foresta pluviale

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Categoria:Geografia

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Testo

LA FORESTA PLUVIALE
La Foresta Pluviale è un tipo di foresta che si estende nelle regioni prossime all'equatore. Il termine fu coniato alla fine del XIX secolo dal botanico tedesco Alfred Schimper..La foresta pluviale è costituita generalmente da più strati di vegetazione. A livello del suolo sono presenti molte varietà di piante, tra cui varie specie di epifite (quali orchidee e bromeliacee). Vi è poi uno strato di vegetazione sempreverde, alto da 30 a 50 m, dominato da alcune specie di alberi che si elevano molto al di sopra di questa altezza. Un'altra caratteristica è la presenza delle liane, piante dal fusto molto allungato, il cui diametro può superare i 20 cm, che crescono appoggiandosi alle altre piante, costituendo una sorta di congiunzione tra il livello del suolo e la volta superiore della foresta. Esse contengono il maggior numero di diverse specie viventi del nostro pianeta: si ritiene, ad esempio, che vi siano presenti milioni d'insetti non ancora classificati dal punto di vista scientifico.
Nel bacino amazzonico domina la foresta pluviale in cui la vegetazione è particolarmente rigogliosa, è composta da centinaia di specie di piante distribuite in base al grado di umidità del suolo: tra questi, palme e alberi da fusto, oltre a piante della famiglia delle euforbiacee, dalle quali si ricava il caucciù. Anche lungo la costa crescono rigogliose foreste di mangrovie, alberi del cacao, palme nane e numerose altre specie tra cui la caesalpinia echinata, il cui legno brazil ha dato il nome al paese. I frutti indigeni maggiormente coltivati sono l'ananas, il mango, la banana, l'uva, l'arancia, il fico e la guama.
Negli alti piani, la lussureggiante vegetazione lungo le valli fluviali si fa più rada nelle zone montuose, dove crescono soprattutto specie decidue. Nelle zone temperate abbondano conifere, mentre nelle sezioni aride dell'alto piano sono comuni i cactus e una vegetazione di tipo arbustivo
Le piante più alte oltrepassano i 40 m e possono anche raggiungere i 70. Lo spazio intermedio comprende piante tra i 20 e i 40 m e quelle più basse dai 5 ai 20. Sotto ancora troviamo la fascia degli arbusti, e infine il sottobosco. Le specie di alberi che formano la foresta pluviale sono moltissime e distribuite in modo così casuale che è difficile trovare vicini due alberi uguali. Palme, pandani, baobab, agrumi, alberi del pane, del caffè, del cacao, della china e moltissimi altri alberi a noi sconosciuti formano una fitta e intricata coltre copre completamente il terreno con il fitto fogliame, impedendo ai raggi solari di raggiungere il suolo. Molte di queste piante lasciano cadere al suolo dei rami tortuosi radici, come le mangrovie che crescono sulle rive dei corsi d'acqua. Sono numerose le piante rampicanti. Il buio impedisce lo sviluppo del sottobosco, ma felci e arbusti riescono ugualmente a crescere. La vegetazione in questo bioma la vegetazione viene suddivisa in 5 livelli sovrapposti, ognuno dei quali costituisce un habitat a sé. La fascia superiore comprende la chioma degli alberi più alti, che sovrastano la volta ,sotto la quale vi sono gli alberi più bassi, una fascia di di arbusti e il terreno ricoperto di erbe.
Nella foresta pluviale sono presenti molte specie di animali, dei quali 400 specie sono uccelli, 125 di mammiferi e 150 di farfalle. La fauna è molto varia e differisce in molti aspetti da quella dell'America Settentrionale e dell'emisfero orientale. Tra i mammiferi di grandi dimensioni sono diffusi, il capi bara, il puma, il giaguaro, l'ocelot o gattopardo americano e le volpi. Non mancano il pecari, il tapiro, il formichiere, l'armadillo, il bradipo ,l'opossum, oltre a vampiri e ad altri tipi di pipistrelli. Nelle regioni meridionali sono presenti numerosissimi cervi, mentre le foreste sono popolate da molte specie di scimmie e di uccelli, soprattutto pappagalli e tucani. alligatori e serpenti comprendono il crotalo muto, il ferro di lancia e il boa; nei mari e nelle acque dei fiumi vivono specie quali il pesce tigre, il barracuda e il piranha. Gli animali tendono a stabilirsi ciascuno in un particolare strato della foresta; anche se la maggior parte abita fra le fronde degli alberi.Li possiamo trovare liberi nell'aria al di sopra degli alberi o su di essi, a livello del terreno o nei numerosi fiumi, laghi e paludi di queste foreste. Nella foresta pluviale abbondano mammiferi, uccelli, pesci, rettili, anfibi e invertebrati. Molte specie hanno sviluppato un particolare adattamento alla vita tra gli alberi, come per esempio le rane volanti ( i rocofori) e certi pipistrelli detti volpi volanti.
La temperatura media si mantiene costantemente tra i 25°C e i 35°C. La temperatura e' elevata con bassa escursione termica giornaliera e annua (manca il ciclo stagionale, c'è solo l'estate). Le precipitazioni sono abbondanti e distribuite in tutto l'arco dell'anno. La foresta pluviale è un tipo di foresta che cresce nelle regioni più calde e umide. La foresta pluviale tropicale è la più lussureggiante e complessa della Terra; infatti presenta molte più specie di piante e di animali di qualsiasi altro ecosistema al mondo . Un tratto di foresta pluviale di soli mille ettari può ospitare 750 specie di alberi, più di 1000 specie di piante minori, 400 specie di uccelli, 125 di mammiferi e 150 di farfalle. Nella foresta pluviale, oltre nella varietà, è eccezionale la densità delle specie viventi; infatti piante e animali si riproducono e crescono rapidamente grazie al clima. Il paesaggio della foresta pluviale è costituito da una distesa quasi ininterrotta di alberi, ed esso occupa più di 400 milioni di ettari della superficie del nostro pianeta.
