Italia fisica

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GEOGRAFIA FISICA ITALIANA

Trovandosi in piena zona temperata ed essendo bagnata dal Mediterraneo, l'Italia gode di una posizione geografica privilegiata. I suoi limiti estremi sono indicati nella tabella qui sotto.
Considerata come regione naturale, cioè entro i limiti ben individuati rappresentati dallo spartiacque dell'arco alpino e il mare, l'Italia ha una superficie di circa 322.000 km², mentre entro i confini politici la sua superficie è di 301.277 km² (di cui 25.708 appartengono alla Sicilia e 24.090 alla Sardegna). La lunghezza e la snellezza del territorio le conferiscono quelle caratteristiche che hanno avuto parte determinante nelle sue vicende storiche: la spiccata marittimità e la funzione di ponte naturale con altri paesi. Se la catena alpina salda infatti la regione italiana all'Europa centrale, la penisola, spingendosi nel mare, costituisce un ponte naturale fra l'Europa e l'Africa, fra le regioni temperate boreali e i tropici. Lungo l'arco alpino l'Italia confina a occidente con la Francia, a nord con la Svizzera e l'Austria, e a est con la Slovenia. Il confine marittimo è costituito a occidente dal mar Ligure, dal mar Tirreno e dal mar di Sardegna (a ovest dell'isola da cui prende il nome), a sud dal mar di Sicilia, a SE dal mar Ionio e a est dal mar Adriatico, comprendendo in questo confine numerose isole e arcipelaghi.
Le coste rappresentano un elemento importantissimo per l'Italia, poiché si sviluppano per circa 8.500 km offrendo una varietà di tipi di notevole interesse. Sono alte e rocciose le coste liguri, da Ventimiglia alla foce della Magra, appena interrotte qua e là da qualche insenatura che ospita brevi tratti di spiaggia. Sabbiose si presentano in genere le spiagge toscane e laziali, prevalentemente alluvionali, con dune allineate che prendono il nome di tomboli (Toscana) e di tumoleti(Lazio), e con stagni costieri (laguna di Orbetello). Di fronte alle coste della Toscana emergono le isole dell'arcipelago toscano (Elba, Giglio, ecc.). Più a sud, lungo gli arcuati golfi di Gaeta, di Napoli, di Salerno e di Policastro, iniziano di nuovo le coste alte e frastagliate, che si estendono fino all'estrema punta della penisola, a eccezione dei tratti rappresentati dalle alluvioni della foce dei fiumi (in particolare del Volturno). Al largo affiorano varie isole (Ponziane, Ischia e Procida, Capri). Le coste ioniche sono diverse nelle varie sezioni, ma vi prevalgono le spiagge, se pur ristrette, formate dai depositi di molti torrenti. Decisamente meno articolate sono le coste adriatiche, sia che si presentino alte e dirupate sia che formino lunghe spiagge sabbiose. La loro uniformità è interrotta solo dal promontorio del Gargano, di fronte al quale si ergono le isole Tremiti, e dalla sporgenza del monte Conero. Esse racchiudono spesso alle loro spalle stagni o lagune (di Lesina e Varano, in Puglia), oppure, quando hanno il rilievo subito alle loro spalle, si riducono a una cimosa molto stretta, come accade nell'Abruzzo e nelle Marche. A nord di Rimini si hanno coste basse e lagunari, orlo estremo della vasta piana alluvionale formata dal Po: frequentissima vi è la formazione di sottili lidi che separano dal mare lagune più o meno ampie (Valli di Comacchio, lagune di Venezia, di Marano e di Grado), alcune in corso di bonifica, altre sistemate da secoli. Più a nord, vicino a Trieste, la costa è invece prevalentemente alta (calcari). In Sicilia le coste si presentano diverse sui vari versanti: a nord sono prevalentemente diritte e alte, con due ampi golfi nel settore occidentale (golfi di Palermo e di Castellammare) e sono fronteggiate dalle isole Eolie o Lipari e, più isolata, Ustica; continuano basse e sabbiose a occidente, nel territorio trapanese, fronteggiato dalle isole Egadi, e così pure a sud, nel mare di Sicilia, dove hanno falcature a grande raggio (golfo di Gela). Le coste del versante orientale si presentano assai articolate verso sud (porti di Siracusa e Augusta) e diritte da Catania a Messina. Le coste della Sardegna sono in prevalenza alte e rocciose, salvo i tratti corrispondenti a pianure costiere alluvionali depositate da fiumi (Flumendosa, Tirso, Mannu, Coghinas) che sfociano in grandi insenature: golfo di Cagliari, a sud, golfo di Oristano, a occidente, e golfo dell'Asinara, a nord. Le coste basse sono ricche di stagni e lagune in via di generale sistemazione idraulica. Nel settore nordorientale si hanno alcune insenature (rias) [Olbia].
Il territorio dell'Italia si presenta in massima parte accidentato, poiché è costituito per l'80% da colline e montagne, e solo per il 20% da pianure. Grandissima è la varietà dei suoi paesaggi, ma, considerato nelle grandi linee in cui si articola, vi si possono distinguere le seguenti grandi regioni morfologiche: le Alpi, la pianura padana, l'Appennino, le pianure peninsulari e le grandi isole.
