La fine del fiume

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Testo

1969

Il video sta ad indicare la follia che si trova alla base di una sanguinosa guerra come quella combattutasi in Vietnam tra il 1964 e il 1973. Uno dei film che meglio rappresenta questa pazzia è “Apoclypse now” di Francis Ford Coppola, da cui sono state tratte numerose sequenze. Il film trae libera ispirazione da “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad.

Apocalypse Now vs Heart of Darkness

TITOLO: Apocalypse now
ANNO: 1979
REGIA: Francis Ford Coppola
CAST: Martin Sheen, Robert Duvall, Marlon Brando, Frederic Forrest, Dennis
Hopper, Harrison Ford.
AMBIENTAZIONE: 1968, Guerra del Vietnam

Apocalypse now stands as one of the latest great independent movies of the 1970s, maybe the golden age of American independent cinema. It is a film touched by madness and divine excess, as out of control as the Vietnam war it aims to represent. But as Coppola’s ambitions are on the side of mythology rather than historical fact, the war itself is used as a screen on which to project a grander drama of the American soul. The film narrative source, Conrad’s Heart of darkness, provides the perfect mythical framework for Willard’s journey upriver to Cambodia where he will confront Colonel Kurtz who has raised a private army to wage a brutal and unsanctioned war against the natives. In Heart of Darkness we can find Kurtz too, but he is an ivory agent because the story is set on the Congo river. It is not a simple case that the main character of Heart of Darkness is called Charlie Marlow and that in Apocalypse now Charlie is the name given to the Vietcong from the US soldiers. But the most important aspect is the journey on the river that seems to be a journey of gradual alienation from the co-ordinates of Western civilisation, that is full of mystery an fear in the same way it is represented in Conrad’s tale. The viewer’s perception of time dilates into a hallucinatory dream state which at the same time contains familiar voices from the known world (how for example the Rolling Stones and Handrix on the radio). But these familiar elements are not at all reassuring but simply add to the bizarre and disturbing quality of the atmosphere.
Even Coppola and Conrad seem to be in opposition with their society: Coppola with the western civilisation and Conrad with imperialism, he denounces the mechanisms of empire. Then both their main characters are problematic heroes, so we can see the heart of darkness not only has the darkest side of Africa, but as the unknown aspects of human nature and consciousness.

TITOLO: Heart of Darkness
AUTORE: Joseph Conrad
ANNO: 1902
AMBIENTAZIONE: Ultimo ottocento, nel Congo nell’ambiente dei
commercianti di avorio. L’inizio è ambientato a Londra.

