Medio Oriente

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Testo

Aspetti geografici
Il Medio Oriente è una vasta regione, con una superficie di oltre 7 milioni di kmq; è delimitata ad ovest dal Mar Mediterraneo e dal Mar Rosso, a sud dal Mare Arabico e dall’Oceano Indiano, ad est dalle montagne del Belucistan e dell’Hindukush, a nord dalla conca araliana, dal Mar Caspio, dalle montagne del Caucaso e dal mar Nero. La regione, che conta circa 200 milioni d’abitanti, comprende ben 19 stati: Turchia, Siria, Libano, Cipro, Israele, Giordania, Arabia Saudita, Yemen, Omar, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait, Iraq, Georgia, Armenia, Azerbajdzan, Iran e Afghanistan.
L’Asia Occidentale può essere divisa in due regioni geografiche distinte: la fascia montuosa a nord-est e un vasto tavolato a sud-ovest. Dalla penisola anatolica, l’estrema propaggine occidentale del continente asiatico, si prolunga, infatti, verso est una fascia imponente di catene montuose che racchiudono vasti altopiani: sono i Monti del Ponto e il Tauro, che circondano l’Altopiano dell’Anatolia, e i Monti Elburz, i Monti del Belucistan e i Monti Zagros, che racchiudono l’Altopiano dell’Iran. Le cime più elevate di questa vasta area sono il Monte Elbrus (5633 m), situato nel Caucaso, un sistema montuoso a nord-est della penisola Anatolica, il Monte Ararat (5165 m), situato più a sud, il Monte Damavand (5605 m), sui Monti Elburz. La parte sud-occidentale della regione è invece occupata da un grandissimo
tavolato, inclinato da sud-ovest verso nord-est e profondamente eroso dagli agenti esogeni, che in gran parte forma la penisola Arabica. Fra il tavolato Arabico e la fascia montuosa si distende la Mesopotamia, l’unica grande pianura dell’Asia Occidentale, percorsa da due fiumi il Tigri e l’Eufrate. Nella regione si trovano anche alcuni laghi salati, tra i quali il Mar Morto situato in Palestina, in una delle più profonde depressioni del pianeta.
Gran parte del Medio Oriente è caratterizzato da un clima arido: la penisola arabica, a causa delle scarse e sporadiche precipitazioni, presenta un territorio occupato interamente da steppe e aree desertiche; le temperature sono molto elevate d’estate e meno rigide d’inverno. Anche le regioni montuose interne e gli altopiani sono caratterizzati da alte temperature estive e basse temperature invernali; le precipitazioni, assai scarse, permettono solo la crescita di una magra steppa cespugliosa. Le regioni periferiche del Medio Oriente offrono, invece, condizioni climatiche più favorevoli all’insediamento: la fascia costiera, bagnata dal Mar Mediterraneo, gode di un clima mite e abbastanza piovoso, ed è dominata dalla macchia mediterranea, mentre il versante meridionale del Caucaso e la fascia dei Monti Elburz presentano estati miti ed inverni freddi con un’abbondante piovosità che permette la crescita di rigogliosi boschi.
Aspetti Economici
Il settore primario, anche a causa della povertà d’acqua di molte zone del Medio Oriente, è generalmente poco produttivo: in alcune regioni, come l’Arabia e l’Iran, il terreno coltivato costituisce una percentuale minima del territorio, e anche là dove s’impiantano colture, la loro resa è bassissima. La produzione agricola, invece, è molto alta all’interno delle oasi, lungo le vallate dei fiumi, come avviene ad esempio
Nel Medio Oriente viene prodotto il 25% del petrolio mondiale, e vi si trova oltre il 60 % delle riserve mondiali di questo prezioso combustibile fossile. I giacimenti principali si concentrano nella fascia occidentale del Golfo Persico: da qui il greggio viene caricato sulle grandi petroliere ormeggiate presso gli attrezzatissimi porti locali, oppure viene pompato nell’oleodotto transarabico (1800 Km), che dalle coste del Golfo Persico giunge fino ai porti del Libano.
Oltre al petrolio, nell’area del Golfo Persico sono presenti ingenti giacimenti di gas naturale; mentre nella restante area del Medio Oriente si trovano fosfati, ferro, manganese, piombo, rame, cromo, carbone e salgemma.

