La Russia

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Testo

Russia Ufficialmente Federazione Russa, repubblica indipendente dell’Europa nordorientale e dell’Asia settentrionale, costituita il 25 dicembre 1991 e comprendente 21 repubbliche, 1 oblast (regione) e 10 okrugs (territori) autonomi. Con una superficie di 17.075.400 km2, più di un nono della superficie totale della terra, è la nazione più estesa del mondo. Da nord a sud il paese si estende per più di 4000 km, dal confine meridionale segnato dalla catena montuosa del Caucaso alle isole artiche nel mare di Barents. Da est a ovest il territorio si estende per circa 10.000 km, dalla costa orientale del mar Baltico fino all’isola di Grande Diomede, nello stretto di Bering.
La Russia confina a nord con i mari di Barents, di Kara, di Leptev, della Siberia Orientale e di uki, settori del mar Glaciale Artico; a est con l’oceano Pacifico, lo stretto di Bering, che la separa dall’Alaska, il mare di Bering, il mare di Ohotsk e il mar del Giappone; a sud-est con l’estremità nordorientale della Corea del Nord; a sud con la Cina, la Mongolia, il Kazakistan, l’Azerbaigian, la Georgia e il mar Nero; a sud-ovest con l’Ucraina; a ovest con la Bielorussia, la Lettonia, l’Estonia, il golfo di Finlandia e la Finlandia.
La Russia possiede inoltre, nel mar Glaciale Artico, l’arcipelago di Francesco Giuseppe e le isole di Novaja Zemlja, Vajgac, Severnaja Zemlja, Nuova Siberia e Wrangel; nell’oceano Pacifico le isole delle Curili e la grande isola di Sahalin.
Il territorio può essere suddiviso in tre grandi regioni: la Russia europea, a ovest degli Urali; la Siberia, che dai versanti orientali degli Urali si estende fino all’oceano Pacifico, e la Russia estremo-orientale, che comprende la frangia costiera del Pacifico.
Territorio
La Russia presenta una morfologia molto complessa, comprendente una grande varietà di strutture geologiche. Molto semplicemente, l’ampio territorio consiste in una vasta pianura che si estende nelle zone occidentali e settentrionali del paese, orlata nelle sezioni meridionali e orientali da una discontinua catena di rilievi e altipiani che occupano gran parte della Siberia e si estendono fino alla costa del Pacifico.
La pianura
Il territorio della Russia europea è sostanzialmente formato da un’unica grande pianura la cui elevazione media è di circa 180 m. La regione nordoccidentale, vicino al confine con la Finlandia, presenta una topografia irregolare creata da zone di affioramento di rocce dure, ignee e metamorfiche dovute all’erosione delle rocce sedimentarie. Qui la massima elevazione è costituita dai 1191 m dei monti Khibiny, nella sezione centrale della penisola di Kola. Più a sud si incontrano le pianure della Carelia mentre nella sezione centrale si trovano i rilievi collinari del Rialto Centrale Russo, delle Alture del Don e delle Alture del Volga. La sezione meridionale comprende le fertili pianure bagnate dal mar Nero e dal mar Caspio, attraversate dal Don, dal Volga e dall’Ural, e la catena del Caucaso che, estesa tra i due mari, culmina nei 5642 m del massiccio vulcanico dell’Elbrus.
Di origine glaciale sono le ampie aree paludose, tra le quali il Bassopiano di Mescera a sud-est di Mosca. Attraversata dal fiume Oka, questa pianura poveramente drenata era occupata da un lago quando il ghiaccio bloccò i corsi d’acqua che attualmente si svuotano parzialmente in queste zone. La glaciazione più recente, risalente a circa 10.000 anni fa, formò dei depositi morenici che dalle regioni a est del confine con la Bielorussia si estendono fino alla costa artica a ovest del fiume Peora.
La regione siberiana
A est della pianura sarmatica si innalzano i monti Urali, la cui elevazione media è di circa 600 m. I versanti orientali degli Urali digradano verso la pianura siberiana occidentale, un’area in prevalenza paludosa, attraversata dal fiume Ob, delimitata a sud dai monti del Kazakistan e dell’Altaj e comprendente i bacini carboniferi del Kuzbass.
A est del fiume Jenisej la morfologia della regione siberiana muta radicalmente. Da qui si estende l’altopiano della Siberia centrale la cui altitudine media è di circa 600 m. La complessa struttura geologica di questa regione è costituita da un basamento di rocce ignee e metamorfiche sul quale poggiano in molti punti rocce sedimentarie e lava vulcanica. L’altopiano, inospitale e pressoché disabitato, è ricco di risorse minerarie.
A est del fiume Lena l’altopiano si innalza nelle elevate catene montuose della Siberia orientale tra le quali i monti Verkojansk, erski e Kolyma con altitudini comprese tra i 2300 e i 3200 m. Verso est, in direzione dell’oceano Pacifico, i rilievi sono più aspri e frequente è l’attività vulcanica. Nella penisola di Kamatka ci sono più di cento vulcani, dei quali più di venti sono attivi. Questi rilievi culminano nei 4750 m del Kljuevskaja Sopka e appartengono a una catena che si estende verso sud fino alle isole Curili. La Russia presenta un lunghissimo litorale che si estende per più di 32.000 km lungo l’oceano Pacifico e il mar Glaciale Artico; gran parte della costa è bagnata da acque ghiacciate per lunghi periodi dell’anno.
Idrografia
Il più lungo sistema idrografico del paese è rappresentato dai fiumi Ob e Irtysh che, insieme, scorrono per 5410 km dalla Cina nordoccidentale attraverso l’altopiano siberiano per sfociare nel mar Glaciale Artico. Il secondo sistema per lunghezza è formato dai fiumi Amur, Šilka e Onon, che dalla Mongolia settentrionale scorrono verso est per 4416 km, segnando il confine tra Cina e Siberia: l’Amur è l’unico fiume russo tributario dell’oceano Pacifico.
Tra i fiumi che sfociano nel mar Glaciale Artico i principali sono lo Jenisey, il Lena, l’Irtysh, l’Ob e il Kolyma mentre nel mar Caspio sfociano il Volga, il fiume più lungo d’Europa che, insieme ai suoi due affluenti principali, il Kama e l’Oka, drena una vasta porzione della sezione orientale della pianura sarmatica, e l’Ural.
Altri fiumi di rilievo sono il Don, che attraversa la sezione meridionale della pianura russa e defluisce nel mar d’Azov, una diramazione del mar Nero, il Narva e il Daugava, che scorrono in direzione nordoccidentale fino al mar Baltico; il Peora, il Dvina Settentrionale, il Mezen e l’Onega tributari del mar Glaciale Artico e del mar Bianco. Nella pianura caucasica settentrionale, i due più importanti fiumi per l’irrigazione sono il fiume Kuban, che nasce nel monte Elbrus e scorre verso ovest fino al mar d’Azov, e il fiume Terek, che scorre verso nord-est e tributa nel mar Caspio.
Il governo sovietico ha avuto un ruolo attivo nella costruzione di grandi dighe per scopi energetici, d’irrigazione, di controllo delle piene e di navigazione. Di queste costruzioni le più imponenti si trovano nei sistemi idrografici del Volga-Kama e del Don, dello Jenisej-Angara e dell’Ob-Irtysh, in Siberia.
I principali laghi russi si trovano nelle zone nordoccidentali del paese. Il più esteso è il mar Caspio che, con una superficie di 371.000 km2, è il maggiore bacino lacustre del mondo. Seguono in importanza il lago Bajkal, con una superficie di 31.468 km2, situato nella Siberia meridionale e il Ladoga e l’Onega, che si trovano nella cosiddetta Regione dei Grandi Laghi della Russia europea nordoccidentale.
Clima
La rigidezza del clima è conseguenza delle alte latitudini, della vastità delle superfici pianeggianti e dell’assenza di barriere naturali che impediscano il passaggio delle correnti fredde polari. L’inverno è quindi molto lungo e freddo mentre l’estate è relativamente breve e temperata.
