Canto I dell'Inferno, Divina Commedia, Dante Alighieri

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COMMENTO AL CANTO I – INFERNO
Tratto dalla critica di Giuseppe Giacalone
Dante si rifà alla concezione millenaristica, anche se solo in parte, perché da una parte il viaggio raccontato rimanda al viaggio nell'aldilà dopo la morte (questione cruciale), d'altra parte invece, la maggior parte della Divina Commedia è scritta mediante una visione figurale, infatti, il viaggio descritto è narrato in funzione del viaggio fatto nell'aldilà, ma comunque mantiene una propria importanza e un proprio valore, non si tratta allora dell'allegoria poetica, ma dell'allegoria dei teologi che coincide con la visione figurale, come il sacrificio di Isacco che prefigurava quello di Cristo, ma manteneva un significato storico proprio di se stesso, e quindi rispecchia la visione figurale.
Il viaggio di Dante risulta essere un manuale di viaggio, al punto che Dante raccontando prova ancora forti emozioni la cui dominante nella prima parte è la paura della perdizione (dannazione) dell'anima. Il primo verso s'interpreta secondo quello che aveva scritto Dante nel Convivio, cioè che il cammino della vita è il percorso dell'anima che s'allontana dal cielo e vive sulla terra, "[…] nel mezzo del cammin…", è la parte più pericolosa perché è il punto più lontano dell'anima dal cielo.
La presenza di Virgilio suscita una forte emozione in Dante che passa dalla paura alla decisione.