CONTESTO STORICO

Gli anni ’50 e ’60 sono caratterizzati da un rapido e intenso sviluppo dell’economia capitalistica: in primo luogo fu l’industria a prendere slancio, soprattutto quella volta alla produzione di beni durevoli e di tecnologie avanzate.
A favorire il boom del secondo dopoguerra furono una serie di fattori concomitanti: l’esplosione demografica, l’aumento della domanda di beni di consumo, abitazioni, strutture sociali e, grazie ai progressi nell’istruzione, l’immissione nei processi produttivi di forza lavoro più giovane e meglio qualificata.
Inoltre l’industria poteva avvalersi di materie prime, come il petrolio, il cui costo era relativamente basso e di scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche fino ad allora non ancora utilizzate se non per scopi bellici.
Aumentano in numero, proprio in questo periodo, le grandi multinazionali, imprese che posseggono non solo filiali commerciali ma anche impianti produttivi al di fuori del paese d’origine e che in qualche caso gestiscono bilanci non inferiori a quelli di uno stato di media grandezza. È in questo clima che si sviluppa la POP ART di Roy Lichtenstein, Andy Warhol e Piero Manzoni. Secondo il critico inglese Lawrence Alloway questo tipo di arte avrebbe dovuto atteggiarsi in modo critico di fronte agli oggetti di consumo di massa, ai marchi di qualità e alle immagini simboliche dell’industria consumistica, agli appelli stereotipi della pubblicità, alle storie schematiche illustrate dai fumetti, ai cliché dei divi del cinema e della musica, ai pannelli pubblicitari a luce intermittente situatinei centri delle metropoli: si trattava in poche parole di assumere un atteggiamento critico nei confronti della banalità del vocabolario contenuto in quadri e disegni senza pretese, atti a essere consumati velocemente come i prodotti e le ideologie a cui erano legati. La pop art inglese concentrò lo spettacolo prospettando una visione del vuoto, dell’ottusità e dell’imbroglio.
Sebbene Warhol fosse attivo nel campo dell’arte pubblicitaria commerciale, curando la réclame di prodotti esclusivi e creando disegni pubblicitari per riviste esclusive, non si può certo sostenere che questo fosse il suo mondo. All’inizio degli anni sessanta egli infatti cambiò repentinamente e in modo radicale il suo repertorio tematico. Improvvisamente apparvero i disegni e, poco più tardi, i quadri raffiguranti le banconote di dollari, i divi del cinema, le minestre in scatola, le bottiglie di Coca-Cola e ketchup, i fumetti di Dick Tracy, Braccio di Ferro e Superman. Pannelli con motivi fumettistici gli servirono come sfondo per decorare una vetrina nel lussuoso magazzino Bonwit-Teller.
Questo cambiamento in campo artistico fu accompagnato da un cambiamento nell’aspetto esteriore dell’artista, come nota David Bourbon “ La sua trasformazione in un personaggio POP fu lungamente riflettuta e ben ponderata. Egli lasciò dietro a sé l’atteggiamento da bellimbusto atteggiandosi, a poco a poco, a uomo di mondo con in tasca un abbonamento del Metropolitan Opera, ad una specie di Teeny-Popper, masticatore di gomma e apparentemente ingenuo, dedito alle forme più basse della cultura pop. Quando riceveva importanti rappresentanti del mondo artistico e convinti fautori dell’arte contemporanea era solito sostituire il disco di musica classica con uno di musica pop. Aveva sistemato il giradischi in modo tale che venisse ripetuta sempre e soltanto la stessa canzone pop che accompagnava con estenuante monotonia le immagini che egli componeva sulla tela”