Le calde influenze dell’oceano Pacifico non raggiungono mai le regioni più interne del paese, soprattutto durante l’inverno quando una grande e fredda cella d’alta pressione, centrata nella Mongolia, interessa quasi tutta la Siberia e la sezione estremo orientale della Russia. L’influenza atlantica raggiunge la Russia dopo aver attraversato l’intera area occidentale dell’Europa ed essere stata quindi sottoposta a notevoli cambiamenti. Essa penetra nella zona continentale soprattutto durante l’estate, quando un sistema di bassa pressione prevale su tutto il territorio e l’aria calda e umida dell’Atlantico riesce a spingersi verso est fino alla Siberia centrale. Una delle conseguenze principali di questa azione è il manifestarsi di precipitazioni, molto importanti per l’agricoltura.
Le precipitazioni annue nella maggior parte del paese sono modeste: nella pianura russa la media annua varia da circa 800 mm nella sezione occidentale fino ai 400 mm circa lungo la costa del mar Caspio. In tutta la Siberia e nelle regioni estremo orientali, oscilla tra i 500 e gli 800 mm, raggiungendo anche i 1000 mm nelle zone più elevate e minimi di circa 300 mm nelle depressioni interne.
Durante l’inverno le temperature più basse si registrano nella Siberia orientale: a gennaio le temperature scendono di solito fino a -48,9 °C, ma la minima storica registrata in questa regione è stata di -67,8 °C a Verhojansk, zona soprannominata “polo del freddo”. Lungo le coste artiche e pacifiche la temperatura scende fino a -50 °C a causa dei forti venti.
A Mosca la media delle temperature a gennaio e a luglio è rispettivamente di -9,4 °C e 18,9 °C; a Vladivostok, nella Siberia orientale, di -14,4 °C e di 18,3 °C.
Flora
In Russia si distinguono diversi tipi di vegetazione in corrispondenza delle diverse fasce climatiche e della varia composizione dei suoli. Nell’estremo nord cresce una vegetazione tipica della tundra, composta di muschi, licheni e bassi arbusti; in questa regione prevale il permafrost, suolo perennemente gelato i cui strati superficiali possono subire un parziale disgelo durante la stagione estiva.
A sud della regione artica si estende la taiga che occupa circa due quinti della Russia europea e giunge fino a coprire la maggior parte della Siberia e la Russia estremo orientale. Qui crescono in prevalenza conifere, pioppi e betulle che in alcune zone hanno una distribuzione molto sparsa a causa dello scarso drenaggio dei suoli. Attraverso la maggior parte dell’altopiano siberiano centrale e delle montagne della regione estremo orientale abbonda il larice, tipo deciduo di conifere.
Una foresta mista, composta da conifere e latifoglie, occupa la zona centrale della pianura russa orientale, da San Pietroburgo nel nord fino al confine con l’Ucraina al sud. Qui le specie dominanti sono la quercia, la betulla, l’acero e il carpino bianco; foreste simili crescono inoltre in molte regioni della Russia estremo orientale, lungo parte della valle del fiume Amur e, a sud, lungo la valle del fiume Ussuri. Qui i suoli sono grigi-marroni e non sono così improduttivi come nella taiga settentrionale; adeguati metodi agricoli e sistemi di fertilizzazione possono renderli assai fertili.
Dalla sezione centrale della pianura russa alla valle del Volga e in parte della Siberia occidentale si estende la steppa dove i suoli sono neri e fertili, ricchi di humus e minerali, e particolarmente adatti alla coltivazione dei cereali.
Fauna
In Russia vivono molte specie animali. Le specie più diverse si incontrano nella tundra artica, sulla costa pacifica settentrionale e sulle isole e comprendono l’orso polare, la foca, il tricheco, la volpe polare, la renna e il leprotto bianco. Tra gli uccelli abbondano la pernice bianca, i gufi polari, i gabbiani e la gavia. Cigni e anitre migrano in questa regione durante l’estate mentre le acque dei torrenti sono ricche di pesci. La foresta della taiga costituisce un habitat ideale per alci, orsi bruni, renne, linci e un’ampia varietà di uccelli, tra i quali gufi e usignoli, mentre nelle paludi vivono topi muschiati del Canada e scoiattoli. Le foreste di latifoglie ospitano cervi, lupi, volpi, visoni e una varietà di uccelli, serpenti, lucertole e tartarughe. Le foreste delle regioni meridionali della Russia orientale sono note per la presenza delle tigri Ussuri oltre che di ghepardi, orsi e alci. La steppa è abitata principalmente da roditori e da ungulati tra i quali l’antilope della steppa. I principali animali da preda sono la puzzola europea e la volpe tartara, gli uccelli più diffusi la gru, l’aquila e il gheppio. Sui rilievi del Caucaso vivono camosci, cervi, cinghiali, leopardi, iene, sciacalli oltre a numerosi rettili e anfibi.
Risorse minerarie
La Russia possiede le più grandi riserve di risorse minerarie del mondo. Circa un terzo delle riserve mondiali di si trovano in territorio russo e si ritiene che la nazione possieda ingentissime riserve di petrolio. I più ricchi giacimenti di carbone sono situati in Siberia e nella Russia estremo orientale, i più sviluppati nella Siberia occidentale, nella Russia europea nordorientale, nella regione di Mosca e negli Urali. I principali giacimenti petroliferi si trovano nella Siberia occidentale e nella regione del Volga-Urali. Di rilievo sono inoltre i giacimenti di gas naturale della costa artica siberiana, della regione del Caucaso settentrionale e della repubblica autonoma di Komi, nella Russia europea nordorientale. Nei pressi di Kursk si trova un grandissimo giacimento di minerali di ferro mentre giacimenti minori di manganese si trovano nella zona degli Urali. Altri minerali importanti come il nichel, il tungsteno, il cobalto e il molibdeno sono presenti in molte aree del paese.
La Russia possiede inoltre importanti quantitativi di metalli non ferrosi quali il rame. Piombo e zinco abbondano nel Caucaso settentrionale, nella Russia estremo orientale e al confine occidentale del bacino di Kuzbass, in Siberia. La Russia possiede inoltre una delle più grandi riserve d’oro al mondo, oltre a giacimenti di mercurio e amianto.
Da sottolineare inoltre la materia prima per l’industria chimico-manifatturiera come i sali di potassio e di magnesio negli Urali occidentali. Nella penisola di Kola si trova uno dei giacimenti più grandi del mondo di apatite, minerale da cui deriva il fosfato. Negli Urali sudoccidentali e a sud-ovest del lago Bajkal si trovano inoltre estesi depositi di sale naturale.
Popolazione
In base al censimento del 1995 la Russia ha una popolazione di 148.249.000 abitanti costituita da una delle più vaste varietà di gruppi etnici del mondo, molti dei quali amministrano autonomamente i propri territori.
Caratteristiche
La popolazione russa presenta una distribuzione alquanto disomogenea ed è concentrata soprattutto nelle zone fertili e nei centri minerari e industriali. La maggior parte degli abitanti si trova nella Russia europea, soprattutto nel cosiddetto triangolo fertile situato lungo il confine occidentale tra il mar Baltico e il mar Nero. Dopo la seconda guerra mondiale il paese è stato testimone di migrazioni verso est, specificatamente verso la Siberia meridionale e la Russia estremo orientale, incoraggiate dal governo sovietico. Nella maggior parte delle zone rurali della Russia europea, la densità media è di circa 25 persone per km2 mentre in più di un terzo del territorio si registra una densità inferiore a una persona per km2.
Composta per l’80% circa da russi, la popolazione del paese comprende minoranze tatare (3,8%) e ucraine (3%). Altre minoranze di rilievo sono rappresentate da bielorussi, tedeschi, ciuvasci, baschiri e ebrei. Esistono inoltre numerosissime etnie sparse in tutto il paese.
Suddivisioni amministrative e città principali
Tre quarti della popolazione russa abita nei distretti urbani del paese. Tredici città hanno più di un milione di abitanti e la maggior parte di esse si trova nella zona della Russia europea. La capitale è Mosca, con una popolazione di 8.792.900 abitanti nel 1993; altre città di rilievo sono San Pietroburgo (4.456.000 milioni di abitanti), capitale dal 1712 al 1918, importante centro portuale e distretto industriale sul golfo di Finlandia; Nizni Novgorod (1.438.000 abitanti), la più grande città lungo il Volga e importante centro dell’industria automobilistica e cantieristica; Novosibirsk (1.436.000 abitanti), la principale città della Siberia; Jekaterinburg (1.367.000 abitanti), negli Urali, e Samara (1.257.000 abitanti) importante centro di raffinazione del petrolio nella regione del Volga-Urali. Altre città di rilievo con più di un milione di abitanti sono Omsk, Celjabinsk, Kazan, Perm, Ufa, Rostov-na-Donu, e Volgograd.
