Età ellenistica

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Testo

Il primo aspetto di rilevante importanza che caratterizzò i regni ellenistici fu la loro notevole estensione territoriale. Nonostante il grande sforzo di urbanizzazione compiuto da Alessandro e da alcuni suoi successori, le città erano poche rispetto alla vastità dei territori. I territori dei singoli regni venivano suddivisisi in artificiali zone geografiche e all’interno di queste zone le poleis, se c’erano svolgevano perlopiù un ruolo amministrativo e fiscale. Questa configurazione geo—politica dei regni ellenistici determinò un fenomeno tipico del mondo ellenistico, ossia la totale scissione sociale, economica e culturale tra la Poleis e la Kora. Il mondo greco di età ellenistica visse una profonda differenziazione e una sostanziale incomunicabilità tra realtà cittadina e realtà rurale:le minoranze greche continuarono a mantenersi tali e a detenere una posizione sociale e politica preminente. Altra caratteristica di tutti i regni ellenistici fu la creazione di un forte impianto burocratico centralizzato, ossia ruotante intorno alla corte e alla figura del sovrano. Non esistevano cariche politiche di rilievo complementari a quelle del sovrano, ma solo figure di dignitari e burocratici con mansioni e gradi diversi: si trattava, quindi, di monarchie fortemente centralizzate.

I grammatici greci denominavano ellenismos l’uso corretto della lingua greca oppure il greco comune, contrapposto ai vari dialetti. Con ellenistai si designavano, in genere, i non greci che parlavano greco. Il termine ellenismo fu ripreso dallo storico Droysen per designare il periodo che va dalla morte di Alessandro Magno (323 a.c.) alla battaglia di Azio (31 a.c.).
Sotto il profilo linguistico, l’ellenismo si presenta come fenomeno unitario: si impose una lingua comune, che aveva le sue radici nell’attico del IV secolo a . C.; questa lingua comune, o Koinè, non fu però omogenea. Accanto alla Koinè letteraria, non si deve dimenticare la Koinè della vita quotidiana. Non si può neanche dimenticare che accanto alla Koinè sopravvivono i vecchi dialetti e le lingue locali non-greche.

Del periodo ellenistico, si segnalano in genere gli elementi di innovazione: la creazione di grandi stati territoriali, l’accentramento dei poteri nelle mani dei monarchi, la lacerazione del tessuto sociale della Polis e l’affermazione dell’individualismo, da un lato, e del cosmopolitismo, dall’altro. Non vanno però dimenticati i tanti elementi di continuità: la civiltà municipale sopravvisse all’interno dei nuovi organismi statali; nella Grecia continentale, continuò la politica delle Alleanze e delle leghe. Nelle terre di recente conquista, si pose il problema del tutto nuovo del rapporto tra i greci e le popolazioni indigene : ne derivarono conflitti sociali e delicate questioni istituzionali, relativa alla definizione dello Status Giuridico degli abitanti delle città. Nel campo della cultura, accanto a notevoli innovazioni, occorre segnalare gli elementi di continuità. Se è vero che il libro si affermò come canale di comunicazione privilegiato, non si deve dimenticare la persistenza delle letture pubbliche e la prassi di leggere ad alta voce. Sotto il profilo della politica culturale e delle istituzioni culturali, il fenomeno nuovo fu l’evergetismo dei regnanti.
La letteratura ellenistica non fu più legata ad una occasione, tuttavia questo legame rimase in molti casi per la prima pubblicazione di una opera letteraria: cioè quando occoreva la presentazione dell’opera al sovrano. Il letterato fu libero di violare consapevolmente la normativa dei vari generi letterari, e di creare un nuovo codice per opere legate ad una occasione tutta interna al fatto letterario. Alessandria fu il centro più vitale della cultura ellenistica: fu sede di grandi istituzioni, come il Museo e la Biblioteca. Per questo motivo la letteratura ellenistica viene denominata letteratura alessandrina. La complessa composizione etnica e sociale delle città determinò una frattura tre la cultura dotta, affidata alla scrittura, della classe dirigente, e la cultura popolare e tradizionale. Se questi sono i due poli estremi, non bisogna però dimenticare la forte crescita della popolazione alfabetizzata e secolarizzata, a vari livelli. Alcuni settori disciplinari rimasero prerogativa di pochi eruditi. Ad unificare le due culture, la Dotta e la Popolare, provvedevano i grandi autori del passato (Omero ed Euripide) amorevolmente studiati dai filologi ed usati nella scuola sin dai più elementari gradi. L’espansione greca e la nascita dei regni ellenistici determinano l’affermarsi di nuovi centri di cultura, legati alle Corti (Alessandria, Pergamo), ma emersero anche Aree che in precedenza erano oscurate dallo strapotere culturale di Atene:Cos, Siracusa e Taranto.