• Del sistema alpino (v. ALPI) appartiene all'Italia quasi tutto il versante interno, alto baluardo lungo circa 1.000 km, tagliato peraltro in più punti da valichi facilmente transitabili (Moncenisio, Sempione, Brennero, ecc.). Vi si rilevano tre caratteristiche: anzitutto il fatto che esso da occidente si prolunga senza soluzione di continuità nell'Appennino; poi che presenta altezze decrescenti da ovest a est; e infine che il versante interno italiano è meno esteso e quindi più ripido di quello rivolto verso la Francia, la Svizzera e l'Austria. Dal punto di vista litologico si può fare una netta suddivisione in senso longitudinale fra una zona mediana, costituita da rocce antiche metamorfiche e cristalline, e le zone esterna e interna (a nord e a sud), formate da calcari secondari. Nel versante italiano questa zona calcarea (le Prealpi, essenzialmente) appare solo a oriente del Lago Maggiore e acquista una notevole ampiezza nella regione dolomitica; manca invece in corrispondenza del Piemonte. Le vette più elevate si trovano nelle Alpi Occidentali, dove numerose cime superano i 4.000 m; il Monte Bianco, la più alta, raggiunge i 4.810 m. La morfologia del settore mediano cristallino è sempre molto aspra, anche per l'azione dei ghiacciai; quella delle Prealpi non è meno contrastata, soprattutto in corrispondenza delle Dolomiti, dove si hanno forme varie e caratteristiche come torrioni, guglie, bastioni, ecc. Nella zona prealpina, dove il calcare è più puro, cioè nella zona più orientale, si manifestano abbondanti fenomeni carsici, con un paesaggio caratteristico.
• La pianura padano-veneta o Padania è la maggiore delle pianure italiane, con una superficie di 46.000 km² (15% del territorio italiano). Si è formata per l'accumulo di materiali detritici, sostanzialmente fluvio-glaciali, depositati da fiumi alpini e appenninici entro un ampio golfo che, ancora nel quaternario, esisteva fra Alpi e Appennino. Pertanto le parti della pianura più vicine ai rilievi sono formate da alluvioni grossolane permeabili, mentre nella parte mediana più bassa prevalgono i sedimenti più fini, argillosi e impermeabili; tra l'una e l'altra zona corre la fascia dei fontanili o risorgive. Il versante alpino risulta assai più espanso di quello appenninico, in quanto gli affluenti del Po provenienti dalle Alpi, avendo portata maggiore e corrente più veloce, hanno convogliato maggior quantità di detriti. Il Po corre dunque più vicino all'Appennino e raccoglie le acque di quasi tutta la pianura, che solo nella parte orientale è drenata dall'Adige e da altri fiumi veneti.
• L'Appennino è costituito da un fascio di catene che si estendono dal colle di Cadibona fino all'estremità occidentale della Sicilia, per una lunghezza di 1.350 km e una larghezza variabile fra i 40 e i 100 km. Nel sistema appenninico si possono distinguere alcune parti, diverse per litologia e forme: l'Appennino settentrionale, costituito da arenarie e argille, con forme piuttosto dolci e altezze modeste (altezza massima, monte Cimone, 2.163 m); l'Appennino centrale, prevalentemente calcareo, dalle forme aspre, ricco di fenomeni carsici, e piuttosto elevato (Gran Sasso, 2.914 m); l'Appennino meridionale, dove riappaiono le rocce argillose e dove non mancano rilievi formati da rocce cristalline antiche, come l'Aspromonte e la Sila; cima più alta, il monte Pollino, 2.271 m. Da una parte e dall'altra, ma soprattutto a occidente, l'Appennino è limitato da rilievi collinari che prendono il nome di Antiappenino questo si presenta in parte vulcanico nella Toscana meridionale (monte Amiata) e soprattutto nel Lazio e nella Campania (vulcani laziali, Campi Flegrei, Vesuvio, ecc.), calcareo nella Puglia (altopiano delle Murge, promontorio del Gargano) e non è del resto continuo per tutta la lunghezza dell'Appennino.
• Le pianure peninsulari, anche se abbastanza numerose, appaiono di modesta estensione e generalmente costiere, in quanto corrispondono ai riempimenti quaternari, operati dai maggiori fiumi (Arno, Tevere, Volturno, ecc.) entro vaste insenature o antiche lagune (Maremma, Agro pontino). Lungo il versante adriatico, la pianura di maggior ampiezza è il Tavoliere delle Puglie.
• Il rilievo delle grandi isole. La Sicilia si può considerare come la prosecuzione del sistema appenninico, soprattutto per il fatto che i Nebrodi, con le loro rocce arenacee, ricordano l'Appennino settentrionale, mentre i Peloritani, per la loro costituzione cristallina, possono considerarsi una continuazione dell'Appennino Calabro; le Madonie sono calcaree. Nella parte orientale dell'isola, l'Etna, coi suoi 3.323 m, rappresenta il vulcano più alto d'Europa. Nella parte centrale zone di altipiani si alternano a catene di monti, quali gli Erei e gli Iblei. Le pianure sono rappresentate dalla piana di Catania. Quanto alla Sardegna, essa è formata da un vecchio tavolato ercinico dislocato; vi si trova un massiccio granitico molto esteso nella parte orientale e rocce più recenti (calcari miocenici e basalti pliocenici) nella parte occidentale. La maggiore pianura è quella del Campidano, tra Oristano e Cagliari, e corrisponde a una fossa tettonica colmata da sedimenti.