Lingua e religione
La Russia è caratterizzata da una grande pluralità linguistica e alcune repubbliche hanno dichiarato la propria lingua di stato. La lingua russa, comunque, è la più utilizzata per quanto riguarda le attività commerciali, governative e educative.
Le attività religiose, controllate e scoraggiate dal Partito comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) per più di settant’anni, si sono manifestate dopo lo scioglimento dell’URSS, nella diffusione di numerose sette e confessioni. Si è verificato un risveglio delle religioni tradizionali, principalmente il cristianesimo ortodosso; minoranze musulmane popolano principalmente le repubbliche del Caucaso settentrionale e la regione del medio corso del Volga e gruppi buddhisti vivono soprattutto nella Repubblica dei Calmucchi situata sulle sponde nordoccidentali del mar Caspio. Comunità di ebrei e cristiani non ortodossi si trovano sparse in tutto il paese.
Il cristianesimo ortodosso russo (vedi Chiese ortodosse), che gli slavi orientali mutuarono dal vicino impero bizantino nel X secolo, è la religione professata da circa 40 milioni di persone, un quarto della popolazione del paese. La Chiesa ortodossa russa comprende al suo interno una fazione intollerante, nazionalista e antisemita contrastata da un’altra corrente più tollerante ed ecumenica nei confronti delle questioni secolari. Tuttavia, la minaccia più grave all’unità della Chiesa ortodossa è oggi rappresentata dalla rinascita della Chiesa uniate dell’Ucraina, che pratica riti ortodossi ma riconosce la supremazia del papa cattolico.
Istruzione e cultura
Le agenzie educative e le istituzioni culturali russe, che in precedenza erano rigidamente controllate dal PCUS, fruirono di maggior libertà con la politica della glasnost (“trasparenza”) avviata da Michail Gorbaciov. I piani di studio, prima finalizzati all’addestramento ideologico, furono liberalizzati, le scuole pubbliche adottarono nuovi sistemi d’insegnamento e le scuole private furono riattivate. Con lo scioglimento dell’URSS, tuttavia, le istituzioni educative e culturali hanno profondamente risentito della crisi economica che ha colpito il paese.
La Russia ha ereditato dal periodo sovietico un sistema d’istruzione organizzato ed efficiente. Le autorità sovietiche avevano attivato un’estesa rete di agenzie educative, comprendente la prescuola e le scuole elementari, secondarie e superiori; era inoltre previsto un sistema di istruzione gratuita per gli adulti. Attualmente la scuola elementare comincia all’età di sei anni e dura quattro anni. L’istruzione intermedia prosegue dal quinto fino al nono anno dopo il quale i ragazzi possono scegliere tra le scuole superiori o gli istituti tecnico-professionali che prevedono addestramenti diretti al lavoro.
Nel 1991 la Russia contava 519 centri di istruzione superiore, frequentati da 2.763.000 studenti. I principali atenei del paese sono l’università Lomonosov di Mosca, fondata nel 1755, l’università di San Pietroburgo (1819), l’università di Kazan (1804) e l’università di Novosibirsk (1959). Oltre alle università e agli istituti superiori esiste l’Accademia delle scienze, una delle più note organizzazioni a livello mondiale per la ricerca scientifica.
Istituzioni culturali
La maggior parte degli istituti culturali si trovano a Mosca e a San Pietroburgo. Tra i più importanti si ricordano a San Pietroburgo, il Museo dell’Ermitage e a Mosca il Museo del Cremlino, la Galleria Tretjakov, che possiede collezioni importanti di arte russa, il Museo Puškin, che raccoglie opere d’arte di tutto il mondo, e il Museo della Rivoluzione.
La Russia possiede inoltre migliaia di biblioteche, tra cui le più note sono la Biblioteca Lenin di Mosca, la Biblioteca statale Saltykov-Scedrin di San Pietroburgo, la Biblioteca dell’Accademia delle Scienze e la Biblioteca dell’università Lomonosov.
I più noti teatri della capitale sono il Bolšoj (“grande”), il Malyj (“piccolo”), e il Teatro d’Arte di Mosca. Molte delle più importanti rappresentazioni dell’opera e del corpo di ballo del Bolšoj vengono rappresentate al palazzo del Congresso del Cremlino. Altri importanti teatri di Mosca sono il Teatro centrale dei bambini e il Teatro delle Marionette. A San Pietroburgo si ricordano il Teatro Mariinskij e il Teatro Puškin.
Per informazioni riguardanti la cultura russa vedi letteratura russa, arte e architettura russa e cinema russo.
Economia
Come tutte le repubbliche sovietiche, la Russia è stata colpita fortemente dallo scioglimento dell’URSS. Le attività imprenditoriali in Russia sono diminuite di circa un terzo dalla fine degli anni Ottanta e il tasso di inflazione ha raggiunto il 1000% all’anno. Il valore del rublo è sceso rapidamente dal cambio di 0,6 rubli per 1 dollaro USA nel 1988 a più di 1000 rubli per un dollaro nel 1993. Il grande disavanzo nazionale ereditato dal periodo sovietico rappresenta circa un quinto del prodotto interno lordo del paese.
Le cause della crisi economica sono state lo sconvolgimento dei tradizionali modelli di scambio e il ritardo nell’attuazione delle riforme economiche. Il commercio tra la Russia e le altre ex repubbliche sovietiche con le nazioni dell’Europa orientale è entrato in crisi alla fine degli anni Ottanta, quando queste ultime ottennero l’indipendenza da Mosca e dal sistema commerciale centralizzato: esso è penalizzato dai conflitti riguardanti le condizioni commerciali, soprattutto sul prezzo del petrolio russo esportato.
Le riforme, fortemente inseguite dal presidente Boris Eltsin dall’inizio del 1992, furono accolte con molta diffidenza da parte degli industriali conservatori. Nonostante le proteste dei funzionari del governo, la Banca Centrale Russa finanziò società inefficienti contribuendo a incrementare l’inflazione e ad allargare il disavanzo pubblico. A metà del 1993 la Banca Centrale cominciò a seguire le direttive del governo e alla fine del 1993 circa un terzo delle aziende pubbliche sono state privatizzate.
Agricoltura
Il lento processo di privatizzazione delle aziende ha avuto ripercussioni negative nel settore agricolo. Nel 1995 gran parte dei terreni coltivabili erano ancora gestiti da aziende statali e solo una minima parte era affidata ad affittuari privati.
Le principali aree agricole del paese sono limitate al cosiddetto “triangolo fertile”, tra il mar Baltico e il mar Nero, ad alcune zone lungo il margine sudoccidentale della Siberia e alla regione estremo orientale. I principali prodotti dell’agricoltura sono orzo, avena, segale e patate, dei quali la Russia è il maggiore produttore del mondo, oltre a frumento, barbabietole, semi di girasole e ortaggi, riso, grano saraceno e miglio. Tra le colture frutticole di rilievo è la produzione di mele, pere e ciliegie.
Silvicoltura
La Russia vanta un ricchissimo patrimonio forestale ed è uno dei primi produttori del mondo di legname e di prodotti da esso derivati. La maggior parte della produzione consiste in legno di conifere (pini, abeti e larici) e di betulla, ricavato soprattutto nelle regioni nordoccidentali della Russia europea, degli Urali centrali, della Siberia meridionale e della Russia estremo orientale meridionale. Circa un quinto del legname abbattuto stagionalmente viene usato come combustibile.
Molte foreste si trovano in aree meno accessibili della Siberia e della Russia europea settentrionale; qui crescono soprattutto larici difficilmente sfruttabili a causa dell’elevato contenuto di resina. Lo sfruttamento su grande scala di queste foreste non è quindi redditizio in quanto presenta difficoltà di estrazione, trasporto e lavorazione che potrebbero essere risolte con l’impiego di tecnologie avanzate.
Pesca
L’industria russa della pesca è una delle più importanti del mondo dopo quella del Giappone, della Cina e degli Stati Uniti. Il potenziamento del settore è avvenuto soprattutto attraverso lo sviluppo di riserve marine e di vivai nei bacini artificiali, nei serbatoi d’irrigazione e nei canali. Come risultato, negli anni Ottanta l’URSS si posizionò seconda dopo il Giappone per quanto riguarda il quantitativo di pescato.
