I Salvatori della Patria?

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Testo

LA SITUAZIONE PRECEDENTE
Nel biennio 1937-38 si presagiva la guerra in Europa: in Spagna la guerra civile volgeva a favore di Franco sostenuto da fascismo e nazismo ed il Giappone stava invadendo la Cina. Alla testa dei regimi di destra c’era Hitler appoggiato da Mussolini che voleva far uscire l’Italia dall’isolamento, anche se c’era un forte risentimento per i tedeschi dalla 1°guerra mondiale, e il desiderio di tenersi in posizioni d’equilibrio per l’impreparazione economica e militare italiana. L’Italia si alleò alla Germania con l’asse Roma-Berlino del 1936 ma in posizione di subordinazione. Molti erano a favore ma erano presenti tendenze antifasciste (azione cattolica) e l’applicazione di provvedimenti antisemiti nel 1938 costò al fascismo molti dissensi. La potenza tedesca aumentò anche a causa della debolezza dei governi occidentali e dell’isolazionismo USA dopo la crisi del 1929. Nel 1938 Hitler ammise l’Austria al Reich e poco dopo minacciò la guerra a Praga.

L'INGRESSO IN GUERRA
Il 1° settembre 1939 Hitler invase la Polonia, in risposta Francia e Inghilterra il 3° settembre dichiararono guerra alla Germania. L'Unione sovietica occupò la Polonia orientale, il 17 settembre. Nell'inverno 1939-1940 l'esercito russo proseguì l'avanzata occupando la Lituania, la Lettonia, l'Estonia e la Finlandia. Nel maggio 1940 i nazisti invasero il Lussemburgo e l'Olanda accerchiando i francesi e mettendo in fuga gli inglesi.
La Francia venne divisa in due: il settentrione sotto l'occupazione tedesca, il meridione fu affidato al governo collaborazionista del maresciallo Petàin. Con la sconfitta della Francia, Hitler era quasi riuscito ad imporre il dominio tedesco sull'Europa. Restava solo la Gran Bretagna a contrastarlo, che aveva respinto le proposte di pace avanzate dal Fùrher. Vista l'impossibilità di raggiungere un accordo, Hitler decise di invadere la Gran Bretagna, ma per farlo era necessario distruggere l'aviazione inglese. Per due mesi l'aviazione britannica e quella tedesca si scontrarono.

LA POSIZIONE DELL'ITALIA
Il 10 giugno 1940, l'Italia dichiarò guerra a Francia e Gran Bretagna, perché Mussolini era convinto che la guerra stesse per finire e temeva di rimanere a mani vuote. Commise un grave errore: sottovalutò la forza della Gran Bretagna e non tenne conto della possibilità che gli Stati Uniti entrassero in guerra. Le prime iniziative belliche dell'Italia rivelarono subito l'insufficienza delle forze armate.
Il tentativo di strappare Malta agli inglesi fallì. Dopo iniziali successi, anche l'attacco contro i possedimenti inglesi dell'Africa Settentrionale (Sudan e Somalia inglese, agosto 1940) fu fermato.
Il fallimento più grave fu in Grecia (28 ottobre 1940), dove l'esercito italiano fu respinto ed ebbe gravi perdite. Sia in Africa che in Grecia solo l'intervento dei Tedeschi consentì di riprendere la conquista.

GLI SVILUPPI BELLICI NEL 1941
Dopo la richiesta d’aiuto della Grecia alla Gran Bretagna (8 febbraio), circa 50.000 soldati britannici sbarcarono a Salonicco il 7 marzo. Pochi giorni dopo la flotta britannica inflisse una dura sconfitta a quella italiana che non ebbe più alcun ruolo attivo nel conflitto a eccezione delle azioni degli incursori nei porti di Alessandria e Gibilterra. La Germania, sottoscritti i trattati di alleanza con Romania e Bulgaria, decise di invadere la Iugoslavia (6 aprile) e la Grecia: costringendo al ritiro le truppe britanniche; il 27 aprile fu conquistata Atene e il 20 Maggio Creta. Il contrattacco britannico in Libia portò alla cattura di oltre 100.000 soldati italiani. I tedeschi intervennero inviando nel febbraio un corpo di spedizione che in breve respinse gli inglesi verso il confine egiziano. In Iraq, gruppi nazionalisti sostenuti dai tedeschi proclamarono l´insurrezione. Le truppe britanniche, appoggiate da reparti francesi fedeli a De Gaulle, reagirono con decisione, occupando, oltre all’´Iraq, Siria e Libano ed eliminando così una minaccia ai campi petroliferi mediorientali. In Africa orientale, dove gli italiani non avevano fatto grandi progressi e si trovavano isolati e senza rifornimenti, iniziò la controffensiva britannica nel mese di gennaio. Con l´aiuto delle popolazioni locali insorte, conquistarono rapidamente Etiopia e Somalia. L´invasione dell'´URSS (in codice Operazione Barbarossa) ebbe inizio il 22 Giugno1941. Ai reparti tedeschi si unirono contingenti ungheresi, romeni, italiani (il cosiddetto CSIR, divenuto poi ARMIR), spagnoli. Colta di sorpresa e decapitata nei quadri superiori dalle tragiche purghe staliniane, l´Armata rossa cedette su tutto il fronte lasciando centinaia di migliaia di prigionieri nelle mani dei tedeschi. Attraversati i paesi baltici e l´Ucraina, gli invasori entrarono a Kiev il 19 Settembre, posero l´assedio a Leningrado e in ottobre giunsero alle porte di Mosca, mentre a sud raggiunsero la Crimea. La sospensione invernale delle operazioni diede modo ai sovietici di riorganizzarsi: un contrattacco dell’Armata rossa allontanò la minaccia dalla capitale. Hitler allora destituì i comandanti militari e assunse personalmente il comando dell’esercito, in vista della decisiva offensiva di primavera. L´aggressione tedesca all’URSS favorì un riavvicinamento con la Gran Bretagna: il 25 agosto le due potenze occuparono congiuntamente l´Iran. La legge "Affitti e prestiti", concessa in marzo dagli USA alla Gran Bretagna venne estesa all'´URSS e il 14 ottobre F.D. Roosevelt e W. Churchill firmarono un documento (la carta atlantica) che precisava gli obiettivi comuni delle democrazie nella lotta contro il nazismo. Negli USA l´opinione pubblica era ancora contraria a un coinvolgimento diretto nella guerra. In Estremo Oriente, il Giappone aveva condotto dal 1937 una lunga guerra d’invasione in Cina estendendo il suo dominio territoriale dalla Corea al Sud-Est asiatico. Dopo la caduta della Francia iniziò l´occupazione dell'´Indocina francese, completata nel luglio 1941. USA e Gran Bretagna cercarono di contenere l´espansionismo nipponico con l´embargo commerciale. I giapponesi decisero di colpire senza preavviso: l´attacco alla base americana di Pearl Harbor, nelle Hawaii (7 dicembre) distrusse gran parte della flotta statunitense. L´attacco fu portato anche contro Thailandia, Filippine, Hong Kong e Malesia che vennero rapidamente conquistate. L´11 dicembre anche Germania e Italia dichiararono guerra agli USA che vennero così coinvolti pienamente nel conflitto.

