Geografia Astronomica

Materie:Riassunto
Categoria:Geografia Astronomica

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Testo

La Grandezza della Terra
Nel III secolo a.C. , il matematico Eratostele di Cirene, giunse a una misura più precisa della lunghezza di un meridiano terrestre: ritenendo che Alessandria d’Egitto e Siene, l’odierna Assuan, fossero sullo stesso meridiano, misurò l’angolo che i raggi del Sole formavano con la verticale del luogo il giorno del solstizio d’estate, cioè 7° circa. Supponendo che i raggi del sole fossero paralleli fra loro e conoscendo la distanza fra le due città, Eratostele impostò una proporzione tra archi e angoli corrispondenti ottenendo la misura dell’intera circonferenza terrestre, pari a 250'000 stadi egizi, cioè 39'375 km.
La forma della Terra
Nell’antichità la terra veniva considerata come un disco piatto, fino a Pitagora che ipotizzò la sfericità della terra. Nel Medioevo si tornò alla credenza del disco piatto fino al 1600 quando subentrò il concetto di ellissoide: solido geometrico paragonabile a una sfera schiacciata ai poli. Si passò in seguito alla teoria ancora in vigore del geoide: figura di riferimento ideale che rappresenta appunto la superficie matematica della Terra e che meglio si approssima alla forma reale di quest’ultima.
Prove della sfericità della terra:
- l’orizzonte sensibile (cioè la porzione di spazio che si può abbracciare con lo sguardo) è sempre circolare e di diametro tanto più maggiore quanto più l’osservatore stesso è situato in alto rispetto alla superficie terrestre.
- Se si osserva di notte una stella si nota che l’altezza di una stella sull’orizzonte, cioè l’angolo compreso tra i raggi della stella e il piano dell’orizzonte, decresce progressivamente da 90° a 0° procedendo dal polo nord all’equatore.
- Di un qualsiasi oggetto in avvicinamento vediamo prima la parte più alta e poi quella più bassa.
- L’ombra proiettata dalla terra sul nostro satellite risulta circolare.
- La Terra è circumnavigabile.
Prova dello schiacciamento polare:
Alla fine del XVII secolo l’astronomo francese Jean Richer compì un’esperienza utilizzando due pendoli uguali posti uno a Parigi e uno a La Caienna, nella Guyana Francese. Notò che con il passare del tempo il pendolo posto a La Caienna, più prossima all’equatore, assumeva un modo di oscillazione più lento rispetto a quello di Parigi, più vicina al polo nord. Un’oscillazione più lenta significa un maggiore periodo T, quindi, tenendo presente la relazione fondamentale del pendolo: T = 2π√(l/g) intuì che se T era maggiore, data la costanza di l, ciò doveva necessariamente dipendere da una diminuzione del valore di g. Ne dedusse che la distanza tra Parigi e il centro della terra dovesse essere minore rispetto a quella tra il centro della terra e La Caienna , quindi la forma della terra era sicuramente più schiacciata ai poli.
Il campo gravitazionale terrestre
Il valore della gravità non è costante in tutti i punti della terra, ma varia in funzione della loro posizione a causa della distribuzione simmetrica delle masse; inoltre l’accelerazione di gravità non coincide con quella calcolabile applicando la legge di Newton. Tale ftto è provocato dalla rotazione terrestre, che genera un’accelerazione centrifuga. La gravità (g) sarà quindi data dalla differenza tra l’accelerazione Newtoniana e l’accelerazione centrifuga dovuta alla rotazione. L’effetto prodotto è una variazione della gravità terrestre in funzione della latitudine.