Sempre a partire dagli anni Sessanta, Warhol non indugiò più ad arricchire la grafica pubblicitaria con forme e formule artistiche elitarie: egli attivò invece il processo contrario arricchendo l’arte elitaria con gli appariscenti messaggi ottici della pubblicità di massa. Egli distolse il proprio interesse dagli eleganti negozi della Fifth avenue, per rivolgerlo ai supermercati di Queens, del Bronx e di Brooklin, così come a quelli delle periferie. Warhol attingeva ora i propri motivi da altri più bassi settori. In questo modo egli si catapultò formalmente nella sfera dell’arte venendo riconosciuto come artista nel giro di pochi anni. Secondo Warhol l’artista si appropria dell’immagine relativa ad un soggetto prescelto e la replica per un numero pressoché infinito di volte, utilizzando di fatto lo stesso linguaggio della propaganda pubblicitaria. Poiché la gente comprende solo ciò che conosce, nulla meglio degli oggetti-simbolo della società dei consumi può prestarsi a essere rappresentato artisticamente. Quindi egli osserva più che interpretare : “Sono di un’estrema passività. Prendo le cose così come sono. Mi limito a guardare, osservo il mondo. (…) La mia filosofia dice così: ogni giorno è un giorno nuovo. Non mi faccio molti problemi sull’arte o sulla vita: certo, la guerra e la bomba atomica mi danno sì da pensare, tuttavia non si può far molto per opporsi”
La conclusione di questa filosofia è così banale da essere provocatoria: nulla serve a nulla, tutto ciò che ci resta da fare è consumare. Gli oggetti del consumo di massa diventano dunque delle specie di feticci, cioè degli elementi simbolici da desiderare e nei quali riconoscersi. Ma come tutti gli oggetti di consumo anche i divi del cinema e della musica possono essere consumati. Il mito di Marilyn Monroe non sta nella sua bravura come attrice né nella sua prorompente sensualità ma, ancora una volta, nell’incalzante riproposizione della sua immagine da parte dei mezzi di comunicazione di massa. Per questo motivo Warhol non si sottrae alla ferrea logica commerciale e lavora a decine di dipinti nei quali riproduce il volto sorridente dell’attrice mutandone semplicemente i colori. Ma Andy Warhol non fu solo un grande esponente della pop art, lavorò anche a molte pellicole cinematografiche insieme alla Factory, il suo personale laboratorio di sperimentazione artistica d’avanguardia. Furono almeno 75 le pellicole di film underground da lui realizzate.
Questa svolta a favore del cinema avvenne nel 1965, anno in cui egli stava lavorando forsennatamente e con grande accuratezza a una serie di cambiamenti rispetto alle iniziative che lo avevano reso una superstar dei media. Non passava settimana senza che i quotidiani pubblicassero un articolo su di lui.
È sempre nel 1965 che si forma il nucleo dei Velvet Underground, un gruppo d’avanguardia, precursore dei movimenti punk e new wave con un decennio d’anticipo, spesso censurato e accolto nel seguito di artisti underground di Andy Warhol che li volle nel suo spettacolo multimediale “Andy Warhol up-thight”.
Il 68 per il binomio Warhol-Velvet Underground fu un anno nero. Il 4 giugno una ragazza spara ad Andy Warhol, i Velvet si trovano in quel momento a Los Angeles per registrare. Nello stesso anno John Cale lascia i Velvet Underground.
La Factory di Andy Warhol racooglieva non solo artisti come i Velvet Unerground, ma anche prostitute, drag queen, tossicomani e reietti d’ogni sorta. Anche i Doors vengono chiamati da Warhol alla Factory.