Aspetti politico-storici
La storia più recente del Medio Oriente è caratterizzata da forti tensioni politiche che spesso sono sfociate in feroci guerre, violente rivoluzioni e numerosi attentati terroristici. L’instabilità politica è dovuta ad una serie di fattori: la divisione politica del territorio, frutto, in molti casi, dell’eredità del dominio coloniale di alcune potenze europee, non sempre risponde alle caratteristiche etniche, religiose e culturali delle diverse popolazioni; inoltre, le immense ricchezze petrolifere del sottosuolo hanno fatto di questa regione il teatro degli interessi delle grandi potenze mondiali.
ISRAELIANI E PALESTINESI
Qui, infatti, si sono stanziati alcuni ebrei nel 1897, sostenuti nel tentativo di farne una “nuova patria” dagli Inglesi che li governavano in seguito al mandato loro affidato dalla Società delle Nazioni. A partire dagli anni ’20, l’immigrazione nella regione degli ebrei (che vivevano in forma di diaspora) incontrò una resistenza sempre maggiore da parte degli arabi. Negli anni ’30, in seguito alla persecuzione nazista, il flusso migratorio aumentò nonostante gli sforzi inglesi per limitarlo. Nel 1947 la Gran Bretagna, incapace di contenere il conflitto che si faceva sempre più aspro, passò il problema all’ONU, che divise la Palestina in province ebraiche e arabe.
I vicini stati arabi, capeggiati dall’Egitto, attaccarono improvvisamente gli Ebrei, ma vennero sconfitti, e nel 1948 fu fondato lo stato di Israele, con una superficie molto maggiore dell’originaria provincia ebraica. Quasi un milione di Arabi abbandonò la regione, rifugiandosi in campi profughi del Libano e di altri paesi, campi che divennero aree di reclutamento di guerriglieri. Furono fatti alcuni tentativi per unire gli stati arabi, e uno di questi fu la Lega Araba che aveva fini di cooperazione e fu promossa da Egitto, Transgiordania, Iraq, Libano, Arabia Saudita e Yemen.
La presenza di Israele in mezzo a stati arabi tutti ostili è stata la causa principale dell’instabilità del Medio Oriente, divenuto per questo un ottimo terreno per la “guerra fredda”. La sicurezza della nazione è sempre dipesa dagli Stati Uniti, mentre i Russi, hanno abbracciato la causa araba. Israele è diventata molto più prospera degli stati arabi, e in particolare dell’Egitto, dove il progresso economico non è riuscito a tenere il passo con l’aumento della popolazione.
L’Egitto era governato da un’élite di educazione occidentale, ma nel 1953 un nuovo capo nazionalista, Nasser, vi instaurò un regime fortemente anti-occidentale. Egli riuscì a cacciare dal paese le truppe inglesi, a guardia del canale di Suez fin dall’800, e cercò aiuti economici e militari dal blocco sovietico. La Gran Bretagna e gli Stati Uniti ritirarono allora il loro aiuto all’Egitto, e Nasser, per rappresaglia, nazionalizzò il canale. Nel 1956 una forza anglo-francese invase, con l’appoggio di Israele, l’Egitto, ma la pressione congiunta di Washington e di Mosca ne ottenne il ritiro, dimostrando ancora una volta che le due superpotenze erano i veri arbitri della politica mondiale.
Nel 1958 il governo siriano propose a Nasser l’unione dei due paesi. Si giunse in tal modo alla creazione di una Repubblica Araba Unita (RAU), che fu annullata nel 1961 in seguito ad un colpo di stato avvenuto in Siria. I golpe militari si susseguirono, mentre la Siria andava acquistando un ruolo politico sempre più importante per la sua posizione di prima fila nel conflitto arabo-israeliano. In Libia nel 1969 Gheddafi, cominciò ad appoggiare gruppi terroristi di altri paesi.
Sia gli Americani sia i Russi continuamente cercavano di conquistarsi le simpatie dei vari stati arabi. In genere i regimi rivoluzionari propendevano per il blocco comunista, mentre altri governi, come la monarchia dell’Arabia Saudita, inclinavano verso l’Occidente. Ma in Medio Oriente la politica degli Stati Uniti è stata indebolita dal fatto che tutti i paesi arabi erano contro Israele. Tuttavia gli Americani conseguirono due grandi successi: quando l’Egitto, con Sadat, ruppe con l’Unione Sovietica e passò al campo occidentale, e quando, nel 1978, la mediazione statunitense riportò la pace tra Egitto e Israele (accordi di Camp David), anche se il Cairo pagò con l’isolamento dal resto del mondo arabo.
