Eschilo, Orestea, Agamennone

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Testo

Eschilo
ORESTEA
Agamennone

Riassunto

Pròlogo
Una guardia in una posizione sopraelevata della casa degli Atridi ad Argo veglia attendendo il segnale luminoso che dovrebbe annunciare la presa di Troia. Finalmente questo si materializza nel buio e la sentinella è contenta così di unirsi alla festa generale dovuta al ritorno del loro re Agamennone.

Pàrodo
Entra il Coro formato dagli anziani d’Argo. Questo con un procedimento a ritroso ripercorre alcuni momenti che precedettero l’avvio della spedizione achea, soffermandosi su un cruento presagio allora verificatosi: una lepre, gravida, è inseguita e sbranata da due aquile. L’interpretazione del prodigio da parte dell’indovino Calcante fu inequivocabile: Troia, che dentro di sé aveva accumulato tanta potenza, sarebbe stata distrutta dai due Atridi (le due aquile), ma l’indovino aveva ammonito ad evitare che la collera della dea Artemide, irata per la crudele morte della “lepre”, coprisse di tenebrosa notte l’esercito acheo. Unico mezzo per placare l’ira divina – profetizzò ancora Calcante – era il sacrificio della vergine Ifigenia, figlia d’Agamennone. E Agamennone scelse alla fine d’essere re, sacrificando la figlia, piuttosto che padre, rimanendo fedele ai canoni dell’etica degli eroi. Viene poi invocato Zeus e lo stesso Coro afferma che solo attraverso il Signore dell’Olimpo si arriva alla saggezza e che il dolore è lo strumento della conoscenza.

Primo Episodio
Il Coro è avvisato da Clitemestra della vittoria dei Greci sui Troiani appresa tramite una continua catena di fuochi che, partendo dalla pianura di Troia è giunta fino ad Argo. La regina analizza poi la posizione dei vinti e dei vincitori nella città troiana e saggiamente ritiene che non tutti i pericoli sono stati ancora evitati dai Greci. Infine il coro si prepara ad invocare gli dei secondo il rito.

Primo Stàsimo
Il Coro s’incarica ora di esprimere critiche considerazioni sulla spedizione troiana. L’analisi comincia spiegando come la sconfitta di Troia sia principalmente opera di Zeus che punisce di norma chi compie atti empi e contro giustizia, per il quale non saranno d’alcun giovamento le più grandi ricchezze. E’ poi enunciato il precetto che “bene supremo è la misura”: che è importante non essere tracotanti andando contro la Giustizia perché così facendo si provoca la punizione di Zeus. Così fece Paride, che entrò nella casa di Menelao e ne rapì la donna. Il Coro insiste poi sul prezzo che la vendetta di Menelao comportò: troppi, infatti, sono stati i morti di quella guerra. La felicità perseguibile è quella esente dall’invidia: così si esprime il coro mostrando precetti di vita che gli spettatori sono invitati ad osservare.

Secondo Episodio
Arriva dal Coro un araldo, coronato di rami d’olivo. Questo riferisce della vittoria greca a Troia, poi ringrazia gli dei per avergli concesso il ritorno alla propria casa e di poter essere sepolto nella sua terra natia, dopo di che preannuncia l’arrivo del re Agamennone; infine termina raccontando le condizioni in cui si trovavano i Greci nel campo di battaglia. Breve intermezzo in cui compare Clitemestra che annuncia che si adopererà per ricevere il marito nel modo migliore possibile, essendogli rimasta fedele per tanti anni. Il Coro domanda poi all’araldo di Menelao e questi risponde che nulla se ne sa da quando la loro flotta è stata colpita da una violenta tempesta scatenata dagli dei, nella quale solo la loro nave è rimasta intatta, guidata dalla Fortuna. L’araldo spera in ogni caso nel ritorno di Menelao e invita il Coro a scegliere la stessa linea.

Secondo Stàsimo
Il Coro dapprima si sofferma sulla vastità delle sciagure che provocarono la fuga d’Elena da Menelao a Troia, poi la storia di Paride è paragonata a quella di un cucciolo di leone che, allevato da un uomo, fin da piccolo mostra un atteggiamento mansueto e, divenuto grande, rivela l’indole dei genitori facendo strage. Continua affermando che è l’azione empia che ne genera altre più numerose.

