I fenomeni sismici

Materie:Riassunto
Categoria:Geografia Astronomica

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Testo

I FENOMENI SISMICI
NATURA E ORIGINE DEL TERREMOTO
Il terremoto non è un fenomeno sporadico e casuale: i sismi in un anno in tutta la terra sono circa un milione il che significa in media uno ogni trenta secondi. Essi si verificano quasi esclusivamente in certe fasce della superficie terrestre che vengono chiamate sismicamente attive o, più semplicemente, sismiche (queste zone corrispondono alle grandi catene montuose e alle dorsali oceaniche), mentre mancano in altre aree dette asismiche, nelle quali non si generano terremoti ma ciò non significa che in essa non si risentano gli effetti dovuti al propagarsi di vibrazioni provenienti da vicine zone sismiche.
Un terremoto è, in effetti, una vibrazione più o meno forte della terra prodotta da una rapida liberazione di energia meccanica in qualche punto al suo interno. Il punto in cui l’energia si libera, all’interno della terra, è detto ipocentro (o fuoco) del terremoto.
VIBRAZIONI DA UN “RIMBALZO ELASTICO”
Verso la metà del secolo scorso Robert Mallet, dedicandosi allo studio dei terremoti, era arrivato alla conclusione che il terremoto consiste in una serie di onde elastiche che si propagano attraverso la terra, causate dalla deformazione o frattura di masse rocciose nel sottosuolo. Ma fu solo dopo il terremoto del 1906 di San Francisco, che il sismologo americano Harry F. Reid riuscì bene a definire la formazione e lo sviluppo di un sisma. Egli prese in esame alcuni rilevamenti topografici effettuati nella zona nel corso dei 50 anni precedenti. Mise così in evidenza che, prima del terremoto, anno dopo anno, quelle strade e quei corsi d’acqua si erano gradualmente incurvati nel tratto in cui attraversano il percorso della faglia. Reid, allora, giunse alla conclusione che le rocce sottoposte a qualche sforzo si comportano in maniera elastica e si deformano progressivamente fino a che non viene raggiunto il limite di rottura: in quel momento nella massa rocciosa si innesca una lacerazione a partire dal punto più debole e si crea una faglia, lungo il cui piano le rocce possono scorrere le une contro le altre in direzione opposte. Secondo il modello del rimbalzo elastico (o della reazione elastica), come lo definì lo stesso Reid, con il brusco ritorno delle masse rocciose all’equilibrio, l’energia elastica accumulata durante la deformazione si libera, in parte sotto forma di calore prodotto dall’attrito lungo la superficie della faglia, in parte sotto forma di violente vibrazioni, che si propagano come onde sismiche verso tutte le direzioni (Ex: bacchetta di legno).
IL CICLO SISMICO
In base alla teoria del rimbalzo elastico una zona in cui si è appena manifestato un terremoto dovrebbe aver raggiunto un nuovo equilibrio, che garantirebbe un periodo di tranquillità sismica. L’intero processo si può schematizzare come un ciclo sismico, diviso in quattro stadi:
- Stadio intersismico: nel quale inizia l’accumulo di energia.
- Stadio presismico: nel quale la deformazione della roccia si accentua progressivamente.
- Stadio cosismico: nel quale l’energia potenziale si libera sotto forma di calore e di movimento.
- Stadio postsismico: nel quale la regione interessata passa ad un nuovo equilibrio attraverso una serie di scosse successive (o repliche).
DAL RIMBALZO ELASTICO UN GROVIGLIO DI ONDE
Nella zona posta in superficie sulla verticale dell’ipocentro, detta epicentro del terremoto, arriva un groviglio di onde suddivise in tre gruppi:
1) Le onde longitudinali (o di compressione) sono quella al cuoi passaggio le particelle di roccia oscillano avanti e indietro nelle direzioni di propagazione dell’onda stessa: in pratica, la roccia subisce rapide variazioni di volume, comprimendosi e dilatandosi. Inoltre sono le onde più veloci, per questo sono dette anche onde primarie od onde P e possono propagarsi in ogni mezzo.
2) Le onde trasversali (o di taglio) che al loro passaggio nelle particelle di roccia compaiono delle oscillazioni perpendicolari alla direzione di propagazione, la roccia subisce variazioni di forma, ma non di volume. Sono, inoltre, più lente delle onde longitudinali per questo sono dette onde secondarie onde S e hanno una caratteristica importante non possono propagarsi attraverso i fluidi.
3) Le onde superficiali si propagano invece dall’epicentro lungo la superficie terrestre e si dividono in onde L (A. Love) e R (Lord Rayleigh).
Riassumendo, durante un terremoto nell’ipocentro si generano gruppi di onde P ed S per tutta la durata del movimento della faglia attivata; queste si propagano in ogni direzione e, quando arrivano in superficie, generano a loro volta le onde L ed R.
ONDE SISMICHE
Onde PRIME: arrivano con una velocità maggiore delle altre (2/8 Km/s)