Le foreste equatoriali più estese si trovano nei bacini del Rio delle Amazzoni e del Congo, oltre che nel Sud-Est asiatico,ma zone meno estese si trovano anche in America centrale, nei Caraibi, in Madagascar, in India e in Australia, con alcune differenze da zona a zona.
LA BIODIVERSITA’
Per biodiversita' si intende la varieta' della vita in tutte le sue forme, livelli e combinazioni. Alberi, fiori, insetti, uccelli, in definitiva tutti gli organismi viventi sono l'espressione della diversità genetica all'interno dei diversi ambienti ed ecosistemi della Terra. Le foreste tropicali hanno un grado di biodiversità che è il più - elevato di qualsiasi altro habitat conosciuto del nostro pianeta. Più del 70% di tutte le specie animali e vegetali presenti sulla Terra vive nelle foreste tropicali. Mentre in Europa, un appezzamento di un centinaio d'ettari può contenere 25 o 30 specie d'alberi, in un tratto equivalente della foresta tropicale possono crescerne 400. E questa molteplicità vale anche per gli animali. Basti raffrontare il numero di specie presenti in Costa Rica e Italia (vedi tabella). Stabilire perchè le foreste tropicali siano così ricche di specie animali e vegetali è più difficile di quanto sembri poichè più fattori contribuiscono a creare condizioni ideali e rapporti complessi ma delicatissimi. Un fattore comune è l'elevata immissione di energia solare che crea condizioni ideali per la crescita, abbinata a una carenza di sostanze nutritizie nel suolo. Quest'ultime di solito hanno infatti una distribuzione non uniforme e ciò favorisce l'evoluzione di varie specie, attrezzate in vari modi per affrontare la scarsa fertilità del suolo o che sfruttano diverse piccole nicchie ecologiche. Un'altro fattore è la grandezza degli alberi che crea una massiccia struttura tridimensionale stratificata a più livelli, in cui si rifugiano e crescono molte piante di minori dimensioni, compresi rampicanti ed epifite. La varietà di queste piante crea un'invitante gamma di risorse alimentari e di nascondigli per innumerevoli piccoli animali. La mancanza di una stagione invernale che interrompe di solito il ciclo vitale degli insetti e ne riduce il numero ha permesso ad essi di diver sificarsi in tutta tranquillità. Ciò però ha portato a una pressione selettiva, a una competizione e a strette forme di simbiosi e mutualismo. Alcuni biologi credono che la pressione esercitata dagli insetti abbia a sua volta influenzato la diversificazione delle piante che hanno dovuto escogitare nuove difese contro di essi, finchè questi si sono evoluti fino a specializzarsi nell'attaccare un solo tipo di pianta. Ma a fronte di un numero così incredibile di specie (forse milioni per i soli insetti!) il numero di individui per ogni specie è limitato e l'areale di presenza spesso circoscritto. Per questa ragione la deforestazione provoca non solo la perdita della foresta ma anche l'estinzione di innumerevoli specie animali molte delle quali non saranno mai neppure conosciute. Una caratteristica interessante delle foreste pluviali è la vasta rete di interrelazioni che si è sviluppata, e che spesso coinvolge una decina di specie o più. Una bromeliacea che immagazzina l'acqua, ad esempio, intrattiene rapporti di scambio con i suoi insetti impollinatori e dispersori dei semi, con l'albero sul quale vive, con i numerosi animali che vivono o si riproducono nelle sue riserve d'acqua e con quelli che vivono nei detriti che circondano le sue radici. Alcuni di questi rapporti sono di dare-e-avere, altri sono invece a senso unico. Molto spesso c'è una relazione centrale, intorno alla quale se ne sviluppano altre, come accade tra le formiche e le piante delle formiche, o tra i fichi e le vespe del fico. Relazioni di questo tipo vengono comunemente denominate "mutualismi a chiave di volta". La grande preoccupazione di tutti gli ambientalisti è che, a causa della progressiva frammentazione delle foreste pluviali, questo tipo di interdipendenza si rompe qualora venga a mancare un animale o una pianta fondamentali per il meccanismo.
Le foreste tropicali offrono un vasto assortimento di risorse in regioni del mondo fra le più povere e gravate da una sempre più crescente sovra popolazione. I Paesi di queste aree del mondo stanno lottando per raggiungere un miglior livello di vita e la via di questo sviluppo prevede lo sfruttamento massiccio delle risorse naturali, che per la maggior parte sono costituite dalle foreste o sono presenti in esse, e un'industrializzazione di tipo occidentale. Possiamo quindi prevedere che per i prossimi anni la pressione sulle foreste aumenterà sempre di più. Se consideriamo che già il 50% è stato distrutto e circa il 30% lo sarà nei prossimi 20-30 anni il quadro per il futuro si presenta drammatico. I Paesi poveri non sono tuttavia i soli ad avere delle aspettative sulle foreste tropicali; sono le ricche nazioni industriali di cui facciamo parte a generare la domanda che sorregge il commercio di legname tropi cale, ed il mercato del bestiame da macello che bruca i pascoli una volta ricoperti dalla foresta. A tutto questo si aggiunge il cappio del debito internazionale sempre in aumento, tra le nazioni industriali e quelle del Terzo Mondo che spesso costringe i Paesi che possiedono delle foreste a sottoporle ad uno sfruttamento eccessivo.

