cerchi luminosi intorno ad un piccolissimo e luminoso punto, la luce di Dio. Infine Dante giungerà all’empireo, il decimo cielo, in cui vedrà la rosa: l’anfiteatro spirituale dove hanno seggio eterno i beati, con al centro il lago di luce della grazia divina, e la visione avrà compimento quando Dante alza la testa per ammirare Dio e i misteri della sua natura.
Temi: 1) La Luce: le forme della luce e del colore sono per Dante congeniali a esprimere la natura spirituale del terzo regno: con la luminosità del paradiso si riunisce al buio dell’inferno. Alle combinazioni di luci e colori è affidata la descrizione dei paesaggi, dei beati e delle loro condizioni. Ma il tema della luce è importante anke dal punto di vista metafisico: per Dante essa è primaria raffigurazione di Dio e delle verità Divine, fino all’identificazione del concetto di Dio con il concetto di Luce. 2) Teologia, scienza e poesia: diminuiscono gli incontri con le anime, e aumentano le sezioni didascaliche (ci sono molte lezioni di teologia in risposta ai dubbi di Dante, o egli stesso a volte si fa maestro). La presenza di tante riflessione teologico-filosofiche risponde alla ricerca intellettuale di Dante della verità e quindi di Dio. L’ascesa alla suprema visione avviene tramite una crescita della conoscenza metafisica. 3) Astronomia e Astrologia: queste due materia hanno importanza dal punto di vista dei tempi e dei luoghi. L’importanza che Dante da alla forma astronomica dell’universo è primaria, è base della cosmologia teologica del tempo, da cui prende avvio il problema della salvezza umana. Quella dell’astronomia è quindi una necessità nella composizione del paradiso. 4) La Politica: è collegata alla condanna morale della corruzione terrena. Salendo i cieli si rivelano le responsabilità dei poteri terreni sui destini dell’umanità. La salvezza o la condanna eterna dipendono infatti dalla condotta morale terrena, legata alla struttura sociale in cui uno vive, di qui l’importanza della Chiesa e dell’impero che travolti da interessi terreni e di partito conducono la cristianità sulla via del peccato. 5) Beatrice: Prende il posto narrativo accanto Dante al posto di Virgilio, lo guida nella salita, diventa intermediario, maestro, lume morale. Pur essendo ancora la donna amata nella terra si perfeziona come simbolo etico-religioso della teologia, della grazia, della verità rivelata. Si realizza quindi il mito dantesco della donna come iter ad deum (mezzo e scala per raggiungere Dio).
Per quanto riguarda la scrittura il paradiso risponde alla norma teorica della convenientia, per la quale lo stile di ogni opera deve essere conforme all’argomento trattato: perciò la scrittura del paradiso si alza di livello rispetto alle cantiche precedenti (affrontando di temi come la realtà e la verità assoluta del regno di Dio!). Sul piano lessicale troviamo caratteristiche volte a elevare il tono del discorso e il livello culturale di fruizione: latinismi (stt forma di vere e proprie parole latine, calchi, neologismi, termini tecnici di ambito filosofico-teologico), terminologia tecnica (dei campi semantici delle scienze scolastiche: teolog, filos, astron, fisica), gallicismi (vocaboli provenzali o francesi), linguaggio scritturale (che per le sue valenze sacrali esprime la tensione messianica), linguaggio della luce (un codice linguistico legata all’interpretazione del terzo regno in chiave della luce, con le sue implicazioni gnoseologiche).
Inoltre c’è un intensificazione del linguaggio metaforico e dei traslati.
1
Luna
Angeli
S. che mancarono ai voti
2
Mercurio
Arcangeli
S. attivi x desideri d gloria
3
Venere
Principati
S. amanti
4
Sole
Potestà
S. sapienti
5
Marte
Virtù
S. militanti
6
Giove
Dominazioni
S. giusti
7
Saturno
Troni
S. contemplativi
8
Stelle Fisse
Cherubini
T. d Cristo , Maria e Beati
9
1° Mobile (Cris)
Serafini
Trionfo degli angeli
10
Empireo
Candida Rosa -> Cori angelici -> Dio
Canto I: Salita al cielo della Luna, dove ci sono gli spiriti che mancarono ai voti. È mezzogiorno del 13 aprile 1300, siamo nel paradiso terrestre, sfera del fuoco. I personaggio sono Dante e Beatrice.