L'APOGEO DELL'ASSE ROMA-BERLINO E LA SVOLTA DEL 1942
La prima parte dell’anno fu favorevole all’Asse Roma-Berlino. In Estremo Oriente i giapponesi invasero Indonesia, Singapore, Birmania, sbarcarono in Nuova Guinea e in gran parte delle isole della Micronesia, giungendo a minacciare e colpire l´estremo nord dell’Australia. Sul fronte sud-orientale, nel maggio del 1942 i tedeschi scatenarono una nuova offensiva per impadronirsi dei giacimenti petroliferi del Caucaso; a settembre raggiunsero il Volga, nei pressi di Stalingrado. Gran parte dell’Europa era occupata dai tedeschi o sotto il controllo di regimi fascisti. Ovunque venne organizzato un sistematico saccheggio delle risorse materiali e umane per contribuire alla vittoria dell’Asse: milioni di uomini furono costretti al lavoro forzato, rinchiusi in campi di concentramento, dove veniva perseguito lo sterminio di massa. In molti paesi si formò un movimento di resistenza clandestino che attuò resistenza passiva, attacchi militari, sabotaggi, organizzazione d’evasioni ed espatri con documenti falsi, formazione di centri d’ascolto delle radio alleate, diffusione d’informazioni. In alcuni paesi, in particolare in Iugoslavia, URSS, Francia si organizzarono reparti partigiani che svolsero un´intensa attività di guerriglia. Intorno alla metà dell’anno si manifestarono alcune incrinature nella macchina bellica dell’Asse. La flotta statunitense riportò una prima vittoria nella battaglia del mar dei Coralli seguita da un´altra, ancora più significativa, al largo delle isole Midway, ai primi di giugno. Il 7 luglio iniziò la riconquista delle isole del Pacifico con lo sbarco a Guadalcanal. In Africa settentrionale, il 23 ottobre il generale britannico B.L. Montgomery diede inizio a un violento attacco, che dopo undici giorni di battaglia costrinse gli italo-tedeschi a un rapido e disordinato ripiegamento: il 20 gennaio 1943 cadde Tripoli. Contemporaneamente reparti statunitensi sbarcarono in Marocco e Algeria, avanzando lungo la costa mediterranea. Sul fronte orientale, i tedeschi rimasero bloccati a Stalingrado senza riuscire a sfondare il fronte per eseguire una manovra aggirante che avrebbe consentito loro di prendere Mosca. Nell’inverno, l´Armata rossa strinse d´assedio la VI armata del generale F. von Paulus che, disobbedendo agli ordini di Hitler, si arrese il 31 gennaio 1943. Stalingrado costituì un punto di svolta d’enorme importanza strategica e politica: da quel momento la guerra per i tedeschi non fu che una lunga ma costante ritirata su tutti i fronti.

IL CONFLITTO NEL 1944.
Nel gennaio Leningrado fu liberata dall'assedio che era durato 900 giorni. L´Armata rossa proseguì quindi la sua avanzata, liberò le repubbliche baltiche, nel mese di luglio, e la Vistola, in ottobre. Rapida fu anche l´avanzata in Finlandia, che fu indotta pertanto a firmare l´armistizio (19 settembre). Nei settori centrale e meridionale, attraversata l´Ucraina, l´Armata rossa penetrò in Galizia e nei Balcani; in settembre entrò a Bucarest e a Sofia, in ottobre raggiunse Belgrado congiungendosi ai partigiani di Tito che avevano liberato gran parte del territorio iugoslavo. Nel frattempo l´aviazione alleata intensificò gli attacchi aerei sulla Germania, contribuendo a ridurne il potenziale industriale e a disarticolarne le comunicazioni. I tedeschi impiegarono le cosiddette armi segrete di rappresaglia sulla Gran Bretagna, a fini terroristici sulla popolazione civile. In Italia solo in maggio una nuova offensiva combinata consentì lo sfondamento del fronte e il 4 giugno fu liberata Roma: l´avanzata proseguì fino alla linea "Gotica" (tra Rimini e la Versilia), dove i tedeschi si attestarono. L'estate del 1944 fu caratterizzata da un grande sviluppo dell'attività dei partigiani che riuscirono ad organizzare territori liberati. Con un’accurata preparazione e una concentrazione di uomini e mezzi senza precedenti venne aperto il fronte occidentale con lo sbarco alleato in Normandia (6 giugno D-day). Con una manovra aggirante dalla penisola di Cherbourg verso ovest e sud, le truppe corazzate alleate presero alle spalle il fronte tedesco schierato contro le teste di ponte sulle spiagge e alla fine di luglio Bretagna e Normandia erano completamente libere. Il 15 agosto furono effettuati altri sbarchi nel sud della Francia e rapidamente liberate Tolone e Marsiglia da dove i reparti alleati progredirono verso nord, entrarono in Parigi (25 agosto) e in pochi giorni liberarono tutta la Francia, tranne la Lorena. Il 20 luglio era intanto fallito un attentato a Hitler organizzato dalle gerarchie militari, consapevoli dell’imminente sconfitta e dell'impossibilità di giungere a qualsiasi forma d’armistizio con gli alleati finché il dittatore fosse rimasto al potere. In settembre fu liberato il Belgio. I tedeschi tentarono in dicembre un contrattacco nel settore delle Ardenne, ma dopo alcuni effimeri successi vennero ricacciati sulle posizioni di partenza.