L’isostasia
Nella seconda metà dell’Ottocento i geofisici scoprirono un fatto piuttosto strano. Usando un filo di piombo in prossimità dell’Himalaya si osservò che il filo al posto di pendere perpendicolarmente aveva una deviazione di 5” verso la montagna a causa della sua attrazione gravitazionale. Venne calcolato quindi la deviazione teorica che avrebbe dovuto avere si ci rese conto che c’era una differenza di 10”. Si giunse alla conclusione che la massa dell’Himalaya fosse stata soprastimata. Nel 1860, Prat avanzò l’ipotesi di un modello isostatico secondo il quale la crosta si poteva immaginare formata da una serie di prismi di diversa intensità che poggiano su un substrato uniforme. Airy suppose invece un modello basato su prismi di uguale densità ma di diversa profondità nel quale la crosta sarebbe stata in equilibrio isostatico in base al principio di Archimede. In realtà i prismi crostali hanno diversa profondità, diversa densità e stanno in equilibrio isostatico galleggiando come iceberg.
La struttura del campo elettrico
L’andamento del campo elettrico terrestre si presenta come un campo dipolare fornito di linee di forza che escono dal polo sud ed entrano nel polo nord la simmetria non è perfetta in quanto la parte rivolta verso il sole risulta schiacciata per colpa dei venti solari determinando la formazione della magnetosfera. Dalla parte opposta rispetto a quella esposta al sole si forma invece la coda magnetica, costituita da linee di forza che escono dai poli e diventano quasi parallele alla congiungente Terra-Sole. Esiste anche una zona in cui il campo magnetico è nullo e attraverso la quale le particelle del plasma interplanetario vanno ad alimentare due fasce situate intorno al pianeta. Sono queste le cosiddette fasce di Van Allen, due regioni toroidali, di cui la prima costituita da protoni, la seconda a elettroni. Le particelle rimangono intrappolate per lunghi intervalli di tempo all’interno del campo magnetico terrestre, ma quando perdono la loro energia possono sfuggire alle fasce.
L’intensità del vento solare può causare anche interruzioni nelle comunicazioni radio del globo: in tal caso si parla di tempeste magnetiche. Un altro fenomeno connesso è quello delle aurore polari, che determinano la formazione di “festoni” di luce colorata nel cielo delle regioni polari.
Come si misura il campo magnetico
L’intensità del campo magnetico di valuta ricorrendo a un magnetometro e si misura in gauss o oersted.
La declinazione e l’inclinazione sono angoli e quindi si misurano in gradi; la declinazione magnetica viene definita come l’angolo tra il meridiano geografico e il meridiano magnetico. Attualmente il polo nord magnetico si situa nell’isola Principe di Galles, a latitudine 74° N e solitudine 100° E, mentre il polo sud magnetico è nella Terra Vittoria, a latitudine 68°12’ S e longitudine 156°E

Il moto di rotazione
Con il termine rotazione si intende il moto che la Terra compie attorno al proprio asse, la cui durata approssimativa è di 24 ore. La velocità angolare è pari a 1°/4min; mentre la velocità lineare è massima all’equatore (463 m/s) e decresce progressivamente verso i poli. Immaginando di osservare il nostro pianeta dal polo nord celeste, il verso della rotazione risulta antiorario, da ovest verso est: si parla allora di moto diretto.
Le prove del moto di rotazione:
- l’analogia della terra con gli altri pianeti fa pensare che anch’essa compia il moto di rotazione come loro.
- Il moto apparente della sfera celeste ha come conseguenza l’esistenza di stelle circumpolari e occidue, diverse alle varie latitudini.
- La prova di Guglielmini consiste in un corpo lasciato cadere dalla cima di una torre alta più di 100 metri. Si osservò che non seguì perfettamente la verticale ma giunse al suolo 17 mm più a est. Tale fato si può spiegare considerando le forze a cui è soggetto un corpo che cade: la gravità e la velocità lineare della terra. Quest’ultima essendo maggiore alla cima della torre fa partire il corpo con velocità lineare maggiore e tende a mantenerla cotante per inerzia, quindi il corpo si troverà in anticipo rispetto al suolo.
- La prova di Foucault era finalizzata a dimostrare che la rotazione avviene in senso antiorario nell’emisfero boreale: consisteva in un pendolo di notevoli dimensioni appeso al soffitto del Pantheon di Parigi con una punta metallica attaccata sotto il peso. Si è osservò la punta di ferro col passare del tempo tracciava su uno strato di sabbia sparso sotto il pendolo linee che si spostavano gradualmente in senso orario.
Le conseguenze del moto di rotazione
- lo schiacciamento polare
- la variazione della gravità con la latitudine
- l’accelerazione di Coriolis, enunciata anche nella legge di Ferrel: tutti i corpi in libero movimento sulla superficie terrestre, o parallelamente ad essa, subiscono una deviazione verso destra nell’emisfero boreale e verso sinistra nell’emisfero australe.
- L’alternarsi del dì e della notte
Il moto di Rivoluzione
Le prove del moto di rivoluzione:
- l’apparente spostamento del Sole lungo lo Zodiaco nei diversi mesi dell’anno
- la periodicità degli sciami di meteore
- l’aberrazione della luce stellare: confrontando le diverse posizioni annuali di una stella abbastanza luminosa, James Bradley si accorse di un suo spostamento. Per essere certo di non incorrere in errori di osservazione, controllò la posizione di alte stelle, e notò che in un anno tutte descrivevano nel cielo una piccola ellisse, il cui asse maggiore era sempre di 40,50”. Il semiasse maggiore dell’ellisse, detto costante di aberrazione, indica lo spostamento apparente massimo di una stella sulla volta celeste, causato dal fatto che l’ossrvatore posto sulla Terra si muove lungo l’orbita. Praticamente non vediamo le stelle nella loro posizione vera, ma in una posizione apparente, e l’angolo tra direzione vera e direzione apparente è detto appunto angolo di aberrazione.
Le conseguenze del moto di rivoluzione:
- la diversa durata del giorno sidereo e del giorno solare. Il giorno solare è l’intervallo di tempo tra due successive culminazioni del Sole sul meridiano locale, e dura circa 24 ore, mentre il giorno sidereo è l’intervallo di tempo tra due culminazioni di una stella sul meridiano locale, e dura 23 ore e 56 minuti.
- La diversa durata del dì e della notte nel volgere di un anno. Il dì e la notte hanno la stessa durata solo 2 giorni all’anno, agli equinozi. Nei giorni dei solstizi, si hanno invece, nel nostro emisfero, il dì più lungo dell’anno la notte più lunga dell’anno.
- L’alternanza delle stagioni. Le stagioni astronomiche vengono convenzionalmente fatte iniziare dal giorno di un equinozio o di un solstizio. Nel nostro emisfero la stagione più lunga è l’estate. Le stagioni meteorologiche sono invece computate a partire dal primo giorno del mese dell’equinozio o del solstizio.
I moti millenari
Dipendono per lo più dall’attrazione gravitazionale esercitata sulla Terra dal Sole e da tutti gli altri corpi del sistema solare. L’attrazione lunisolare si esercita maggiormente sul rigonfiamento equatoriale del nostro pianeta, tendendo a far raddrizzare l’asse terrestre. A ciò si oppone però la rapida rotazione della Terra che, come una trottola, tende invece a mantenere immutata la posizione dell’asse. Dalla composizione di queste due azioni ne deriva il moto conico dell’asse, in virtù del quale l’asse terrestre descrive due coni con vertici nel centro della Terra. Dal momento che le distanze relative tra Terra, Sole e Luna variano, anche l’attrazione lunisolare ha entità variabile: pertanto i due coni presentano piccole oscillazioni di breve periodo, dette nutazioni.
Lattrazione esercitata dai pianeti sulla terra provoca invece lo spostamento della linea degli apsidi (congiungente perielio-afelio).
Il moto conico dell’asse, combinato con lo spostamento della linea degli apsidi, è responsabile del fenomeno della precessione degli equinozi.
La variazione dell’eccentricità dell’orbita e la variazione dell’inclinazione dell’asse influiscono sulle stagioni provocando mutamenti periodici di piccola entità, impercettibili anche perhè di periodo molto lungo.
L’orientamento
L’orientamento diurno:
- Il punto all’orizzonte dove il sole sorge è detto oriente (oppure levante o est)
- Il punto all’orizzonte dove il sole tramonta è detto occidente (oppure ponente o ovet)
Fissati questi due punti, si individua la congiungente est-ovest passan per l’osservatore; la linea perpendicolare a tale congiungente permette di localizzare altri due punti: il settentrione o nord e il meridione o sud.

