H. Hesse "Narciso e Boccadoro"

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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2.5 (2)
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Data:02.09.2005
Numero di pagine:4
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Testo

Relazione del libro “NARCISO E BOCCADORO” di H. HESSE

La storia di Narciso e Boccadoro si svolge negli anni del tardo Medioevo tant’è che l’autore dedica un intero capitolo alla peste del 1300;la vicenda è narrata in ordine cronologico, seguendo quindi la successione di fatti come il narratore li racconta.

Nella prima parte del racconto ci troviamo nel convento di Mariabrown in Germania, mentre, dopo che Boccadoro decide di diventare un vagabondo e lascia il monastero, girovaghiamo insieme al protagonista fra campi, steppe e piccoli paesi tedeschi.
Secondo me, lo spazio di questa vicenda è principalmente simbolico perché, sia lungo le descrizioni del convento, che tra la natura grezza attraversata da Boccadoro, notiamo lo stretto legame che l’autore ci presenta tra i personaggi che caratterizzano questi due diversi luoghi.

I personaggi principali della vicenda sono Boccadoro, che è appunto il protagonista, e Narciso, l’oggetto.
Tra i personaggi secondari troviamo invece il padre di Boccadoro, che ha funzione di destinatore, i falsi aiutanti: Adolfo, Corrado ed Everardo e gli aiutanti: l’Abate Daniele, Padre Martino, padre Anselmo, Lisa, Lidia e Giulia, Maestro Nicola, Roberto, Lena, Maria, Agnese ed Eric.

Durante il tardo Medioevo un giovanotto di nome Boccadoro fu obbligato dal padre ad andare in convento. Là trascorse molto tempo con il maestro Narciso e diventarono grandi amici. Un giorno il giovane poté sperimentare la bellezza della natura grazie ad un incarico a lui assegnato; decise così di lasciare il convento e di darsi al vagabondaggio, dopo averlo comunicato all’amico. Dopo numerose amicizie con donne e uomini capitò nella chiesa di un convento dove fu abbagliato da un madonna in legno. Si recò dal maestro che l’aveva scolpita e diventò suo alunno. Successivamente tornò alla vita da vagabondo, ma dopo aver visto la morte e la peste, si recò da Agnese in vesti di amante. Ma la notte lo tradì: venne scovato, preso per ladro e portato nella cantina del castello dove prima di morire avrebbe dovuto incontrare un prete: riconobbe in lui Narciso. I due si incamminarono verso il convento di Mariabrown dove l’artista poté scolpire statue ed ornamenti. Dopo queste opere partì per un secondo vagabondaggio e, dopo pochi anni, tornò stanco e molto malato: infatti, passati alcuni giorni, morì riscaldato dal calore dell’affetto dell’amico Narciso.

Il narratore di questo libro è esterno occulto in quanto propone la storia con un taglio oggettivo.

La focalizzazione del racconto è fissa e zero perché il narratore non cambia mai punto di vista essendo, inoltre, onnisciente, quindi in grado di raccontare tutto di tutti.

Il personaggio che mi ha colpita particolarmente è Eric, il figlio del fabbro, un giovane di circa vent’anni che aiutava Boccadoro nella buona riuscita delle sue opere all’interno della bottega allestita nel convento. Era un ragazzo umile e attento ai racconti della vita vagabonda di Boccadoro; la maggior parte delle volte era proprio il giovanotto che richiedeva la narrazione del passato dell’artista e quest’ultimo, volentieri, ripercorreva la sua fanciullezza. Dopo tre anni che i due lavoravano insieme, Boccadoro chiese al padre di Eric se permetteva a suo figlio di diventare suo alunno ed egli acconsentì. Eric si era affezionato molto al maestro Boccadoro e allo stesso modo l’artista-vagabondo contava sull’appoggio morale e lavorativo del fanciullo.

Secondo me, questo testo è principalmente improntato su riflessioni e pensieri profondi; è perciò inevitabile che induca il lettore a soffermarsi su temi storici e morali.

Il tema che ci viene presentato maggiormente è quello della religione; infatti sia nella parte in cui la vicenda si svolge all’interno del convento di Mariabrown, che durante il vagabondaggio di Boccadoro è sempre presente la domanda: “Chi è la Madre del mondo?” e si aspira sempre ad ideali strettamente connessi alla religiosità.
Un’altra tematica affrontata da Herman Hesse è quella dell’amicizia, un sentimento forte che, inizialmente, vive anche grazie alla vicinanza dei due compagni, ma poi, nonostante Narciso e Boccadoro non abbiano più notizie l’uno dell’altro, il forte legame che ormai li unisce, è sempre presente e acceso nei loro cuori.
Accanto all’amicizia dobbiamo collocare qualcosa di più forte, di più profondo: l’amore. Un amore che si manifesta sia tra i due uomini sotto forma di attrazione fisica e morale, che tra Boccadoro e le sue donne nelle quali spesso lui trovava il volto della Madre della Terra.

Durante la lettura delle prime pagine del libro, il racconto mi sembrava particolarmente statico e temevo che la vicenda continuasse seguendo quella linea. Ma, fortunatamente, non è stato così perché, dopo che il giovane e bello Boccadoro ha lasciato il convento di Mariabrown e si è messo in cammino alla ricerca di una vita semplice e strettamente legata al mistero della Madre di Dio, il racconto ha assunto una forma più dinamica.
Durante lo scorrimento delle pagine riguardanti il vagabondaggio e la vita tra i campi e le steppe tedesche di Boccadoro, mi sentivo quasi accanto al protagonista perché, grazie alle efficaci e precise descrizioni dell’autore, ho potuto vivere sulla mia pelle tutto quello che accadeva; dalla stanchezza per aver passato notti insonni allo stupore e all’orrore di fronte alla peste nera del 1300.
L’unico fatto che mi è parso un po’ banale è stato quello del secondo incontro dei due grandi amici che, dopo un lunghissimo periodo di distacco, dovevano per forza rincontrarsi per colmare a vicenda tutte le tempeste dei loro cuori e delle loro anime. “Narciso e Boccadoro”, comunque, è stato un libro da me molto apprezzato e che consiglio a chi non ha ancora avuto il piacere di leggerlo.

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