Dal verso 1 al 36 c’è il proemio della cantica: Dante dichiara l’argomento della cantica, cioè la salita attraverso i cieli fino all’Empireo e alla visione di Dio. Quindi invoca l’aiuto delle muse e l’ispirazione poetica di Apollo per questa che è la parte più difficile dell’opera.
Data l’eccezionalità del viaggio Dante dichiara subito le sue difficoltà nel riferire la propria esperienza. Sempre per l’altezza della materia, la richiesta d’aiuto e ispirazione poetica è rivolta alle muse e al dio Apollo che si rivela l’immagine cristiana di Gesù.
Questo canto contiene numerosi temi della cantica. Come se fosse un indice analitico del paradiso:
Tema della luce: al verso 2, con la definizione di Dio che risplende in ogni luogo dell’universo.
Ineffabilità delle realtà del paradiso: le realtà che dante descriverà sono talmente alte che non saranno spiegabili a parole umane, e in certi casi il poeta vi rinuncerà del tutto. Versi: 4-12.
Mitologia: riferimenti ad apollo. Verso 13.
Versione in Prosa: La magnificenza di Dio, colui che da vita al creato, entra e si manifesta in tutte le cose dell’universo, con maggiore o minor splendore nei diversi luoghi. Nel cielo che più riceve del raggio divino io giunsi, e li vidi cose che colui che ritorna dal lassù non riesce a non ha la possibilità d riferire, poiché avvicinando all’oggetto del suo desiderio, l’intelletto umano si addentra a tal punto, che la facoltà di ricordare non riesce a tenergli dietro. Tuttavia tutto quello che del paradiso sono riuscito a tenere nella memorie e imparare sarà adesso oggetto della mia poesia. O santo Apollo, riempimi della tua virtù poetica per questa ultima fatica, quanto è richiesto per conquistare il desiderato alloro poetico. Fin qui mi è bastata una vetta sola del Parnaso; ma ora mi è necessario l’aiuto di entrambe per la prova che ancora resta. Entra nel mio cuore, e ispirami tu con quella stessa intensità grazie alla quale tirasti fuori Marsia del rivestimento della sua pelle. O sacra virtù, se mi aiuti e assecondi così che io possa esprimere almeno una vaga immagine del luogo santo rimasta impressa nella mia mente, mi vedrai venire ai piedi dell’albero amato, e farmi corona con le foglie di cui la materia e la tua arte mi avrà reso degno. Così di rado, o padre, si colgono foglie d’alloro per il trionfo di un imperatore o di un artista, e questa è colpa e vergogna dei bassi appetiti umani, che quando la pianta di Dafne desta il desiderio di qualcuno, tale fatto dovrebbe generare letizia nella gioiosa divinità di Delfi. Una piccola scintilla può provocare un grande incendio; e forse dopo di me con maggiore valore si invocherà l’aiuto di Apollo (perché Cirra risponda).
1-21 Dante apre il paradiso con la gloria di Dio, la vastità dell’universo e l’ordinata varietà del creato. Con queste immagini fa una lode a Dio e una dichiarazione programmatica di Fede, che saranno argomento della cantica. Dichiarato l’argomento passa all’invocazione nella quale chiede aiuto speciale di Apollo per la difficile impresa che lo attende: descrivere il regno spirituale della beatitudine eterna.
28-36 Nel concludere il proemio Dante ci da le prime note polemiche nei confronti dei suoi tempi e contro la decadenza morale dei suoi contemporanei, cui segue una dichiarazione di umiltà e di devozione.
Canto III siamo nel cielo della luna, tra gli spiriti che mancarono ai voti, sempre mercoledì 13 aprile 1300, nel primo cielo. Le intelligenze motrici di questo cielo sono gli Angeli. I personaggi sono Dante, Beatrice, Piccarda Donati, Costanza d’Altavilla. Gli spiriti Mancanti ai voti sono immagini evanescenti, come apparissero riflessi da vetri tersi o da acque nitide.