CLIMA

Il clima dell'Italia dipende da vari fattori, tra cui i principali sono: la posizione astronomica nell'ambito delle zone temperate (il 45º parallelo taglia per metà la pianura padana), la notevole estensione in latitudine, che crea sensibili differenze fra le regioni settentrionali e meridionali; l'altitudine, che ha un'influenza decisiva sulla distribuzione della temperatura e delle piogge; la presenza delle Alpi, che proteggono dai venti freddi del nord, e dell'Appennino, determinante una diversa esposizione tra il versante tirrenico, che riceve direttamente le correnti umide occidentali, e quello adriatico, che rimane sottovento. Perciò le condizioni termiche variano notevolmente da zona a zona, ma soprattutto da nord a sud, non tanto in estate quanto in inverno: a parte le aree montuose, a Milano in media si hanno in luglio 24° e a Palermo 26°; rispettivamente, in gennaio le medie sono di 1° o 2° a Milano, e 12º a Palermo.
Il numero di giorni con temperatura media superiore a 20º è notevole nelle regioni meridionali e in genere nelle pianure costiere, mentre quello dei giorni di gelo (cioè con temperatura pari o inferiore a 0º) è notevole nelle regioni settentrionali (fra cinquanta e cento giorni) e nelle parti più elevate delle Alpi e dell'Appennino.
Quanto ai venti, l'Italia rimane nell'area di influenza dei venti occidentali, di ovest e di sud-ovest soprattutto, che sono apportatori di piogge. Tra l'inverno e la primavera spirano anche venti da nord e da nord-est (bora). In estate, lungo le coste e nelle vallate intermontane prevalgono i venti locali di brezza.
La distribuzione delle precipitazioni dipende dai venti e dalle condizioni morfologiche e altimetriche, che variano da luogo a luogo. In generale i valori massimi si hanno in corrispondenza della massa alpina e della zona assiale appenninica, con valori progressivamente decrescenti da nord a sud. I massimi assoluti si hanno in quei rilievi che si innalzano come diretto ostacolo dinanzi ai venti umidi: 3.800 mm nelle Prealpi Venete, il massimo assoluto, e 3.000 mm nelle Alpi Apuane, il valore più alto che si registri nell'Appennino. La zona peninsulare tirrenica, con valori superiori ai 700 mm, è alquanto più ricca di piogge di quella adriatica, per ragioni di esposizione. Le minori quantità di precipitazioni si verificano in tutte le zone pianeggianti peninsulari e insulari, dove si hanno limitate aree con anche meno di 500 mm (Sicilia occidentale e sudoccidentale, Tavoliere delle Puglie, zona alle spalle del golfo di Taranto). Differenze notevoli si notano anche nella distribuzione mensile (regime) delle precipitazioni, in quanto nella zona alpina il massimo si registra nella stagione estiva, nella Padania e nella parte settentrionale e centrale della penisola si hanno due massimi nelle stagioni intermedie (di solito il massimo principale cade nell'autunno), mentre nelle regioni meridionali e in Sicilia si ha un massimo unico nell'inverno e una lunga siccità nei mesi estivi.

