Vulcani, Terremoti e Orogenesi

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Testo

Un vulcano è la via attraverso la quale il materiale fuso, chiamato magma, dall'interno della Terra arriva in superficie, trabocca all'esterno e si raffredda formando la roccia effusiva chiamata generalmente lava. Nel corso di tale movimento porzioni di magma possono rimanere intrappolate dentro la crosta e non raggiungere mai la superficie. In questo caso si raffreddano e formano roccia solida all'interno della crosta stessa, dando origine alle rocce plutoniche o intrusive. Se queste porzioni intrusive sono di grandi dimensioni prendono il nome di batoliti. Magmi diversi (per composizione chimica, per temperatura o per contenuto in gas), che fuoriescono in situazioni geologiche diverse (sul fondo del mare, o dopo aver attraversato la crosta oceanica o quella continentale), danno origine a differenti tipi di eruzioni; queste a loro volta, a secondo del modo in cui avvengono, danno origine a diversi prodotti vulcanici e a diversi vulcani.
Tra i fattori che determinano la natura di un'eruzione, quelli principali sono: la composizione chimica del magma, la sua temperatura e la quantità di gas disciolti in esso. I primi due controllano la mobilità del flusso di magma, chiamata più precisamente viscosità. Una delle differenze di composizione che più determinano differenti viscosità e quindi differenti tipi di eruzioni è la quantità di silice (SiO2). I magmi si differenziano quindi in due grandi categorie:
- Quelli poveri di silice (basici) che danno origine alle rocce mafiche, come il basalto, costituite per circa il 50% di silice;
- Quelli ricchi di silice (detti acidi), contenenti oltre il 70% di silice, che danno origine alle rocce sialiche, come i graniti e le rioliti.
La maggiore viscosità deriva da un maggior contenuto in silice in quanto questa innesca, durante la risalita e il relativo raffreddamento, la cristallizzazione di un tipo di minerali, i tectosilicati, che per la loro stessa struttura ostacolano il flusso.
Un maggior contenuto di gas al contrario favorisce la fluidità del magma. I principali gas contenuti in un magma sono: H2O, CO2, CO, H2, H2S idrogeno solforato e HCl.
Quando il magma raggiunge una zona prossima alla superficie, la pressione di confinamento diminuisce notevolmente e questo provoca una liberazione dei gas che prima erano disciolti nel magma.
Nei magmi sialici, a causa dell'alta viscosità, la fuoriuscita dei gas avviene sempre in modo violento tanto che le eruzioni di questo tipo sono sempre esplosive e distruttive. Il magma mafico invece, grazie alla bassa viscosità, favorisce una emissione calma. Alcuni esempi possono essere le eruzioni dell'Etna, o quelle delle Hawaii, alimentate da magmi basaltici, che sono relativamente tranquille, mentre quelle di vulcani come il Vesuvio sono di tipo esplosivo e catastrofico. Le caratteristiche di una eruzione vulcanica hanno conseguenze anche sulla struttura che lo stesso vulcano assume nel tempo. Un cono vulcanico ben definito è infatti una prova di eruzioni di magmi mafici.
I vulcani attivi della Terra
I vulcani non sono distribuiti in modo casuale sulla superficie della terra, ma si trovano in corrispondenza di aree instabili della crosta terrestre. Essi coincidono con i limiti di placca, sia dove si crea nuova crosta in risalita dall'astenosfera (dorsali oceaniche) sia dove la crosta viene distrutta sprofondando di nuovo nell'astenosfera (zone di subduzione).
La Cintura di fuoco, che è la linea di vulcani che circonda tutto l'oceano Pacifico, ne è la prova. Essa è costituita da vulcani di forma conica e con pendii abbastanza ripidi. Le loro eruzioni sono esplosive e i magmi eruttati sono piuttosto. Dato il tipo di attività questi vulcani sono caratterizzati da una pericolosità piuttosto elevata.
A questo tipo di vulcani appartengono il Vesuvio (il vulcano a rischio più elevato dell'Europa), i Campi Flegrei, Stromboli e Vulcano nelle isole Eolie.
I vulcani delle dorsali, invece, sono caratterizzati da magmi meno viscosi e sono quindi più fluidi. La loro forma è piuttosto appiattita; sono caratterizzati da una pericolosità modesta. Una zona propria di questo tipo di vulcanismo è l'Islanda, perchè si può considerare un tratto di dorsale affiorante dall'oceano Atlantico. A questo tipo di vulcani appartiene l'Etna, il vulcano più grande d'Europa.
