Giorgio Bassani: Il giardino dei finzi-contini

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Testo

GIORGIO BASSANI
LA VITA E LE OPERE
Giorgio Bassani nasce a Bologna nel 1916 da una famiglia benestante di origine ebrea, ma trascorre gli anni della sua giovinezza a Ferrara, alla cui antica e numerosa comunità ebraica, che in seguito verrà quasi interamente sterminata dai nazifascisti, apparteneva la famiglia dello scrittore. Torna poi nella città natale per compiere gli studi universitari alla facoltà di lettere moderne, dove consegue la laurea nel 1939. Dopo la promulgazione delle leggi razziali, avvenuta nel 1938, Bassani inizia a collaborare attivamente ad attività clandestine di resistenza contro il regime fascista. Nel 1940 appare la sua prima raccolta di racconti, Una città in pianura, edita sotto lo pseudonimo di Giacomo Marchi per nascondere la propria identità ebrea. Nel 1943 viene arrestato e incarcerato. Dopo la guerra si trasferisce a Roma, dove pubblica, dal 1945 al 1951, le sue prime raccolte poetiche Storie di poveri amanti, Te lucis ante e Un’altra libertà. Il periodo seguente è molto florido per lo scrittore, che pubblica diverse opere: Cinque storie ferraresi (1956), Gli occhiali d’oro (1958), Il giardino dei Finzi-Contini (1962), Dietro la porta (1964) e L’airone (1968), oltre al volume di poesie L’alba ai vetri (1963), che racchiude le sue prime tre raccolte poetiche, e alla raccolta di saggi Le parole preparate e altri scritti di letteratura (1966). Inoltre collabora con le riviste “Botteghe oscure” e “Paragone”, diventa consulente e direttore editoriale della casa editrice Feltrinelli e ottiene la carica di vicepresidente della Rai; soprattutto la sua attività di dirigente editoriale è stata di grande importanza, in quanto si deve a lui la pubblicazione presso Feltrinelli, nel 1958, del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nel 1972 pubblica la raccolta di racconti L’odore del fieno e nel 1974, dopo una lunga revisione stilistica e linguistica, Il romanzo di Ferrara, comprendente tutti i racconti e i romanzi ambientati nella città emiliana. In seguito si dedica alla poesia, lavorando a tre opere: Epitaffio (1974), In gran segreto (1978), e la raccolta finale di tutte le sue poesie In rima e senza (1982). L’unico intervallo di questa parentesi poetica è nel 1980, quando pubblica l’edizione definitiva del Romanzo di Ferrara. La sua ultima opera è la raccolta di saggi Di là dal cuore, edita nel 1984. Muore a Roma nel 2000.
Oltre al suo romanzo più famoso, Il giardino dei Finzi-Contini, che portò Bassani a vincere il premio Viareggio nel 1962 e a raggiungere il successo internazionale, vanno ricordati in particolare i racconti Cinque storie ferraresi, che gli valsero il premio Strega nel 1956, e il romanzo L’airone, con cui ottenne il premio Campiello nel 1969. Alcune delle sue opere furono inoltre riprese in campo cinematografico: nel 1970 Vittorio de Sica realizzò una pellicola dell’omonimo Il giardino dei Finzi-Contini, e nel 1987 Giuliano Montale creò un film tratto dal romanzo breve Gli occhiali d’oro.
IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI
LA TRAMA
La decisione di raccontare la storia dei Finzi-Contini viene presa dal narratore durante una gita di fine settimana, quando vede la necropoli di Cerveteri: le antiche tombe degli etruschi gli ricordano la cappella funebre dei Finzi-Contini nel cimitero di Ferrara. La storia parte dagli anni del suo ginnasio, quando ha le prime occasioni d’incontro con Alberto e Micòl, figli degli anziani Finzi-Contini, famiglia appartenente all’élite ebraica di Ferrara. Il narratore, sconcertato da un brutto voto agli esami di licenza ginnasiale, intraprende un giro per la città. Arrivato in prossimità del muro di cinta che delimita il giardino dei Finzi-Contini, viene chiamato da Micòl che gli propone di entrare scavalcando la recinzione. Una volta entrato nel buio di una piccola caverna inizia a fantasticare su un amore eterno e segreto fra lui e la ragazza, ma l’immaginaria costruzione si dissolve al richiamo del domestico di casa Finzi-Contini. Il sogno s’interrompe e la narrazione salta di quasi dieci anni. Siamo ora nel 1938, il momento cupo del fascismo , l’anno delle leggi razziali che discriminano gli ebrei nelle scuole pubbliche e nelle associazioni culturali e sportive. Quando il circolo ferrarese di tennis informa i soci ebrei che la loro presenza non è più gradita, i Finzi-Contini aprono i cancelli del loro giardino e del loro campo di tennis a un gruppo di ragazzi, compreso il narratore. Iniziano delle settimane di vacanza, in cui i Finzi-Contini dimostrano tutta la loro signorile ospitalità, e in particolare il professor Ermanno simpatizza con il narratore, che sta preparando la tesi di laurea in letteratura, mettendogli a disposizione la ricca biblioteca della famiglia. Tra il narratore e Micòl nasce una reciproca amicizia, che si sviluppa durante una serie di passeggiate nel giardino della villa, e sembra che tra i due stia per scoccare anche la scintilla dell’amore, ma il ragazzo non coglie l’occasione per dichiararsi. In seguito Micòl si trasferisce improvvisamente a Venezia per laurearsi. Mentre la ragazza è via da Ferrara , il narratore viene invitato in casa Finzi-Contini da Alberto, che riceve anche l’amico Giampiero Malnate, un giovane di Milano. Micòl torna a sorpresa per la sera di Pasqua, e il narratore, agendo d’impulso, la accoglie con un bacio. Da questo momento Micòl si mostrerà fredda con lui, e il loro rapporto non sarà più lo stesso. Il narratore, che continua a frequentare in casa Finzi-Contini gli amici Alberto e Malnate, viene ammesso un giorno nella stanza di Micòl. Qui tenta goffamente un tentativo di conquista della ragazza, perdendo per sempre il suo affetto. Lei infatti lo respingerà, invitandolo anche a diradare le visite alla villa. Dopo un breve viaggio a Grenoble dal fratello, il narratore compie saltuarie visite ai Finzi-Contini, ma i rapporti con Micòl sono ormai troppo minacciati. Il narratore inizia ad incontrarsi con Malnate che, girando per Ferrara , lo condurrà persino in un bordello. Questo evento prelude al distacco tra i due amici, riportando il narratore agli affetti familiari e a riconciliarsi con suo padre, e rinunciando quindi definitivamente a Micòl, ai Finzi-Contini e a Malnate. Poi una sera il narratore passa per la via delle Mura, sotto la cinta del giardino, entra e, durante una visita segreta ai luoghi del suo possibile amore, comprende che, dopo i suoi falliti tentativi di conquista, Micòl ha probabilmente avuto una relazione d’amore con Malnate. Infine nelle pagine dell’epilogo il narratore chiude i ricordi con l’immagine di alcune croci. Sono quelle di Alberto, morto nel 1942 per un malattia incurabile, e poi quelle di tutti gli altri, scomparsi l’anno seguente: quelle degli anziani Finzi-Contini; quella di Malnate, partito per la guerra con il corpo di spedizione in Russia e non più tornato; e, infine, quella di Micòl.