IDROGRAFIA

Struttura morfologica e condizioni climatiche diverse tra le varie parti dell'Italia spiegano la distribuzione geografica dei corsi d'acqua e le differenze che essi presentano nelle portate e nel regime.
La presenza dell'arco alpino e della pianura padana ha fatto sì che proprio nell'Italia settentrionale si siano formati i maggiori fiumi italiani, mentre la posizione dell'Appennino rispetto al Tirreno e all'Adriatico ha determinato, lungo il versante orientale, solo la formazione di fiumi di breve percorso; i maggiori corsi d'acqua peninsulari scorrono verso il Tirreno. Infine è da rilevare che solo i fiumi della Padania e in particolare gli affluenti di sinistra del Po, per la migliore distribuzione delle piogge e la presenza di ghiacciai nei loro bacini, hanno un regime abbastanza regolare, con massimi estivi. In tutti gli altri fiumi il regime fluviale è legato a quello delle precipitazioni. Il Po è il maggiore dei fiumi italiani; nasce dal Piano del Re, nel gruppo del Monviso, e nel primo tratto, fino a Saluzzo, ha i caratteri di un torrente alpino; poi si allarga e prende, a Torino, la direzione dei paralleli, che seguirà fino alla foce. A Cremona, a 47 m sul livello del mare, comincia a essere stretto fra potenti argini fino al mare, dove il suo vastissimo delta ha subito anche in età storica profonde modificazioni, spesso per opera dell'uomo. Prima di sfociare nell'Adriatico si divide in vari rami (Po della Pila, Po di Maestra, Po di Tolle, Po della Gnocca e Po di Goro). Gli affluenti sono numerosissimi, ma con notevoli differenze; più regolari e meno ricchi di torbide quelli alpini, più soggetti a forti variazioni e più ricchi di torbide quelli appenninici (per la presenza delle argille nell'Appennino). Tra gli affluenti di sinistra sono le due Dore, la Sesia, il Ticino, l'Adda, l'Oglio, il Mincio; tra quelli di destra il Tanaro, la Scrivia, la Trebbia, il Taro, il Panaro. Il secondo fiume d'Italia è l'Adige. Nasce presso il passo di Resia e percorre dapprima la val Venosta; poi, ingrossato dall'Isarco, si dirige verso sud e bagna Trento, dopo aver ricevuto sulla sinistra l'Avisio e sulla destra il Noce. Una volta sboccato nella pianura, bagna Verona e si dirige quindi verso SE per gettarsi nell'Adriatico.
I due maggiori fiumi della penisola, per lunghezza e ampiezza di bacino, sono l'Arno e il Tevere. L'Arno nasce dal fianco meridionale del Falterona, aggira il Pratomagno e percorre una valle fertile e ampia, il Valdarno Superiore. Dopo aver ricevuto la Sieve, entra nella piana di Firenze, da cui esce per attraversare il Valdarno Inferiore e la città di Pisa, e gettarsi nel Tirreno. Il suo delta, un tempo ampio, è ora in fase di erosione.
Il Tevere, il più importante fiume peninsulare, nasce dal monte Fumaiolo e scorre dapprima in una stretta valle longitudinale. Successivamente riceve importanti affluenti, tra i quali è da menzionare la Nera (che a sua volta riceve il Velino), assai ricca di acque. Entrato nella Campagna romana, riceve l'Aniene, pure ricco di acque (cascate di Tivoli). Superata Roma si getta in mare con due rami che racchiudono l'Isola Sacra. Il ramo di Fiumicino, artificiale, è navigabile e permette alle piccole navi di giungere al porto di Roma (San Paolo).
I fiumi tributari dell'Adriatico sono più brevi di quelli tirrenici, hanno profilo più irregolare e sono più poveri di acque, date le modeste dimensioni dei loro bacini. I principali sono il Reno, il Metauro, l'Aterno-Pescara, il Fortore e l'Ofanto.
A sud del Tevere si hanno ancora alcuni importanti fiumi, come il Liri-Garigliano e il Volturno, che nasce da copiose sorgenti nel gruppo della Meta. I fiumi calabresi più a sud hanno un corso molto breve e presentano un carattere torrentizio estremo (fiumare), con piene violentissime e lunghi periodi di totale mancanza d'acqua.
Hanno carattere di fiumara anche molti corsi d'acqua della Sicilia, dove però non mancano fiumi di una certa lunghezza. Tra essi il Simeto, che nasce nei Nebrodi ed è alimentato da vari affluenti, tra i quali il Dittaino e il Gornalunga. Con le sue alluvioni, miste a materiali vulcanici, ha formato la piana di Catania. Carattere torrentizio hanno i fiumi del versante meridionale, quali il Belice, il Platani e il Salso, che viene detto anche Imera Meridionale.