LE POPOLAZIONI
PIGMEI
I Pigmei sono un gruppo etnico-razziale dell' Africa equatoriale, vivono
nelle regioni forestali di Camerun, Gabon, Repubblica centrafricana , Congo,
Ruanda e Repubblica democratica del Congo (ex Zaire). I Pigmei dovevano
essere diffusi anche nell' Africa orientale, come riferiscono alcune
leggende. Gli studiosi ritengono che i Pigmei rappresentino il substrato
africano preistorico nella vasta area del Sahara centrale, degli altopiani
orientali fino all'Atlantico.
Data la vita nomade, i Pigmei costruiscono accampamenti temporanei di
capanne ad alveare, erette dalle donne e disposte in circolo. Risiedono in
ripari a cupola, fatti con rami d'albero che essi rapidamente intrecciano,
ricoprendoli altrettanto rapidamente di foglie. Sono ripari appena
sufficienti a proteggere dalle violente piogge equatoriali. Il fumo della
brace sempre accesa ricopre di uno strato nero impermeabile la cupola di
frasche.
I Pigmei utilizzano solo materiale naturale (pelle, ossa, corna, fibre
vegetali). La loro economia è basata sulla caccia, fatta dagli uomini, con
le reti e l'arco, e la raccolta fatta dalle donne. Gli uomini si dedicano
costantemente alla caccia; le donne alla raccolta (di bacche, radici, mele e
piccoli animaletti), alla pesca, alla cottura dei cibi. L'arma tipica è l'
arco, ma sono usati anche la clava, l'arpone, la lancia.La caccia all'
elefante è fatta in gruppo ma un solo cacciatore cattura l'animale
tagliandogli i garretti. Hanno anche acquisito varie usanze dei popoli
vicini fra le quali la coltivazione delle piante locali. Alcuni vivono
dedicandosi soprattutto alla caccia, all' allevamento di piccolo bestiame e
ad una rudimentale agricoltura con la zappa. Con la selvaggina uccisa con le
loro piccole frecce si avvicinano ai villaggi che sorgono nelle radure della
boscaglia, si fermano sul limitare della grande foresta e depositano la
cacciagione per terra. Quindi si nascondono dietro gli alberi. Attendono che
gli abitanti dei villaggi vengano a ritrarre la selvaggina uccisa, lasciando
in cambio banane, farina, punte per frecce e lame per lance. Allora escono e
prendono la merce. Si compie così una mutua operazione di baratto. L'
accensione del fuoco è ottenuto per sfregamento di due bastoncini. La
profonda conoscenza delle piante si manifesta in tanti modi: dall'estrazione
di veleni per le frecce, all'uso di unguenti che tengano lontani gli
insetti, al rifornimento di sale dalle ceneri di certi vegetali.
L'organizzazione sociale si fonda sul raggruppamento di alcune famiglie
(quaranta o ottanta persone) sotto l'autorità di un capo, che è il
responsabile della caccia e della spartizione rituale degli animali
abbattuti; più raggruppamenti costituiscono il clan, che è patrilineare e
spazia su un determinato territorio di foresta. Mogli e figli godono di
diritti e doveri pari a quelli del capofamiglia. Se un uomo vuole sposare la
ragazza di un altro clan occorre che questo dia all'altro gruppo in cambio
un'altra ragazza che dovrà andare in sposa ad un uomo del primo gruppo.
Molto ricco è il loro patrimonio culturale: innanzi tutto la tradizione
musicale, che ha caratteristiche autonome e originali e si esprime in cori a
più voci con l'accompagnamento di tamburi; poi le numerose danze, i miti e
le leggende e le poesie sacrali. Il fenomeno dell'arcobaleno appare loro
così fantastico, misterioso e bellissimo che i Pigmei lo hanno creduto una
manifestazione visibile dell'Essere supremo, Signore del creato, e che tutti
venerano. Quando un Pigmeo muore, gli altri credono che la sua anima venga
portata via da una mosca in mezzo alla grande foresta, perché l'anima è come
un essere minuscolo e leggero che anche una mosca può portare con sé dentro
il più fitto intrigo della foresta. Da qui l'anima del defunto spingerà gli
animali selvaggi verso i parenti rimasti vivi affinchè essi possano
ucciderli e trarne cibo. E' per questo che i Pigmei cercano, con complessi
riti magici, di rendere propizi gli spiriti della caccia. E lo fanno di
notte, poco prima che spunti l'alba, danzando lievi, con arco e frecce, tra
le capanne del loro villaggio.
INDIOS

Gli Indios vivono nella foresta amazzonica. Si tratta di gruppi umani
diversi stanziati in America in momenti successivi nelle regioni più
impervie dei bacini dei grandi fiumi. Sono i discendenti dei gruppi umani
che giunsero fra i primi nelle Americhe provenienti dal nord. Vivono in
capanne di frasche e dormono su un'amaca. L'amaca è un tessuto di fibre che
viene teso da un albero all'altro. Gli Indios vanno sempre in giro nudi ma
si adornano di splendide piume.