LUCY IN THE SKY WITH DIAMONDS

Derivato dall’acido lisergico, LSD (Dietilamide dell’acido lisergico) fu estratto da un fungo che attacca i cereali ( in particolare la Segale Cornuta) e sintetizzata nel 1938 dal Dott. Albert Hofmann, che ne fu il primo scopritore e sperimentatore ( come attestato nei suoi libri, fra cui “Viaggi Acidi e LSD: il mio bambino difficile”)
LSD è stata ampiamente testata dall’esercito britannico (su circa 1.000 soggetti, in uno studio durato 20 anni) e dall’esercito statunitense (nel protocollo top-secret MK Ultra, poi abbandonato tra il 1972 e il 1973 con la distruzione di tutti i records). Si ha notizia del suo utilizzo anche nel trattamento di gravi disordini mentali, ma la letteratura in questo caso è limitatissima e spesso controversa.

Nella sua forma pura l’LSD è un cristallo trasparente, ma si può trovare sotto forma di liquido di consistenza e aspetto simili a quello dell’acqua. Alla vendita nel mercato illegale l’LSD è normalmente impregnata (25-250 mg) in piccoli francobolli di carta su piccole pastiglie colorate (dette “micropunte”) o piccoli cartoncini che vengono appoggiati sotto la lingua e lasciati sciogliere. In genere gli acidi sono molto colorati: una faccia del cartoncino è quasi sempre arricchita di un disegno colorato che lo contraddistingue e ne facilita l’identificazione.