LA RESISTENZA, LA formazione della REPUBBLICA DI SALO’ e LA FINE DELLA GUERRa.
Nel quinto anno di guerra, il 1943 si organizzarono in Europa i movimenti di resistenza e l’URSS si alleò alle Nazioni unite. In molti paesi la resistenza ebbe dissidi interni tra le direttive dei governi in esilio e le tendenze comuniste. In Francia il movimento era forte seppur con alcuni contrasti tra il governo di De Gaulle in esilio e i partigiani. In Germania ciò era raro a causa dell’eliminazione fisica degli oppositori, nonostante questo nel luglio 1944 ci fu un attentato al Fuhrer che fallì. In Italia l’adesione al Fascismo diminuì rovinosamente e si andò fondando partiti d’opposizione clandestina e Comitati di Liberazione Nazionale CLN. Nel 1943 si verificarono grandi scioperi che bloccarono l’industria e nel partito stesso si verificavano delle crepe. C’erano dei timori, anche il Re Vittorio Emanuele III si avvicinava segretamente ad ali antifasciste e alla Chiesa. Nella conferenza anglo-americana di Casablanca, Roosevelt e Churchill stabilirono di continuare la guerra prima in Europa contro la Germania poi contro il Giappone anche per andare in aiuto alla URSS. Nel luglio 1943 le truppe alleate sbarcarono in Sicilia e aprirono il fronte italiano. Nella notte del 24 luglio Mussolini fu messo in minoranza ed il re affidò a Badoglio il governo che inizialmente confermò la sua posizione con la Germania, in seguito però firmò un armistizio con gli alleati e l’incertezza dimostrata diede la possibilità ai tedeschi di invadere il paese. Gli alleati erano osteggiati nella loro risalita della penisola e fu fondamentale l’apporto dei partigiani coordinati dai CLN. Mussolini intanto era stato liberato dai tedeschi ed aveva fondato la Repubblica di Salò (RSI) e questo fu un fattore che influì molto sulla guerra poiché fece scontrare italiani contro italiani in una “guerra civile”. La fine del 1943 vedeva gli alleati bloccati a Cassino e l’Italia divisa in due, il sud controllato dagli alleati, mentre il centro-nord era controllato dai nazi-fascisti. I rapporti tra il governo e i CLN restavano tesi. Quest’ultimi chiesero a V. Emanuele III di abdicare. Grazie a Togliatti si giunse ad una svolta (“di Salerno”) ed il figlio del re, Umberto divenne luogotenente della liberazione di Roma. Liberata la capitale, in Giugno, venne istituito un nuovo governo, il governo di BONOMI . L’avanzata alleata continuò ma subì un nuovo arresto, dopo Firenze, sulla linea GOTICA, questo perchè la forza alleata era concentrata su fronti ritenuti più importanti. Il 6 giugno 1944 le truppe americane sbarcano in Normandia e anche grazie a circostanze favorevoli riuscirono a respingere i tedeschi. La resistenza si occupò di far insorgere molte città, così in agosto Parigi e tutta la Francia furono liberate e si instaurò un governo guidato da De Gaulle. Sul fronte orientale l’Urss invase Romania, Ungheria, Polonia; la Jugoslavia fu liberata da Tito. In Italia gli alleati superarono la linea Gotica e le maggiori città insorsero. I tedeschi si arresero e Mussolini fu fucilato assieme alla sua amante, Claretta Petacci. Nel febbraio 1945 anche la Germania occupata si arrese incondizionatamente. Hitler si uccise nel suo bunker assieme ad Eva Braun. Con la conferenza di Jalta del 1945 la Germania fu divisa in due zone, Germania orientale controllata dall’Urss e Germania occidentale controllata dagli alleati. Anche Berlino, sebbene si trovasse nella Germania orientale, fu divisa nelle due medesime zone di occupazione. Con la conferenza di Postdam si stabilì il nuovo assetto europeo. Intanto in Asia la guerra stava giungendo al termine, gli alleati inflissero il colpo decisivo con le due bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1946) costringendo il Giappone alla resa incondizionata. Questo evento aprirà il dibattito mondiale e desterà le coscienze per il “pericolo di una futura guerra globale e definitiva”.