Gli Indios dell'Amazzonia praticano forme primitive di agricoltura,
tuttavia preferiscono spostarsi in cerca di selvaggina e di pesce, poichè i
fiumi dell'Amazzonia sono molto pescosi. I pesci vengono trafitti a colpi
di freccia dalla riva della barca con un'abilità incredibile. Per migliaia
di anni gli indigeni della foresta hanno vissuto rispettando l'equilibrio
naturale: essi bruciavano sì tratti di foresta per liberare il terreno dove
dovevano costruire un villaggio o una fattoria, ma questo non ha provocato
danni durevoli nella foresta. Nelle pause della caccia e della pesca gli
uomini si incaricano del disboscamento e compiono le operazioni di semina o
di trapianto. Le donne raccolgono non solo i prodotti dell'orto, ma anche
quelli spontanei, compresi molti tipi di vermi e insetti. La loro conoscenza
delle proprietà delle differenti piante si estende anche all' uso di
numerose piante medicinali; si è infatti scoperto che presso la tribù degli
Yanomami nel nord ovest dell'Amazzonia la schizzofrenia e altri disturbi del
sistema nervoso venivano curati con erbe mediche.
Gli indigeni traggono i loro mezzi di sussistenza delle centinaia di piante
presenti nella zona. I loro utensili sono in legno, in osso e in pietra e
testimoniano una notevole povertà artigianale, sufficiente però a preparare
armi efficaci. L'arma caratteristica delle popolazioni indigene amazzoniche
è la cerbottana, lunga canna dalla quale con la forza del fiato si espelle
un dardo capace di uccidere uccelli e piccoli mammiferi. La cerbottana
viene fabbricata con un tronco sottile di palma lunga 3 o 4 m che viene
svuotato dal midollo interno. La base dell'economia amazzonica è dato da
un'orticoltura primitiva senza sedi fisse. La pianta di gran lunga più
importante è la manioca, seguono le patate dolci, la canna da zucchero,
legumi vari, banane, zucche, mais, tabacco.
Un tempo era assai diffuso il cannibalismo. Venivano mangiati i prigionieri
di guerra, specialmente tra le tribù del Brasile, sia per scopi
magico-propiziatori, sia per sopperire alla mancanza di sali. Infatti la
carne umana è particolarmente ricca di sali che nella foresta non esistono.
Ormai i riti di cannibalismo non vengono più praticati, anche perché sono
previste pene severissime. Nel villaggio non manca mai la casa delle
cerimonie, riservata agli uomini, che custodisce le misteriose maschere di
paglia indossate nelle danze. Le pitture del corpo, spesso a strisce
verticali, sono molto diffuse, le cicatrici ornamentali si limitano a due
circoli, uno sotto ciascun occhio. Questi vengono prodotti sui volti dei
giovanotti di entrambi i sessi, durante i riti della pubertà, dal
medico-stregone, con l'orlo della sua pipa di terracotta. Gli Indios della
foresta credono nella trasmigrazione delle anime.
RISORSE E PROBLEMI

Per secoli la foresta tropicale è stata un paradiso di natura incontaminata, la massima espressione della vita, il più bell’ornamento del nostro pianeta. Ha costituito lo scrigno per una ricchezza biotica che supera ogni immaginazione, accogliendo più del 70% di tutte le specie animali e vegetali. Gli uomini indigeni della foresta l’hanno sempre venerata e ne hanno fatto un uso saggio e sostenibile.
Ora negli ultimi 50 anni il tasso di crescita della popolazione, la maggiore richiesta di terra, il desiderio di rapidi guadagni, le tecnologie che permettono di tagliare un albero secolare in pochi minuti e disboscare qualsiasi tipo di terreno hanno portato alla distruzione di metà delle foreste tropicali esistenti e negli anni ’80 e ’90 il tasso di deforestazione è raddoppiato. Ogni minuto di ogni giorno viene distrutta nel mondo un’area di foresta tropicale grande quanto otto campi di calcio.

COSA MINACCIA LE FORESTE PLUVIALI
Le foreste tropicali offrono un vasto assortimento di risorse in regioni del mondo fra le più povere e gravate da una sempre più crescente sovra popolazione. I Paesi di queste aree del mondo stanno lottando per raggiungere un miglior livello di vita e la via di questo sviluppo prevede lo sfruttamento massiccio delle risorse naturali, che per la maggior parte sono costituite dalle foreste o sono presenti in esse, e un'industrializzazione di tipo occidentale. Possiamo quindi prevedere che per i prossimi anni la pressione sulle foreste aumenterà sempre di più. Se consideriamo che già il 50% è stato distrutto e circa il 30% lo sarà nei prossimi 20-30 anni il quadro per il futuro si presenta drammatico. I Paesi poveri non sono tuttavia i soli ad avere delle aspettative sulle foreste tropicali; sono le ricche nazioni industriali di cui facciamo parte a generare la domanda che sorregge il commercio di legname tropicale, ed il mercato del bestiame da macello che bruca i pascoli una volta ricoperti dalla foresta. A tutto questo si aggiunge il cappio del debito internazionale sempre in aumento, tra le nazioni industriali e quelle del Terzo Mondo che spesso costringe i Paesi che possiedono delle foreste a sottoporle ad uno sfruttamento eccessivo.

Conseguenze della deforestazione.Qui sorgeva una fitta foresta.