Tra i fiumi della Sardegna, che scorrono quasi tutti in solchi di origine tettonica, il più importante è il Tirso, che nasce dall'altopiano di Buddusò e sfocia nel golfo di Oristano. Sbarrato nei pressi di Santa Chiara d'Ula, esso forma uno dei più grandi laghi artificiali esistenti in Italia. Anche il Flumendosa, che sfocia nel Tirreno, è stato utilizzato per la produzione di energia elettrica e per irrigare la pianura del Campidano. Benché meno lungo del Tirso, esso è più ricco di acque, in quanto nasce dalla piovosa regione del Gennargentu.
Alla fitta rete idrografica fa riscontro, in Italia, una grande abbondanza di laghi, che hanno origine, dimensioni e caratteristiche fisiche profondamente diverse. Nelle Alpi, in zone piuttosto elevate, si hanno in numero grandissimo laghi di circo, che hanno quasi sempre piccole dimensioni ma grande importanza per la produzione di energia idroelettrica. Tra le Prealpi e la pianura padana si hanno i laghi prealpini, i quali occupano porzioni di vallate allargate e approfondite dai ghiacciai e sbarrate a sud da depositi morenici. Procedendo da ovest a est si incontrano il lago d'Orta o Cusio, il Lago Maggiore o Verbano, il lago di Lugano o Ceresio, il lago di Como o Lario, il lago d'Iseo o Sebino, il lago d'Idro o Eridio, il lago di Garda o Benaco, il più esteso. Questi laghi prealpini hanno un'importante funzione climatica, poiché mitigano i rigori dell'inverno padano e rendono possibili nei territori circostanti le colture di piante tipicamente mediterranee. Nella zona prealpina si trovano anche alcuni laghi intermorenici, dei quali il più esteso è il lago di Varese. Nella penisola si hanno laghi di origine in parte tettonica come il Trasimeno, il maggiore dei laghi peninsulari italiani, residuo di un più ampio lago intermontano pliocenico, e poi laghi di origine vulcanica, laghi carsici e infine laghi costieri.
I laghi vulcanici, che occupano il fondo di antichi crateri o di più crateri fusi insieme, si trovano quasi tutti nel Lazio. Essi sono il lago di Bolsena o Volsinio, il lago di Vico o Cimino, il lago di Bracciano o Sabatino e poi, a sud di Roma, i laghi di Albano e di Nemi; in Campania sono da ricordare i laghi dei Campi Flegrei (Averno, ecc.).
Numerosi laghi e stagni costieri, infine, nella penisola e in Sardegna, rappresentano antiche insenature separate dal mare da cordoni litorali; hanno tutti scarsissima profondità. I più noti sono quelli di Orbetello in Toscana, di Fondi nel Lazio, di Lesina e Varano in Puglia. Alcuni di questi specchi d'acqua costieri sono utilizzati per l'estrazione del sale (saline di Margherita di Savoia in Puglia, di Cervia in Romagna, di Quartu e San Gilla in Sardegna), altri per la pesca (Valli di Comacchio, stagni di Oristano e vari altri in Sardegna). Tra questi laghi costieri si potrebbe comprendere anche la laguna veneta, per quanto la sua origine sia alquanto più complessa. Essa si è potuta conservare perché già da qualche secolo è stata sistemata mediante la deviazione di corsi d'acqua che in essa si gettavano.
Un cenno, infine, è opportuno sui numerosi ghiacciai che si trovano nelle parti più elevate dei nostri rilievi. Nelle Alpi italiane il limite delle nevi permanenti si trova in media a 2.800 m (3.000 m nelle Alpi Occidentali e 2.600 in quelle Orientali). Al di sopra di tale limite si trovano tanto ghiacciai vallivi quanto ghiacciai di circo e di pendio o vedrette. Dei circa 2.500 ghiacciai che si trovano nella catena alpina, poco meno di 1.000 appartengono al versante italiano, e di questi parecchie decine sono ghiacciai di prim'ordine. Si incontrano ghiacciai già nelle Alpi Marittime, ma di piccole dimensioni, poi se ne hanno di maggiore mole e più numerosi col procedere verso nord, finché nella Valle d'Aosta se ne contano ben duecento. I maggiori sono nel gruppo del Monte Bianco: ghiacciai del Miage (sup. 11,3 km²; lungh. 10 km circa) e della Brenva (sup. 7,3 km²; lungh. 6,7 km). Notevoli sono anche quelli che scendono dal Monte Rosa (ghiacciaio del Belvedere) e dal gruppo del Bernina. Assai estesi, i ghiacciai del gruppo Ortles-Cevedale, mentre nell'Adamello-Presanella si trova un tipo particolare di ghiacciaio, il tipo di altopiano o di pianalto, piuttosto raro nelle Alpi. Nelle Dolomiti il fenomeno glaciale ha scarsa importanza, tuttavia è da ricordare almeno il ghiacciaio della Marmolada (sup. 3,5 km² circa). Nell'Appennino esiste un solo ghiacciaio, sotto il Corno Grande del Gran Sasso d'Italia.
Attualmente i ghiacciai italiani sono in fase di ritiro, come del resto tutti i ghiacciai alpini, e la diminuzione dell'area da essi occupata rispetto al periodo culminante del XIX sec. si valuta a circa il 20%.