Un vulcanismo simile a quello delle dorsali è dato dai vulcani delle cosiddette rift valleys che rappresentano una dorsale in via di formazione. Questo tipo di vulcani si può osservare in Africa Orientale nella zona dei grandi laghi.
Oltre a questi due grandi tipi di vulcani dei limiti di placche ve ne sono altri tra cui quello dei cosiddetti vulcani di hot spot, che sono situati all'interno di una placca. Appartenenti a questo tipo di vulcanismo abbiamo i vulcani delle isole Hawaii localizzati in mezzo alla grande placca dell'oceano Pacifico. La loro attività è simile al vulcanismo delle dorsali oceaniche.

Un terremoto, o sisma, è un'improvvisa vibrazione del terreno prodotta da una brusca liberazione di energia; questa energia si propaga in tutte le direzioni sotto forma di onde.
Per spiegare questa energia prendiamo come esempio un bastone di legno: se si inizia a piegarlo esso offre una resistenza al piegamento che si esprime sotto forma di energia elastica; le rocce si comportano nello stesso modo: se una porzione di roccia inizia a deformarsi, essa offrirà una certa resistenza (che cambia a seconda del tipo di roccia), ma quando le forze che tengono insieme la roccia vengono superate da quelle che le deformano, allora questa si spezza e le due parti rilasciano l'energia che avevano accumulato durante la deformazione. Lo spostamento avviene sia verticalmente che orizzontalmente.
Di solito queste rotture, ed i conseguenti spostamenti, si hanno lungo linee preferenziali chiamate faglie; il punto preciso da cui si propaga il terremoto è detto ipocentro, mentre lo stesso punto, portato in verticale sulla superficie terrestre, si chiama epicentro. Una faglia è sostanzialmente una frattura nel terreno, profonda anche vari chilometri, lungo la quale avvengono i movimenti del terreno. Essa è una linea di minore resistenza della roccia sottoposta a pressioni e quindi la rottura avviene sempre lungo questa linea.
Esistono vari tipi di faglie molto diverse tra loro. Interessante è il caso della famosa faglia di S.Andreas che corre lungo la costa Ovest degli Stati Uniti. Questa è una faglia di tipo trascorrente, cioè i movimenti del terreno avvengono sempre sul piano orizzontale, che sta avvicinando la città di Los Angeles a quella di S.Francisco alla velocità di circa 2 centimetri all'anno.
Quindi terremoti si originano perché ad un certo punto la roccia si rompe lungo una faglia, in profondità, e rilascia tutta l'energia che aveva accumulato per resistere al movimento. Questa energia si disperde nel terreno dall'ipocentro in tutte le direzioni in forma di onde (in parte anche sotto forma di calore) che possono essere:
- onde di volume, che coinvolgono la terra stessa; queste onde si possono ulteriormente dividere anche in onde P cioè primarie o longitudinali, che sono quelle che arrivano per prime e quindi quelle che viaggiano all'interno della terra con la velocità più alta (dell'ordine dei 6 chilometri al secondo). Sono anche diverse per il modo di viaggiare nel terreno: queste alternativamente comprimono e rilasciano il terreno nella loro direzione di propagazione proprio come le onde sonore. Poi abbiamo le onde S cioè secondarie o trasversali; si chiamano secondarie perché sono più lente. Esse fanno muovere il terreno alternativamente in basso e in alto trasversalmente alla direzione di propagazione e per loro natura non possono viaggiare nei liquidi.
- le onde di superficie si propagano solo sulla superficie della terra. Sono anche chiamate lunghe perché viaggiano anche per lunghissime distanze. Questa energia di solito si scarica con una forte scossa principale, per lo più preceduta da piccole scosse premonitrici (dette foreshocks) e seguita da una serie di numerosissime scosse dette repliche.
Qualche volta i terremoti si possono manifestare direttamente con la scossa principale e naturalmente sono i più pericolosi. Il rilascio dell'energia dovuta a sforzi agenti sulla litosfera può anche avvenire con continuità, cioè i due blocchi sui due lati della faglia possono scorrere delicatamente l'uno accanto all'altro senza scatti bruschi e senza accumulo di energia, quindi senza provocare terremoti importanti.
I terremoti che sono associati a movimento del terreno lungo le faglie sono i più comuni ma vi sono terremoti anche associati ai vulcani e alla loro attività.