Tra le principali specie commerciali delle acque interne ci sono lo storione del mar Caspio, dal quale si ricavano grandi quantità di caviale, e lo storione Kaluga che vive nelle acque dell’Amur e può raggiungere una lunghezza di 6 metri e una tonnellata di peso.
Il 25% circa del quantitativo di pescato proviene dall’Atlantico e dal mar Glaciale Artico, il 60% dall’oceano Pacifico. Kaliningrad è il principale porto sul mar Baltico dove si pescano soprattutto aringhe e spratti. Altri porti di rilievo sono San Pietroburgo, sul golfo di Finlandia, e Murmansk e Arkhangelsk sulla costa artica occidentale.
Vladivostok è il principale porto e centro di lavorazione del pesce della costa pacifica; grazie alle sue acque fredde, il mare di Okhotsk è una delle zone più pescose del paese. Qui le specie più diffuse sono il salmone e il granchio Kamchatka, l’aringa e il merluzzo.
Nel 1988 il paese ha ufficialmente bandito la caccia alla balena, un tempo attività particolarmente fiorente soprattutto nei mari artici.
Produzione mineraria
Il settore minerario è molto importante per l’economia del paese. Il paese è il principale esportatore al mondo di minerali di ferro (12 milioni di tonnellate nel 1990) estratti soprattutto a Kursk, nella Russia centromeridionale. Importanti sono inoltre le esportazioni di rame (168.000 tonnellate nel 1990) e nichel (127.000 tonnellate nel 1990), provenienti soprattutto da giacimenti situati negli Urali e nella penisola di Kola, e di oro. Giacimenti di bauxite si trovano principalmente negli Urali e nella Russia europea nordoccidentale, nella Siberia occidentale e nella regione estremo orientale vicino alla foce del fiume Amur. Lo stagno viene estratto nella Siberia nordorientale, il piombo e lo zinco nella Siberia e nella regione estremo orientale. Da sottolineare infine i giacimenti di manganese negli Urali, nella Siberia occidentale e nella regione estremo orientale.
Industria
L’industria russa si avvale di tecnologie piuttosto arretrate rispetto agli altri paesi, a esclusione del settore aerospaziale. Nel pianificare l’industrializzazione il governo sovietico dedicò particolare attenzione alla distribuzione geografica dei vasti complessi industriali, concentrando inizialmente gli stabilimenti manifatturieri nei distretti di Mosca e di San Pietroburgo, e privilegiando i settori siderurgico e metalmeccanico. Simultaneamente fu dato avvio all’opera di elettrificazione di alcune aree, come gli Urali, dove si trovano ingenti riserve minerarie e di carbone, e alcune regioni della Siberia. Con la progressiva realizzazione dei Piani quinquennali furono sviluppati grandi complessi manifatturieri che sfruttavano le risorse naturali della regione, sviluppo che in un secondo tempo interessò anche le regioni orientali del paese.
Particolare rilievo hanno in Russia l’industria dei trasporti, soprattutto nel settore ferroviario, e la cantieristica navale che ha il suo centro principale a San Pietroburgo, sul mar Baltico; strutture di più modeste dimensioni si trovano a Kaliningrad sul mar Baltico, a Arkhangelsk sul mar Bianco e in alcuni centri situati lungo la costa pacifica. L’industria automobilistica ha i suoi centri principali nella Russia europea. Il progetto più ambizioso in questo settore, sviluppato durante l’ottavo Piano quinquennale (1966-1970), fu la costruzione di un grande stabilimento a Togliatti, nella Russia europea orientale, la cui capacità di produzione era di 660.000 autoveicoli annui. Altre officine importanti si trovano a Mosca, Niny Novgorod e Izhevsk. Per quanto riguarda i macchinari agricoli, la Russia era un tempo il maggior produttore di trattori del mondo ma il settore risente oggi di una profonda crisi.
L’importante industria tessile del paese poggia sulla produzione di fibre artificiali, di filati di cotone e di lana e di tessuti di lino e di seta naturale. L’industria tessile è uno dei principali settori colpiti dallo scioglimento dell’URSS, poiché molte repubbliche erano importanti fornitori di materie prime. Quasi tutto il cotone greggio proveniva, ad esempio, dalle repubbliche sovietiche dell’Asia centrale e dall’Azerbaigian. Nel 1992 la produzione tessile subì un calo del 50%.
Per quanto riguarda l’industria alimentare, la maggior parte della produzione di ortaggi e frutta viene lavorata direttamente perché la vendita di prodotti freschi è ostacolata dalla scarsità di impianti bene attrezzati per la refrigerazione e dal costo dei trasporti.
Risorse energetiche
La Russia è uno dei pochi paesi sviluppati che provvede autonomamente al proprio fabbisogno di risorse energetiche. Non solo è autosufficiente nella produzione di combustibile minerale, ma è anche in grado di esportarne ingenti quantitativi. Fino al 1955 il carbone era la principale fonte energetica, sostituito negli anni Settanta dal petrolio e dal gas naturale ricavati soprattutto dai giacimenti della Siberia occidentale e della fascia Volga-Urali.
Altre importanti fonti energetiche sono rappresentate dal potenziale idroelettrico e nucleare. Il primo sfrutta le importanti centrali costruite lungo i grandi fiumi della Siberia, soprattutto lo Jenisej e l’Angara, mentre l’energia nucleare viene prodotta da circa quaranta centrali. L’incidente di ernobyl nel 1986 indusse le autorità sovietiche ad abbandonare i programmi di espansione nucleare ripresi dal governo russo nel 1992.
Trasporti
In Russia l’intera rete dei trasporti è controllata dallo stato. Il governo sovietico privilegiò strutture atte a spostare grandi quantitativi di merci e di persone con il minor costo possibile, a volte sacrificando la convenienza del consumatore in favore della massima efficienza. La rete maggiormente sviluppata è quella ferroviaria, soprattutto nella Russia europea, collegata dalla nota Transiberiana alle regioni della costa pacifica. Un’efficiente rete di oleodotti e gasdotti ha permesso l’espansione dell’industria mentre la navigazione marittima ha contribuito allo sviluppo del commercio estero.
Alla fine degli anni Ottanta la flotta mercantile dell’URSS era tra le più grandi del mondo, con più di 6700 imbarcazioni. I principali porti civili sono Novorossiysk sul mar Nero, San Pietroburgo e Kaliningrand sul mar Baltico, Nakhodka, Vostochnyy, Vladivostok e Vanino sulla costa del Pacifico, Murmansk e Arkhangelsk sulla costa artica.
Il fiume Volga è la principale idrovia interna su cui si svolge la metà del traffico fluviale del paese. La navigazione lungo il Volga fu potenziata con la costruzione di alcune grandi dighe e dei canali Volga-Don, che fornisce uno sbocco sul mar Nero, e Volga-Baltico. I principali porti sul Volga sono Rybinsk, Nizhny Novgorod, Samara, Volgograd e Astrakhan. Un altro porto di rilievo è Rostov-na-Donu, sul mare d’Azov, vicino alla foce del Don. I porti di Mosca sono collegati al sistema del Volga attraverso il canale di Mosca. In Siberia e nella Russia estremo orientale i fiumi rappresentano gli unici sistemi di trasporto nelle regioni che non sono percorse da reti ferroviarie.
Flussi monetari e banche
L’unità monetaria è il rublo di cui, per molti decenni, il governo sovietico non permise la circolazione nei mercati esteri. Alla fine del 1991 il governo ne liberalizzò il cambio causando una pesante svalutazione della moneta. Il rublo continua a essere la moneta ufficiale in molte delle ex repubbliche sovietiche.
La struttura del sistema bancario russo è cambiata notevolmente dalla metà degli anni Ottanta. Negli ultimi anni dell’URSS le banche sussidiarie della Gosbank, la banca federale del paese, furono trasformate in banche commerciali, riorganizzate sotto la nuova Banca Centrale Russa, e divise in due tipologie: le banche che servono le aziende statali e quelle al servizio del settore privato. Solo dodici banche straniere hanno avuto il permesso per operare nel paese.
Dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla metà degli anni Ottanta, le considerazioni politiche imponevano che i principali partner commerciali dovessero essere i paesi socialisti, principalmente le nazioni dell’Europa orientale: i maggiori scambi avvenivano con la Repubblica Democratica Tedesca, la Cecoslovacchia, la Polonia, l’Ungheria e la Bulgaria. Tra i paesi non appartenenti al blocco socialista c’erano la Repubblica Federale Tedesca, l’Italia e il Giappone.
Negli ultimi anni il commercio estero russo è cambiato radicalmente. Attualmente sono i paesi occidentali i principali partner commerciali della Russia: di questi il principale è la Germania mentre soltanto il 20% delle esportazioni del paese è destinato ai paesi un tempo membri del Comecon; importanti scambi avvengono inoltre con le ex repubbliche sovietiche.
Ordinamento dello stato
La costituzione, approvata nel dicembre del 1993, attribuì al presidente della federazione ampi poteri, tra i quali quello di sciogliere la Duma (la camera bassa), e istituì un sistema parlamentare bicamerale. Il presidente è affiancato dal primo ministro che può farne le veci in caso di decesso o assenza.
Il potere esecutivo fa capo al presidente che ricopre anche la carica di comandante supremo delle forze armate e presiede il Consiglio di sicurezza, organismo decisionale per la difesa centrale. Assieme al ministro della Difesa, il presidente ha il controllo dei codici di lancio nucleare. Egli ha inoltre il potere di nominare il primo ministro, soggetto a ratifica della Duma. Se la Duma rifiuta la nomina di un candidato, il presidente può sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni.
L’Assemblea Federale è composta da due camere, la Duma di Stato, o Camera dei deputati, e il Consiglio della Federazione. I 450 membri della Duma sono eletti dal voto popolare. Il Consiglio della Federazione è composto di rappresentanti di ognuna delle 89 repubbliche e regioni che compongono la Federazione Russa. I parlamentari eletti nel dicembre del 1993 hanno avuto un mandato di soli due anni. Dal 1996 i mandati hanno una durata di quattro anni.
Il supremo organo giudiziario del paese è la Corte costituzionale, formata da tredici membri, creata nell’ottobre del 1991 dal Congresso dei deputati del popolo, che rappresentava la massima autorità legislativa quando era ancora in vigore la costituzione del 1977, poi modificata dalla nuova Duma nell’aprile del 1994. I giudici sono eletti con un mandato di 12 anni e hanno il compito di controllare la costituzionalità dei provvedimenti emanati dai poteri legislativo ed esecutivo.
La Russia è composta da 21 repubbliche, 1 regione autonoma (oblast), 10 territori (okrugs) e da 55 divisioni amministrative suddivise in 49 province e 6 territori (kraj). Vi sono inoltre due municipalità metropolitane: Mosca e San Pietroburgo. Queste divisioni variano notevolmente per superficie, dalla Repubblica della Jacuzia che ha una superficie di oltre 3,1 milioni di km2 alla Repubblica di Adigezia la cui superficie è di 7600 km2.
Le repubbliche costituenti della Russia sono:
Repubblica dell’Adigezia
Repubblica dell’Altaj
Repubblica dei Baschiri
Repubblica dei Buriati
Repubblica dei Ceceni
Repubblica dei Ciuvasci
Repubblica del Dagestan
Repubblica degli Ingusci
Repubblica di Cabardino-Balcaria
Repubblica dei Calmucchi
Repubblica Karaajevo-Cerkessia
Repubblica di Carelia
Repubblica della Hakassia
Repubblica dei Comi
Repubblica dei Mari
Repubblica dei Mordvini
Repubblica dell’Ossezia Settentrionale
Repubblica della Jacuzia-Saha
Repubblica dei Tartari
Repubblica di Tuva
Repubblica degli Udmurti
Partiti politici
Dalla fine degli anni Ottanta, il panorama politico russo ha subito grandi cambiamenti passando dall’egemonia di un singolo partito totalitario all’emergere di un’incerta democrazia multipartitica. Le coalizioni tra partiti sono molto instabili e la scena politica è caratterizzata da frequenti spostamenti tra coalizioni.
I gruppi politici possono essere suddivisi in tre categorie principali: i democratici, i comunisti-nazionalisti e i centristi. I principali gruppi democratici sono Scelta democratica della Russia e il Movimento Iabloko. Il movimento comunista-nazionalista è formato da gruppi di comunisti e di nazionalisti che cercano di salvaguardare il tradizionale status militare ed economico del paese. Il più grande partito per numero di iscritti è il Partito comunista russo, anche se non è il più influente a livello politico. Il gruppo, che conta 600.000 iscritti, venne messo al bando dal presidente Eltsin nel 1991, ma tale provvedimento fu respinto dalla Corte costituzionale nel novembre 1992. Il Partito liberal-democratico, guidato dall’ultraconservatore Vladimir Zirinovski, si colloca all’estrema destra. Il centro politico è formato soprattutto da industriali e burocrati che si oppongono alle riforme radicali invocando un più rigido controllo del governo sull’economia del paese.
Difesa
La struttura delle forze armate russe è cambiata radicalmente dopo il periodo sovietico. Subito dopo lo scioglimento dell’URSS nel 1991, le forze armate passarono sotto il controllo del comando militare della Comunità degli stati indipendenti (CSI) che ereditò il massiccio arsenale sovietico. Nel maggio 1992, comunque, la Russia creò la propria struttura militare in risposta alla formazione di eserciti separati da parte dei diversi stati appartenenti alla CSI, soprattutto l’Ucraina. La CSI fu finalmente sciolta nel giugno del 1993 e la maggior parte delle sue funzioni furono trasferite sotto il comando militare russo. Nel 1995 la Russia contava un esercito di circa 1,87 milioni di soldati.
Le politiche di difesa sono formulate dal Consiglio di Sicurezza, organo esecutivo stabilito nel maggio del 1992 consistente in un presidente, un segretario, tre membri permanenti e membri non permanenti nominati dal presidente.
Lo stato d’allerta delle forze armate russe è calato notevolmente dopo lo scioglimento dell’URSS. L’esercito russo è stato tuttavia coinvolto in una serie di missioni di pace in Moldavia, Georgia e Tagikistan e, nel 1994, in una guerra civile con l’esercito ceceno mentre l’aeronautica è intervenuta contro i ribelli delle forze tajik in Afghanistan.
Storia
Origini del popolo russo
Prima dell’era cristiana, il territorio russo era popolato nelle regioni settentrionali da tribù slave di nomadi. Più a sud, nella Scizia, si stanziarono numerose popolazioni di origine asiatica fra le quali i cimmeri, gli sciti e i sarmati, mentre i mercanti e i colonizzatori greci stabilirono stazioni commerciali e insediamenti lungo la costa settentrionale del mar Nero e in Crimea.
Prime invasioni
I fenomeni migratori furono agevolati dall’estensione delle pianure. Durante i primi secoli dell’era cristiana, i popoli della Scizia furono cacciati dai goti, che fondarono un regno ostrogoto sulle coste settentrionali del mar Nero. Nel IV secolo d.C. gli unni cacciarono i goti dopo aver conquistato e distrutto la Scizia. In seguito arrivarono gli avari, seguiti dai magiari e dai cazari, che mantennero il controllo del territorio fino a circa la metà del X secolo.
Nel frattempo, le tribù slave che abitavano a nord-est dei Carpazi cominciarono a migrare suddividendosi in gruppi: a ovest si stanziarono i moravi, i polacchi, i cechi e gli slovacchi, a sud i serbi, i croati, gli sloveni e i bulgari e a est i russi, gli ucraini e i bielorussi. Questi ultimi, facilitati dai numerosi sistemi idrografici che si estendevano dalle alture del Valdaj in tutto il territorio, fondarono importanti centri commerciali come le città di Kiev a sud e Novgorod a nord.
La casata dei Rjurikidi
L’organizzazione politica degli slavi orientali, ancora di tipo tribale, non disponeva di un’autorità suprema capace di risolvere i costanti conflitti interni. Le ostilità tra i clan divennero talmente violente che, sotto la minaccia di un’invasione dei cazari, volutamente fu deciso di fare appello a un principe straniero in grado di unire le fazioni in un solido stato. Fu scelto Rjurik, capo normanno (in russo, variago) di origine danese che, nell’862, fondò il principato di Novgorod, cui si fa risalire, secondo la tradizione, l’inizio della storia dell’impero russo, avviando un periodo di consolidamento interno e di espansione del territorio slavo verso le regioni settentrionali.