La resistenza italiana.
La resistenza è stato un fattore unificante in Europa, contro il nazifascismo. Però non bisogna pensare che sia stata uguale in ogni paese. Quella che ci riguarda più da vicino è quell’italiana.
A partire dal 1943 gli alleati incominciarono ad avanzare su tutti i fronti, mentre sull’Italia e più ancora sulla Germania, si intensificavano i bombardamenti: gli obiettivi principali erano le fabbriche, i porti e le vie di comunicazione, ma anche le città venivano devastate. Le decisive sconfitte subite dai tedeschi rianimarono i movimenti di resistenza al nazismo che si erano sviluppati in tutti i paesi occupati. Il dominio nazista diffondeva il terrore, ma al tempo stesso rafforzava la volontà delle popolazioni di ribellarsi agli oppositori.
Roosevelt e Churchill avevano stabilito che, concluse le operazioni in Africa, le truppe anglo – americane avrebbero attaccato l’Italia. Così tra il 9 e il 10 luglio 1943 gli alleati anglo - americani sbarcarono in Sicilia, cominciando l’occupazione dell’Italia, mentre le truppe italiane, anche se appoggiate dai tedeschi, non erano in grado di fermare l’invasione. Questi bombardamenti, sempre più terribili, (particolarmente impressionante quello su Roma del 19 luglio, che provocò migliaia di morti) fecero precipitare la situazione. Lo sbarco alleato accelerò la fine del fascismo, a quel punto odioso a molti perché aveva imposto una guerra sbagliata.
L’Italia aveva subito una serie di disastrose sconfitte, con un numero altissimo di vittime; le città erano bersagliate da bombardamenti sempre più frequenti e pesanti; mancava il cibo, razionato sin dall’inizio del conflitto e progressivamente ridotto.
Già nel marzo 1943 gli operai di Torino e Milano con scioperi e manifestazioni avevano protestato contro il regime, esigendo la fine dell’alleanza con i tedeschi.
Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del fascismo, riunitosi a Roma decise di mettere fine al governo di Mussolini, che il re fece arrestare; il giorno successivo Vittorio Emanuele nominò capo del governo il maresciallo Badoglio. Esso si affrettò a dichiarare che la guerra contro gli alleati continuava: anche se lui stesso avviava trattative segrete con gli anglo – americani per arrivare ad un armistizio. Secondo le condizioni dell’armistizio l’Italia sarebbe entrata in guerra contro la Germania ed i soldati italiani avrebbero dovuto combattere contro i tedeschi. Ma l’annuncio dell’armistizio colse invece di sorpresa le truppe italiane, che furono facilmente disarmate dai tedeschi quasi ovunque. Mentre il re e il governo abbandonavano la capitale per rifugiarsi a Brindisi, (territorio liberato dagli alleati), i tedeschi procedevano a una sistematica occupazione di tutta la parte centro – settentrionale dell’Italia.
I soldati dell’esercito italiano, non in grado di organizzarsi, tentarono di salvarsi come potevano: lasciarono la divisa e cercarono di tornare a casa. Quelli che provarono a resistere vennero massacrati o fatti prigionieri: più di 500 mila furono deportati nei campi di concentramento in Germania.
Intanto Mussolini veniva liberato da paracadutisti tedeschi dalla prigione sul Gran Sasso in cui era stato rinchiuso ed era condotto al sicuro nell’Italia settentrionale. Qui, rinsaldata l’alleanza con la Germania, fondò la Repubblica Sociale Italiana che disponeva di un proprio esercito e aveva sede a Salò, sul Lago di Garda. I tedeschi fermarono l’avanzata alleata lungo la cosiddetta «linea Gustav», non lontano da Roma.
Così l’Italia si trovava divisa in due zone:
- Il Sud, dove sopravviveva il Regno d’Italia appoggiata dagli anglo – americani;
- Il Centro – Nord occupato dai nazisti e retto da un governo fascista.
Dopo l’8 settembre In Italia si ebbero intanto nuovi grandi scioperi nei centri industriali e si formarono le prime bande partigiane, sorte spontaneamente o per iniziativa dei partiti antifascisti, e comprendevano uomini e donne di ogni ceto sociale, tra cui ex prigionieri politici, soldati abbandonati a se stessi e giovani che non volevano arruolarsi nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana. Vi erano formazioni autonome ed altre legate ai partiti, come le brigate Garibaldi legate ai comunisti, le brigate di Giustizia e Libertà legate al partito d’azione, e le brigate Matteotti legate ai socialisti. Il 9 settembre 1943 venne costituito il Comitato di Liberazione Nazionale, con il compito di coordinare la lotta partigiana e collaborare con gli alleati nella guerra di liberazione dell’Italia.
Attiva soprattutto nel Nord Italia, la Resistenza agì tuttavia anche nelle regioni del Centro – Sud ancora in mano tedesca. Molte città furono liberate prima dell’arrivo degli alleati: Napoli con le eroiche Quattro Giornate (27-30 settembre 1943) e Firenze (agosto 1944).
In alcune zone dell’Italia Settentrionale i partigiani diedero vita a una serie di Repubbliche; benché di breve durata perché travolte dalle ingenti forze fasciste e naziste, in cui furono sperimentate forme di governo democratico. Fu una guerra durissima e spietata. Le formazioni partigiane avevano le loro basi sulle montagne o sulle colline e, inferiori come numero e come mezzi, applicavano le tecniche di combattimento proprie della guerriglia, basata sugli attacchi a sorpresa, sulla mobilità e sulla rapida ritirata.
I partigiani combattevano non solo contro i Tedeschi, ma anche contro i soldati italiani della Repubblica sociale di Mussolini: perciò la Resistenza, oltre che una guerra di liberazione fu anche una guerra civile.
Alla guerriglia i nazifascisti rispondevano con la rappresaglia sulla popolazione civile per ricattare le formazioni partigiane e privarle dell’appoggio popolare: per ogni loro soldato ucciso, i tedeschi fucilavano dieci cittadini italiani. A Roma ad esempio nel marzo del 1944, dopo un attentato che causò la morte di 33 soldati tedeschi, vennero prelevati dai carceri e dalle abitazioni 335 italiani che furono fucilati in una cava, le Fosse Ardeatine. I nazisti, inoltre, non esitavano a bruciare interi paesi per vendetta o per costringere i partigiani del luogo alla resa.
Altra risposta alle azioni di guerriglia partigiana erano i rastrellamenti. Ottenute informazioni dalle spie, i nazifascisti circondavano una zona sospettata di essere rifugio della Resistenza; i partigiani catturati con le armi in pugno venivano solitamente fucilati sul posto, ma spesso erano prima sottoposti a feroci torture perché rivelassero i nomi dei compagni, i piani d’azione, le basi dei gruppi armati. Gli altri erano arrestati e inviati nei campi di concentramento.
Finalmente nella primavera del 1945, mentre gli alleati invadevano la Germania da est e da ovest, il conflitto volse al termine anche in Italia. Sfondata la «Linea Gotica », l’esercito anglo – americano lanciò l’offensiva definitiva e il 24 aprile oltrepassò il Po.
Il 25 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale ordinò l’insurrezione generale e i partigiani costrinsero i tedeschi ad abbandonare le città, salvando gran parte degli impianti industriali e anticipando l’arrivo degli alleati. Quasi ovunque i poteri politici e amministrativi furono assunti dal Comitato di Liberazione Nazionale. Il 29 aprile i tedeschi firmarono la resa.
Mussolini, catturato dai partigiani mentre tentava la fuga vestito da soldato tedesco, fu fucilato insieme ad alcuni gerarchi.

