Lavoro minorile in Africa

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IL LAVORO MINORILE IN AFRICA

Il fenomeno del lavoro minorile è diffuso in maniera diversa tra i vari paesi africani.
Naturalmente, la motivazione che porta i bambini a lavorare, in tutti i paesi del mondo, è la povertà e il bisogno economico. I bisogni, come accade nella maggioranza dei paesi in via di sviluppo, sono bisogni vitali, e spesso il lavoro dei bambini è fonte di sostentamento per loro stessi e per la famiglia. Esistono chiaramente tipi di lavoro positivi per i bambini, che insegnano loro abilità particolari che saranno utili a loro e al resto della loro famiglia, ma nella maggior parte dei casi non è così.
Il vero problema, per quel che riguarda i paesi in via di sviluppo, è costituito non dal lavoro minorile in sé, ma dalle condizioni di lavoro; milioni di bambini infatti si trovano a lavorare in condizioni estremamente rischiose, mettendo a repentaglio salute, istruzione, sviluppo personale e sociale dei bambini e anche la loro stessa vita.
L’Unicef stessa, nell’affrontare il problema del lavoro minorile, effettua una classificazione dei diversi tipi di lavoro minorile, in base alla pericolosità e ai pro e i contro che hanno sullo sviluppo del lavoratore.
La classificazione si può schematizzare in questo modo:

Child work (lavori compatibili con la crescita)
Child Labour (lavori lesivi e pericolosi)
.Servizio Domestico
. Lavoro in famiglia
.Lavoro forzato in condizioni di schiavitù
.Sfruttamento sessuale a fini commerciali
.Lavoro nelle industrie e nelle piantagioni
.Lavoro di strada
In realtà, questa classificazione può essere in un certo senso banalizzante, in quanto non sempre il lavoro effettuato in famiglia è positivo e quello fuori dalla famiglia negativo.

A proposito del lavoro minorile, esistono a livello internazionale tre diverse posizioni sulla sua legittimità o meno:
1) Posizione ABOLIZIONISTA: lavoro minorile totalmente sbagliato, i bambini non devono lavorare ma soltanto aiutare la famiglia con il loro “piccolo” apporto. Il lavoro è considerato “for adults only” , ed è interpretato come un ostacolo allo sviluppo armonico del bambino. La scolarizzazione è l’unico strumento di lotta al lavoro infantile, e bisogna quindi raggiungere una universalità dell’educazione primaria fondamentale.
La posizione abolizionista sostiene che il lavoro minorile collabori ad accrescere il circolo vizioso della povertà: cioè che la miseria è generatrice del lavoro infantile e il lavoro infantile è causa di povertà.
Così la pensano la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, convinti che non si possano migliorare le condizioni economiche di un paese se prima non si elimina il lavoro minorile. Impongono così pesanti aggiustamenti strutturali ai paesi poveri, e contribuiscono ad accrescere l’iniquità dei rapporti economici N-S, che sono in realtà le cause reali del lavoro minorile.

2) Posizione di VALORIZZAZIONE CRITICA: Valorizzare criticamente il lavoro minorile non significa
giustificare lo sfruttamento e gli sfruttatori, ma in primo luogo valorizzare i bambini lavoratori in quanto potenziali attori di una critica agli ingiusti meccanismi sociali. Si tratta di valorizzare l’organizzazione degli stessi bambini ed adolescenti lavoratori, la loro emergenza storica, il loro diritto ad essere riconosciuti come gruppo sociale. Questa posizione non recrimina il lavoro minorile soltanto perché svolto dai bambini, in quanto riconosce anche ai minori il diritto a lavorare e dare il loro apporto alla famiglia. Condanna il lavoro minorile deleterio per il minore, considerando però di caso in caso fattori come il tipo di mansione, l’orario di lavoro, il grado di esposizione a rischi, l’età del soggetto, le sue possibilità di accesso all’educazione, il tipo di relazione vissuta dal bambino con la sua famiglia. Invece di una drastica e indifferente abolizione, cerca di rendere il lavoro il più adatto e costruttivo possibile ai bambini.

3) Posizione di APPROCCIO PRAGMATICO: parziale rivisitazione dell’approccio abolizionistico: i bambini non dovrebbero comunque lavorare, ma visto che spesso questo è impossibile si cerca di contenere gli effetti più negativi del fenomeno. La scuola, intesa ancora secondo il modello occidentale, rimane comunque il luogo ideale dove il bambino dovrebbe trascorrere la maggioranza del suo tempo; al lavoro si riconoscono blande potenzialità formative per i bambini, ma non si tenta realmente di portare avanti progetti incentrati su un lavoro infantile che non nuoce e sul protagonismo di chi lo realizza. Le Organizzazioni, come per esempio l’Unicef, che seguono più o meno quest’approccio, rivolgono la loro attenzione all’abolizione delle forme peggiori di lavoro infantile, che sono in realtà forme di sfruttamento del minore, e che non possono essere considerate lavoro ma crimine contro l’umanità; ne sono un esempio la prostituzione, lo spaccio di droga, l’utilizzo di bambini nei conflitti armati, la tratta dei bambini.

Per quel che riguarda l’Africa, in moltissimi paesi il lavoro minorile rappresenta ancora una ferita aperta. In Senegal, ad esempio, il 40% dei bambini al di sotto dei 15 anni è impiegato in attività lavorative. La maggior parte dei bambini è impiegata nell’agricoltura. Più precisamente, secondo una recente inchiesta dell’OIL, tre minori su quattro in Senegal sono impegnati in un’attività agricola: di questi il 20% lavora insieme ai propri familiari, il 10& non è remunerato e il 5% è dedito alla pastorizia. In campagna, più del 90% delle bambine lavoratrici è impiegata nei lavori agricoli e contemporaneamente nei lavori domestici. L’80% dei ragazzi aiuta la famiglia senza essere pagato. Il 5% svolge un’attività autonoma e circa il 10% dei ragazzi è apprendista (ma solo una ragazza su 200 riesce ad ottenere questa qualifica).

Proprio in Senegal, vista anche la grande diffusione del lavoro minorile, sono nati i primi movimenti di organizzazione di lavoratori minorenni, come l’African Movement for Working Children o Youth in Africa, che mirano a regolamentare il fenomeno e a restituire ai piccoli lavoratori diritti indispensabili per la loro età, e che lavorano per costringere i leader mondiali ad ascoltare le loro preoccupazioni e ad agire per migliorare una situazione in questo momento disastrosa.
In particolare, il Movimento Africano vuole la realizzazione di 12 diritti:

• Diritto all’istruzione professionale
• Diritto a rimanere nei propri villaggi (senza doversi trasferire in città)
• Diritto ad esercitare l’attività lavorativa in tutta sicurezza
• Diritto ad un lavoro leggero e limitato
• Diritto al riposo per malattia
• Diritto di essere rispettati
• Diritto di essere ascoltati
• Diritto alle cure mediche
• Diritto di imparare a leggere e a scrivere
• Diritto al gioco e al tempo libero
• Diritto ad esprimersi ed organizzarsi
• Diritto ad una giustizia equa in caso di problemi.

Basterebbe che venissero attuati questi fondamentali diritti, per mutare totalmente la realtà del lavoro minorile favorendo così la crescita armonica di tutti i bambini che attualmente lavorano e crescono in condizioni terribili.

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