In età ellenistica si sviluppa il fenomeno noto come “specializzazione dei generi” : così si ha la distinzione in filologi,grammatici e ecc…

Le due grandi istituzioni culturali alessandrine, del Museo e della Biblioteca ,nacquero per iniziativa dei Tolomei.Il museo, la cui fondazione risale a Tolomeo I, era un istituzione religiosa nella quale lo studio e la ricerca erano posta sotto l’egida delle muse. Gli scienziati e i letterati ospiti del museo dovevano apparire come una comunità di dotti litigiosi e privi di qualsiasi contatto con la realtà. Callimaco sottolinea nel I giambo le gelosie reciproche che sorgevano tra loro. Sulla nascita della Biblioteca non abbiamo notizie precise. Il bizantino Giovanni Tzetzes colloca la sua fondazione sotto il regno di Tolomeo II Filadelfo al quale attribuisce anche la creazione di una seconda Biblioteca al di fuori della reggia. Questa deve essere identificata nella biblioteca del Serapeion,nota da altre fonti. E’ assodato che le due biblioteche alessandrine disposero ben presto di centinaia di migliaia di rotoli. Figura centrale è quella di Demetrio Falereo: è certo che ha influenzato le scelte culturali dei Tolomei e che è stato un tramite importante tra la scuola di Aristotele e la cultura alessandrina. I Tolomei si procurarono libri in tutte le parti del mondo greco. Il grande numero di rotoli della Biblioteca di Alessandria generò ben presto il problema della loro organizzazione e catalogazione . Nacquero così i monumentali Pinakes(tavole) di Callimaco in 120libri, opera nella quale veniva affrontato anche lo spinoso problema delle attribuzioni. Callimaco non realizzò un semplice catalogo e non si occupò soltanto delle opere conservate ad Alessandria, ma , compose “indici di tutti coloro che furono eminenti in ogni campo della letteratura e dei loro scritti”. Alla Biblioteca confluirono edizioni “d’autore” di Omero e edizioni contrassegnate dal luogo di provenienza, tutte diverse tra loro . I filologi cominciarono a mettere a confronto le diverse versioni in loro possesso nel tentativo di stabilire quale fosse l’autentico testo omerico. Gravi problemi nascevano anche per la poesia lirica , giambica ed elegiaca: non soltanto era necessario organizzare le raccolte dei vari autori ma occorreva in alcuni casi scegliere tra diverse varianti e decidere quale fosse la colometria(cioè la disposizione dei versi)più corretta. A tutti questi problemi cercarono di trovare soluzione i filologi di Alessandria sviluppando le tecniche di analisi testuale praticate dai più antichi Kritikoi ed elaborandone di nuove. I primi che si impegnarono in questa attività furono Licrofone di Calcide, Alessandro Etolo e Zenodoto di Efeso.