La foresta amazzonica rappresenta il 50% delle foreste vergini e costituisce la principale fonte di ossigeno della Terra.Tuttavia sono bastati gli ultimi 50 anni per distruggerne 1/3. Visto dall'aereo, quello che un tempo era un immenso tappeto verde appare trasformato in una scacchiera, con ampi spazi in marrone che individuano i diboscamenti attuati per far posto all'allevamento del bestiame, alla coltivazione di frutti esotici e alla costruzione di autostrade. Nella foresta convivono 80 mila specie vegetali e 30 milioni di specie animali per maggior parte insetti, mano a mano che gli esseri umani procedono nel diboscamento animali e piante scompaiono. La straordinaria fertilità è frutto del terreno di un ecosistema molto fragile per cui una volta tagliati gli alberi e bruciato il legno, il suolo sopporta una coltivazione per alcuni anni , poi si esaurisce. Quando , nei primi anni 60 il governo brasiliano ha iniziato a costruire la Transamazzonica, la grande arteria che attraversa la regione per 5500 km e permette il collegamento tra l'Atlantico Pacifico si è cercato di utilizzare vaste zone diboscate per l'agricoltura. Ma coltivazioni del riso per esempio, si è rivelato un disastro. Anche l'industria del legname ha incontrato gravi fallimenti perché mettendo dimora ravvicinata alle piante si sarebbe esposto all'attacco delle malattie intanto proseguono gli incendi e le persecuzioni. Se non si troverà un limite alla tendenza attuale, le conseguenze interesseranno tutti da un capo all'altro della terra. Con meno piante che producono ossigeno, aumenterà l'anidride carbonica nell'atmosfera e si accentuerà nell'effetto serra. La Terra si potrà riscaldare con un sconvolgimento del clima che, potrebbe avere effetti disastrosi
EFFETTI SUL CLIMA
Le foreste tropicali agiscono come una immensa spugna, che trattiene l'acqua per poi cederla di nuovo lentamente. Perciò fanno sì che i fiumi abbiano una riserva d'acqua durante la stagione asciutta ed evitano le inondazioni durante la stagione delle piogge. L'acqua che evapora da queste piante, inoltre, forma delle nuvole che vengono trasportate dai venti verso zone più lontane dall'Equatore, dove lasciano cadere una pioggia calda: praticamente si ha un trasporto di calore dalle zone equatoriali a quelle temperate. L'importanza delle foreste tropicali per il clima del pianeta, comunque, è molto discussa dagli scienziati.
Circa 100 mila Kmq di foreste tropicali vengono distrutti ogni anno: una superficie maggiore di quella dell'Austria. A questo ritmo le foreste potrebbero scomparire entro il 2050 ad eccezione di alcune zone costituite a parchi e riserve. Le cause sono diverse, ad esempio:
- vengono tagliati sempre più alberi , per la forte richiesta di legnami sui mercati mondiali.
-i contadini poveri incendiano le foreste per ricavare nuovi terreni agricoli.
- i ricchi allevatori del nord America comprano migliaia di ettari di foresta da ridurre a pascolo per il loro bestiame.
Contrariamente a quanto si pensa , i suoli tropicali non sono fertili. Inoltre la foresta trattiene l'acqua e protegge il suolo dai violenti uragani tropicali. Perciò quando scompare la foresta, in pochi anni i terreni diventano aridi e duri come mattoni . Quindi le coltivazioni o i pascoli vengono abbandonati e distrutti altri tratti foresta per ottenerne dei nuovi. Sulle terre abbandonate dall'uomo ricrescono lentamente nuove foreste; ma queste sono molto più misere e degradate di quelle originali
L’IMPATTO DELL’AGRICOLTURA
Finora la maggior parte della deforestazione si è attuata senza nessun tipo di controllo o pianificazione da parte soprattutto di coloni in cerca di terre da coltivare che hanno abbattuto, bruciato o utilizzato per l'estrazione del legname migliaia e migliaia di chilometri quadrati di foreste ancora vergini. Il risultato è una grave degradazione ambientale. Il deforestamento a scopo agricolo è la causa principale della distruzione della foresta tropicale. Grandi estensioni di foresta vengono abbattute per ricavarne terreno coltivabile. I contadini abbattono appezzamenti di foresta e usano il terreno per coltivare di che sfamarsi. Il tipo di coltivazione del debbio,cioè "abbatti e brucia", l'unico a poter essere praticato, dato il terreno povero di sostanze nutritizie è quasi sempre insostenibile. L'ecosistema viene distrutto in modo definitivo e la terra deve essere abbandonata dopo qualche anno; i coloni possono solo spostarsi altrove e ricominciare lo stesso processo distruttivo. In alcuni di questi terreni si coltivano prodotti come tè e caffè, che vengono poi esportati nei Paesi più ricchi. Miseria, sovra popolazione e distribuzione ineguale delle proprietà terriere sono le vere cause che costringono i coloni in una via finora senza molte alternative.
Tecnica del debbio.
L’ESTRAZIONE DEL LEGNAME
Per i Paesi tropicali il legname rappresenta un'importante fonte di valuta straniera. Il giro d'affari annuale del commercio di legname supera i 10 miliardi di dollari, con una produzione di circa 30 milioni di metri cubi di tronchi grezzi. I grandi alberi tropicali, vengono tuttora abbattuti per ricavare legname prezioso da esportare nei paesi ricchi che ne fanno sempre più richiesta. Solo il 50% circa delle varie specie è sfruttato localmente e solo un numero relativamente ristretto di specie è ambito sul mercato internazionale, ma ciononostante anche il taglio più selettivo distrugge sostanzialmente la foresta in quanto l'abbattimento di un esemplare provoca la caduta anche degli alberi vicini e i pesanti macchinari di trasporto danneggiano piante e suolo. I commercianti di legname costruiscono strade per poter arrivare alle zone di taglio e trasportare via i tronchi. Le stesse strade vengono poi usate anche dai contadini che penetrano quindi sempre più nella foresta a peggiorare il danno. I delicati equilibri interspecifici vengono compromessi in modo irreparabile. Non muore solo un albero, insieme ad esso scompaiono intere nicchie ecologiche.
