Charles Baudelaire

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

Voto:

1 (2)
Download:822
Data:19.01.2006
Numero di pagine:8
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
charles-baudelaire_5.zip (Dimensione: 10.53 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_charles-baudelaire.doc     38.5 Kb


Testo

Charles Baudelaire
Charles Baudelaire nacque il 9 aprile de1821, a Parigi, in una casa del Quartiere Lartino, dal secondo matrimonio dell'ormai sessantaduenne Joseph-Francois, funzionario al Senato, con la ventisettenne Caroline Archimbaut-Dufays. A sei anni era già orfano di padre e la madre, ancora giovane, sposa il tenente colonnello Jacques Auspick, il quale, a causa della proprio freddezza e rigidità e anche del perbenismo borghese, si guadagnerà l'odio del figliastro. Nel nodo doloroso dei rapporti con la famiglia e, in primo luogo, con la madre, si gioca gran parte dell'infelicità e del disperato disagio di Baudelaire. Alla madre egli chiederà sempre aiuto e amore che crederà mai ricambiati rispetto almeno all'intensità della domanda, comunque alta e drammatica.
Nel 1833 entrò al Collège Royal per volontà del patrigno, il maggiore Jacques Aupick. Ma poi la vita sregolata e gli ambienti frequentati convinsero il patrigno a farlo imbarcare sul Paquebot des Mers du Sud, diretto in India, a Calcutta. Da questo viaggio sorse il suo amore per l'esotismo, che riapparirà quindici anni dopo nell'opera Fleurs du mal.Ma dopo appena dieci mesi interrompe il viaggio per fare ritorno a Parigi, dove, oramai maggiorenne, entra in possesso dell'eredità paterna, che gli permette di vivere per qualche tempo in grande libertà.
Nel 1842 ritornò a Parigi, dove aveva conosciuto Gerard de Nervale e si avvicinò soprattutto a Gautier, che amò come un discepolo. Cominciò poi un lungo e appassionato amore con la mulatta Jeanne Duval, ispiratrice di erotici sentimenti, ma anche di purificato senso di pietà nei momenti tormentosi della paralisi.
Quando però Mme Auspick scopre che il figlio ha già speso circa la metà del lascito paterno, consigliata dal marito, intraprende una procedura per poter ottenere un curatore a cui venga affidato il compito di amministrare con maggiore acutezza il resto dell'eredità. Da ora in avanti Baudelaire sarà costretto a chiedere al proprio tutore persino i soldi per un paio di pantaloni. Il suo esordio come poeta risale al 1845 con la pubblicazione di A une dame créole (A una signora creola), mentre, per vivere, è costretto a collaborare a riviste e giornali con articoli e saggi che furono poi raccolti in due libri postumi, L'art romantique (Arte romantica) e Curiosités esthétiques (Curiosità estetiche).
Nel 1848 partecipò ai moti rivoluzionari di Parigi. Nel 1857 pubblicò presso l'editore Poulet-Malassis, le fleurs du mal (I fiori del male), raccolta che comprendeva cento poesie. All'inizio non è possibile parlare di successo letterario, ma piuttosto di un vero e proprio scandalo: il libro viene processato per immoralità e l'editore, Poulet-Malassis, deve sopprimere sei poesie.
Tentò nuovamente il suicidio nel 1861. Nel 1864, dopo un fallito tentativo di farsi ammettere all'Acadèmie francaise, lasciò Parigi e si recò a Bruxelles, ma il soggiorno nella città belga non modificò la sua difficoltà di rapporti con la società borghese.
Malato, egli cercò nell'hashish, nell'oppio, nell'alcol, nell'etere il sollievo alla malattia che nel 1867, dopo la lunga agonia della paralisi, lo uccise. A quelle esperienze, e alla volontà di sfuggire alla realtà sono ispirati i Paradis artificiels del 1861.
L'opera di Baudelaire si mescola di un continuo evolversi e mutare nei generi in cui la febbre del suo genio si è via via esercitata: la poesia, la critica d'arte e quella letteraria, l'articolo di costume, la prosa e la saggistica. Il suo atteggiamento nei confronti della modernità è, insieme, di spavento e di attrazione. Egli vive la sua città, la bella Parigi, sviluppata metropoli che si trasforma, fissandone gli emblemi mentre si sbriciolano in un trapasso faticoso, cogliendone con magistrale spietatezza le luci e le ombre nel loro fantastico confondersi. Anche da questo sentimento nascono, per esempio, i "piccoli poemi in prosa" raccolti nel volume postumo "Le spleen de Paris" ( lo spleen di Parigi). Baudelaire in questo caso è naufragio e naufrago, fuori e dentro la folla, solitario fra le moltitudini e a suo piacere esser se stesso o altro. La sua strana curiosità e la consapevolezza che il soggetto ha già perduto il proprio statuto forte e unitario, sta alla base degli scritti che compongono "I paradisi artificiali", il primo dedicato alla comparazione degli effetti del vino e dell'hascish come mezzi di moltiplicazione dell'individualità e l'altro più specificamente all'hascish e al "mangiatore d'oppio", datati 1851 e 1860.