FLORA

L'Italia , per le sue vicende geologiche, la posizione geografica e le caratteristiche fisiche, è la sede di un numero enorme di specie vegetali che popolano, varie e spesso poco conosciute, le cime alpine, i laghi, gli Appennini, i litorali mediterranei. Per quanto riguarda la flora italiana, schematizzando, si è soliti distinguere una vegetazione alpina, una propria della pianura padana, una appenninica e infine quella mediterranea.
• La vegetazione alpina varia a seconda delle zone altitudinali..
La vegetazione della pianura padana. Nella cosiddetta alta pianura padana si distinguono: le brughiere del Piemonte e della Lombardia, l'alta pianura e i magredi friulani. Le brughiere sono caratterizzate da boschetti di betulle e robinie e da una vegetazione a brugo, aquilegie, ginestre, eliantemi. Nell'alta pianura del Friuli si trovano pioppi, salici, ginepri, pruni, eliantemi, centauree. Nei magredi, Stipa pennata, giunco nero (Schoenus nigricans), Linum flavum e alcuni salici, pioppi, querce. La bassa padana comprende alcune zone a boschi di pioppi bianchi e neri, di salici bianchi, di robinie e più raramente di carpini, ontani e farnie; e una vegetazione palustre e acquatica che si riscontra presso le marcite (trifoglio, avena altissima, loglio, paleo dei prati), i fontanili (muschi d'acqua, alghe verdi, ranuncoli d'acqua, nasturzi, lenticchie d'acqua, ecc.) e le rive dei maggiori laghi, con una zonazione tipica procedendo dall'esterno verso l'interno: zona a carice (con carice, calendula, equiseti), zona a canna palustre (Phragmites communis, tife, aspidio palustre), zona a scirpo palustre, zona a ninfee e nenufari, zona a potamogeti, zona a Chara.
• Per la vegetazione appenninica.
• Caratteristiche della vegetazione mediterranea sono le piante di pini domestici e marittimi con sottobosco di timo, ginestre, ecc.; la macchia di mirti, lentischi, alloro, ginepro, corbezzoli, ginestre, euforbia; la garriga, con la quercia spinosa, la lavanda, la salvia, il timo, il rosmarino; la pseudomacchia di lecci, bossi, tamare, ecc.; la pseudogarriga con assenzi, lavanda, ecc.