Oleg e Svjatoslav
Nell’879 il giovane Igor, figlio di Rjurik, succedette al padre ma il potere, di fatto, fu assunto da un parente di Rjurik, Oleg, che nell’882 conquistò la regione di Kiev, città che divenne la capitale del regno. In seguito Oleg guidò le proprie truppe e si spinse verso sud fino a Costantinopoli, dove siglò un trattato commerciale nel 911. Da quel momento in poi gli scambi culturali e commerciali russi con l’impero bizantino divennero molto intensi. Igor assunse il potere nel 912 e nel 945, alla sua morte, gli succedette la moglie Olga, che si convertì al cristianesimo; nel 964 le succedette il figlio Svjatoslav, grande condottiero, che rafforzò la posizione russa nel sud guidando le proprie truppe contro i cazari, i peceneghi e i bulgari.
Vladimiro il Grande
Alla morte di Svjatoslav, l’impero fu spartito fra i tre figli con una serie di conflitti che finirono nel 980 quando il più giovane dei tre, Vladimiro I detto il Grande, divenne l’unico sovrano. Nel 988 egli si convertì al cristianesimo di Bisanzio, che divenne religione ufficiale del popolo russo. La Chiesa ortodossa russa, le cui funzioni si svolgevano in lingua slava, godeva di grande autonomia, nonostante fosse rimasta sotto l’autorità del patriarca di Costantinopoli.
Jaroslav il Saggio
Nel 1015, dopo la morte di Vladimiro, prese avvio una sanguinosa lotta di successione fra i suoi figli, dalla quale Jaroslav, principe di Novgorod, detto il Saggio, uscì vittorioso proclamandosi nel 1036 sovrano di tutta la Russia. Durante il suo regno Jaroslav fece costruire a Kiev magnifici palazzi come la cattedrale di Santa Sofia; inoltre, emanò un primo corpus di leggi, la Russkaja pravda ldquo;verità russa”.
Il declino di Kiev
Dopo la morte di Jaroslav (1054) i figli si spartirono l’impero e, in seguito, ogni principe suddivise ulteriormente i propri territori tra i figli. La Russia divenne così un insieme di piccoli stati, in continuo conflitto tra loro ma vincolati da lingua, religione e tradizioni comuni. Nel frattempo, da occidente, polacchi, lituani e cavalieri teutonici iniziavano a invadere il paese.
L’invasione mongola
Nel 1223, l’esercito mongolo di Gengis Khan invase il sud-est russo. I principi russi si allearono con i Polovcy per combattere il nemico comune ma, nella battaglia del fiume Kalka (attuale fiume Kalmius), la coalizione fu sconfitta. Dopo la vittoria, comunque, i mongoli furono richiamati in Asia dal Khan e per dodici anni non fecero ritorno in Russia; tornarono però ad attaccare nel 1237 sotto il comando di Batu Khan, nipote di Gengis, conquistando e distruggendo la maggior parte delle città nella regione di Vladimir e Suzdal.
Nel 1240 conquistarono anche il territorio sudoccidentale, distrussero la città di Kiev, devastarono la Polonia e l’Ungheria, arrivando fino alla Moravia. Nel 1242 Batu stabilì la capitale a Sarai (vicino all’attuale Caricyn), fondando il khanato dell’Orda d'Oro, indipendente di fatto dall’impero mongolo.
L’invasione dei mongoli (detti anche tartari) distrusse gli elementi di autogoverno e le assemblee rappresentative che si erano sviluppate in alcune città russe; si ebbe inoltre l’arresto del progresso industriale e culturale, con il conseguente isolamento della Russia rispetto ai paesi dell’Europa occidentale.
La città di Novgorod, che era sfuggita all’invasione mongola, nel 1240 subì la minaccia degli svedesi giunti sino alle sponde della Neva ma sconfitti dal principe Aleksandr Vsevolodovij cui fu attribuito il soprannome di Aleksandr Nevskij (che significa “della Neva”). Due anni dopo i cavalieri teutonici attaccarono da ovest, ma ancora una volta Aleksandr fermò il tentativo di invasione. Per evitare il rischio di una terza offensiva da sud, egli adottò una politica di sottomissione all’Orda d’Oro e di conciliazione con il khan. Nel 1246 succedette al padre come duca di Novgorod e nel 1252 gli fu conferito dai principi tartari il riconoscimento del principato di Vladimir e Suzdal. La maggior parte dei principi russi seguì allora l’esempio di Aleksandr, rendendo omaggio al regno tartaro.
L’ascesa di Mosca
La città di Mosca, nel principato di Vladimir, occupava una posizione geografica estremamente favorevole al centro delle principali rotte commerciali fluviali. Nel 1263, Aleksandr Nevskij concesse Mosca al più giovane dei suoi figli, Daniele, che divenne così capostipite della potente casata dei duchi di Moscovia. Avendo buone relazioni con i mongoli, il territorio fu gradualmente ampliato fino a organizzare, sotto la loro guida, un nuovo stato russo. Con Ivan I Kalità, figlio di Daniele divenuto duca nel 1328, i signori di Moscovia iniziarono a fregiarsi del titolo di principi “di tutta la Russia”.
A metà del XIV secolo numerosi conflitti interni indebolirono il potere dell’Orda d’Oro e il granduca Dmitrij Donskoj ne approfittò per ribellarsi contro i mongoli sconfiggendoli nel 1380 a Kulikovo e creando così le condizioni per una rapida espansione della Moscovia.
Espansione della Moscovia
Nel 1453 Costantinopoli fu conquistata dai turchi ottomani e la Chiesa ortodossa russa, da quel momento, considerò Mosca la “terza Roma”, erede di Costantinopoli e nuovo centro dell’ortodossia. Il granduca Ivan III il Grande assoggettò la città di Novgorod nel 1478 e la regione di Tver nel 1485. In seguito, dopo aver posto fine alla dipendenza politico-tributaria dei tartari, Ivan rivolse la sua attenzione ai territori occidentali controllati da Lituania e Polonia e arrivò a controllare molti territori di confine. Basilio III, figlio e successore di Ivan, continuò l’aggressiva politica espansionista del padre con l’annessione di Pskov nel 1510, di Smolensk nel 1514 e di Rjazan nel 1521.
Ivan il Terribile
Ivan IV, detto il Terribile, divenne sovrano nel 1533 a tre anni e, finché fu minorenne, lo stato fu sconvolto da un continuo conflitto per il potere scatenatosi fra i nobili, i cosiddetti boiardi. Nel 1547 Ivan si proclamò zar assumendo le redini del governo per contrastare il potere dei boiardi. Nel 1549 introdusse il primo Zemskij Sobor (assemblea nazionale che rappresentava i proprietari terrieri) al fine di consolidare la sua posizione di autocrate e di limitare il potere dei boiardi e della Chiesa. Nel dicembre 1564 lasciò Mosca e abdicò ma, un mese dopo, accettò di tornare dopo aver ricevuto poteri assoluti ed essersi impadronito di circa la metà dei territori della Moscovia. Quando i boiardi organizzarono un complotto contro lo zar, Ivan si rese responsabile di violente repressioni contro di loro.
Nel 1552 l’esercito moscovita tolse ai tartari Kazan' e nel 1556 Astrahan divenne parte del territorio. I confini della Moscovia si estesero ulteriormente grazie alle scorrerie dei cosacchi, stabilitisi lungo il corso inferiore del Volga e del Don. Alcuni si spinsero più a nord e nel 1581 il loro leader, Jermak Timofejevich, guidò una spedizione verso est attraverso gli Urali, portando sotto il dominio russo quasi tutto il bacino del fiume Ob e avviando la conquista della Siberia.
Boris Godunov
Teodoro I, figlio di Ivan, concesse la reggenza dal 1584 al 1598 al cognato, Boris Godunov sotto la cui guida lo stato russo continuò a espandersi aumentando ricchezze e prestigio. Nel 1598 la casata dei Rjurikidi si estinse con la morte di Teodoro, privo di eredi, e Boris fu eletto zar dallo Zemskij Sobor. Quando però si diffuse la convinzione che Godunov fosse il responsabile della morte di Demetrio, figlio ed erede legale di Ivan il Terribile misteriosamente scomparso nel 1591, nuovi pretendenti al trono inaugurarono la cosiddetta “epoca dei torbidi”.
