Materie: | Scheda libro |
Categoria: | Italiano |
Voto: | 2.5 (2) |
Download: | 1369 |
Data: | 16.06.2005 |
Numero di pagine: | 4 |
Formato di file: | .doc (Microsoft Word) |
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Testo
Recensione
Titolo del libro: Ultime lettere di Jacopo Ortis
Nome dell’autore: Ugo Foscolo
Casa editrice: Mondadori
Prima pubblicazione: 1799
Le "Ultime lettere di Jacopo Ortis" è un romanzo in forma epistolare : si tratta delle lettere scritte da Jacopo Ortis, uno studente padovano, a Lorenzo Alderani. Profugo da Venezia dopo il trattato di Campoformio, con cui Bonaparte consegnava la città alla Austria, Jacopo Ortis rifiuta di seguire molti suoi compagni in esilio, e si rifugia nella pace dei Colli Euganei dove decide di trascorrere una vita solitaria, ormai deluso nei suoi ideali e nella sua fede per la libertà, per la patria (che continua a passare di mano straniera in mano straniera), per la fratellanza degli uomini. Presso i Colli Euganei conosce un signore rifugiatosi lì con due figlie, Teresa e Isabellina; Jacopo, ammesso a frequentare la casa, si innamora di Teresa che però è già promessa ad Odoardo, un uomo freddo e arido, in antitesi al carattere appassionato e fervido di Jacopo. In una delle frequenti passeggiate, Teresa confida all'Ortis di sentirsi infelice, costretta a legarsi ad un uomo di cui non è innamorata, per obbedire alla volontà del padre. Le lettere del protagonista alternano, quindi, i toni della felicità per questo amore che sembra far rinascere in lui la fiducia nella vita e la gioia dell'esistenza, e quelli della disperazione per l'impossibilità di questo rapporto. Intanto, l'amore per Teresa cresce e Jacopo è ormai convinto che solo sposandola potrebbe essere felice; i due giovani vivono per qualche tempo travolti nella loro passione e nel loro amore puro e profondo. Ma Jacopo, tormentato dalla consapevolezza dell'assurdità di questa situazione e assillato dal dolore della servitù della patria, si ammala; appena è in condizioni di muoversi, scrive una lettera di addio a Teresa e intraprende un viaggio per la Italia: a Firenze, in Santa Croce, presso le tombe dei Grandi, a Ravenna dove, abbracciando l'urna di Dante, vedrà nel poeta l'esempio più grande del suo destino di esule, a Milano, dove si incontra con Parini. Nella speranza di dimenticare l'amore per Teresa, Jacopo si trasferisce a Padova, dove si è riaperta l'università; ma qui inutilmente cerca di distrarsi con falsi amici che disprezza e con qualche deludente storia d'amore. Con il passare del tempo l'Ortis capisce che il suo amore verso Teresa è invincibile e che la situazione politica non può essere modificata; alla luce di questa realtà, nel giorno in cui apprende che Teresa si è sposata decide di togliersi la vita. Ritorna nella sua città, saluta la madre e Lorenzo e poi si uccide, dopo aver distrutto i suoi libri e lasciato all'amico le sue ultime volontà.
Il romanzo svolge due tematiche distinte: l'amore infelice di Jacopo e il dolore per la servitù della patria. In realtà, non sono due motivi indipendenti, ma strettamente connessi tre loro: il motivo fondamentale del libro è uno solo, ed è quello politico, il dramma italiano dopo il Trattato di Campoformio; è infatti emblematico l'inizio della prima lettera del romanzo: "il sacrificio della patria nostra è consumato". Il dramma amoroso si svolge all'interno di quella particolare condizione storica che ne costituisce la ragione e il condizionamento. L'amore di Jacopo per Teresa è impossibile, non perché non può e non deve corrispondere in quanto Teresa è promessa ad un altro uomo, ma perché la situazione politica non consente alla ragazza, che ama Jacopo, di ribellarsi al padre e perché Jacopo ritiene che in tempi di servitù non è lecito mettere al mondo dei figli. Inoltre l'amore riproduce, nella sfera del privato, quelle lacerazioni che Jacopo vive nell'ambito sociale e politico: il padre e il promesso sposo di Teresa rappresentano la società, ora brutale ora mediocre che si oppone alla realizzazione della realtà. Il suicidio di Jacopo è un atto politico, una atto di protesta contro la realtà politica e sociale del proprio tempo; ma il suo suicidio non implica squalificazione alla vita; al contrario quest'ultima, con i richiami delle bellezze della natura, con il dono dell'amore, con il conforto delle lettere, con il conforto dell'amicizia, è per Jacopo un bene apprezzato e amato profondamente; quindi la sua protesta non è rivolta contro la vita in se stessa, ma contro le strutture della società del tempo, grette e prevaricatrici.
Il tono della narrazione è elevato ed il lessico, sia quello usato nelle parti narrative che in quelle discorsive, è aulico e si avvale della presenza di numerosi latinismi (salute = salvezza; venerando = da venerare; ecc.). La sintassi è per lo più paratattica, ricca di proposizioni coordinate, e poiché la conversazione è accesa e sentita, al fine di far trasparire le emozioni sono spesso usate proposizioni interrogative ed esclamative (O mie solitudini!; Sacro gelso!; Beata sera! come tu sei stampata nel mio petto!) e ripetizioni (Ho visitato...ho visitato; quante volte...quante volte; T'amai dunque t'amai, e t'amo ancor di un amore...).
Molte sono, inoltre, gli spunti dai classici che arricchiscono il linguaggio di Jacopo. Sono citati ad esempio, Silla e Catilina, è fatto riferimento ai libri IV e VI dell’Eneide di Virgilio (Discorso di Didone contro Enea che l’ ha abbandonata e catabasi di Enea) e agli Annali di Tacito (storia di Cocceo Nerva che, pur di sottrarsi al governo di Tiberio, si suicida).
Antonio de Simone IV B