Terzo Episodio
Fra alti clamori e squilli di trombe, su un carro di guerra, seguito da guerrieri e da prigionieri Troiani, fra i quali, su un altro carro, è Cassandra, entra Agamennone. Egli si rivolge dapprima ad Argo e agli dei di quella terra. Entra Clitemestra che manifesta, mediante un discorso ambiguo, il suo amore per il re raccontando della vita che ha condotto per tutto il tempo in cui il marito era in battaglia. Ordina poi che siano disposti dei tappeti rossi su cui il re raggiungerà la reggia. Agamennone dapprima rifiuta di camminarci dicendo che, tale azione, provocherebbe invidia agli dei e sarebbe per lui dannoso fare ciò. Ma alla fine è convinto.

Terzo Stàsimo
Il Coro comincia a intuire la sciagura che sta per abbattersi sulla casa d’Agamennone e sul sovrano stesso, ma si rende conto della sua inutilità, in quanto tutto ciò che si compirà sarà eseguito per un volere superiore cui gli anziani non possono opporsi.

Quarto Episodio
Clitemestra, aiutata dal Coro convince Cassandra a seguire Agamennone nella reggia. Cassandra scende così dal carro e fa per avviarsi verso la casa: presso la porta vede la pietra che rappresenta Apollo Agyieus ed emette un grido: ha compreso il suo destino. Ha poi un delirio profetico nel quale vede uccidere non il re, ma un toro, tradizionale vittima sacrificale. E’ quindi narrata la storia di Cassandra: ella era la donna preferita d’Apollo, ma questa lo tradì e per questo sconta la pena di non essere creduta da nessuno. Dopo essersi strappata di dosso i paramenti di profetessa, dice inoltre che la loro morte, quella sua e quella d’Agamennone, sarà vendicata. Canta, infine, ella stessa il suo lamento funebre prima di entrare nella casa.

Quarto Stàsimo
Dopo aver sentito il grido di morte emesso da Agamennone all’interno della casa, il Coro si consulta e decide alla fine di andare a vedere cosa è successo.

Quinto Episodio
Ecco in scena Clitemestra che con ai piedi i cadaveri di Cassandra e d’Agamennone, brandisce ancora la scure con la quale ha compiuto l’assassinio, e racconta l’orribile gesto insistendo sulla voluttà fisica e psichica, che esso le ha procurato. Invano il Coro cerca di far comprendere alla regina l’enormità di quanto ha commesso: la donna giustifica pienamente il proprio operato in nome della vendetta per l’uccisione d’Ifigenia.

Esodo
Giunge Egisto, l’amante di Clitemestra, che esulta per la morte del re e se ne ritiene il responsabile indiretto narrando la sua storia. Il Coro predice poi la vendetta futura d’Oreste che si abbatterà anche su Egisto.

Analisi dei personaggi

Clitemestra
Clitemestra era figlia di Tindaro e di Leda; sua sorella per parte di madre era Elena, e fratelli i due Dioscuri, Castore e Polluce. L’odio che la regina perpetrò su Agamennone aveva però radici lontane. Un tempo, infatti, Clitemestra era andata in sposa a Tantalo, ma il marito le venne ucciso da Agamennone, insieme ad un figlio appena nato. Agamennone poi la sposò.
Il personaggio di Clitemestra rivendica vari ruoli: agisce in nome della giustizia e della vendetta per l’uccisione della figlia Ifigenia da parte del marito Agamennone; è accecata anche da un sentimento di rancore che la spinge ancora di più a commettere le uccisioni.
Si può notare un cambiamento del personaggio di Clitemestra nella parte finale dell’Agamennone. Nei versi 1567-76 ella ignora del tutto il principio del contraccambio che si ritorceva ormai contro di lei, esprime pieno consenso con il Coro, è pronta ad accettare questa situazione (la morte di Agamennone e di Cassandra) per quanto dolorosa, auspica che il dèmone lasci la casa degli Atridi e vada a tormentare altre case, è disposta ad accontentarsi anche di poche ricchezze purché si allontani dalla casa la follia di vicendevoli omicidi. Alla fine del dialogo c’è quindi un notevole cambiamento del personaggio che poco prima era apparso orgoglioso sulla scena con ai piedi i cadaveri d’Agamennone e Cassandra. Una conferma si ha già, a breve distanza, nella scena finale dell’Agamennone, quando Clitemestra interviene con intento pacificatore nel contrasto che oppone Egisto al Coro. Nel suo discorso si possono notare alcuni punti di contatto con il precedente dialogo con il Coro: dal desiderio che non ci siano altri lutti, all’affermazione che di dolore ce n’è già abbastanza, al richiamo al dèmone. Il tono però cambia, ora è più accorato e cresce contemporaneamente il pathos.