La ragazza di bube.
Autore: Carlo Cassola
Anno di pubblicazione: 1960
Trama.
La ragazza di Bube di Carlo Cassola viene scritto nel 1959 e pubblicato nel 1960. La vicenda, è ambientata in Toscana, e i suoi protagonisti vivono ancora nell’atmosfera appassionata della Resistenza da poco conclusasi con la liberazione. Bube, è un ex-partigiano valoroso che, finita la guerra, torna a casa e va a far visita alla famiglia del compagno Sante, ucciso durante la lotta. Bube deve parlare con il padre di Sante, militante comunista. Così conosce la sorella di Sante, Mara. I due si vedono alcune volte, si scrivono (poiché Bube vive a Volterra, un po’ lontano da Monteguidi, dove abita Mara) e poi sboccia l’amore. Successivamente Bube si trasferisce a San Donato, perché a Volterra non si trova più bene. Sono entrambi ancora nel pieno della loro giovinezza, ma la vita dei due innamorati è travagliata, segnata e condizionata profondamente dalla violenza di Bube. Accaddero due fatti gravi: una sera Bube incontra padre Ciolfi, un vecchio prete fascista che, era scappato da Volterra; assieme allo sprezzo che prova per lui in quanto fascista, Bube è mosso da pietà per il prete che conosceva sin da piccolo,fa finta di non vederlo e lo protegge anche da alcune persone che lo malmenavano, fino a quando l’accanimento popolare non risveglia in lui la natura aggressiva del “Vendicatore”; ma il fatto più tragico che poi grava su tutta la vicenda nasce a San Donato da una discussione tra comunisti ed un maresciallo dei carabinieri, il diverbio si risolve in una sparatoria nella quale trovano la morte un compagno di Bube, il maresciallo ed il figlio del maresciallo, quest’ultimo ucciso dallo spregiudicato Bube. Questi fatti irrazionali e dolorosi si mescolano con il fiorire dell’amore dei giovani, e quindi tanto nella vita di Bube quanto di riflesso in quella di Mara. La ragazza che ha accettato la corte di Bube quasi per caso, per curiosità, si trova coinvolta in una vicenda che le sconvolge la vita. Durante il suo soggiorno in casa di Bube arrivò Lidori, un amico, dicendogli che i carabinieri lo stavano cercando per il fatto di San Donato e che quindi doveva nascondersi, per ordine del partito. I tre così andarono in un capanno in campagna. Ma poi vennero a sapere che Bube sarebbe dovuto scappare all’estero,in Francia, perché in Italia non era più al sicuro. Mara torna a Monteguidi disperata, e passo lì un po’ di tempo, poi nell’autunno 1945 decide di trasferirsi a Poggibonsi, da una famiglia, per fare la ragazza di servizio. Rimasta sola, Mara comincia a riflettere sul suo rapporto con Bube ed è combattuta fra il padre che la incoraggia e la madre che cerca di allontanarla dal pensiero di un amore doloroso. A Poggibonsi conosce Stefano, un ragazzo molto dolce, simpatico e rispettoso, e s’innamorano. Ma Mara tiene duro e non si lascia andare,in quanto si era promessa di rimaner fedele a Bube e di aspettarlo fino a quando fosse tornato in Italia. In effetti, Mara è stata tentata di cambiare idea da Stefano che con la sua cultura superficiale e i suoi modi gentili, ha colmato, per un breve periodo la sua solitudine, ma quando Bube viene condannato decide di essere per sempre la sua donna, di aspettarlo per dare l’affetto e l’amore ad un uomo che ha commesso un grave errore. Nel 1947 Bube viene espulso dalla Francia ed è arrestato alla frontiera. Mara ha un commovente colloquio con Bube, poi torna a Poggibonsi per dare l’addio a Stefano e alla famiglia da cui stava. Così parte con il primo treno del mattino per andare dall’amato. Mara segue tutte le fasi del processo a Bube, e nell’episodio finale s’intende che Bube è stato condannato a quattordici anni, sette sono già passati, gliene rimangono altri sette. Mara è rassegnata e cambiata, però è ancora ottimista, e fa dei progetti su quando il suo amato Bube uscirà dalla prigione.

