Radioastronomia: una finestra sull'universo

Materie:Appunti
Categoria:Geografia Astronomica

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Radioastronomia: una finestra sull’universo

Durante tutta la storia dell’astronomia fino al 1920, le grandi aziende non avevano investito nulla nell’esplorazione del cielo, perché ciò non garantiva buoni profitti agli azionisti. Ciò nonostante, una società americana, l’American Telephone and Telegraph Company, presso i laboratori Bell, dedicò grandi risorse alla ricerca pura. Le scoperte scientifiche effettuate presso i laboratori Bell valsero sei premi Nobel per la fisica.
I laboratori Bell furono coinvolti nella ricerca cosmologica nel1928, quando effettuarono una ricerca sulle sorgenti naturali di onde radio che, causando un ronzio di fondo, stavano interferendo con le comunicazioni radio a lunga distanza. Il compito di studiare queste irritanti radiosorgenti naturali toccò a Jansky, un giovane ricercatore di 22 anni che costruì, presso i laboratori Bell, una gigantesca antenna radio estremamente sensibile, in grado di rilevare onde radio di 14,6 metri. Dopo mesi di analisi Jansky trovò un’interferenza molto debole che risultò provenire da una particolare regione celeste e raggiungeva il suo picco ogni 24 ore. Scoprì che proveniva dal centro della Via Lattea. L’unica spiegazione era che questa stesse generando onde radio. Oggi sappiamo che il centro della via lattea presenta intensi campi magnetici che interagiscono con gli elettroni in rapido movimento, dando origine ad un’emissione costante di onde radio. La ricerca di Jansky aveva spalancato una finestra su questo fenomeno. Lo scienziato rese noto il risultato raggiunto in un articolo del New York Times il quale affermava che: “Nulla indica che queste onde radio galattiche costituiscano un qualche tipo di segnale interstellare, né che siano il risultato di una qualche forma d’intelligenza che sta tentando di stabilire una comunicazione intergalattica.” Tuttavia, ciò non bastò ad impedire che la scrivania di Jansky fosse sommersa da una montagna di lettere, tutte concordi nell’affermare che lo scienziato stava ricevendo importante messaggi dagli alieni e non avrebbe dovuto ignorarli.
La scoperta di Jansky aveva fondato la scienza della radioastronomia e con il tempo avrebbe incoraggiato gli astronomi ad ampliare l’ambito delle loro osservazioni oltre lo spettro visibile. Gli astronomi odierni utilizzano non solo i radiotelescopi, ma anche telescopi infrarossi, telescopi a raggi X e altri strumenti, e hanno così accesso a tutto lo spettro elettromagnetico delle lunghezze d’onda. Esplorando queste differenti lunghezze d’onda, sono in grado di studiare aspetti diversi dell’universo.
Da allora si susseguirono una serie di scoperte : durante la Seconda guerra mondiale, ad esempio, l’insegnate Hey venne assegnato al Gruppo di ricerca operativo dell’esercito per lavorare al programma di ricerca britannico sui radar. Scoprì che il sole, e forse anche le stelle, emettono onde radio e notò che anche le meteore emettevano segnali radio al passaggio nell’atmosfera.
Nel 1948, Ryle intraprese un’attenta analisi del cielo e mappò 50 distinte fonti di onde radio; questi oggetti celesti emettevano segnali radio, ma erano invisibili con altri metodi e si cercò la natura, stellare o galattica, di queste fonti radio celesti e si arrivò alla conclusione che la fonte di una onda radio era una galassia e non una stella. Dopo aver stabilito con sicurezza che una delle fonti radio di Ryle era una galassia, gli astronomi avrebbero collegato a galassie la maggior parte delle altre fonti radio. Queste galassie, che emettevano principalmente onde radio invece di luce visibile, divennero note con il nome di radiogalassie.
In questo campo fu senza dubbio di rilevante importanza la scoperta di Penzias e Wilson, due radioastronomi che lavorarono nei laboratori Bell, i quali possedevano un’antenna radio a tromba alta sei metri che grazie al suo particolare design era schermata contro le interferenze radio locali e grazie alle sue dimensioni era in grado di localizzare con esattezza una fonte di segnali radio celesti. Penzias e Wilson decisero di controllare un livello minimo di rumore che l’antenna produceva e che poteva oscurare un segnale puro.. Così cercarono subito di localizzare la fonte del rumore e di ridurla o eliminarla completamente. Provarono che il rumore era assolutamente costante. Questo costrinse il duo a ispezionare ogni singolo elemento del radiotelescopio. A un certo punto l’attenzione si concentrò su una coppia di piccioni che aveva nidificato all’interno dell’antenna. Pensarono dunque che la sostanza bianca con il quale avevano imbrattato l’antenna fosse la causa del rumore, così si liberarono dei due uccelli. Dopo un anno di controlli e pulizie dovettero riconoscere che le fonti di rumore erano assolutamente inevitabili. I due radioastronomi non avevano capito di essere davanti ad una delle più importanti scoperte nella storia della cosmologia: erano totalmente ignari del fatto che il costante rumore fosse in realtà un residuo del big bang, l’eco della prima fase di espansione dell’universo. Improvvisamente tutto divenne chiaro, Penzias capì cos’era la fonte del rumore che aveva tormentato il suo radiotelescopio e si rese conto della sua estrema importanza; finalmente il mistero del rumore onnipresente era stato risolto, non aveva nulla a che vedere con i piccioni, i cavi rovinati o con New York, ma aveva a che vedere con la creazione dell’universo.

