Materie: | Tesina |
Categoria: | Geografia |
Download: | 1858 |
Data: | 22.05.2006 |
Numero di pagine: | 6 |
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Testo
Gandhi inventa la tattica della resistenza passiva
Guida spirituale dell’India, nella sua lotta per l’indipendenza contro il dominio coloniale inglese, fu Mohandas Gandhi, soprannominato Mahatma, cioè “la grande anima”. Nato a Porbandar, sulla costa nordest del mar Arabico, nel 1869, Gandhi si laureò in giurisprudenza in Inghilterra; poi a ventiquattro anni, andò ad esercitare la professione di avvocato in Sudafrica. Qui vivevano molti emigrati indiani, che erano trattati come razza inferiore e subivano soprusi e ingiustizie da parte dei coloni europei.
In difesa dei loro diritti Gandhi attuò con successo una tattica di resistenza passiva, un metodo di lotta politica non violento, che consisteva nel rifiutare l’obbedienza alle leggi ritenute ingiuste e contemporaneamente nell’accettare, senza ribellarsi, le pene che queste leggi stabilivano. Questo metodo era molto diverso da quelli tradizionali, nei quali dominava la forza brutale. Per Gandhi la sola forza di cui era giusto servirsi, anche in politica, era quella della verità, dell’amore (o “non violenza”) e della purezza d’animo. Ritornando in India nel 1914, egli percorse la penisola paese per paese, spiegando le sue idee agli Indiani di tutte le caste (compresi gli “intoccabili”) e di tutte le religioni per risvegliarli dal fatalismo con il quale accettavano la loro sorte per convincerli a lottare contro le ingiustizie leggi degli Inglesi.
Il digiuno fu un mezzo al quale Gandhi ricorse molte volte, per ottenere determinati scopi politici e trascinare alla lotta le masse indiane. Per la sua popolarità, per l’effetto e l’entusiasmo che suscitava, nessuno (singolo individuo, partito politico, casta o confessione religiosa) voleva essere considerato responsabile della sua morte. Perciò, quando per il digiuno egli correva pericolo di vita, tutti anche i governanti inglesi, si affrettavano a venire a patti con lui.
Una nuova forma di lotta la disobbedienza civile
Il partito del Congresso fece propri e tradusse in pratica i principi di Gandhi, adottando come forme di lotta la “disobbedienza civile” e la “non violenza”. I funzionari indiani dell’amministrazione coloniale diedero le dimissioni; gli studenti indiani smisero di frequentare le scuole inglesi; gli Indiani tutti si astennero dal comprare merci inglesi, sostituendo alle importazioni straniere i prodotti dell’artigianato e dell’industria indigena; infine rifiutarono di pagare le tasse. Si presentarono poi spontaneamente ai posti di polizia, ai tribunali e alle carceri, dichiarandosi colpevoli e disposti a subire le pene stabilite. Queste campagne di non collaborazione e di resistenza passiva, lanciate a più riprese da Gandhi e dal Congresso, misero l’amministrazione coloniale in grave difficoltà. Nello stesso tempo contribuirono a diffondere fra le masse l’aspirazione all’indipendenza e a trasformare in ribellione quella che era stata fino ad allora l’opposizione di una minoranza di intellettuali e di politici.
Gandhi ha degli oppositori
Non tutti gli Indiani, però, erano d’accordo con Gandhi I più fanatici fra i credenti indù, ad esempio, gli rimproverano la tolleranza da lui praticata verso tutte le fedi religiose. I seguaci della Lega Musulmana non condividevano il suo sogno di fare della futura India indipendente un’unica nazione, in cui potessero convivere in pace i fedeli di religioni diverse. Miravano, invece, a costruire nella valle dell’Indo uno stato separato per gli indiani di religione islamica. Infine, molti dirigenti politici laici del partito del congresso criticavano l’idealizzazione della vita del passato, da Gandhi presa a modello per la sua povertà e semplicità. In realtà ,essi obbiettavano, l’antica civiltà indiana basata sullo sfruttamento dei contadini e dei fuori casta, era dominata dalla violenza e tutt’altro che pacifica. Di questo parere era, fra gli altri, Jawaharal Nehru, un affezionato amico di Gandhi, che fu più volte presidente del partito del Congresso. Nehru non era d’accordo con Gandhi neppure nel condannare in blocco tutta la civiltà moderna, compresi gli ospedali, le ferrovie, le scuole e i tribunali. Egli pensava invece che l’India dovesse modernizzarsi per diventare una grande nazione al passo coi tempi.
Gandhi e la tradizione
Secondo Gandhi, l’India doveva tornare a modi di vita antichi, rinunciando alla civiltà europea che gli Inglesi avevano introdotto nel paese: solo così, dopo l’indipendenza, avrebbe potuto rinnovare le glorie del suo passato. Egli stesso, per dare esempio, prese a vestire di grossolana tela bianca, secondo la tradizione indiana, e cominciò a filare cotone all’arcolaio, lo strumento/simbolo della locale tradizione artigiana.
Nascono l’Unione Indiana e il Pakistan
Le ripetute richieste d’indipendenza degli Indiani furono sempre decisamente respinte dell’Inghilterra. Di fronte a tanta intransigenza il Congresso lanciò un’ultima grande campagna non violenta, che si trasformò in una vera e propria rivolta, con numerose vittime fra gli Indiani a fra gli Inglesi. La situazione critica si risolse soltanto alla fine della seconda guerra mondiale, quando l’Inghilterra, vittoriosa ma indebolita, non fu più in grado di conservare il ruolo di potenza imperiale. Il 15 agosto 1947 furono proclamati due stati indipendenti: l’Unione Indiana, con popolazione in maggioranza induista; il Pakistan , con popolazione in maggioranza musulmana. La spartizione era stata voluta soprattutto dalla Lega Musulmana e anche Gandhi, benché fortemente amareggiato, dovette accettarla.