Commento “La ragazza di Bube”: Il romanzo va inquadrato in una precisa situazione storica: quella dell’Italia tra il 1944 e il 1948, vale a dire il periodo della Resistenza, un movimento nato nel corso della Seconda Guerra Mondiale contro l’occupazione delle truppe tedesche in Europa. Ci sono poche date, ma le indicazioni agli avvenimenti politici, bastano a farci ricostruire l’intera cronologia della vicenda, che è ambientata in Toscana, e i suoi protagonisti vivono ancora nell’atmosfera appassionata della Resistenza da poco conclusasi con la liberazione. Bube è stato un valoroso partigiano nel Fiorentino. Egli conosce Mara in quanto è la sorellastra del suo compagno caduto in guerra, Sante Castellucci e se ne innamora. Bube ha trovato nella lotta un’immagine di sé che lo soddisfa. Giovane timido, elementare, la rudezza decisa della sua determinazione di combattente gli ha conquistato il titolo di “Vendicatore”; quando scende dalle montagne e torna alla vita di pace, sentirsi ancora “Vendicatore” è per lui un orgoglio e un toccante sentimento di fedeltà. Era talmente ingenuo da compiere dei reati senza pensarci due volte. E così la sua violenza la paga cara. Ma la paga anche Mara, che è una ragazza innocente, colpevole solo di essersi innamorata di Bube non abbandonandolo mai al suo destino. La giovane si trova legata ad un ruolo, quello della “ragazza di Bube”, che assorbe e comprende tutta la sua esistenza. Ma proprio attraverso questa sofferenza si forma il carattere della ragazza, che si lascia alle spalle il mondo di sogni, desideri frivoli e fantasticherie dell’infanzia e diventa una donna, capace di guardare alla vita con coraggio e onestà. Cassola cala il romanzo in uno scenario di particolare ricchezza e complessità, ma il messaggio dell’opera è chiaro: il significato della vita, del sacrificio e del dolore è ciò su cui il lettore riflette seguendo la vicenda di Mara e Bube.
Il significato politico de “La ragazza di Bube”, coincide con il suo significato poetico: una generazione sconfitta nella propria giovinezza; infatti, nel libro del Cassola, è chiamata in causa la storia di una generazione che, con la Resistenza, è divenuta classe dirigente, protagonista della vita democratica della repubblica.
Questo libro, nonostante sia un po’ complicato per quanto riguarda la percezione dei tempi, mi è piaciuto. E’ una storia drammatica in cui le vicende d’amore e quelle politiche s’intrecciano in modo strettamente connesso.

Il sentiero dei nidi di ragno.
Autore: Italo Calvino
Anno di pubblicazione: 1947
Trama.
Il romanzo è ambientato negli anni della Resistenza,e tra le strade del borgo vecchio di una cittadina ligure, vive Pin con la sorella. Pin è un ragazzo amato e allo stesso tempo odiato da tutti. Si sente troppo grande per stare con i ragazzi della sua età che lo detestano e con cui non va mai d’accordo, ma è troppo piccolo per stare con i grandi che sono così diversi ed incomprensibili con i loro continui cambiamenti di umore ed i loro discorsi a volte così complicati per lui. Egli era solito entrare in una locanda, spettegolare su tutti i presenti e gli ascoltatori, per poi ordinare un bicchiere di vino e cantare una delle sue canzoni. Trascorse così serenamente le sue giornate per diverso tempo, fino a quando arrivò un giorno in cui anche alla locanda s’incominciò a sentir parlare di guerra. Per una folle scommessa viene imposto a Pin, dagli amici della locanda, di rubare la pistola al marinaio tedesco che frequentava sua sorella. Pin, anche se a malincuore, decide di rubare l’arma, ma una volta compito il misfatto gli uomini sembrano non essere più interessati a quell’oggetto. Così Pin fugge dall’osteria e nasconde la pistola in un posto segreto: il sentiero dei nidi di ragno.
Una volta che i tedeschi si accorsero del furto lo presero e lo imprigionarono. In carcere conosce Lupo Rosso, giovanissimo partigiano ormai mitizzato dalla voce popolare, e con lui medita la fuga per la campagna. Ci riuscirono e le ricerche dei due fuggitivi iniziarono subito. Pin e Lupo Rosso trascorsero una notte accucciati fra l’erba finché il mattino seguente Lupo Rosso partì in perlustrazione con la promessa di venire a riprenderlo. Pin rimase da solo in quell’immensità così paurosa da far venire la pelle d’oca. Poi finalmente un omone gli apparve davanti. Questi si fece riconoscere: il suo nome era Cugino ed era un partigiano compagno di Lupo Rosso che lo avrebbe portato nel suo accampamento. Così fu e, arrivati all’accampamento, conobbe altri partigiani come Cugino. Pin senza saperlo era ormai un partigiano, e come se non fosse stato abbastanza era anche un fuggitivo. In questa brigata, che veniva definita come la peggiore tra tutte quelle che erano state formate, Pin conosce molte persone, tra cui il comandante Dritto, quattro cognati siciliani, il cuciniere Mancino, sua moglie Giglia, Zena e un ragazzo maniaco delle armi chiamato Pelle. Durante la permanenze nell’accampamento partecipò alla resistenza partigiana anche militarmente, vendicando con tre compagni, Duca, Conte e Barone la morte di Marchese. Una sera Mancino e sua moglie, per una svista, mettono troppa legna nel fuoco e la fiamma incendia il casolare, costringendo i partigiani ad una raccolta precipitosa di armi ed oggetti oltre che a una fuga notturna per paura di essere stati visti dai tedeschi. Allontanatisi dal casolare in fiamme si rifugiano in un fienile fatiscente che per breve tempo diventa la loro base. Ma una sera arrivano al fienile il comandante Ferriera ed il commissario Kim, che ordinano a Dritto di partecipare ad una battaglia il giorno seguente. Dritto cerca di evitare la cosa, ma sa di non potersi tirare indietro ed accetta, sapendo che alla fine di questa battaglia il comandante Ferriera e il commissario Kim l’avrebbero fatto uccidere. Il giorno seguente però non parte per partecipare alla rappresaglia contro i tedeschi. Insieme a lui rimangono Pin e la Giglia e mentre dalla valle si attendono i rumori della battaglia, egli fa di tutto per rimanere solo con la donna e tradisce il marito con lui. Cosi il piccolo Pin, sapendo tutto, il giorno dopo rese pubblica, con una delle sue battute, la faccenda e fu costretto a scappare finché non arriva al sentiero dei nidi di ragno. Cerca disperatamente la sua pistola ma capisce che era stata rubata. Pin è disperato, è solo al mondo, senza amici e nemmeno la sua adorata P-38. Vaga fino a giungere nel carruggio e bussa alla porta di casa dove trova la sorella che gli mostra una pistola regalatagli da un biondino: è la sua P-38. Pin scappa nuovamente e vaga per la città di notte, fino a che non incontra Cugino. Il ragazzo gli mostra la sua arma che aveva nascosto nel sentiero dei nidi di ragno prima di entrare nell’accampamento. Pin finalmente aveva trovato l’amico tanto atteso che s’interessava dei nidi di ragno, ma allo stesso tempo era un uomo come gli altri, con tutti i difetti che potevano avere gli uomini. Il protagonista da quel momento non disdegnò più il mondo degli adulti.