Sono onde longitudinali

ONDE P


Sono dette anche ONDE DI COMPRESSIONE perché deformano le particelle della roccia che attraversano




Onde che si propagano dall'ipocentro

Si propagano in tutti i mezzi, motivo per cui si avverte il boato







Onde SECONDE: arrivano dopo le onde prime






Provocano la variazione delle particelle rocciose


ONDE S
LE ONDE SISMICHE

Sono onde trasversali



Si propagano solo nei solidi




Dal nome del matematico Love


ONDE L

Onde che si propagano dall'epicentro

Causano le deformazioni della superficie



Dal nome Raleigh

ONDE R

Causano movimenti ellittici alle particelle rocciose
INFORMAZIONI DAI TERREMOTI: LE LETTURA DEI SISMOGRAMMI
Un sismografo è uno strumento formato da un rotolo di carta e di un "pennino" che scrive sulla carta sul rotolo. Il trucco è che il pennino è tenuto sospeso da una molla che fa mantenere al pennino la stessa posizione, mentre durante il terremoto il rotolo di carta andrà su e giù seguendo i movimenti del terreno. Il pennino sta più o meno nella stessa posizione perché la molla, a cui è attaccato, assorbe i movimenti del terreno e non li trasmette a questo. Grazie a questi strumenti, e agli stessi terremoti, gli esperti possono studiare l'interno del pianeta e vedere cosa c'è al di sotto della crosta sulla quale viviamo (infatti non si può sapere nulla direttamente visto che nessuno è mai andato nel centro della terra e anche le più moderne tecniche di perforazione petrolifera non consentono di andare a profondità maggiori di 10- 15 Km, e si è anche potuto dividere l'interno della terra in varie parti come la crosta, il mantello e il nucleo. Un terremoto, se l'epicentro (il punto sulla superficie posto sulla verticale dell'ipocentro) è nel mezzo al mare allora si avrà come risultato un maremoto (chiamato anche tsunami). Molti di questi sono provocati da un improvviso movimento verticale del fondo del mare e si formano delle onde sulla superficie (come quando vi gettate un sasso) molto grosse che possono viaggiare ad una velocità dai 500 ai 1000 Km all'ora. Quando delle onde del genere arrivano vicino alle coste si alzano (perché diminuisce la profondità del mare) fino ad altezze di 40 metri e oltre. Il maremoto generato dal terremoto del Cile nel 1960, oltre a distruggere tutti i villaggi lungo 800 Km di costa, percorse 17.000 Km di Oceano Pacifico e arrivò in Giappone dopo circa 22 ore e provocò notevoli danni.
VALUTARE GLI EFFETTI DI UN TERREMOTO: LE SCALE DI INTENSITA’
L’INTENSITÀ di un terremoto viene stabilita esclusivamente in base alla valutazione degli effetti prodotti su persone, su manufatti e sul terreno. Per poter confrontare gli effetti prodotti da uno stesso terremoto in località diverse, o quelli dovuti a terremoti differenti, sono state elaborate delle scale di riferimento o scale d’intensità. Ricordiamo tra tutte quella elaborata da Mercalli, che è oggi la scala più usata in Europa ed in America. Essa contempla 12 gradi d’intensità crescente, partendo dai terremoti che avvertono solo i sismografi per arrivare a quelli che causano la completa distruzione degli edifici, con forti oscillazioni del terreno in alto e in basso.
È facile osservare, però, come la stessa quantità di energia sprigionata da due terremoti possa provocare effetti diversi a seconda delle caratteristiche fisiche ed umane dell'area colpita. I danni alle abitazioni ed alle persone, per esempio, sono più gravi in regioni costituite da terreni poco compatti (materiali alluvionali, argille, scisti, ecc.) rispetto a quelle formate da rocce rigide, in zone densamente popolate rispetto a quelle scarsamente abitate, nelle città con edifici alti o fatti con materiale ciottoloso rispetto a quelle in cui gli edifici sono bassi o costruiti con cemento armato.
Per valutare l'entità di un terremoto in maniera meno soggettiva ed empirica si fa riferimento non all’intensità, la quale ne indica la violenza apparente identificabile con le distruzioni e le vittime provocate, ma alla , la quale invece ne esprime la violenza reale: cioè la quantità di energia effettivamente sprigionatasi dall'ipocentro.
La magnitudo si misura con la scala proposta da Richter, che è di tipo logaritmico e contempla dieci gradi. In essa il passaggio da un grado di magnitudo all’altro comporta un aumento di energia pari a 25-30 volte superiore rispetto al grado precedente.
I valori rilevati dalle scale sismiche servono per costruire carte speciali con linee isosismiche (o isoiste), che uniscono tutti i punti della superficie terrestre in cui il terremoto ha raggiunto la stessa intensità, e con linee isocroniche (o omoiste), che invece collegano tutti i punti in cui esso è stato avvertito nello stesso istante. Le isoiste non si dispongono concentricamente attorno all'epicentro, ma assumono andamento complicato in relazione alla struttura della litosfera (natura delle rocce, direzione degli strati, fratture, ecc.). L'area interna alla prima isoista è detta area pleistosismica ed in essa, in genere, gli effetti del terremoto si manifestano con la massima gravità.