Nei primi 33 versi Dante alza gli occhi a Beatrice e lo colpisce la visione di volti diafani, simili a immag specchiate: si volge indietro per vederne la figura reale, ma non vede nulla; si rivolge allora stupito a Beatrice, che sorridendo gli spiega che si tratta non di immagini specchiate ma di vere sostanze, poste in questo cielo perché non adempirono appieno i voti fatti. Fino al verso 57 uno degli spiriti rivela di essere Piccarda Donati, suora in terra, che si trova in questa sfera perché è venuta meno ai voti. Questi beati pur trovandosi nel cielo più lontano da Dio, godono di perfetta beatitudine. La loro felicità nasce dalla perfetta adeguazione all’ordine dell’universo stabilito da Dio. Fino al verso 90 dante giustifica il mancato riconoscimento con lo stupore delle apparizioni, e chiede a Piccarda se le anime del cielo della Luna non desiderino essere più in alto, ma lei risponde che la legge prima del paradiso è la carità, che fa desiderare solo ciò che si ha: è essenziale per la beatitudine essere in coincidenza con il volere divino. Dante capisce che in cielo tutto è Paradiso anche se la grazia divina piove con diversa abbondanza.
Piccarda Donati è una giovane fiorentina, a cui è affidata la spiegazione di come la perfetta beatitudine di tutte le anime del paradiso possa accordarsi con la perfetta giustizia divina. Le anime sono collocate a seconda dei meriti in cieli di diversa perfezione e grazia. Le anime hanno uno spirito di carità per cui la perfetta beatitudine degli spiriti consiste nell’adeguarsi all’ordine giusto di Dio. Attraverso la visione di Piccarda Dante apre uno spazio per la sua Firenze. Per la prima volta egli può vedere il volto dei beati, che conservano per quanto chiari e diafani le loro fattezze in volto, segno di minor beatitudine, più alto nei cieli più si distinguono le fattezze.

Canto VI Siamo nel cielo di mercurio, dove ci sono gli spiriti attivi per desiderio di Gloria. È sempre mercoledì 13 aprile 1300, nel cielo secondo, dove le intelligenze motrici sono gli arcangeli. I personaggi sono Dante, Beatrice, Giustiniano, Romeo di Villanova. Gli spiriti attivi sono splendori che si muovono come pesci in peschiera, cantano e danzano manifestando la loro gioia come aumento di fulgore.
Nei primi 27 versi l’anima di Giustiniano racconta la propria vita terrena, indica il tempo in cui l’insegna imperiale giunse nelle sue mani, della sua conversione all’ortodossia cristiana e la principale delle sue opere meritorie: la stesura del codice di leggi civili romane. Nei versi fino al 96 invece giustiniano riassume la storia dell’impero romano, partendo dalle origine troiane fino a Carlo Magno, per confermarne la sacralità e la provvidenzialità. Si sofferma sulle imprese di Cesare e Augusto, per giungere poi alla morte di Cristo sotto Tiberio.
Il canto è occupato per intero da un discorso diretto di Giustiniano. Il suo monologo è diviso in tre parti: 1.esposizione della storia provvidenziale del potere di Roma, 2. invettiva contro guelfi e ghibellini, 3. presentazione delle anime del cielo di mercurio, con attenzione a Romeo di Villanova.
L’esposizione della storia da parte di Giustiniano diventa interpretazione politica e dichiarazione della visione provvidenziale di Dante della storia: la provv divina ha dato a roma il compito di riunificate sotto il suo impero tutto il mondo, perché fosse disposto ad accogliere la nascita di Cristo, con la conseguente redenzione e diffusione del cristianesimo. Da qui l’invettiva politica contro guelfi e ghibellini che ostacolano questa missione.
Dante narra di Giustiniano come celebratore dell’impero romano perché gli riconosce un grande rilievo per tre aspetti: 1) il primo si riferisce all’unità giuridica, e si basa sulla sua opera: il corpus iuris civilis, che riorganizzando l’intero corpo delle leggi romane unifica e da fondamento al diritto di tutto il mondo. 2) il secondo si riferisce all’unità religiosa, simboleggiata dal ripudio dell’eresia monofisita che separava cristianità occidentale e orientale. 3) il terzo si riferisce all’unità politico-territoriale con le guerre condotte per il ricongiungimento dell’italia e dell’africa settentrionale all’impero.

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