Un fattore che ha avuto senza dubbio una grande importanza nella diplomazia in Medio Oriente è stato il petrolio. A cominciare dagli anni ’50 i paesi occidentali si trovarono a dover dipendere sempre più dal petrolio dell’Arabia Saudita, del Kuwait, degli sceiccati del Golfo Persico della Libia e dell’Iran. L’arma del petrolio venne usata efficacemente per la prima volta nel 1973, quando i produttori arabi (OPEC) tagliarono i rifornimenti e aumentarono i prezzi, provocando una crisi economica in Occidente. Questa crisi ha tuttavia indotto l’Occidente verso il risparmio energetico e l’ha spinto a cercare con particolare impegno fonti di energia alternative e meno inquinanti.
Soltanto nel 1993 gli Israeliani di Rabin e i Palestinesi di Arafat, quest’ultimi guidati dall’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), con la mediazione degli Stati Uniti di Clinton, hanno avviato una trattativa di pace che dovrebbe portare al riconoscimento definitivo dello Stato di Israele da parte degli Arabi e al riconoscimento di uno Stato palestinese da parte degli Israeliani (Dichiarazione dei principi sull’autonomia palestinese). Il processo di pace è proseguito (firma della pace tra Israele e Giordania, 1994) nonostante l'opposizione sanguinosa dell'estremismo terroristico palestinese e dell'oltranzismo israeliano.
Le elezioni del maggio 1996 vedevano sconfitto Peres e il suo partito, a favore di Netanyahu, rappresentante dei fondamentalisti ebrei. Quest'ultimo dichiarava comunque di voler portare a termine il processo di pace, anche se senza concessioni territoriali. Agli inizi del 1997 si incontrava con Arafat per affrontare il problema di Hebron dando però subito dopo l'avvio a nuovi insediamenti ebraici nella parte araba di Gerusalemme. Ciò generava una nuova serie di atti terroristici. Un nuovo accordo si ebbe nell’ottobre del 1998 a Washington, e fu firmato da Netanyahu e Arafat grazie alla mediazione di Hussein di Giordania e dal presidente statunitense Clinton; esso prevedeva il ritiro dell'esercito israeliano da parte del territorio, il passaggio di un’altra sotto l'esclusivo controllo palestinese e la convocazione del Consiglio Nazionale Palestinese per l'abrogazione della clausola dello statuto riferita alla distruzione dello Stato israeliano. Le elezioni politiche del maggio 1999 vedevano la sconfitta di Netanyahu a favore dell'ex capo di stato Maggiore Barak.
IL GOLFO PERSICO
Un’altra area teatro di violenti tensioni è quella del Golfo Persico,una delle regioni più ricche di petrolio di tutta la Terra.
Qui in seguito alla rivoluzione che in Iran ha deposto la monarchia e ha portato al potere i capi religiosi islamici, gli ayatollah, si è diffuso tra le popolazioni musulmane l’integralismo religioso, che predica il ritorno ai modi di vita tradizionali e si scaglia contro il mondo occidentale, del tutto avverso, con la sua ricchezza e il suo lusso, ha i principi religiosi islamici.
In questa regione, inoltre, si sono verificati anche conflitti armati, come quello che tra il 1980 e il 1988 si è combattuto tra Iraniani e Iracheni e quello scoppiato nel 1990 tra Iracheni e Kuwaitiani, in seguito all’occupazione del Kuwait da parte dell’Iraq; nel 1991, le truppe dell’ONU, sotto la guida delle potenze occidentali, sono intervenute militarmente ottenendo la liberazione del Kuwait, ma non certo la pacificazione della regione.
Anche l’Afghanistan, situato al confine tra l’Asia Occidentale e quella Centrale, è stato teatro di contrasti etnici e politici, in seguito ai quali è scoppiata una sanguinosa guerra civile, conclusasi nel 1992 con la vittoria delle popolazioni islamiche e la caduta della dittatura militare istaurata con l’appoggio dell’esercito sovietico.
LA POLITICA ATTUALE
Ancora oggi nel Medio Oriente vi è un governo diplomatico, che si fonda sul diritto delle persone, e che mira ad una soluzione pacifica nelle controversie internazionali, al di là di ogni violenza. I suoi organi ordinari sono gli agenti diplomatici che i vari stati inviano reciprocamente l’uno sul territorio dell’altro: ambasciatori, ministri, plenipotenziari, incaricati d’affari; ma dopo il 1918 la parte più importante dell’attività diplomatica viene svolta mediante trattative personali fra ministri degli affari esteri, capi di governo, capi di stato.
I negoziati da essi condotti sfociano nella conclusione di trattati o nella formazione di alleanze. Il diplomatico è il rappresentante personale del sovrano

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