Grazie alla radioastronomia è stato possibile scoprire l’esistenza di:

Stelle di neutroni
Se una supernova è un lampo visibile di luce prodotto da una stella che esplode, la parte di stella che non è stata scagliata nello spazio sotto forma di polvere e gas collassa in una nana bianca. Una nana bianca è formata da nuclei atomici ed elettroni. I nuclei atomici sono costituiti da protoni e neutroni. I neutroni non hanno carica elettrica, mentre i protoni hanno carica positiva e gli elettroni negativa. Tuttavia, quanto più il campo gravitazionale diventa intenso, tanto più che gli elettroni sono spinti ad avvicinarsi fra loro e ad avvicinarsi ai protoni, finchè, a un certo punto, sono forzati a combinarsi con i protoni. Quando si verifica questo, le cariche elettriche opposte si annullano a vicenda. Invece di un elettrone negativo e un protone positivo, si ha una combinazione elettricamente neutra dei due; in breve, si crea un neutrone.
Se una stella ha una massa molto grande, nel corso del suo collasso gli elettroni ed i protoni si combinano per formare dei neutroni, che si aggiungono ai neutroni già presenti. La stella collassata consiste esclusivamente di neutroni, che essendo privi di carica elettrica, non si respingono in alcun modo. La stella, allora, si contrae finchè i neutroni entrano in contatto: si forma così una stella di neutroni.
La stella di neutroni emette raggi X e quindi può essere studiata con la radioastronomia.

Le pulsar
Nel 1964, i radioastronomi compresero che le emissioni delle sorgenti radio non erano necessariamente stazionarie, proprio come non lo è la luce delle stelle.
Un radiotelescopio adattato in modo da compiere registrazioni ad alta velocità, scoprì una periodica emissione di onde radio molto breve, che durava soltanto un ventesimo di secondo. Continuando a studiare gli impulsi, si scoprì che riverificavano a intervalli brevi e regolari, molto regolari. In cielo non era mai stato osservato nulla che avvenisse tanto regolarmente e a intervalli tanto ravvicinati. Questo fenomeno certamente non aveva precedenti. Doveva trattarsi di qualcosa di ciclico, di un oggetto astronomico in rotazione intorno a un altro oggetto, o in rotazione intorno al proprio asse, o pulsante, che, per qualche ragione, emetteva un flusso di microonde a ogni rotazione,o pulsazione.
All’inizio sembrò più sensato pensare a una pulsazione, e per questo Hewish chiamò l’oggetto “stella pulsante”(pulsating star), espressione presto abbreviata in pulsar. Una volta che Hewish conobbe il modo in cui una pulsar emette microonde, fu facile individuarle. Ogni pulsazione produceva un impulso abbastanza intenso di microonde. Dagli studi effettuati si arrivò alla conclusione che la stella centrale di un residuo di supernova è una pulsar.
La pulsar è una stella di neutroni in rotazione.
Anche le pulsar sono state studiate per mezzo della radioastronomia.

I buchi neri
Nel caso di esplosione di una supernova, dal residuo di una stella di neutroni si ha un buco nero. Nell’esplosione, quando la massa supera di 3,2 volte quella del Sole, il campo gravitazionale si fa talmente intenso che anche i neutroni a contatto fra loro non riescono a sopportare la compressione indotta dal campo. I neutroni collassano e la stella di neutroni si contrae per diventare sempre più densa; ciò significa che, di conseguenza, il campo gravitazionale in prossimità della piccola stella diventa ancora più intenso, e la concentrazione continua, sempre più rapida.
Quando i neutroni collassano, non esiste più alcun modo noto per arrestare la contrazione. L’unica conclusione è che la compressione continua all’infinito finchè la stella si avvicina a un volume zero e a una densità infinita.
Quando una stella di neutroni collassa, l’intensità gravitazionale continua ad aumentare senza limiti, e con essa aumenta la velocità di fuga. Ad un certo punto, la velocità di fuga raggiunge il limute di 300.000 chilometri al secondo. Ciò significa che quando una stella di neutroni, collassando, raggiunge questo stadio, niente può evaderne. Tutto ciò che entra in collisione con essa si comporta come se precipitasse in un buco infinitamente profonda da cui non potrà mai più riemergerne. Neppure la luce può sfuggire. Il fisico americano Wheeler usò, per descrivere questa stella di neutroni degenerata, il termine buco nero, che si diffuse immediatamente.
I buchi neri sono quasi impossibili da scoprire, tuttavia al crescere del buco nero ci sarebbe una continua emissione di raggi X da parte della materia in caduta da un punto dove, altrimenti, nulla sarebbe visibile. Quindi ancora la radioastronomia ci può fare trovare dei buchi neri.

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