Epoca dei torbidi
Tre mesi dopo la morte di Godunov, nel 1605, un pretendente al trono che si faceva chiamare Demetrio I, detto anche il Falso Demetrio, entrò a Mosca e si impadronì del potere proclamandosi zar. Fu un sovrano coscienzioso e abile, ma il suo regime era ostile ai boiardi i quali si ribellarono, assassinandolo in una congiura ordita dal principe Vasilij Šuiskij, successivamente eletto zar. I cosacchi e i contadini, temendo la severità del regime boiardo, si ribellarono unendosi a un secondo pretendente, Demetrio II, il cui esercito era già sulla strada di Mosca. Nello stesso tempo, anche il re di Polonia Sigismondo III, desiderando conquistare il trono russo, invase il territorio dall’ovest mentre la Svezia su richiesta di Vasilij inviò inutilmente dei rinforzi, non riuscendo a evitare la deposizione dello zar nel 1610: l’esercito polacco entrò a Mosca e l’intero territorio cadde in completo stato di anarchia.
La riscossa russa fu organizzata dal principe Poarskij che, alla testa di un esercito composto anche da cosacchi, partì da Novgorod verso Mosca e, nel 1612, cacciò i polacchi. L’anno dopo, lo Zemskij Sobor elesse zar Michele Romanov (discendente della zarina Anastasia Romanovna, moglie di Ivan il Terribile) inaugurando la dinastia dei Romanov.
Dominio dei Romanov
Le principali conseguenze dell’epoca dei torbidi furono la rovina della nobiltà boiarda e l’ascesa al potere della piccola aristocrazia terriera.
Sotto il governo dei due primi Romanov, Michele e suo figlio Alessio I che gli succedette nel 1645, non vennero attuate grandi riforme e nuove leggi conferirono ulteriori privilegi ai proprietari terrieri. Nel 1670 scoppiò una grande rivolta agraria nel sud-est, soffocata con grande difficoltà un anno dopo dalle truppe dello zar. Questa prima ribellione stabilì le basi di future rivolte.
Nel frattempo, nel 1654, i cosacchi dell’Ucraina dopo essersi ribellati contro il dominio polacco, offrirono la loro fedeltà allo zar Alessio. Nella successiva guerra con la Polonia (1654-1667) la Russia riconquistò l’Ucraina orientale, compresa la città di Kiev.
Con Fedor III, figlio di Alessio, la Russia vinse la prima guerra contro l’impero ottomano. Alla morte di Fedor nel 1682, il suo fratellastro Pietro il Grande fu incoronato zar.
L’impero russo
Pietro il Grande
Nel 1697 Pietro organizzò una missione tecnico-diplomatica in Occidente assentandosi dalla Russia per diciotto mesi. Dopo questo periodo avviò, con decreti e riforme, una radicale trasformazione dell’assetto istituzionale del paese. Decretò la riorganizzazione dell’esercito, della marina militare, della struttura del governo e della società seguendo i parametri occidentali, incoraggiando lo sviluppo dell’industria e del commercio, dell’istruzione e delle scienze. In politica estera, durante il regno di Pietro la Russia ottenne una serie di grandi acquisizioni territoriali. Il principale conflitto, la grande guerra del Nord (1700-1721), fu combattuta contro la più potente nazione baltica di allora, la Svezia. Il controllo del mar Baltico era infatti necessario per la creazione di una grande flotta militare e per l’espansione del commercio estero russo. Dopo un’iniziale sconfitta a Narva (attuale Estonia) nel 1700, Pietro riorganizzò il suo esercito e attaccò le basi svedesi in Livonia. Nel 1703 avviò la costruzione della nuova e splendente capitale, la città di San Pietroburgo, in un territorio paludoso conquistato alla Svezia (il governo si trasferì da Mosca nel 1714). L’esercito russo sconfisse gli svedesi a Poltava nel 1709, sancendo il predominio della Russia sul Baltico. Con la pace di Nystad (30 agosto 1721), la Russia acquisì Livonia, Estonia, Ingria, parte della Carelia e diverse isole del Baltico. Pietro fu formalmente proclamato imperatore nel 1721.
I successori di Pietro
Dopo la morte di Pietro, si verificò una rapida successione di sovrani causata da congiure spesso ordite dalle guardie di palazzo. Nel 1731 salì al trono Elisabetta Romanova, figlia di Pietro il Grande. Durante il suo governo (1741-1762) l’impero estese i propri domini, conquistando parte della Finlandia nella guerra con la Svezia (1731-1743), e si alleò con l’Austria e la Francia per muovere guerra alla Prussia (guerra dei Sette anni, 1756-1763). Suo nipote e successore fu Pietro III che nel 1762, anno in cui firmò la pace con Federico II di Prussia, fu deposto e assassinato. Sua moglie, una principessa tedesca, gli succedette col nome di Caterina II, detta Caterina la Grande.
Caterina la Grande
Caterina fu la prima tra i successori di Pietro il Grande a proseguirne le politiche. Combatté contro l’impero ottomano per ottenere i porti sul mar Nero necessari al commercio russo e nel corso della guerra turco-russa, dal 1768 al 1774, conquistò la Crimea. Le successive campagne militari contro la Turchia (1787-1792) estesero il dominio russo fino a ovest del fiume Dnestr. Con le tre spartizioni della Polonia (1772, 1793, 1795), la Russia acquisì vasti territori verso occidente. In politica interna Caterina si aprì alle idee degli illuministi francesi, in particolare Voltaire e Diderot, avviando una serie di riforme che però non furono approvate, soprattutto quelle riguardanti la servitù della gleba, a causa dell’opposizione dei nobili. Le sue politiche provocarono numerose rivolte contadine, tra le quali la più grave fu quella comandata dal cosacco Emeljon Pugacev, soffocata nel 1775. In seguito Caterina, invece di riformare le leggi oppressive sulla servitù della gleba, le rafforzò, abbandonando completamente ogni progetto di riforma in senso liberale dopo l’inizio della rivoluzione francese, nel 1789.
Paolo I e Alessandro I
Nel 1796 Paolo I successe alla madre Caterina; sovrano autocratico, dispotico e squilibrato, fu però assassinato nel 1801 a seguito di una congiura ordita dalla nobiltà.
Suo figlio, Alessandro I, nipote prediletto di Caterina, concesse l’amnistia ai prigionieri politici, elaborò un progetto di costituzione per l’impero e abolì molte misure restrittive adottate dal padre. Il processo di riforma subì però una battuta d’arresto quando la Russia fu coinvolta in una serie di guerre su diversi fronti. Nel 1805 aderì alla terza coalizione contro Napoleone I ma, dopo la sconfitta di Friedland (14 giugno 1807), Alessandro si accordò con Napoleone firmando il trattato di Tilsit, grazie al quale ottenne libertà d’azione contro la Svezia e la Turchia. Attaccando la Turchia (vedi guerre russo-turche), la Russia ottenne la Bessarabia, mentre al termine della guerra contro la Svezia (1808 e 1809) acquisì le isole Åland e la Finlandia. In seguito, i rapporti con la Francia si deteriorarono e nel 1812 Napoleone decise di invadere la Russia. In settembre l’esercito francese entrò a Mosca, che però era stata bruciata dagli stessi russi. Dopo la disastrosa ritirata francese, Alessandro divenne la figura centrale dell’alleanza che rovesciò Napoleone. Nel 1815, al congresso di Vienna, i territori del ducato di Varsavia furono concessi alla Russia.
Nicola I
Nel 1825, dopo la morte di Alessandro, Nicola I succedette al fratello, nonostante un gruppo di giovani ufficiali avesse organizzato una congiura, la cosiddetta rivolta decabrista, per un regime costituzionale. Soffocata rapidamente la cospirazione, lo zar adottò una serie di provvedimenti restrittivi, fra i quali la creazione di una nuova polizia segreta e l’applicazione di una rigida censura su tutte le pubblicazioni. Dopo le rivoluzioni del 1848, Nicola intensificò la campagna repressiva contro l’ideologia liberale diffusasi nei circoli culturali di Mosca e San Pietroburgo.