Commento “Il sentiero dei nidi di ragno”: Il Romanzo d’esordio di Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno (1947), si colloca nell’ambito del neorealismo (tendenza a rappresentare i fatti della vita in modo realistico) ma allo stesso tempo presenta degli elementi fantastici. Affrontando l’argomento della lotta partigiana, sulla base di un’esperienza vissuta in prima persona, lo scrittore trasferisce sulla pagina il clima di fervore degli anni postbellici. Tuttavia Calvino non vuole offrire un quadro celebrativo della Resistenza: la banda partigiana che egli rappresenta è costituita dagli scarti di tutte le altre formazioni, da una serie di emarginati e di balordi. Ciò che allontana Calvino dagli standard neorealistici, è ancora il fatto che, pur rappresentando figure e ambienti realistici, la vicenda della lotta partigiana è trasferita in un clima fantastico, quasi di fiaba. L’effetto è ottenuto presentando tutti gli eventi attraverso il punto di vista di un bambino. Il protagonista, Pin, è un ragazzino cresciuto nei vincoli della città vecchia di Sanremo, pienamente smaliziato, ma che conserva l’ingenuità e lo stupore tipici dell’infanzia: ai suoi occhi il mondo adulto, i rapporti umani, la politica, la guerra, appaiono estranei, incomprensibili, assumendo una fisionomia incantata e magica.
Ciò che in questo libro più mi ha colpito sono le difficoltà e le esperienze che deve fare prematuramente il protagonista. Inoltre, mi ha colpito l’atteggiamento di Pin nei confronti degli adulti, le sue riflessioni e i suoi ragionamenti da “bambino” che dimostrano apparentemente come, anche se viveva sempre a contatto con il mondo degli adulti, era ancora allo scuro di molte cose su quell’ambiente.

Addio alle armi.
Autore: Ernest Hemingway
Anno di pubblicazione: 1929
Trama.
Frederic Henry, giovane americano, trovandosi in Italia nel 1915 allo scoppio della guerra contro l’Austria, s’arruola volontario nell’esercito italiano ed entra a fare parte, come tenente, nelle formazioni sanitarie. Giunto l’inverno, la guerra diede un periodo di riposo ai soldati di tutti i fronti; così il tenente Henry prese una licenza che gli concesse di visitare un po’ l’Italia. Al suo ritorno Rinaldi, maggiore medico, lo porta con se a far visita ad alcune infermiere. Qui conosce Helen Ferguson e Catherine Barkley. Così, dopo poco tempo, Frederic e Catherine iniziarono a frequentarsi e tra i due si stabilisce una viva simpatia che ben presto si trasformerà in profondo amore.
La guerra riprende e mentre il tenente Henry e altri quattro chauffeurs, cioè coloro che guidano le ambulanze, di nome Passini, Manera, Gordini e Gavazzi erano riuniti per mangiare, una bombarda li colpì. Passini in seguito allo scoppio della bombarda perse entrambe le gambe e per una emorragia morì mentre gli altri restarono soltanto feriti. Il tenente Henry, colpito anch’egli alle gambe, fu portato in un posto di raccolta per ricevere i primi soccorsi, poi fu trasferito in un ospedale a Milano. Nel frattempo, per una coincidenza, anche Catherine fu trasferita a Milano e dopo pochi giorni i due s’incontrarono. I loro incontri, però, erano furtivi perché, a quel tempo, le infermiere dovevano rimanere nubili. Ma qualche tempo dopo, Catherine scopre di essere incinta di tre mesi e sa che se i suoi superiori l’avessero scoperto l’avrebbero subito cacciata. Henry felice della notizia, ormai guarito, ritorna al fronte a Gorizia. La situazione non era più uguale a come l’aveva lasciata: gli italiani dopo aver subito varie sconfitte e dopo essere ridotti allo stremo delle forze incominciano la ritirata verso Udine e Pordenone.
Anche il tenete Henry con alcuni soldati incomincia la ritirata. L’ardua impresa mette alla prova lo spirito dei soldati, già provati dalla guerra. Raggiunto il Tagliamento s’imbattono nella polizia militare che fucilava gli ufficiali e i soldati per l’abbandono del reggimento. Il tenente Henry però riesce a fuggire tuffandosi nel fiume e facendo perdere le sue tracce. Oramai solo raggiunge una stazione ferroviaria, riuscendo poi a salire su un vagone per il trasporto di cannoni diretto a Milano.
Giunto nella città, fa ritorno all’ospedale per cercare Catherine ma informato che la ragazza soggiorna a Stresa, spogliatosi dell’uniforme e assunto abiti borghesi, parte per raggiungerla.
I due però non restano a lungo in questa città poiché i militari stanno cercando Henry, diventato ormai fuggitivo e disertore, per fucilarlo. Quindi dopo un viaggio notturno sul lago in burrasca, raggiungono la Svizzera.
Henry e Catherine trascorrono alcuni mesi a Montreaux, attendendo insieme la nascita del bambino. Questo giorno tanto atteso finalmente giunse, Catherine ed Henry corsero in Ospedale e dopo molte ore d’estenuante dolore, la donna partorì. Sfortunatamente il bambino nacque morto e Catherine a causa di un emorragia muore anche lei poco dopo. Quando Henry viene a conoscenza di avere perso le persone a lui più care se ne va dall’ospedale sotto la pioggia, profondamente amareggiato.