L’ALLEVAMENTO
Pur rappresentando il terzo stadio del degrado forestale, l'allevamento è stato spesso all'origine dell'intero ciclo distruttivo. Nel corso degli ultimi trent'anni l'allevamento di bestiame da macello ha messo seriamente in pericolo le foreste tropicali dell'America Latina. In America Centrale e Brasile il disboscamento di immense aree di foresta è stato incoraggiato dai governi con particolari agevolazioni fiscali e la concessione di sussidi da parte della Banca Mondiale, allo scopo di produrre carne di manzo a buon mercato per il consumo nazionale ma soprattutto per l'esportazione sui mercati dei fast food nordamericani e europei. In vent'anni nei Paesi centro americani più di un quarto di foreste tropicali è stato abbattuto per fare posto all'allevamento. Persino l'allevamento di solito non è praticabile per più di una decina d'anni per cui i mandriani si spostano verso nuove aree quando la fertilità del terreno diminuisce e la produttività comincia a crollare.
ATTIVITA’ MINERARIA
Per molti paesi tropicali, le foreste non sono solo una fonte di legname pregiato e
terre da coltivare: sotto gli alberi possono nascondersi, infatti, ingenti ricchezze minerarie e spesso i fiumi racchiudono un potenziale enorme come fonte rinnovabile di energia idroelettrica. Tra i fattori che minacciano in modo diretto le foreste pluviali, la deforestazione dovuta alle attività estrattive è tra i minori, anche se le vie d'accesso che vengono aperte e il livello di sviluppo generalmente più alto nelle aree in cui si trovano le miniere sono spesso un richiamo per i coloni in cerca di terra. Il Bacino amazzonico contiene certamente enormi ricchezze minerarie e petrolifere, come pure alcune regioni della Nuova Guinea, delle Filippine e dell'Indonesia. Il progetto di estrazione mineraria forse più ambizioso e di più vaste dimensioni è il Programma Brasiliano del Grande Carajas, per il quale è previsto un costo di 70 miliardi di dollari USA e che interesserà un'area dell'Amazzonia orientale grande quanto la Francia. Al centro del programma sono gli enormi giacimenti di minerali di ferro che si trovano nel sottosuolo della foresta. Sono in costruzione almeno 18 fonderie di ghisa; la prima, che si trova a Maraba nello stato di Para, è entrata in funzione nel marzo del 1988. Queste fonderie saranno alimentate con il carbone di legna ricavato dalla foresta pluviale vergine. Quando i 18 impianti avranno tutti cominciato a produrre, circa 2300 chilometri quadrati di foresta vergine saranno distrutti ogni anno per fornire il carbone di legna necessario. Altre pressioni di tipo industriale, che minacciano le foreste tropicali sono quelle derivanti dalle trivellazioni petrolifere e dall'estrazione illegale dell'oro da masse di contadini senza terra. Nell'isola di Mindanao, nelle Filippine meridionali, in Costa Rica e in varie regioni dell'Amazzonia, la corsa all'oro ha avuto come conseguenza l'inquinamento dei fiumi col mercurio (utilizzato per separare l'oro dai minerali) e lo smembramento delle popolazioni tribali. In Brasile, migliaia di cercatori d'oro, i garimperos, hanno creato miniere a cielo aperto nella foresta pluviale amazzonica, abbattendo alberi e scavando enormi buche , nel terreno. Inoltre, i materiali di scarico delle miniere hanno inquinato i fiumi.

Erosione.
SALVARE LE FORESTE TROPICALI
In tutto il mondo la gente sa che se le foreste pluviali saranno distrutte, l'umanità perderà una ricchezza incommensurabile e andrà incontro a un degrado ambientale gravissimo.
E' chiaro che per salvare le foreste tropicali vi deve essere la volontà e la cooperazione di tanti e il superamento degli interessi che sono spesso di pochi. Quali sono, dunque, gli obiettivi raggiungibili e quali le nuove iniziative da prendere?
Porre le basi per un' economia ecosostenibile nei paesi del Terzo Mondo.
- Bisogna fare in modo che la pianificazione dell'utilizzo della foresta tropicale venga a trovarsi in una posizione prioritaria nell'ordine del giorno politico dei paesi tropicali e possa garantire lo sviluppo di un approccio di tipo pluri-settoriale che integri la silvicoltura con industria, agricoltura, fabbisogno energetico, immigrazione e altri programmi di sviluppo.
Barattare i debiti internazionali con la protezione delle foreste
Sfruttamento controllato delle foreste:
- taglio selettivo di alberi
- prelievo controllato di prodotti naturali
- ecoturismo.Un modo importante per rendere la foresta una risorsa economicamente produttiva senza abbatterla, è proteggerla con parchi e riserve naturali e renderla accessibile ai visitatori. Questo tipo di ecoturismo è diventato la prima voce economica della Costa Rica e delle altre nazioni con risorse economiche simili. E’ più probabile che la gente preferisca visitare un Paese per vedere le scimmie nella foresta che non le mucche al pascolo. I visitatori spendono più denaro in alberghi, trasporti, escursioni, cibo e souvenir. Inoltre chi visita i tropici capisce meglio la bellezza naturale e l'importanza delle foreste e della loro conservazione, di conseguenza quando torna a casa diventa un possibile sostenitore della loro protezione.