Da sempre l’uomo ha cercato di classificare i vari tipi di terremoti e quasi tutte le classificazioni si basavano sulla proprietà più evidente: la loro intensità.
In Italia la più nota è la La scala Mercalli, inventata da Giuseppe Mercalli nel 1897. Questa è basata solo sull'entità e sulla quantità dei danni: cioè quando avveniva un terremoto si faceva una stima dei danni e in base a questi si assegnava al terremoto un determinato valore che va da 1 (nessun danno, solo gli strumenti lo avvertono) a 10 (distruzione totale). Quella di Mercalli è una scala ormai superata da quella che si basa su valori più oggettivi: La scala Richter (inventata da Charles Richter nel 1935).
Questa esprime la magnitudo, grandezza che si riferisce alle massime oscillazioni registrate dagli strumenti sismici in opportune condizioni e da una misura oggettiva dell'energia rilasciata.
Terremoti nel mondo
Un osservazione che risulta evidente dall'osservazione della distribuzione dei terremoti sulla terra è che essi sono concentrati in alcune aree ben definite.
I terremoti avvengono principalmente in una ristretta fascia che circonda l'Oceano Pacifico ed è connessa alle recenti catene a pieghe, che formano il margine pacifico del continente americano, ed una serie di isole vulcaniche che bordano la costa pacifica del continente asiatico e dell'Australia. Il 75 % dell'energia associata a terremoti con ipocentro meno profondo di 70 Km avvenuti tra il 1904 ed il 1952 è stata liberata nella fascia circumpacifica. Un ulteriore 23 % dell'energia sismica liberata nello stesso periodo è concentrata nella fascia di catene montuose recenti che va dal Mediterraneo all'Himalaya e negli archi di isole connessi. Il restante 2% è legato in gran parte a terremoti che avvengono lungo le dorsali medio-oceaniche. Quindi la distribuzione dei terremoti caratterizza i tratti fondamentali delle strutture litosferiche: infatti essa segue perfettamente l'andamento delle varie dorsali oceaniche; inoltre delinea i margini dell'intero oceano Pacifico e dell'oceano Indiano orientale. Nella teoria della tettonica a zolle la distribuzione degli epicentri sismici marca i limiti tra le zolle di litosfera nelle quali è divisa la superficie terrestre. Una suddivisione ancora più netta si ottiene se si prendono in considerazione solo i terremoti intermedi e profondi. Il terremoto più profondo è avvenuto ad una profondità di 720 Km.
L’aspetto attuale della superficie terrestre e la posizione che oggi i continenti occupano non sono gli stessi che si sarebbero potuti osservare diversi milioni di anni fa. Essi sono cambiati nel tempo e sono il risultato dell’azione di forze, esogene e endogene, che hanno operato sul nostro pianeta per molti milioni di anni e che ancora oggi continuano ad agire.
Se si osserva su un planisfero la forma dei continenti, ci si accorge che alcuni pezzi di essi potrebbero incastrarsi come i pezzi di un puzzle: ad esempio l’America meridionale combacia perfettamente con l’Africa in corrispondenza all’attuale Golfo di Guinea. Il contorno delle terre emerse suggerisce l’idea che i continenti, un tempo, possano essere stati uniti e che si siano in seguito separati, lentamente e progressivamente andati alla deriva. Queste osservazioni portarono lo studioso tedesco Alfred Wegener (1880-1930) a proporre agli inizi del Novecento una teoria nota con il nome di deriva dei continenti.
La teoria della deriva dei continenti afferma che circa 225 milioni di anni fa tutte le terre emerse erano unite in un unico continente chiamato Pangea, circondato da un unico mare chiamato Panthalassa. Circa 180 milioni di anni fa, la Pangea si divise in due continenti: Laurasia, settentrionale e la Terra di Gondwana, meridionale. Tra i due grossi continenti si formò un mare chiamato Tetide. Muovendosi molto lentamente, questi due si spostarono rispettivamente verso nord e verso sud e si fratturarono ulteriormente: il Nord America si separò dall’Eurasia, il Sud America si staccò dall’Africa; da questi ultimi si staccarono anche l’India, prima, e il Madagascar, poi. Successivamente, l’India si saldò all’Asia e l’Australia si separò dall’Antartide raggiungendo la sua attuale posizione. Circa 3,5 milioni di anni fa si formò l’Istmo di Panamá, che unì il Nord e il Sud America. Contemporaneamente, anche la Panthalassa si ridusse fino all’attuale Oceano Pacifico, mentre si aprivano e si estendevano l’Oceano Atlantico e quello Indiano.