LSD è un potentissimo allucinogeno che modifica le percezioni sensoriali e lo stato di coscienza fino a provocare allucinazioni visive, acustiche, talvolta tattiche e termiche. Questo provoca effetti che possono variare da visioni paradisiache a incubi terrificanti; è dimostrato che il setting (il luogo, la situazione, la compagnia) e il set (stato d’animo, umore, disposizione mentale) sono determinanti sugli effetti, che possono durare dalle 10 alle 16 ore.
Durante l’effetto l’LSD può provocare sovrapposizioni dei sensi definiti scientificamente fenomeni di sinestesia, vale a dire che si possono sperimentare sensazioni quali la forma e la massa di un suono, il sapore di un colore, la sinuosità di una melodia e altre ancora.
Un altro effetto abbastanza diffuso è la comparsa di schemi geometrici in movimento sugli oggetti o nella luce.
È credenza diffusa che bere latte e succo d’arancia accorci i tempi dell’esperienza, in realtà i soli veri antidoti sono le sostanze anti-LSD come la cloropromazina.
Per quanto riguarda gli effetti indesiderati ad alte dosi l’LSD provoca uno stato di completa confusione mentale, che può evolvere anche in un vero e proprio collasso nervoso. Durante un’esperienza con l’LSD, a seguito dello stato allucinatorio, si può essere portati a credere di poter sostenere prove che vanno oltre le possibilità umane (vincere la forza di gravità, attraversare muri, essere invulnerabili) e questo può aumentare la probabilità di incidenti. In seguito a cattive allucinazioni possono verificarsi attacchi di panico, alterazioni della capacità di pensiero e di giudizio e tachicardia, anche salivazione e lacrimazione abbondanti sono sintomi piuttosto frequenti durante l’effetto.
Un altro effetto collaterale tipico degli acidi sono i flashback, che possono ricomparire improvvisamente dopo anni e richiamano comunemente alcuni aspetti del viaggio originale legati alle percezioni, agli aspetti somatici e a quelli emozionali. L’LSD provoca, come gli allucinogeni in genere, una fortissima tolleranza e notevole dipendenza psichica.
L’LSD ha una ricaduta molto intensa sul funzionamento neuro-fisiologico del cervello.
L’LSD venne utilizzata come droga di culto del movimento hippy e di altri movimenti di contestazione. Per questo uso smisurato essa venne messa al bando totale e anche il suo impiego in campo medico, per la cura di disturbi psichici venne interrotta.

DAL 68 A WOODSTOCK 69
1968…UN VENTO DI FILOSOFICA FOLLIA.

È sessantotto un po’ in tutto il mondo, da qualche parte prima, da altre dopo, ma in uno strano meccanismo di azione e reazione si susseguono fatti, eventi, disastri, vittorie (poche) e in qualche modo si segna la fine di un sogno, la ricaduta nella disillusione.
Dove sia nata la scintilla che ha fatto nascere un po’ ovunque i movimenti studenteschi non si sa. Forse nelle università statunitensi, quando hanno cominciato a reclutare gli studenti con i voti più bassi per andare a combattere in Vietnam, come se un brutto voto giustificasse la morte in guerra. O forse altrove.
A venire dissacrati e travolti da un’ondata di provocatoria, inebriante e irritante giovinezza sono i valori borghesi del secolo, le caparbie filosofie del benpensantismo, l’abbigliamento, la musica, la cultura tradizionale, la superbia e l’altezzosità da ufficio.
Questa ondata di follia fece però venire a galla la fragilità della cultura collettiva e la grande insicurezza di molte ideologie schiacciate dagli eventi passati e recenti che avevano impedito di far maturare i popoli negli ultimi anni. Quei giovani erano dei “folli” ma con dei lampi di intelligente genialità, pari ai lampi di stupidità dei “saggi”, arroccati nell’immobilismo dentro le loro oscurantistiche torri d’avorio, o seduti a dottoreggiare nelle aule, nel Parlamento, nelle sedi dei Partiti e perfino dentro le Curie.
Di certo si andò ben oltre la semplice contestazione studentesca da sempre ricordata. Di crepe dentro il sistema ce ne furono molte, alcune furono epocali, di diritto entrate nelle pagine della storia recente e sempre in evidenza in quella futura.
Fidel Castro scriveva “Si inizia un giorno a esser rivoluzionario e non si finisce più di esserlo, perché ogni giorno la conoscenza si arricchisce, le idee si chiariscono, lo spirito si rafforza e nessuno può dire che era più rivoluzionario ieri di oggi o che domani sarà meno rivoluzionario di oggi.”
Ogni rivolta fu guidata da capi intellettualmente freschi e provocatori dentro un contesto generazionale costituito da seguaci agitatori altrettanto non stagionati. In Francia vi fu Daniel Cohn Bendit, in Germania Rudi Dutsche, in Italia Mario Capanna, tutti poco più che ventenni.
Anche in Italia è l’anno della rottura. Riformismi malaccorti, cedimenti a interessi corporativi e comportamenti anche irrazionali, poggianti su un utopistico marxismo maoismo, andranno a determinare una generale atmosfera antindustriale e provocheranno notevoli mutazioni psicologiche nelle realtà sociali, di cui le principali erano spinte dalle mutate motivazioni scuola lavoro. L’organizzazione scientifica del lavoro con il taylorismo stava crollando; la demotivazione fabbrica-cottimo non era stata prevista a tempi così brevi (anche se Wiener l’aveva già annunciato nel 1950 “Gli uomini non diventeranno mai formiche…la condizione umana modellata su quella della formica è dovuta a una fondamentale ignoranza/incomprensione sia della natura della formica che della natura dell’uomo”. I taylorismi oltre che non conoscere l’uomo non conoscevano neppure le formiche.) e la grande industria conosce la sua crisi fra scioperi, sabotaggi, occupazioni, con mobilitazioni e forti contestazioni, dove è purtroppo carente una globale strategia sindacale, gracile e corporativistica, contestata alla base e quindi affannosamente essa stessa alla ricerca di una unità meno dipendente dai partiti: troppo legata a vecchie concezioni del tipo “operaio-proletario” dunque meno attenta all’evoluzione in atto del nuovo tipo, cioè il lavoratore sociale.
Dunque cambia l’Italia e il suo modello di sviluppo, quella che si appoggia ancora in buona parte su una massa proletaria e analfabeta con la sua misera scuola di classe, tagliata su misura dei ricchi, e difesa dai conservatori rimasti arroccati nelle loro fortezze istituzionali, non concedendo aperture e riforme nemmeno davanti alle proteste, che sono subito liquidate dai serventi media come “ragazzate”, “studenti svogliati”, “queste cose da giovani le abbiamo fatte anche noi, ma ora basta, andate a casa”. Invece c’era ben altro. Comincia una sequenza di tuoni già a inizio anno, a Gennaio, e man mano si fa sempre più tempesta.