Dopo la nascita dei regni ellenistici e la creazione delle istituzioni culturali di Alessandria, nel campo delle scienze matematiche e della natura ,come in quello degli studi letterari,si è voluta vedere un frattura. Infatti la filosofia si sarebbe distaccata dalle discipline scientifiche : Atene sarebbe rimasta centro degli studi filosofici; Alessandria sarebbe diventata, invece, la nuova capitale della scienza. Questa visione è certamente troppo schematica . C’è stata una continuità tra le scuole filosofiche di Atene e le istituzioni culturali Alessandrine, ma gli scienziati di età ellenistica continuarono a operare con strumenti logici desunti dalla speculazione filosofica precedente. La scienza applicata fu sempre vista in una posizione ancillare e la meccanica divideva equamente i suoi sforzi tra le opere di utilità pratica e quelle finalizzate al puro divertimento intellettuale. Tra le ragioni addotte per spiegare i modesti progressi compiuti dalla tecnologia c’è poi la disponibilità di mano d’opera a bassissimo costo,gli schiavi. L’applicazione di macchinari, insomma,sarebbe stata certamente vantaggiosa in una logica fondata solo sul profitto. Ci sono almeno altri due motivi che occorre ricordare : da una parte si incontravano difficoltà nell’applicare alcune conquiste teoriche, dall’altra mancavano due spinte fortissime allo sfruttamento della tecnologia. Insomma gli investimenti si concentravano per lo più nell’agricoltura e la struttura socio economica non favoriva l’allargamento dei mercati

La parola matematikè , nell’accezione di disciplina che indaga non su oggetti riferiti alla realtà sensibile , ma da essa astratti , nasce con Aristotele, che se ne serve per distinguere questo ambito da quello proprio della Fusikè , cioè lo studio dei fenomeni naturali. Con matematikè si designavano anche l’astronomia, soprattutto nel significato di scienza che ha per oggetto la costruzione di modelli astronomici su base matematica. Euclide visse al tempo di Tolomeo I. Il suo contributo principale consiste nella sistematicità della costruzione secondo un sistema assiomatico deduttivo (basato su postulati e nozioni comuni, che , in alcuni casi , egli sapeva essere stati contestati o negati da altri scienziati) . Archimede di Siracusa studiò ad Alessandria. Archimede usa e perfeziona il metodo deduttivo di Euclide e dà per scontata la dimostrazione di problemi di geometria elementare. Una novità importante è l’applicazione della meccanica alla soluzione di problemi geometrici. Archimede privilegiava l’indagine teorica rispetto alle applicazioni pratiche, ma la sua fama popolare è legata soprattutto alle sue brillanti invenzioni nel campo dell’idraulica(la vite perpetua)e delle macchine militari. Parlando della scienza ellenistica non si può non ricordare l’opera di Eratostene nel campo della geografia. I suoi contributi più rilevanti sono costituiti dall’impiego di metodi matematici in cartografia e dalla misurazione della circonferenza terrestre con un errore di soli 300 km . La sua maggiore opera che ci è pervenuta è il trattato Sulle Sezioni Coniche in 8 libri.

Dalle definizioni antiche risulta che compito preminente della meccanica era la costruzione di macchine belliche. Altri aspetti erano la costruzione di macchine meravigliose, l’idraulica, la costruzione di pulegge e argani.

L’astronomia greca si impegnò soprattutto nella costruzione di modelli matematici in grado di spiegare i movimenti dei corpi celesti. Ma l’interesse per l’astronomia era collegato a quello per l’astrologia e , di conseguenza, alla sfera magica e religiosa. Aristarco di Samo operò nella prima metà del III sec. a.C. :sulla sua dottrina eliocentrica ci informa Archimede nell’Arenario. Ipparco di Nicea fu attivo intorno alla metà del II sec. a.C. : Ipparco catalogò e stabilì la posizione di circa 850 stelle.

La medicina ellenistica è per noi integralmente perduta. I grandi progressi dell’ anatomia sono legati al diffondersi delle pratiche della dissezione e della vivisezione.

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