Creazione di nuove aree protette, zone cuscinetto e riserve biosferiche
- Riservare almeno il 15% del manto originario di foresta pluviale di ogni paese ad aree totalmente protette, così da garantire la continuità di tutti gli ecosistemi forestali. Nelle aree ad alta densità di popolazione con terreni ricchi e fertili, la percentuale potrebbe essere ridotta al cinque o al 10%, ma in altri Paesi con vaste superfici in grado di alimentare solo ecosistemi forestali, la percentuale minima potrebbe essere del 20% o più. Pianificare e gestire il sistema di aree protette in modo tale da preservare tutte le specie della foresta pluviale.
- Conservare un ulteriore 30-60% delle maggiori foreste nazionali in aree boschive permanenti, protette legalmente e fisicamente. Ciò assicurerà una riserva di legname da costruzione per lo sviluppo nazionale e di prodotti della foresta per lo sviluppo locale, oltre a garantire il rifornimento idrico per i centri abitati e per l'agricoltura e a consentire agli abitanti della foresta la perpetuazione dello stile di vita tradizionale.
- Creare delle zone-cuscinetto attorno alle aree protette e utilizzare in queste piantagioni di alberi per produrre la maggior parte del legname da costruzione e del legno da macero per il fabbisogno locale e mondiale, fermando quindi il prelievo dalla foresta primaria.
Rigenerare la foresta
- Utilizzo della foresta tropicale come biblioteca di conoscenze scientifiche.
Nelle foreste tropicali sono racchiusi tesori farmaceutici e altre conoscenze che potrebbero essere utilissime e che sono ancora in gran parte sconosciute. L'Instituto Nacional de Biodiversidad (INBio) della Costa Rica recentemente ha firmato dei contratti con case farmaceutiche: i fondi ottenuti servono a sostenere l'impegno dell'INBio nella protezione della foresta pluviale tramite l'addestramento dei campesinos locali a raccogliere campioni di piante e insetti nella foresta e farne un inventario dettagliato. Vengono poi effettuati studi preliminari per identificare le specie che possono essere di interesse per la medicina per le sostanze che producono. Da esse sono isolate molecole attive che poi vengono sintetizzate in laboratorio senza effettuare nessun altro prelievo in natura. In questo modo la gente locale viene coinvolta e le compagnie farmaceutiche ricevono informazioni utili che possono portare a conquiste mediche di vitale importanza. Ma non finisce qui: parte del contratto prevede lo stanziamento di una percentuale dei potenziali profitti da destinare alla conservazione e alla tutela. Questo progetto innovativo si è dimostrato ampiamente vincente e si spera che abbia successo non solo nella Costa Rica ma anche in altri paesi tropicali.
Creare e sensibilizzare un' opinione pubblica che chieda la realizzazione di questi interventi
La Strategia Mondiale di Conservazione Ambientale prevede anche lo sviluppo di strategie di supporto sulla popolazione, sull'energia, sui rifornimenti alimentari, sullo sviluppo economico e sui diritti umani. Tale approccio è stato successivamente ampliato, affrontando fenomeni quali l'aumento della temperatura terrestre, le piogge acide e la distruzione dello strato di ozono, che interessano tutti le foreste pluviali. Durante il quarto Congresso Mondiale sull' Ambiente, che si è tenuto nel giugno 1992 a Rio de Janeiro, 180 Paesi, tra cui L'Italia, si sono impegnati a perseguire numerosi obiettivi in campo ambientale, tra cui la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera e la protezione delle biodiversità. Purtroppo, gli interessi politici ed economici di ciascun paese hanno finito col prevalere sui grandi problemi del pianeta e quindi, pur ribadendo in linea di principio l'importanza di stabilire strategie e misure che tutelino il comune patrimonio ambientale, l'impegno effettivo con contributi e stanziamenti in favore della protezione della natura nei paesi in via di sviluppo è stato senza dubbio molto inferiore anche alle aspettative più realistiche. Anche il governo italiano si è occupato del progetto per la salvezza dell’ambiente ma senza molti risultati concreti, infatti governi e organizzazioni ambientali non possono sperare di riuscire agendo unilateralmente, ma solo con l'aiuto e la collaborazione della gente, della gente comune, del mondo intero.
“HAMBURGER CONNECTION”
La cosiddetta "hamburger connection" rappresenta un classico esempio di come un qualunque cittadino occidentale possa comandare a distanza la distruzione dei tropici. Gli Stati Uniti sono famelici divoratori di hamburger e da soli importano il 33% di tutta la carne di manzo del mercato mondiale, per il consumo non vitale di appena 1/20 della popolazione del pianeta. Gran parte della carne "a basso costo" di Panama, Costa Rica Guatemala e altri paesi dell'America centrale e latina passa la frontiera americana per finire tra panini e ketchup. In quei paesi per allevare bestiame si brucia la foresta. Nel 1980 fu stimato che il 72% della deforestazione amazzonica in Brasile era volta ad ottenere pascoli per il bestiame. Analogamente la CEE importa carne dall'America tropicale e dall'Africa. Per USA e CEE i costi monetari sono estremamente bassi, ma i costi energetici ambientali e sociali su scala mondiale sono immensi e il disastro ecologico è irreparabile. Per produrre la carne di un hamburger in un'area tropicale umida è necessario uno spazio pari a un salotto medio di circa 12 mq. In quell'area distrutta per produrre circa 100 grammi di carne macinata erano mediamente ospitati oltre cinquecento chili di materia vivente, piante, fiori, farfalle, uccelli, scimmie. Uno spreco energetico immenso per riparare al quale sono necessari tempi lunghissimi. Si calcola che una foresta tropicale primaria si possa ricostruire in un periodo variabile da seicento a mille anni. In questo senso molto può fare il consumatore occidentale, astenendosi o limitando il consumo di carne importata da questi Paesi e molto più potrebbero i governi occidentali varando norme e politiche economiche più rispettose della natura tropicale.