Gandhi è assassinato da un fanatico indù
Nei giorni stessi dell’indipendenza, in tutta la penisola, tra indù e musulmani si scatenò un guerra di religione, che causò un milione di morti e più di sei milioni di profughi: per scampare alle stragi i musulmani dell’India fuggirono in massa nel Pakistan e viceversa gli indù dal Pakistan all’India. Alla fine Gandhi stesso cadde vittima dell’odio fanatico. La sera del 30 gennaio 1948 un giovane bramino, convinto che con le sue concessioni ai musulmani Gabdhi avesse tradito la causa dell’Induismo, gli sparò e l’uccise a Nuova Delhi, mentre si recava ad una riunione di preghiera.
Fra India e Pakistan scoppiano varie guerre
La tensione fra indù e musulmani ha contrassegnato dal 1947 ad oggi tutta la storia dell’India indipendente. Essa ha portato a diverse guerre fra l’Unione Indiana e il Pakistan e continua ad essere causa di scaramucce al confine fra i due stati. Nel 1948 e nel 1965 le ostilità divamparono per il possesso del Kashmir, una vasta regione montuosa, attraversata dal corso superiore dell’Indo, che al momento dell’indipendenza era stata assegnata all’Unione Indiana, benché la sua popolazione fosse in maggioranza musulmana. Nel 1971 un terza guerra portò alla formazione dello stato indipendente del Bangladesh, o Bengala orientale, e i territori a est di Calcutta, abitati da una popolazione in prevalenza musulmana, che, al momento della spartizione, erano stati assegnati al Pakistan.
I tentativi di modernizzazione incontrarono molti ostacoli
L’India indipendente divenne una repubblica ed ebbe una costituzione democratica, che entrò in vigore nel 1950. Uno dei primi articoli dichiarava abolita la classe degli intoccabili e sopprimeva di fatto le caste, stabilendo l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti la legge. In coerenza con i principi dello stato laico la costituzione, inoltre, stabiliva la libertà di religione, di stampa, di parola, di riunione e l’impegno dello stato a lottare per la giustizia sociale. Nehru, che fu primo ministro dell’Unione Indiana dal 1947 al 1964, cercò di modernizzare l’economia dell’India favorendo lo sviluppo agricolo e industriale. Ma i problemi che il paese doveva affrontare erano enormi. Il più grave era quello della povertà che affliggeva, e ancora affligge, la maggioranza della popolazione. C’era poi l’ingiustizia della divisione in caste che nonostante le riforme introdotte, non fu mai possibile cancellare del tutto. Perdurò infine l’inimicizia fra le religioni che anzi negli ultimi tempi è stata inasprita dalla nascita di gruppi estremisti sia musulmani che indù
Le donne e gli intoccabili tra uguaglianza e discriminazione
L’indipendenza apportò cambiamenti fondamentali nella condizione delle donne indiane, prima di tutto considerandole cittadine e con il diritto di votare (e di essere elette ) al pari degli uomini. Alle donne fu data in questo modo la possibilità di giungere alle cariche più alte dello stato, tra cui quella di primo ministro. Ricoprì questo carica dal 1966 al 1977 e dal 1981 al 1984 la figlia di Nehru, Indira Gandhi.
Indira Gandhi apparteneva a una famiglia molto potente, di altissima casta braminica. Se si escludono pochissime donne privilegiate come lei, per tutte le altre all’uguaglianza stabilita dalla costituzione continuò ad opporsi una tradizione millenaria, indù e musulmana, di subordinazione. Costrette al matrimonio nell’infanzia o nella fanciullezza con uomini mai visti prima, le donne diventavano legalmente proprietà del marito, senza possibilità di divorziare. Se restavano vedove, cadevano in una condizione quasi di “morte viventi”: considerate impure ed escluse dall’eredità del marito e del padre, erano vittime di offese e di soprusi.
Anche dopo l’indipendenza passarono vari anni e furono necessarie molte leggi perché le donne indù (la condizione delle musulmane rimase immutata) raggiunsero una vera parità giuridica con gli uomini. Il divieto di matrimonio tra appartenenti a caste diverse fu abolito nel 1949. Una legge del 1956 diede alle figlie femmine gli stessi diritti dei fratelli a ereditare la proprietà paterna. Nel 1961 fu abolito l’obbligo legale della dote. Ma questa, anche se non è più obbligatoria, continua ad essere pretesa dai familiari del marito. Nei rapporti sociali, infatti, nella pratica quotidiana, nella mentalità di molte persone l’antica inferiorità della donna tarda a scomparire.
Anche la condizione degli intoccabili è cambiata dopo l’indipendenza. Ora non sono più degli emarginati, delle persone escluse da ogni contatto umano. Dispongono di un po’ di denaro e di una certa istruzione. Soprattutto hanno acquisito la coscienza di appartenere a un gruppo distinto dagli altri, che può lottare per i suoi diritti. Tuttavia, come l’uguaglianza delle donne, così l’abolizione dell’intoccabilità nella realtà sociale è lontana dall’essere praticata.
Confronti degli intoccabili restano discriminazioni nel lavoro, nelle abitazioni, in ogni aspetto della vita quotidiana. Qualche volta si scatena contro di loro ancora la furia popolare, con eccidi e violenze di ogni genere.
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