Wegener osservò che sui continenti attualmente separati e distanti tra loro si trovano resti degli stessi organismi e rocce del medesimo tipo e della stessa età. Molti scienziati contemporanei a Wegener non accettarono la teoria della deriva dei continenti. In effetti, egli aveva lasciato irrisolto un problema fondamentale, e cioè la causa del movimento dei continenti. Le sue idee vennero quindi abbandonate finchè, negli anni Cinquanta, i fondali oceanici divennero oggetto di accurati studi. L’esplorazione fu agevolata dall’impiego di ecoscandagli. Grazie ad essi si poteva avere una visione dell’aspetto di questi fondali, dove si trovarono profonde spaccature chiamate fosse oceaniche, zone pianeggianti (piane abissali ), ma anche alte catene montuose sottomarine, le dorsali oceaniche. Queste ultime sono costituite da due catene parallele separate da una profonda spaccatura chiamata rift, dal quale fuoriesce il magma proveniente dal mantello. Le dorsali sono interrotte da numerose fratture trasversali, chiamate faglie trasformi; queste catene montuose sottomarine si elevano di circa 1200 m dal fondale e percorrono tutti gli oceani per una lunghezza di ben 75000 km. Lo studio delle rocce dei fondali oceanici ha permesso di stabilire che nei pressi delle dorsali le rocce sono più giovani e la loro età aumenta man mano che aumenta la distanza dalla dorsale. Le rocce più antiche hanno 200 milioni di anni.
Lo scienziato americano Harry Less, all’inizio degli anni Settanta, formulò la teoria dell’espansione dei fondali oceanici. Secondo questa teoria, i fondali oceanici si espandono, accrescendosi in corrispondenza delle dorsali oceaniche. Il magma che fuoriesce dal rift spinge lateralmente il materiale preesistente, poi solidifica e forma nuove rocce. Misure accurate hanno permesso di stabilire la velocità di espansione degli oceani in circa 2-3 cm l’anno.
Nel 1967 gli scienziato Morgan e McKenzie diedero una risposta al problema lasciato irrisolto da Wegener: che cosa permette ai continenti di muoversi? Essi formularono la teoria della tettonica a zolle; secondo questa teoria la litosfera non forma un guscio continuo, ma si presenta fratturata , divisa in una serie di zolle. Queste zolle galleggiano sulla sottostante astenosfera e sono in continuo movimento, trascinando con sé i continenti.
Sono state individuate complessivamente una ventina di zolle, di cui sette più grandi e le restanti di minore estensione. Alcune zolle sono costituite da crosta oceanica (ad esempio la zolla del Pacifico, di Cocos e di Nazca), altre invece comprendono sia crosta continentale che crosta oceanica (la zolla eurasiatica, quella africana, quella nord-americana e quella sud-americana. Il confine delle zolle coincide con le aree in cui si verificano i fenomeni endogeni.
Due zolle confinanti possono allontanarsi, scontrarsi oppure scorrere una accanto all’altra in direzioni opposte. Due zolle si allontanano tra loro quando il magma fuoriuscito dal rift delle dorsali oceaniche solidifica, forma le rocce che costituiscono i fondali oceanici e spinge lateralmente le due zolle oceaniche. I margini di queste zolle sono detti margini di accrescimento o costruttivi o margini divergenti. Due zolle possono anche scontrarsi tra di loro: in questo caso i margini sono detti convergenti. Le conseguenze sono diverse a seconda dei tipi di zolla che si scontrano. Nel caso che si scontrino una zolla oceanica e una continentale la zolla oceanica, più densa, si flette sotto la zolla continentale e ritorna nel mantello. A questo processo si dà il nome si subduzione, e i margini delle zolle che vengono a contatto margini distruttivi. Le rocce che costituiscono la zolla continentale si piegano e possono formare una catena montuosa (orogenesi). Quando lo scontro avviene tra due zolle oceaniche la subduzione avviene in pieno oceano: i vulcani che si formano costituiscono archi vulcanici insulari e si generano profonde fosse oceaniche. Tra due zolle continentali la litosfera si corruga e si solleva fino a formare una catena montuosa. Nelle rocce si creano forti pressioni che provocano terremoti o risalita di materiale fuso. Due zolle scorrono l’una accanto all’altra lungo le faglie trasformi. Questo movimento provoca la frattura delle rocce in profondità, e quindi terremoti e eruzioni vulcaniche. Questi margini sono dette margini conservativi.

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