Agamennone
Il personaggio d’Agamennone è, di fatto, l’antagonista di Clitemestra e assolve la funzione di personaggio inconsapevole in quanto non intende la catena degli eventi futuri (tra cui la sua uccisione) che si susseguiranno. La sua presenza sulla scena è molto limitata: più che protagonista, infatti, egli è essenzialmente vittima.
Agamennone, in Aulide, rinuncia alla paternità in cambio del mantenimento del potere regale e diviene così il sacrificatore di sua figlia. Sceglie quindi di agire secondo i canoni dell’etica degli eroi, che non trova però più spazio nell’attuale (di allora) età della polis. Appare comunque chiaro che l’Atride ha reagito in maniera estremamente sproporzionata al rapimento d’Elena, evento che porterà alla tragica scelta che dovrà fare.
Agamennone è presentato da Eschilo, al suo arrivo sulla scena, come un personaggio saggio e consapevole della norma di giustizia. Entro le coordinate di questa saggezza s’iscrivono l’omaggio agli dei, la rivendicazione della distruzione di Troia come atto di giustizia, il rigetto dell’invidia, il proposito di trattare il complesso delle questioni nell’assemblea dei cittadini e anche la reazione moderata al lungo e per molti aspetti indisponente discorso di Clitemestra (un discorso falso e ambiguo). Questa saggezza d’Agamennone appare comunque inadeguata alla scena poiché di fronte all’implicito avvertimento del Coro a guardarsi dai falsi amici, Agamennone mostra di non rendersi conto della pericolosità della situazione attuale. Inoltre lo stesso Agamennone afferma che lui è in grado di conoscere le reali intenzioni degli uomini (proprio nel momento in cui Clitemestra lo sta per uccidere), discorso che acquista una risonanza patetica. Il personaggio è qui avvolto dal poeta nell’ironia tragica: le sue conoscenze sono minori di quelle del poeta e del pubblico e tutto ciò concorre a identificarlo come un personaggio inconsapevole.
Il suo assassinio adombra l’antico rito sacrificale che, incentrato sulla figura della Grande Madre, vedeva l’immolazione del Paredro. Lo testimoniano l’arma utilizzata da Clitemestra (l’ascia) e il luogo dell’esecuzione (la vasca da bagno, quale riferimento ai riti di purificazione che precedono la morte della vittima).

Egisto
Egisto, cugino d’Agamennone, era nato da un incesto del padre Tieste, fratello d’Atreo (il padre d’Agamennone) con la figlia Pelopia. Le ragioni di quell’orrenda unione erano dovute ad una profezia: Tieste, bandito da Micene per ordine d’Atreo e smanioso di vendicarsi del fratello, aveva saputo da un oracolo che solo dalla figlia avrebbe potuto generare un vendicatore. Così decise di violentarla, e una notte attuò il proposito; Pelopia fu poi sposata da Atreo. Quest’ultimo fece cercare, trovò e allevò come proprio il bambino che Pelopia nel frattempo aveva dato alla luce e aveva esposto, per liberarsene. Il bambino ebbe nome Egisto e, quando divenne adulto, Atreo lo incaricò di andare ad uccidere Tieste. Pelopia quindi si uccise ed Egisto ammazzò infine Atreo.
Di Egisto si possono notare solo poche battute, tutte verso la fine dell’Agamennone. In queste Egisto manifesta un atteggiamento nemico verso il Coro ed esulta della morte di Agamennone, poiché afferma che lui è il vero mandante di questa uccisione guidata dalla Giustizia. Invano il Coro cerca di fargli comprendere la sorte che avrà.

Esempio