QUALCHE NUMERO SULLA FORESTA PLUVIALE
50%
E' la percentuale di foresta persa rispetto alla copertura originaria, la maggior parte negli ultimi trent'anni
12%
E' la porzione di foresta sul pianeta che esiste come ecosistema intatto, il resto è in qualche modo alterato dall'uomo
1%
E' la percentuale di foresta che si perde ogni anno a causa della deforestazione
3
Sono le nazioni del mondo - Russia, Canada e Brasile - che ospitano il 70% di foresta vergine
85
Sono le nazioni del mondo che hanno perso per intero tutta la loro foresta originaria
400
Sono i milioni di persone al mondo la cui esistenza dipende direttamente dalla foresta pluviale tropicale
6%
E' la percentuale di pianeta coperta dalla foresta pluviale tropicale
50%
E' la percentuale di specie viventi sulla Terra - animali e vegetali - ospitate dalla foresta pluviale tropicale
1/5
delle specie di uccelli e di piante del pianeta si sono sviluppate nel bacini amazzonico
25%
delle medicine utilizzate sul pianeta proviene da specie vegetali (per il 70% dalla foresta pluviale)
99%
E' la percentuale di piante della foresta tropicale ancora da studiare dal punto di vista farmacologico
POLMONE DEL MONDO?
E' stato spesso detto che le foreste tropicali costituiscono i polmoni del pianeta Terra, infatti insieme al plancton degli oceani esse sono di fatto i principali produttori di ossigeno. Attraverso il processo della fotosintesi, le foglie degli alberi agiscono come minuscoli pannelli solari trasformando in zuccheri e cellulosa l'energia solare e l'anidride carbonica presente nell'atmosfera. Oltre a produrre ossigeno, un gas fondamentale per la vita, le piante quindi assorbono Co2 un gas velenoso prodotto in grande quantità dalla combustione di carburanti (carbone, gas, petrolio) da parte delle nostre industrie, dal traffico veicolare e dal riscaldamento in costante aumento. Attualmente ciminiere e gas di scarico immettono nell'atmosfera circa 5 miliardi di tonnellate di Co2. In parte deriva dagli stessi incendi provocati nella foresta tropicale. Ogni anno solo per questi ultimi vengono scaricati nell'atmosfera due miliardi di tonnellate di Co2 (16 milioni di Km di foresta bruciata nell'ultimo anno!). L'aumentata quantità di Co2 registrata nell'atmosfera sta producendo uno scudo di gas che provoca un effetto speciale, denominato effetto serra, in quanto parte del calore prodotto dai raggi solari e che viene riflesso dalla superficie terrestre, non può disperdersi nello spazio, e di conseguenza produce un lento ma costante aumento della temperatura della superficie del pianeta. Ciò nel tempo produrrà cambiamenti climatici tali da rendere problematica la vita in alcune parti della terra, sia per effetto dello scioglimento dei ghiacci e conseguente aumento del livello del mare lungo la linea costiera, sia per l'espansione delle zone desertiche. La foresta tropicale a differenza delle foreste dei climi temperati è in attività biosintetica tutto l'anno, ciò significa che la quantità di Co2 che può assorbire è molto maggiore e quindi contribuisce in maniera determinante al controllo dell' effetto serra. La deforestazione su larga scala in atto nei tropici rischia quindi di portare a modificazioni importanti dei sistemi climatici dell'intero globo. Questi problemi che sembrano non riguardarci da vicino, potrebbero invece molto presto arrivare ad influenzare drasticamente la nostra vita quotidiana, basti pensare ai dati modenesi, le emissioni di Co2 a Modena sono aumentate del 7% nel periodo 1990-1996 e nello stesso periodo il solo consumo di benzina è aumentato del 30%.
I dati degli anni successivi sono ancora più preoccupanti!La maggior parte dell'acqua presente sul pianeta Terra deriva dalle foreste tropicali pluviali, dove la piovosità può raggiungere gli 8.000 mm/ anno. L'enorme quantità di alberi assorbe l'acqua piovana dal terreno, poi la rilascia gradatamente nell'atmosfera attraverso le foglie. Quest'acqua si aggrega formando le nuvole e infine ridiventa pioggia. La vegetazione della foresta tropicale trattenendo l'acqua con un effetto spugna e rilasciandola poco a poco costituisce un serbatoio acquifero. Fondamentale per le necessità della natura e dell'uomo. Dove gli alberi sono stati abbattuti l'acqua piovana non viene trattenuta e dilava il terreno provocando ulteriore erosione e sterilità. Nei luoghi dove la foresta è scomparsa oggi piove molto meno e non cresce quasi più nulla. Ma gli influssi sul clima si sentono anche a decina di migliaia di Km dai tropici. Pompando un enorme quantità di acqua in atmosfera le foreste hanno un'azione rinfrescante nelle regioni tropicali e un'azione riscaldante nelle regioni a latitudini più estreme.

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