FAUNA

La fauna presenta graduali variazioni procedendo da nord a sud in relazione all'estensione dell'Italia in senso longitudinale.
Mammiferi. Lungo la catena alpina vivono lo stambecco, che trova rifugio oltre il limite della vegetazione ad alto fusto; il camoscio, che dalle zone nivali si spinge a sud sino nelle foreste di larici sulle Alpi e nelle faggete sugli Appennini d'Abruzzo; la lepre variabile o alpina; la marmotta; l'arvicola delle nevi che frequenta anche le più alte vette appenniniche; l'ermellino, il toporagno alpino. Nella zone boschive, nelle pianure o nelle riserve delle Prealpi, della pianura padana, delle regioni peninsulari e insulari vivono erbivori: il cinghiale delle maremme toscana e romana e della Sardegna, il muflone del Gennargentu, il cervo delle Alpi di Livigno e della Sardegna, il daino della Sardegna, il capriolo delle riserve alpine e delle maremme; roditori: la lepre, diffusa ovunque, il coniglio selvatico della Sicilia e Sardegna, lo scoiattolo dei boschi d'alto fusto, che manca in Sicilia e Sardegna, il ghiro degli alberi a frutta secca come noci e nocciole, il driomio delle regioni nordorientali, il quercino dei frutteti, il moscardino dei noccioli, che manca in Sardegna, diverse specie di topi e di arvicole, l'istrice dell'Italia centromeridionale e della Sicilia; carnivori: l'orso, localizzato nel gruppo dell'Adamello e del Brenta e sui monti d'Abruzzo, il lupo dell'Appennino, dalla Romagna alla Calabria, la volpe, diffusa ovunque, il gatto selvatico, ancora presente nelle boscaglie delle maremme, dell'Italia meridionale e soprattutto in Sardegna, la donnola, frequente ovunque, la puzzola che manca solo in Sicilia e Sardegna, ove è comune il furetto, la faina, diffusa ovunque, la martora più selvatica e più scarsa, il tasso che manca solo in Sardegna; insettivori: il riccio e alcune specie di toporagni e crocidure con una distribuzione quasi totale; infine numerosi pipistrelli delle famiglie dei vespertilionidi, rinolofidi e molossidi. Negli ultimi anni, l'estendersi dell'opera di intrusione nell'ambiente da parte dell'uomo, delle sue attività degli scarichi industriali e delle nuove vie di comunicazione, ha aggravato le forme di inquinamento e di squilibrio ambientale, comportando seri rischi di estinzione per diverse specie di mammiferi, così come per parecchie altre specie animali, fra quelle sotto elencate.
Uccelli. Specie proprie delle altitudini più elevate sono la pernice bianca, che predilige i ghiacciai, il sordone, che frequenta gli alti pascoli delle Alpi e degli Appennini, i gracchi delle Alpi, dell'Appennino Abruzzese e della Sardegna, il fringuello alpino, che sale sino a 4.000 m d'altezza. Numerose sono le specie che frequentano la zona nivale, quali l'aquila reale, il piviere tortorino, che è stato trovato anche in Abruzzo, il rondone alpino e la rondine montana che vivono anche tra le rocce a picco sul mare dell'Italia meridionale e delle isole.
Rapaci diurni (falchi, aquile, poiane, astore, nibbi, sparviere, biancone, avvoltoi) e notturni (gufi e civette), galliformi (gallo cedrone, fagiano di monte, francolino di monte, quaglia, starna, pernici, coturnici, fagiani), gruiformi (gru, re di quaglie, otarda, gallina prataiola), caradriformi (beccaccia, pavoncella, corrioni), colombiformi (grandule, sirratte, tortore, colombaccio, colombella), piciformi (picchio nero, verde, rosso maggiore, torcicollo), coraciiformi (ghiandaia marina, upupa), caprimulgiformi (succiacapre) e numerosi passeriformi sono specie stazionarie, nidificanti o di passo, caratteristiche dell'Italia peninsulare e insulare.
Anfibi e rettili. Nessuna specie è propria delle grandi altezze, tuttavia la salamandra nera frequenta sia le foreste umide sia le praterie alpine, da 700 a oltre 3.000 m d'alt., e la lucertola vivipara riesce a vivere sopra i 3.000 m. Gli anfibi urodeli, che mancano completamente in Sicilia, hanno rappresentanti nel resto della penisola con tritoni (specie propria dell'Italia meridionale è il tritone italico, endemico della Sardegna è il tritone sardo o euprotto di Rusconi), salamandre (esclusiva dell'Italia, dove vive sulle Alpi Apuane e lungo la catena appenninica, è la salamandrina dagli occhiali), geotritoni (il geotritone sardo e il geotritone italiano delle Alpi Marittime, Apuane e degli Appennini, dalla Liguria al monte Morrone [Abruzzo], che sono gli unici rappresentanti non americani della famiglia dei pletodontidi). Nei fiumi sotterranei del Carso vive il proteo, che è l'unico vertebrato cavernicolo della fauna europea. Tra le varie famiglie di anfibi anuri rappresentate in Italia (i bufonidi con il rospo comune e il rospo verde, diffusi ovunque, i pelobatidi con il pelobate fosco dell'Italia settentrionale, i discoglossidi con il discoglosso delle isole, gli ilidi con la comune raganella) la più numerosa è quella dei ranidi, con la comunissima rana verde, assente in Sardegna, e quattro specie di rane rosse. Fra i rettili le tartarughe sono rappresentate dalla testuggine palustre, diffusa in tutta la penisola e nelle isole, dalla testuggine terrestre di Hermann e dalla testuggine greca, ambedue proprie delle isole; ai sauri appartengono l'orbettino, assente soltanto nelle isole, il geco e l'emidattilo che mancano solo al Nord, il tarantolino delle isole, varie specie di lucertole tra cui la comunissima lucertola muraiola e la lucertola azzurra di Capri, la luscengola, diffusa quasi ovunque, e il gongilo delle isole; agli ofidi appartengono le vipere assenti solo in Sardegna: la vipera cornuta delle Prealpi e Alpi Venete, la vipera comune, diffusa ovunque, il marasso delle regioni settentrionali e la vipera dell'Orsini delle Marche, Umbria e Abruzzo; la comunissima biscia dal collare o acquaiola, il biacco, ugualmente comune, il saettone o colubro di Esculapio, diffuso ovunque.
Fauna acquatica. Le acque dolci sono popolate da circa una sessantina di specie di pesci: molte di esse hanno stabile dimora come gli agoni e i coregoni lacustri, le trote di torrente o di lago, il luccio, la carpa e Ia tinca delle acque stagnanti, altre sono migratrici e risalgono i fiumi per riprodursi (es. storione) o trascorrono una parte della loro esistenza in mare (es. anguilla). Le rive dei laghi, dei fiumi e degli stagni sono popolate da numerose specie di uccelli acquatici, appartenenti soprattutto all'ordine degli anseriformi (es. germano reale, oca lombardella), e da pochi mammiferi tra cui la lontra, che manca solo in Sardegna. La fauna ittica marina è rappresentata da specie litoranee: cernie, dentice, orata, ecc.; da specie che prediligono i fondi sabbiosi, come la sogliola e il cefalo o melmosi, come la rana pescatrice e il nasello; e da specie pelagiche, che sono particolarmente abbondanti (sardine e acciughe delle coste liguri, tonni della Sardegna e Sicilia, pesce spada dello stretto di Messina). Nel Mediterraneo vivono numerose specie di cetacei (balenottera comune, balenottera rostrata, delfino, orca, globicefalo, capodoglio), delle quali la più comune è il delfino, e una sola specie di pinnipedi, la foca monaca. Vari sono gli ordini degli uccelli marini presenti sulle acque del Mediterraneo: comuni sono i gabbianiformi con le rondini di mare e i fraticelli.
Invertebrati. Numerosi sono gli invertebrati e diffusi in ogni ambiente: dalle farfalle alpine (apollo, antiopa) ai porcellini di terra (crostacei isopodi) dei luoghi umidi, dalla pulce dei ghiacciai allo scorpione italico, fornito di aculeo velenifero, assai frequente nella pianura padana, dalle termiti, distribuite prevalentemente lungo il versante tirrenico (Reticulitermes lucifugus e Calotermes flavicollis), al comunissimo lombrico vivente nell'humus, dalla diffusissima mantide religiosa a un minuscolo crostaceo del genere Bathynella, un vero “fossile vivente” rinvenuto nelle acque sotterranee presso Verona, dal maggiolino alla Stalita Patrizii, ragno cavernicolo della Sardegna, dai minuscoli e numerosi animali planctonici alla fillossera importata dall'America, parassita della vite.