Annotazioni assai interessanti sono contenute anche nei cosiddetti "Diari intimi", titolo postumo e arbitrario dato da Eugène Crépet ad alcuni appunti, pieni di rancore e di sarcasmo. Ma va ricordato come Baudelaire portò a compimento quello che ritenne veramente necessario all'architettura complessiva del suo pensiero, preso da una specie di urgenza drammatica e senza scampo. E di sapientissima e resistente architettura bisogna parlare a proposito dei "Fiori del male", il suo capolavoro, il primo e, per molti, l'inarrivabile libro di poesia della modernità, anch'esso legato a filo doppio alla meditazione teorica e critica. Baudelaire ha usato gli strumenti tecnici della grande tradizione, una cultura di letterato di prim'ordine e anche una serie di miti e di figure del passato, il tutto esaltato insieme, frantumato, in una sorta di costante frizione mortale. E' un libro atroce popolato di angeli caduti. Costruito lentamente, a posteriori, secondo un criterio tematico, scandito da parti e da capitoli, Les fleurs, dalla prima edizione del 1857 alla successiva del 1861, si arricchirà via via di testi (una trentina) e di motivi, e di un pulviscolo luminoso di nuove ossessioni e di nevrosi, di maschere e di spettri, di rimorsi e di vampiri.
Va ricordato, infine, non ultimo per importanza, il corpus degli scritti dedicati all'arte, i "Salon" del 1845, del 1846, il saggio "Dell'essenza del riso e in generale del comico nelle arti plastiche", "il pittore della vita moderna", le bellissime osservazioni su alcuni caricaturisti francesi e stranieri.
--------------------------------------------------------------------------------
Baudelaire pubblicò la maggior parte dei suoi scritti su riviste e giornali, altri non li dette alle stampe; le opere edite in volume, on in plaquette, durante la sua vita, sono le seguenti:
Salon de 1845, Paris, Labitte, 1854.
Salon de 1846, Paris, Lévy, 1846.
Histoires extraordinaires (trad. da E. A. Poe), Paris. Lévy, 1856.
Nouvelles Histoires extraordinaires trad. da E. A. Poe), Paris. Lévy, 1857.
Les Fleurs du Mal, Paris, Poulet-Malassis et De Broise, 1860.
Théophile Gautier, Paris, Poulet-Malassis et De Broise, 1860.
Les Paradis artificiels, Paris, Poulet-Malassis et De Broise, 1860.
Les fleurs du Mal (II ed.), Paris, Poulet-Malassis et De Broise, 1861.
Richard Wagner et à Paris, Paris, Dentu, 1861.
Eureka (trad.da E. A. Poe), Paris, Lévy, 1863.
Histoires grotesques et sérieuses (trad. da E. A. Poe), Paris, Lévy, 1865.
Les E'paves, Amsterdam, A' l'Enseigne du Coq (Poulet-Malassis), 1866.
La poesia di Baudelaire è fatta di un alternarsi di passioni contrastanti che ora lo spingono verso l'ideale, ora sprofondano nell'abisso dove si agitano il dolore, il tormento, l'opprimente noia che offusca l'anima e genera il disgusto, lo spleen, per usare il termine inglese adottato dell'autore. Il verso di Baudelaire, così tradizionale e "classico", nell'uso costante dell'alessandrino, ma certo assai romanticamente articolato, è più denso, più teso, anche più solenne, nella stretta misura, nella sintesi anche formale che spesso s'impone. Non meraviglia che delle centoventisette poesie raccolte nella seconda edizione (1861) delle Fleurs du Mal, i sonetti, regolari e più spesso irregolari, siano quasi la metà,e molto altre non superino i sedici o i venti versi. In questa tensione, nei chiasmi, nelle antitesi, negli ossimori, che così spesso solcano la sua poesia come il bagliore intermittente di una corrente alternata, e che hanno tutt'altro che una funzione veramente retorica, si esprime una realtà intermedia e tragica, fra la tentazione del gouffre e il riscatto ideale nell'assoluto.
Il Baudelaire fu sostanzialmente un ribelle, sempre in lotta col mondo circostante, coi sogni di progresso cari alla società borghese del suo tempo, con la prosaica mediocrità dell'esistenza quotidiana: e la sua stessa irregolarità di vita, con la congiunta mania di esasperata originalità, volle esser per lui rimedio alla noia di un mondo troppo ordinario e volgare. Ma era un rimedio peggiore del male: ché quella lussuriosa sensualità, in cui parve talora che il poeta esaurisse la sua ansia di evasione, fu in realtà per lui - animato da un perpetuo desiderio di bellezza - motivo di più grave tormento spirituale. Il Baudelaire ebbe vivo il senso del peccato: sì che non è meraviglia se troviamo in lui, con l'esperienza della colpa, un anelito quasi religioso di liberazione e redenzione. Di qui, da questo contrasto tra una situazione moralmente inferiore e l'aspirazione a uscirne in forza di un più alto ideale, trae alimento la migliore poesia del Baudelaire: in cui s'inscrivono naturalmente i temi quasi crepuscolari della sera, della notte, dell'autunno, e il pensiero della morte (ora invocata come distensione e affrancamento, ora temuta come mero disfacimento fisico), ad accentuare quell'aura di malinconia e di soffusa tristezza, che circola, avvivandoli, tra i versi del poeta. Si comprende, pertanto, come i testi baudelairiani, formalmente assai elaborati, non contengano che scarsi elementi descrittivi, e si arricchiscano piuttosto di notazioni rapidamente evocative di nascosti affetti dell'anima, valendosi dell'analogia e del simbolo come di strumenti espressivi insolitamente efficaci (donde la fortuna moderna del Baudelaire, riconosciuto da "simbolisti" e "decadenti" come maestro e caposcuola).