Nicola I dispiegò una strategia espansionista nei Balcani, allargando l’impero a sud-ovest verso le province turche, a sud attraverso il Caucaso fino all’Asia centrale e a est fino all’oceano Pacifico. La guerra con l’Iran cominciata nel 1826 finì due anni dopo con la conquista di una parte dell’Armenia. La flotta russa, nel contempo, si unì alle navi britanniche e francesi, insieme alle quali distrusse la flotta turca nella battaglia di Navarino il 20 ottobre 1827. Nelle successive campagne militari del 1828 e del 1829, la Turchia fu nuovamente sconfitta e con la pace di Adrianopoli (14 settembre 1829) la Russia ottenne la sovranità sui popoli del Caucaso e il protettorato di Moldavia e Valacchia.
Le altre potenze europee formarono allora un blocco per neutralizzare l’espansionismo russo. Nel 1853, quando Nicola invase i principati del Danubio, la Turchia dichiarò guerra alla Russia che nella guerra di Crimea (1853-1856) fu nettamente sconfitta da una coalizione formata dagli eserciti britannico, francese, piemontese e ottomano.
Alessandro II
Nel 1855 Nicola I morì e la pace fu conclusa un anno dopo da suo figlio Alessandro II. La Russia fu costretta ad abbandonare il territorio di Kars e parte della Bessarabia e a rinunciare ai protettorati danubiani.
In politica interna Alessandro promosse riforme parziali, necessarie dopo lo sfacelo provocato dalla guerra di Crimea. Nel 1861 sancì l’emancipazione dei servi della gleba e, nel 1864, creò le assemblee provinciali elettive, zemstvo, per affrontare i problemi locali e attuò una riforma giudiziaria. Lo zar si rifiutò, comunque, di approvare una costituzione o l’organizzazione di un’assemblea nazionale rappresentativa. Durante il suo regno, gruppi rivoluzionari si moltiplicarono, dal movimento nichilista, che lottava per l’emancipazione individuale, a quello populista del narodniki che lavorava per l’organizzazione delle rivolte contadine: Alessandro II fu assassinato nel 1881 da un terrorista.
Alessandro III
Il nuovo zar, Alessandro III, condusse una politica reazionaria e repressiva riducendo drasticamente le competenze degli zemstvo e proseguendo l’opera di russificazione delle minoranze etniche dell’impero. La propaganda rivoluzionaria e le teorie marxiste trovarono molti sostenitori tra i lavoratori delle fabbriche, aumentati notevolmente dopo la realizzazione di un intenso programma di industrializzazione.
Nicola II
Nicola II succedette al padre Alessandro III nel 1894. Sovrano debole, mantenne il sistema autocratico del padre e perse completamente il contatto con il popolo. Durante il suo regno l’aumento dell’oppressione e del controllo esercitati dalla polizia si scontrò con un’ondata di atti terroristici e una forte crescita del Movimento socialista. In politica estera, i progetti di espansione in Estremo Oriente, che sfociarono nell’occupazione della Manciuria, portarono la Russia a scontrarsi con il Giappone con cui entrò in guerra l’8 febbraio 1904.
La rivoluzione del 1905
Il governo, con lo scopo di ottenere l’appoggio popolare per la prosecuzione della guerra contro il Giappone, permise un congresso di zemstvo a San Pietroburgo nel novembre 1904. Le richieste del congresso furono però ignorate e una manifestazione di migliaia di persone, organizzata da studenti e lavoratori il 22 gennaio 1905, fu soffocata nel sangue dalle truppe imperiali: il massacro scatenò immediatamente una rivolta popolare in tutte le zone industriali del paese.
La guerra con il Giappone si risolse disastrosamente per la Russia e la sconfitta, acuita dalla pressione degli avvenimenti interni, costrinse il governo a concedere una riforma costituzionale; lo zar approvò l’insediamento di un’assemblea legislativa, o Duma.
La prima guerra mondiale
Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 arrestò temporaneamente le attività rivoluzionarie dei radicali ma le sconfitte dell’esercito russo, pesanti quasi quanto i disastri di Crimea e Giappone, in breve tempo resero la guerra impopolare in tutto il territorio. Disertori, repressione e corruzione aumentarono notevolmente e l’imperatore si trovò completamente soggiogato dalla moglie tedesca, Alessandra, e da Rasputin la cui sgradita presenza a palazzo provocava tanta irritazione che, nel dicembre 1916, egli fu assassinato da un gruppo di aristocratici. Nel febbraio 1917 scoppiò un’insurrezione a Pietrogrado (questo il nome di San Pietroburgo durante la guerra), durante la quale le truppe zariste si unirono ai rivoltosi; Nicola II e suo figlio furono costretti ad abdicare (15 marzo) lasciando il potere in mano a un governo provvisorio nominato dalla Duma. Questo atto mise fine all’impero russo.
La rivoluzione russa e l’era sovietica
Per informazioni sulla rivoluzione russa, vedi Rivoluzione russa. Per la storia della Russia dopo la rivoluzione russa e prima del 1991, vedi Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
La Russia dopo l'Unione sovietica
Dopo lo scioglimento dell’URSS nel 1991, la scena politica russa fu dominata da un conflitto di poteri tra le forze conservatrici e riformiste. Il presidente Boris Eltsin (eletto nel giugno 1991 a suffragio universale), avviò numerosi programmi di riforma in campo economico e politico. I conservatori, guidati dal presidente del nuovo parlamento russo, il Congresso dei deputati del popolo, Ruslan Khasbulatov, cercarono di opporsi: nel dicembre 1992 il Congresso abrogò diversi poteri concessi a Eltsin, tra cui quello di controllo sugli amministratori locali e, nello stesso mese, la Corte costituzionale legalizzò il Partito comunista. Eltsin propose allora un referendum popolare per approvare la bozza di una nuova costituzione, accettato dai suoi oppositori dopo un lungo braccio di ferro (25 aprile 1993).
Eltsin ottenne una schiacciante vittoria alle urne, ma il referendum non riuscì a risolvere il conflitto di poteri. Nel settembre 1993 Eltsin rimosse Aleksandr Rutskoj dalla carica di vicepresidente con l’accusa di corruzione e decretò lo scioglimento dell’assemblea, giungendo a ordinare l’attacco armato contro i deputati, guidati da Khasbulatov e Rutskoj, asserragliati nel palazzo. Il 4 ottobre 1993, Rutskoj e Khasbulatov furono imprigionati e accusati di incitamento ai disordini di massa.
Tuttavia, la vittoria di Eltsin sulle forze conservatrici non fu duratura. Le elezioni del dicembre 1993 diedero una grande spinta ai movimenti comunisti e a quelli ultranazionalisti, come il Partito liberal-democratico guidato da Vladimir Zirinovski.
Il timore che la mancanza di armonia politica a Mosca portasse alla guerra civile in qualche punto del vasto territorio della Federazione divenne realtà nel 1994 quando l’esercito russo invase la Repubblica di Cecenia nel Caucaso, che aveva proclamato la propria indipendenza sin dal novembre 1991. Il governo decise di riportare all’ordine i ceceni con un’“operazione rapida e decisa”. L’intervento militare innescò tuttavia un drammatico conflitto che costò la vita a più di 50.000 persone, fra le quali molti civili.
Nell’estate del 1995 i soldati ceceni attaccarono la città di Budenovsk, nella Russia interna, prendendo in ostaggio duemila persone. Si aprì allora, sia pure su fragili basi, un negoziato fra le autorità di Mosca e gli indipendenti ceceni, conclusosi con la liberazione degli ostaggi e la firma di un cessate-il-fuoco; tuttavia in breve tempo gli scontri ripresero, con una serie di bombardamenti sulle principali città cecene, in particolare Grozny e Samacki, che l’aviazione e l’artiglieria russe rasero al suolo. Nel maggio del 1996, in vista delle imminenti elezioni presidenziali, il governo russo avviò nuovi negoziati per accattivarsi il favore dell’opinione pubblica ormai ostile al conflitto. Subito dopo la riconferma di Eltsin, le ostilità ripresero a fasi alterne fino al mese di agosto, quando la mediazione del generale Lebed portò a un nuovo cessate-il-fuoco; in seguito, i vertici del Cremlino decretarono un parziale ritiro dell’esercito, riaprendo il dialogo con i ceceni. Un accordo di pace, siglato il 23 novembre dal primo ministro russo ernomirdin e dal capo dell’esecutivo ceceno Maskhadov, lasciava tuttavia in sospeso la questione dello status definitivo della repubblica.

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