Il sistema di riferimento terrestre
Se si seziona la Terra con un piano perpendicolare all’asse ed equidistante dai poli, si ottiene un circolo massimo detto equatore.
Con altri piani paralleli al piano dell’equatore si individuano una serie di circoli di diametro variabile, i paralleli. Dei paralleli ricordiamo i tropici e i circoli polari:
- il tropico del cancro è situato nell’emisfero nord, a una distanza angolare di 23°27’ dall’equatore
- il tropico del capricorno nell’emisfero sud, simmetricamente.
- I circoli polari, artico e antartico, si trovano rispettivamente a nord e a sud, entrambi alla distanza angolare di 63°33’ dall’equatore.
Sezionando la sfera terrestre con piani che contengono l’asse, si ottengono altri circoli, tutti della stessa dimensione, a cui si da il nome di meridiani; anche di questi si considerano soltanto i meridiani di grado, che sono 180. in realtà, però, si definisce meridiano il semicircolo, perciò i meridiani si considerano 360. il meridiano fondamentale è quello che passa da Greenwich. Il suo opposto è l’antimeridiano.
Le coordinate terrestri
La latitudine, indicata con il simbolo φ, esprime la distanza angolare tra il punto considerato e l’equatore, misurata sull’arco di meridiano passante per il punto. Per determinare la latitudine di un punto durante la notte è possibile misurare con un sestante l’altezza della Stella Polare sull’orizzonte. Durante il dì se ci si trova nei giorni degli equinozi, la latitudine è l’angolo complementare all’altezza del Sole; negli altri giorni bisogna apportare una correzione a tale angolo utilizzando anche l’analemma.
La longitudine, indicata col la lettera greca λ, corrisponde alla distanza angolare tra un punto e il meridiano fondamentale, misurata sull’arco di parallelo. Per determinare la longitudine di un punto è necessario conoscere l’ora di Greenwich e l’ora locale.
L’altitudine è la distanza in metri tra un punto e il livello del mare.
Le coordinate relative, dette anche coordinate polari, sono ferite all’osservatore, in particolare al suo orizzonte sensibile.
La distanza è la misura lineare del segmento delimitato dall’osservatore e dal soggetto.
L’azimut è l’angolo tra la congiungente osservatore-oggetto e la direttrice nord-sud, misurato in senso orario partendo da nord.

Esempio



  


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