Il 15 gennaio sono gli studenti del S. Cuore
Il 20 gennaio iniziano i primi tafferugli
Il 26 gennaio le prime occupazioni
Il 13 febbraio primi insulti e schiaffi
Il 23 febbraio primi espliciti striscioni
Il 23 febbraio sera si contano i primi feriti
Il 24 febbraio i primi fascisti iniziano a menare le mani
Il 26 febbraio alcuni comunisti iniziano ad ammirare Mao
Il 29 febbraio si iniziano a rompere le vetrine durante le sfilate
Il 10 marzo gli estremisti si toccano a randellate
Il 30 marzo alcuni gruppi iniziano a chiamarsi extra parlamentari
Il 31 maggio si inizia a parlare di armi e di un attacco allo stato
L’8 giugno incominciano a chiamarsi “nazimaoisti” innalzando il libretto rosso

Chateaubriand scriveva “Tutto accade grazie alle idee;le idee producono i fatti, che servono loro soltanto d’involucro” e Nievo aggiungeva “dove tuona un fatto, siatene certi, lì ha lampeggiato un’idea”
Così Arendt a proposito dei tuoni del 68 disse: “è stato fatto dipendere da tutti i tipi di fattori sociali e psicologici - da un’eccessiva permissività della loro educazione in America e da una reazione a un eccesso di autorità in Germania e in Giappone, da una mancanza di libertà nell’Europa orientale e da troppa libertà in Occidente…tutte cose che appaiono localmente abbastanza plausibili ma che sono chiaramente contraddette dal fatto che la rivolta degli studenti è un fenomeno mondiale. Un comune denominatore sociale del movimento sembra fuori discussione, ma è anche vero che psicologicamente questa generazione sembra dappertutto caratterizzata dal semplice coraggio, da una sorprendente volontà di agire e da una non meno sorprendente fiducia nella possibilità di cambiamento. Ma queste qualità non sono cause, e se ci si domanda che cosa ha effettivamente provocato questa evoluzione del tutto inaspettata nelle Università di tutto il mondo, sembra assurdo ignorare il più ovvio e forse il più potente dei fattori, per il quale, per giunta, non esistono precedenti né analogie: il semplice fatto che il “progresso” tecnologico porta in molti casi direttamente al disastro, cioè che le scienze, insegnate e apprese da questa generazione, sembrano non soltanto incapaci di modificare le disastrose conseguenze della propria tecnologia ma hanno anche raggiunto un livello tale di sviluppo per cui “non è rimasta neanche una maledetta cosa che uno possa fare e che non possa venire trasformata in guerra”” (da Politica e menzogna, Arendt 1985)
“L’idea non è affatto quella di impadronirsi del potere, ma di costruire spazi di libera espressione e comunicazione, che consentono di diventare soggetti di decisione e azione. Spazi fisici: strade e piazze…ma anche altri luoghi in genere già pubblici, che vengono trasformati e adattati anche al privato: ma contemporaneamente spazi espressivi, nei mezzi di comunicazione di massa, attraverso parole e immagini; e naturalmente spazi politici all’interno dell’organizzazione e del sapere e subito dopo in punti nevralgici del sociale, come i rapporti tra le classi lavoratrici e gli strati intellettualizzati della società” (Passerini, Il 68 nella storia dei processi di comunicazione)
I partiti comunisti, le sinistre europee e mondiali, ma anche tutti gli altri partiti democratici, guardarono interdetti ma non ancora traumatizzati la “violenza espressiva” del movimento studentesco che li aveva colti di sorpresa, con la guardia abbassata proprio mentre in ogni Paese era in atto un convulso travaglio ideologico. E come l’occidente capitalista, anche l’oriente marxista entrò in una crisi di profonda riflessione.
Fortunatamente per i teorici dei vecchi equilibri, l’ondata rivoluzionaria in Italia si spense in fretta con l’ultimo “botto” a fine anno, alla Bussola (a sparare ad altezza d’uomo un ufficiale di pubblica sicurezza) e, al declinare dei fermenti di lotta, molti tirarono un sospiro di sollievo. Ma si erano sbagliati: si era appena all’inizio. Non si erano per nulla approfondite alcune realtà che erano invece state partorite mostruosamente (e antevedute da Pasolini) nel corso di questo intero anno: inizialmente nelle occupazioni delle Università, poi nelle mobilitazioni sul lavoro; e perfino nel mondo religioso che vede la luce proprio a Firenze pochi giorni prima dell’ultimo botto studentesco a Marina di Pietrasanta.
Il potere gerarchico politico e religioso si ritrovò così –dopo questo ’68-, i bubboni dentro il sistema e corse ai ripari con altrettanta improvvisazione, sconsideratezza, metodi e tecniche “Reclutando uomini affidabili, creando una serie di poteri per l’emergenza, una rete paramilitare segreta parallela a quella ufficiale,ma ad essa superiore, che avrebbe assunto automaticamente ogni potere in caso di insurrezione”

Nel 68 il mondo è in rivolta. È bene quindi osservare più da vicino che cosa accadde nei diversi paesi.

