Amici e guide di Dante

Materie:Appunti
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Testo

CONSEGNA: scegli due passi tratti da due diversi canti all’interno di una pista a tua scelta. Fanne l’analisi stilistica e contenutistica e confrontali. Dall’analisi e dal confronto fai emergere gli elementi essenziali del percorso prescelto evidenziandone motivazioni, traccia e contenuti.
Max 5 colonne di foglio protocollo

CRITERI DI VALUTAZIONE: 1. Competenze morfosintattiche e lessicali
2. competenze di analisi testuale
3. capacità di strutturare organicamente il lavoro
4. capacità di sintesi e rielaborazione individuali dei contenuti

PISTA: amici e guide di Dante

>,
rispuos’io lui con vergognosa fronte.
>
risposi io col volto stupito e riverente.
Inferno I, vv. 73 - 81
Quando mi volsi al suon del nome mio,
che di necessità qui si registra,
vidi la donna che pria m’appario
velata sotto l’angelica festa,
drizzar li occhi ver’ me di qua dal rio.
Tutto che’l vel che le scendea di testa,
cerchiato de le fronde di Minerva,
non la lasciasse parer manifesta,
regalmente ne l’atto ancor proterva
continuo come colui che dice
e ‘l più caldo parlar dietro reserva:
>
Quando mi volsi al suono del mio nome,
che qui si trascrive per necessità,
sulla sponda sinistra del carro vidi la donna che prima mi era apparsa
velata sotto la festa degli angeli,
alzare gli occhi verso di me di qua del fiumicello.
Benché il velo che le scendeva dalla testa,
cinto dalle fronde sacre a Minerva,
non la lasciasse apparire completamente visibile
sempre regalmente altera nell’atteggiamento,
continuò come colui che parla
e intanto riserba i discorsi severi:
>
Purgatorio XXX, vv. 62 – 75

Il primo canto dell’Inferno ha funzione di prologo per tutto il poema. In un momento di annebbiamento della coscienza Dante si è smarrito per una selva oscura, che identifica il suo turbamento morale. L’unica fonte di speranza è la vista di un colle illuminato, ma la strada è sbarrata da tre fiere: la lonza, simbolo di lussuria, il leone, simbolo di superbia, e la lupa, simbolo di cupidigia. Appare qui Virgilio, modello di poesia e sapienza agli occhi di Dante, che si offre di guidarlo fuori della selva, attraverso l’Inferno e il Purgatorio, fino al monte illuminato, immagine allegorica della vita virtuosa. Qui però Virgilio non ha accesso poiché rappresenta una civiltà che non conosceva il Dio cristiano. Dante sarà guidato da un’anima più degna: Beatrice. Ella appare nel canto XXX del Purgatorio, dove alla guida umana (Virgilio) si sostituisce quella divina. In questo canto Beatrice rimprovera aspramente Dante per essere scoppiato in un pianto per la scomparsa del maestro.

Nel brano tratto dall’Inferno da me riproposto appare subito netta l’allegoria del monte o colle, figura della perfezione e della felicità dell’uomo in terra, e quindi base e strumento (principio e cagion) per il raggiungimento della felicità anche dopo la morte. Nei versi successivi il lessico converge sul tema dello scorrere, tipicamente collegato all’idea dell’eloquenza, ritenuta la prima virtù dell’uomo e ampliamente lodata da Dante in Virgilio.
Nel canto XXX del Purgatorio invece viene presentata Beatrice, gia protagonista della Vita Nuova, dove però era solo una proiezione adolescenziale di un amore terreno, che Dante è costretto ora ad abbandonare dinanzi alla maturità e autosufficienza della nuova Beatrice. Ella infatti prende la parola per rimproverarlo, al contrario di ciò che faceva nella Vita Nuova dove rimaneva in silenzio. Dante d’altro canto, rivela il suo nome non per vanità ma perché di necessità. Beatrice intanto si presenta, ripetendo anche il suo nome, segno di rimprovero per chi l’aveva dimenticata non seguendo la strada che gli aveva indicato.
Gli ultimi versi racchiudono il motivo di confronto tra i due passi. Beatrice chiede a Dante, ironicamente, il motivo della sua comparsa sul monte, dove regna la felicità. Queste parole vengono pronunciate anche da Virgilio nel passo dell’Inferno, dove egli chiede a Dante il motivo per cui egli non si trovi sul colle, insieme agli altri beati. Sembra che entrambe le guide di Dante vogliano fare del sarcasmo sul fatto che egli non sia a conoscenza della pace che regna sul monte. Beatrice muove infatti le sue accuse in nome della sua funzione allegorica di innalzatrice divina, ma si comporta in modo risentito e ferito, di chi ha subito un tradimento.
Alcuni studiosi, comunque, hanno interpretato diversamente queste parole: come ti sei ritenuto degno di salire fin qui? Non sapevi che qui l’uomo è felice, libero da ogni colpa, come tu non sei?. Ma questa parafrasi risulta forzata in quanto fu proprio Beatrice a volere che Dante salisse.
Alla fine il pentimento di Dante addolcisce l’atteggiamento di Beatrice, che si fa sua guida all’interno del Paradiso. La sua bellezza aumenta di cielo in cielo, e si libera dall’aspetto ancora terreno che aveva nel paradiso terrestre, per completarsi in piena luce nell’Empireo.

Virgilio e Beatrice sono le due guide di Dante. Entrambi sono caratterizzati da un soprasenso, un significato allegorico che arricchisce il loro significato nel poema. Questo soprasenso, però, non è scelto a caso ma bensì essi lo possono esprimere in quanto l’hanno già espresso storicamente.
Virgilio è guida in nome della ragione e della sapienza terrene. Egli è figura di quanto nell’aldilà si è compiuto, infatti egli era ritenuto un annunciatore della venuta di Cristo sulla terra e una guida verso la conversione, benché non si fosse convertito lui stesso. Per questo rimane la guida di Dante fino alle soglie del Paradiso, alle soglie cioè della salvezza, non potendosi essere salvato lui stesso.
Qui compare Beatrice, che accompagna il suo fedele fino al cielo più alto. Questo perché ella era stata per Dante sulla Terra un’ispiratrice positiva al bene, come scritto nella Vita Nuova.
I protagonisti quindi non alludono a un altro significato, da loro distante, ma trovano bensì la loro completezza nell’aldilà.

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