L’AMBIENTAZIONE
Nel romanzo Il giardino dei Finzi-Contini l’ambientazione della vicenda è stata concepita in costante movimento, sia per quanto riguarda i tempi del racconto, sia per quanto si riferisce ai luoghi dove le azioni si svolgono. Dal punto di vista cronologico, il nucleo della narrazione si trova nel biennio 1938-39 (anni della persecuzione razziale sulle comunità ebraiche, vissuti in prima persona dallo stesso Bassani), ma tutto il resto del libro è un continuo collegamento con un passato più o meno prossimo rispetto ai tempi della scrittura del romanzo. Dal punto di vista dello spazio (si tratta in larga parte di "interni"), si ha una concezione spaziale concentrica: dal cerchio grande delle mura della città di Ferrara si passa al muro di cinta dell’incantato giardino dei Finzi-Contini, che resta il luogo più frequentato della vicenda. Dal perimetro esterno della casa si passa poi via via ad alcune stanze interne: la biblioteca, la sala da pranzo, la stanza di Alberto e, infine, quella di Micòl. I passaggi non sono mai casuali: essi richiedono il progressivo maturarsi di una certa condizione psicologica del narratore che lo renda adatto ad una ulteriore stima dei padroni di casa, tale da procurargli la promozione a una maggiore intimità nella famiglia e nella casa.
Inoltre il giardino, simbolo di un piccolo paradiso terrestre, è metafora di un passato insidiato dal progredire del tempo. Dal giardino si esce, ma per entrare nella vita (per maturata coscienza) o nella morte (per decreto del destino). Si può così parlare di un romanzo in cui lo spazio si fa tempo e l’ambientazione si fa itinerario spirituale.
IL NARRATORE
Il giardino dei Finzi-Contini ha il suo protagonista nell’io narrante, che nel racconto si identifica nella prima persona singolare. Però le persone che egli richiama intorno a sè raccontando la sua storia non sono personaggi secondari, ma interpreti di uguale valore ai fini del racconto. Tuttavia esistono in quanto il narratore li fa agire e parlare. L’io narrante, è in questo caso un narratore interno, in quanto scrive una storia di cui è regista e attore al tempo stesso. Egli non dà in alcun punto del romanzo la sua vera identità: non ha un nome nè un cognome; non ha una fisionomia (se non per vaghi tratti). E’ un amico dei Finzi-Contini: ebreo come loro, anche se di estrazione sociale più bassa, frequenta la comunità israelitica ferrarese negli anni che vedono l’inizio della loro segregazione ma, fortunatamente, non subisce il loro stesso destino. Nonostante tutto questo e anche se è lui a scrivere di tutti, il narratore non si pone quindi al centro del libro.
I TEMI
I fondamentali temi narrativi di Bassani che si ritrovano nel Giardino dei Finzi-Contini sono la memoria, la solitudine e l’estraneità umana, la violenza della storia, l’ombra della morte.
In quest’opera Bassani ha inoltre cercato di sintetizzare una delle idee che fondano il suo lavoro letterario, teso a rappresentare le due facce del passato: la memoria come luogo visibile e la memoria come ferita che non si può rimarginare. Questo è infatti un tema che si pone al centro del romanzo: il ricordo, in ogni sua forma. C’è l’iniziale ritorno al passato, i continui collegamenti temporali tra presente e tempo della narrazione, e l’immagine finale delle croci, che non segnano i resti delle persone care ma gli appigli della memoria per continuare a ricordarle, e per non dimenticare mai “lo spettro della shoah”, come viene detto alla conclusione del libro. Tutti gli eventi, anche le immani tragedie, sono infatti per Bassani transitori e immutabili. La memoria è l’unico mezzo per capire quei terribili anni, disperati, ma proprio per questo positivi, come racconta lo stesso autore (in un intervista a Roberto Cotroneo per Mondadori): “Che cosa si aspetta Micòl? Si aspetta veramente il futuro, la vita, l’amore. Quindi c’è una antitesi fra i personaggi, ma l’unico personaggio positivo di questo romanzo è quello che parla continuamente in modo negativo, è Micòl: Micòl dice che ama solo il presente, o semmai il passato, il caro, il pio, il dolce passato: ma in realtà è carica di vita e anela al futuro”.
BIBLIOGRAFIA
- G. Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, Mondadori, Milano 1998
- E. Raimondi, G. M. Anselmi, G. Fenocchio, Tempi e immagini della letteratura, La Tipografia Varese SpA, Varese 2005, vol. 6, p. 572-573
- G. Bassani, Opere, Mondadori, Milano 1998, introduzione (a cura di R. Cotroneo)
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