Commento al libro “Addio alle armi”: Ernest Hemingway scrisse questo libro negli anni successivi la prima guerra mondiale. Il libro assume un carattere antimilitaristico che ritrae la tragedia della guerra ma soprattutto ritrae chi è obbligato a combattervi: “le guerre sono combattute dalla più bella gente che c’è”, afferma lo stesso Hemingway. Gli orrori della guerra, infatti, fanno parte della sua vita, tanto che nella prefazione racconta vorrebbe fucilare gli uomini che in qualche modo sono la causa di inizio di ogni guerra. L’autore attraverso la voce dei personaggi esprime i suoi dissensi infatti il tenente Henry e alcuni chaffeurs, proclamano l’inutilità di questa guerra che causa la morte di molti uomini su entrambi i fronti.
Per tutta la durata del libro la pioggia presagisce sempre i momenti più drammatici: piove quando muore Chaterine e il bambino, quando devono lasciare Stresa e quando Henry “scappa” dalla guerra e dal fronte.
Il fatto però che “Addio alle armi” fosse un libro tragico non rendeva lo stesso Hemingway infelice poiché era convinto che la vita era una tragedia che aveva soltanto un fine: la morte.
La guerra, nonostante tutto, non è riuscita ad impedire che due persone si amassero, soltanto la morte è riuscita a separarli fisicamente.

Riflessioni personali: Con Resistenza italiana viene indicato un preciso periodo storico dell'Italia che va dagli anni '30, quando presero vita i primi movimenti di opposizione al regime dittatoriale fascista guidato da Benito Mussolini, al 25 aprile 1945 quando l'insurrezione armata partigiana proclamata dal Comitato di liberazione nazionale per l'Alta Italia portò alla liberazione di quasi tutte le città del nord del paese.
Come può essere definita la parola Resistenza? Se si va a cercare su vocabolario italiano la voce resistenza si trovano almeno una decina di definizioni diverse, ognuna legata ad diverso campo (scientifico, fisico, militare,…). Comunque tutte hanno un fattore in comune: la resistenza è un fenomeno che si oppone ad un altro fenomeno, sia quest’ultimo una corrente che tende a scorrere, il moto di un punto materiale, la tendenza di un tessuto a lacerarsi, o la dominazione opprimente di un regime tiranno. È questa la resistenza che si è sviluppata con l’avvento del nazifascismo. La Resistenza è stato un fattore unificante in Europa, contro il nazifascismo. Però non bisogna pensare che sia stata uguale in ogni paese. Possiamo fare una prima distinzione tra paesi sotto il regime fascista (Italia, Germania e Austria), paesi con democrazie parlamentari occidentali (Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Francia e Cecoslovacchia), paesi che lottarono per la difesa della loro identità nazionale (Polonia e gli stati baltici), l’URSS, la Jugoslavia e la Grecia. Ma l’obiettivo comune a tutti i paesi è la liberazione dagli invasori e dai loro membri. Nel 1943 gli alleati, cioè i tedeschi, diventano invasori, il movimento di Resistenza si fa più forte. Ora tutti i sentimenti di unità nazionale esplodono con forza. Ma chi sono i partigiani? Sono uomini in armi permanentemente, con un odio per la politicizzazione che poteva prendere la lotta. Le formazioni sono autonome e apolitiche, con una caratteristica eccezionale: hanno un’intesa comune di massima, la costituzione di un unitario Corpo dei Volontari della Libertà, che nell’Agosto del 1944 conta già centomila combattenti. Sono, quindi, i gruppi politici che guidano e organizzano i partigiani, impegnandoli in azioni immediate. Questi italiani si trovano anche davanti al difficile compito di uccidere altri italiani, magari non fascisti. Uomini, ma soprattutto giovani che sono entrati in guerra per servire la patria, l’Italia. Uomini che hanno capito le atrocità del nazifascismo perché le hanno vissute sulla propria pelle. Ma poiché sono stati militari, o ancora lo sono per voler seguire la bandiera anche nel baratro della sconfitta, devono essere combattuti dai partigiani. Questi ultimi, poi, non sono tutti “santi uomini”. Molti di coloro che sono stati giustiziati dai cosiddetti “tribunali” partigiani erano innocenti. Erano colpevoli di essere figlie, mogli, fratelli, o solo parenti di fascisti. Ma non dei fascisti che rastrellavano e torturavano gli ebrei, solo iscritti al partito fascista, per poter mantenere il posto di lavoro e sfamare la famiglia.
Bastano due esempi per rendere l’idea di quanto appena affermato. Una mattina del Settembre 1944 Nella De Pieri viene arrestata da un gruppo di partigiani, con l’accusa di essere una spia. L’accusa è infondata, come testimoniato da alcuni partigiani, ma, poiché è moglie di un ufficiale della Guardia nazionale repubblicana, viene condannata a morte. La donna ha due bambini piccoli ed è in attesa del terzo. Un prete chiede la grazia per il figlio che deve nascere, grazia che viene concessa. Però, per l’insistenza dell’uomo da cui era partita la denuncia, la donna viene fucilata ugualmente, e poi gettata in un burrone molto profondo, per nascondere il cadavere.
Il secondo esempio porta alla luce una storia di crudeltà passata e recente. In un piccolo centro in provincia di Novara era stato deciso di costruire una lapide per ricordare tutti i caduti della guerra, con i nomi di tutti i morti, sia fascisti che partigiani. Dovevano esserci anche i nomi di due sorelle, Mirka e Cornelia Ugazio, figlie del segretario del Fascio locale, di 15 e 23 anni, violentate da una ventina di uomini e gettate in una fossa ancora vive. Per uccidere Mirka le hanno schiacciato il collo con uno scarpone per soffocarla. A Cornelia, invece, è stato spaccato il cranio con il calcio di un mitra. Oltre al danno enorme subito 54 anni, adesso i famigliari e gli amici devono subire anche la beffa. Infatti il nome delle due giovani non doveva essere presente nella lapide, gli abitanti non le volevano. E per mettere a tacere il vespaio di proteste suscitato dall’eventuale mancanza dei nomi, è stato deciso di non fare più nemmeno la lapide.
Questi due esempi sono stati riportati per far capire che la lotta combattuta dai partigiani non è stata solo Resistenza e opposizione al regime e ai nazisti, ma ci sono state anche molte vendette. I partigiani non sono stati solo i “salvatori della patria”, ma anche assassini autorizzati.

Esempio