EFFETTI DEL TERREMOTO
La conseguenza fondamentale dell’arrivo delle onde sismiche in superficie è l’oscillazione del suolo, che si trasmette agli oggetti sovrastanti. Case, ponti ed altre costruzioni vengono fatti vibrare e subiscono numerosi danni, che possono arrivare fino al crollo totale degli edifici e causare la morte di migliaia di persone. Oltre a produrre danni alle costruzioni e alle persone, i terremoti possono apportare modificazioni anche alla superficie terrestre determinando frane, che spesso sbarrano le valli o deviano i fiumi; alterando la circolazione idrica sotterranea, con la scomparsa di alcune sorgenti e la nascita di altre; aprendo larghi e profondi crepacci.
Se il terremoto si verifica sotto il fondo del mare, le scosse sismiche possono dar luogo a maremoti o tsumani, come sono detti in Giappone. Essi si manifestano con un repentino ritiro delle acque dalla riva, per una distanza che può raggiungere qualche chilometro, e con la successiva formazione di onde isolate, alte tra 10 e 30 m, che come una muraglia d’acqua si abbattono violentemente sulla costa e avanzano nell’entroterra, travolgendo e spazzando via quanto incontrano.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI TERREMOTI
Affinché in una determinata area si verifichino dei terremoti devono essere soddisfatte due condizioni: la prima è che in tale area si accumuli gradualmente una tensione, la seconda è che le rocce presenti siano formate da materiali sufficientemente rigidi da non rompersi finché il valore della tensione non raggiunga un grado tale da provocare il terremoto. Se manca una qualunque di queste due condizioni, i terremoti non possono verificarsi. I terremoti perciò non sono distribuiti uniformemente sulla superficie terrestre, ma si Le principali zone sismiche sono chiaramente limitate da un punto di vista geografico. Una sismicità significativa, anche se non intensa e con ipocentri superficiali, segue il percorso dell’intero sistema di dorsali oceaniche, caratterizzate da un’intensa attività vulcanica. Lungo queste dorsali la tensione, che tende a far allontanare i due fianchi della rift valley, e la risalita del magma attraverso numerose fratture, provocano continuamente l'attivazione, o la riattivazione, di numerose faglie, e tutto questo si traduce in sismi di modesta entità o in una miriade di microsismi. Una sismicità molto più intensa si osserva in prossimità delle grandi fosse oceaniche che bordano l’Oceano Pacifico, sia dove queste sono prossime ad un continente, sia dove sono affiancate ad un arco insulare. La forte sismicità associata alle fosse oceaniche è legata alla subduzione di una placca sotto l'altra. Un’ultima fascia d’intensa sismicità segue il percorso delle catene montuose di orogenesi recente, dal Mediterraneo occidentale all’Himalaia, con un ramo che prosegue verso la Cina, e comprende anche alcuni archi insulari, come l’Egeo e le Eolie, dove generalmente i terremoti sono di tipo superficiale. Nelle catene montuose di orogenesi recente, nate da collisioni continentali, non si sono ancora esaurite le gigantesche spinte che hanno deformato e fatto saldare fra loro i margini venuti a contatto.
TERREMOTI E INTERNO DELLA TERRA
La struttura interna della Terra è stata identificata e viene studiata in base ai dati sismici. In effetti, per l’esame della parte non direttamente raggiungibile del nostro pianeta possiamo disporre dei sismogrammi, che, registrando l’arrivo di onde che hanno attraversato in ogni senso la Terra, ne forniscono una specie di radiografia. Le onde sismiche, infatti, portano con sé una serie di informazioni sui terreni attraversati, codificate sotto forma di variazioni delle loro traiettorie e della loro velocità di propagazione. Da questi studi si è notato che esiste per ogni terremoto una zona d’ombra, all’interno della quale arriva solo una piccolissima parte dell’energia delle onde P. Questa zona ha permesso di scoprire l’esistenza di un nucleo di materiale diverso di quello che lo avvolge. La constatazione che le onde P perdono velocità nell’attraversare il nucleo, e che le onde S non possono nemmeno penetrarvi, a portato a concludere che il nucleo almeno nella parte più esterna debba essere fluido. Lo studioso statunitense Gutenberg ha localizzato a circa 2900 Km di profondità il limite tra il nucleo e il mantello; tale limite viene indicato come discontinuità o superficie di Gutenberg. Inseguito è stato identificato il nucleo interno solido che è noto come discontinuità o superficie di Lehmann. Invece il limite tra il mantello e la crosta è chiamato superficie di Mohorovicic o, più semplicemente, Moho.

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