Materie: | Tema |
Categoria: | Italiano |
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Data: | 26.02.2007 |
Numero di pagine: | 3 |
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Testo
Articolo di giornale
Tipo di articolo: Articolo di terza pagina
Destinazione: Giornale locale
I libri di storia tornano alla ribalta con il dibattito storiografico sull’imperialismo
Il grande ritorno della storia: l’impero colpisce ancora
Sono già stati ristampati due grandi capolavori ma ai lettori non sembra bastare
La storia è tornata alla ribalta nelle librerie, e ad attirare la curiosità dei lettori è in particolare il dibattito storiografico sulle cause e la natura dell’imperialismo, un capitolo ancora aperto, e dalle varie interpretazioni. Questo nuovo interesse è il fautore della ristampa di due grandi capolavori scritti sull’argomento, si tratta di: “L’età degli imperi” di E.J. Hobsbawm edito da Laterza; “Sociologia dell’imperialismo” di J.A. Schumpeter, edito da Laterza. Hobsbawm riprende con il suo libro le tesi marxiste della relazione tra capitalismo e imperialismo, sottolineando le peculiari condizioni economiche alla fine del XIX secolo, caratterizzate da un processo di concentrazione delle imprese e di aumento della produzione che, in mancanza di un sufficiente mercato interno, spinge verso politiche economiche protezionistiche e allo stesso tempo aggressive. Ai lettori del “L’età degli imperi” è stato chiesto se ci fosse nel libro, un passo in particolare che li avesse incuriositi, e la maggioranza ha indicato il capitolo nel quale l’autore mette in luce il fatto che l’età imperiale sia stata permeata e dominata da contraddizioni. La scelta di questo particolare passo è stata motivata in quanto in un certo senso, questa particolare visione dell’imperialismo come l’età dei paradossi, è estendibile anche a i giorni nostri nei quali i lettori sembrano vedere continue contraddizioni. Un’altra linea interpretativa è quella offerta da Schumpeter, il quale essendo studioso di area liberale, ritiene che l’imperialismo sia il prodotto di condizioni politiche ed economiche precapitalistiche, ovvero di passioni nazionalistiche irrazionali legate alla cultura delle caste militari e delle burocrazie europee. È stato chiesto ai lettori della “Sociologia dell’imperialismo” un motivo per consigliarnee la lettura, e tra le risposte più frequenti è emersa l’importanza di questo manoscritto sul piano sociologico ed economico, in quanto l’interpretazione che l’autore da dell’imperialismo si concentra su argomentazioni appartententi principalmente a questi due ambiti, dando un’ampia e completa visione dello stato sociale ed economico dell’epoca. Schumpeter infatti descrive l’imperialismo come: “una forma di atavismo destinata a scomparire”; egli sostiene che l’imperialismo era destinato a scomparire in quanto la struttura sulla quale si basava volgeva al declino cedendo il posto (nel processo di sviluppo sociale) ad altre strutture che non le lasciavano spazio e che eliminavano i fattori di potere sui quali l’imperialismo si ergeva. Inoltre dal punto di vista economico, osserva Schumpeter, che l’economia concorrenziale assorbiva tutte le energie degli individui, prosciugandole anche dalle risorse destinate alla guerra. Inoltre gli eccessi di energia trovavano sfogo nell’attivitò economica, dando origine alla sua più brillante manifestazione: il capitano di industria. Infine Schumpeter conclude dicendo che un mondo puramente capitalstico non potrebb’essere un terreno di coltura di impulsi imperialstici e questo ne ha determinato la loro breve durata. Questa rinnovata ondata di interesse per la storia, e in particolare per l’imperialismo, non trova una spiegazione se non nel fatto di volere leggere il tempo presente secondo una chiave diversa, capace di illustrare il percorso che ha portato a certe situazioni odierne e a prevederne, entro i limiti possibili, gli esiti. Di sicuro sta il fatto che i lettori non sembrino accontentarsi e il dibattito storiagrafico sulle cause e sulla natura dell’imperialismo, assisterà alla comparsa di una miriade di nuove interpretazioni degli storici moderni, lanciati sull’onda della moda del momento.