PARCHI NAZIONALI

Nonostante la ricchezza e la varietà dei paesaggi e delle bellezze naturali in genere, la protezione della natura in Italia non è sentita come in altri paesi. Per tutelare il patrimonio paesistico e gli elementi più tipici della fauna e della flora italiani, sono stati creati cinque parchi nazionali: il Parco nazionale del Gran Paradiso (Piemonte-Valle d'Aosta), creato nel 1922 e vasto 56 mila ha, per la salvaguardia di un paesaggio alpino di incomparabile bellezza e di specie faunistiche ormai rare come stambecchi, camosci, aquile reali; il Parco nazionale dello Stelvio, istituito nel 1935, vasto 95 mila ha (prov. Trento, Bolzano, Sondrio), in cui vivono cervi, camosci e caprioli; il Parco nazionale d'Abruzzo, creato nel 1923 e vasto 38.000 ha, che interessa le province dell'Aquila, Frosinone e Campobasso; vi si trovano ancora gli ultimi esemplari dell'orso bruno marsicano; il Parco nazionale del Circeo, creato nel 1934, vasto 3.200 ha (prov. Latina), per la tutela delle bellezze naturali, archeologiche e paleontologiche della zona; il Parco nazionale della Calabria, creato nel 1968. Nel 1989 il ministero dell'ambiente ha inoltre istituito quattordici nuove aree protette.

Esempio



  


  1. ciro

    la natura dell'isola d'elba