Per leggere, per comprendere Baudelaire, occorre anzitutto rendersi conti del posto ch'egli occupa nella storia della poesia, non solo francese. Non certo per ubbidire a più o meno validi metodi storicistici, ma perché la critica, da quella più lontana a quella più vicina, ha resistito sempre meno alla tentazione di definirlo in un confronto negativo con il Romanticismo, per accentuarne il distacco, e mostrarne tutta l'originalità. In realtà, la sua opera si è rivelata sempre più chiaramente, e in tempi non molto lontani, una pietra miliare nel cammino della poesia moderna, e si è come inverata nei poeti venuti dopo di lui, autorizzando un processo contro l'epoca precedente.
Nell'Ottocento, infatti, si assiste a una rottura per certi versi radicale con la tradizione poetica precedente. L'innovazione è legata a un nome preciso, quello di Charles Baudelaire. Stabiliamo dunque una linea di partenza per la poesia moderna, il 1857, anno in cui furono pubblicati I fiori del male. Quando comparve, questa raccolta fu sequestrata dalla polizia e accusata di oscenità, e per questo il suo autore dovette affrontare un processo; ma tutti i maggiori poeti e movimenti poetici successivi hanno riconosciuto in Baudelaire un iniziatore, e no solo in Francia ma in generale nel mondo occidentale. Così, se vogliamo orientarci nel variegato panorama della poesia contemporanea, l'autore dei Fiori del male resta un punto di riferimento obbligato, un faro. Già i poeti della generazione immediatamente successiva (Verlaine, Rimbaud, Mallarmé) si richiamano infatti a lui come a un maestro. A partire da Baudelaire l'aspetto della ricerca in poesia si fa particolarmente importante: diventa decisivo trovare nuovi modi di fare poesia, nuovi linguaggi, nuove voci, nuove musicalità, nuove suggestioni; la poesia si fa anche strumento di conoscenza particolare, che indaga nel profondo, svela aspetti imprevedibili e sconosciuti della realtà o cerca di rappresentarla secondo prospettive sorprendenti. Sul piano del contenuto la poesia si fa "veggente"; sul piano della forma cerca modulazioni nuove che avvicinino quanto più è possibile la poesia alla musica.
Ci avviciniamo così al concetto di poesia assoluta, pura, secondo il quale il testo poetico ha come punto di riferimento soltanto se stesso. La poesia viene liberata dalle strutture metriche e sintattiche tradizionali; vengono inoltre valorizzati i puri elementi fonici. La poesia moderna si muove in queste direzioni con un deciso sperimentalismo. Per tornare ai nomi fatti poc'anzi, sia Rimbaud che Mallarmé dichiarano di intraprendere la loro ricerca dal punto in cui Baudelaire l'aveva lasciata. La poesia dell'ultimo '800 e del '900 ha dunque i suoi iniziatori in Baudelaire e nei simbolisti. Vediamo così accentuarsi il distacco fra il linguaggio poetico e quello della comunicazione ordinaria. Ciò dipende anche dalla particolare posizione che il poeta assume nei confronti del mondo sociale, posizione che possiamo definire "eccentrica". Accade cioè spesso che il poeta non si trovi in sintonia con la realtà sociale alla quale appartiene; della società borghese egli diviene quasi la coscienza critica e spesso si trova in una posizione di isolamento, dal momento che non si riconosce nei valori correnti. E' abbastanza singolare che un simile atteggiamento emerga nello stesso momento in cui, con il generale progresso economico, sociale e scientifico, si esprime un grande ottimismo nella possibilità di trasformare il mondo migliorando le condizioni di vita degli uomini. Ma accadde così, che anche nel clima di positiva fiducia nel progresso umano alcuni autori dotati di "antenne" più sensibili sentano ed esprimano per primi i segni di una crisi, di un disagio, esigenze insoddisfatte, aspetti dell'esistenza che la ragione non può dominare.

Esempio