Le Mai Parisien

La chronologie des évènements de mai 1968
• 8 janvier - Inauguration de la piscine du campus de Nanterre par François Missoffe, ministre de la jeunesse et des sports. Il est pris à partie par des étudiants.
• 26 janvier -Violents incidents à Caen entre les grévistes de la SAVIEM et les forces de l'ordre. Bagarre à Nanterre.
• 7 février - Heurts violents à l'occasion d'une contre-manifestation organisée par les Comités Vietnam.
• 24 février - Déclaration politique et sociale commune PCF - FGDS
• 20 mars - Attaque du siège parisien de l'American Express.
• 22 mars - Incidents à Nanterre. Occupation de la tour administrative. Création par les anarchistes du Mouvement du 22 mars.
• 28 mars - Suspension des cours à Nanterre jusqu'au 1er avril.
• 25 avril - Le député communiste Pierre Juquin est expulsé du campus de Nanterre par les gauchistes prochinois.
• 28 avril - Un commando prochinois dévaste une exposition de soutien au Sud-Vietnam.
• 1er mai - Défilé CGT, PC, PSU (République - Bastille). Naissance de La cause du peuple.
• 2 mai - Début du voyage de Georges Pompidou en Iran et en Afghanistan. Incidents à Nanterre où les cours sont suspendus.
• 3 mai - Meeting dans la cour de la Sorbonne. Editorial de Georges Marchais dans l'Humanité qui y fustige "l'anarchiste allemand Cohn-Bendit" et raille les "révolutionnaires [... ] fils de grands bourgeois [... ] qui rapidement mettront en veilleuse leur flamme révolutionnaire pour aller diriger l'entreprise de papa et y exploiter les travailleurs". Evacuation par la police requise par le Recteur Roche. Manifestation au Quartier latin, incidents, près de six cents interpellations.
• 4 mai - Condamnation de personnes appréhendées la veille. Appel à la grève illimitée de L'UNEF et du SNEsup. Suspension des cours à la Sorbonne.
• 5 mai - Condamnation de quatre manifestants du 3 mai à la prison ferme.
• 6 mai - Comparution de Daniel Cohn-Bendit et d'étudiants nanterrois devant la commission disciplinaire. Manifestations, puis premières barricades et violents affrontements avec la police, plus de quatre cents arrestations.
• 7 mai - Manifestation de Denfert-Rochereau à l'Etoile.
• 8 mai - Discours d'Alain Peyrefitte à l'Assemblée nationale.
• 9 mai - Les leaders étudiants annoncent leur intention d'occuper la Sorbonne dès le départ des forces de l'ordre. En réponse, Alain Peyreffite déclare que la Sorbonne restera fermée jusqu'au retour au calme.
• 10 mai - Nuit d'émeutes au Quartier latin où soixante barricades se dressent. Intervention de la police à partir de deux heures du matin.
• 11 mai - La CGT, la CFDT et la FEN appellent à la grève générale pour le 13 mai. Retour de Georges Pompidou d'Afghanistan qui annonce la réouverture de la Sorbonne pour le 13 mai.
• 13 mai - La Cour d'appel met en liberté provisoire les condamnés du 5 mai. La Sorbonne est réouverte et aussitôt occupée. Manifestation syndicale de la gare de l'Est à Denfert-Rochereau. Les étudiants continuent jusqu'au Champs-de-Mars.
• 14 mai - Départ du Général de Gaulle pour la Roumanie. Dépôt d'une motion de censure à l'Assemblée nationale par le PCF et la FGDS.
• 15 mai - Occupation de l'Odéon et de l'usine Renault à Cléon.
• 16 mai - Le mouvement de grève s'étend dans les entreprises.
• 17 mai - Rencontre Mitterand - Waldeck-Rochet. Grève à l'ORTF.
• 18 mai - Retour du Général de Gaulle. Grève générale, la paralysie économique gagne l'ensemble du pays.
• 22 mai - La motion de censure déposée par la gauche est rejetée, elle ne recueille que 233 voix. Daniel Cohn-Bendit est interdit de séjour. Création du Comité national de défense de la République (CDR). Les syndicats se déclarent prêts à négocier avec le gouvernement. Attaque du local national conjoint des CDR et du Service d'action civique rue de Solférino par des manifestants.
• 24 mai - Nouvelle nuit des barricades. Le Général de Gaulle annonce un référendum sur la participation (entreprises, universités) pour le mois de juin. La Bourse est incendiée. Un commissaire de police est tué à Lyon par un camion lancé par les manifestants.
• 25 mai - Début des négociations rue de Grenelle.
• 26 mai - Le Général de Gaulle donne son accord à Jacques Foccart pour l'organisation d'une grande manifestation pour le vendredi 31 mai (elle aura finalement lieu le 30).
• 27 mai - Accord sur le protocole de Grenelle entre les syndicats, le patronat et le gouvernement (augmentation du SMIG et des salaires, réduction des horaires, abaissement de l'âge de la retraite). Meeting de Charléty organisé par l'UNEF, le PSU et la CFDT.
• 28 mai - Conférence de presse de François Mitterrand qui annonce sa candidature à la présidence de la République en cas de vacance du pouvoir.
• 29 mai - Le conseil des ministres est ajourné. Le Général de Gaulle quitte l'Elysée à 11 h 15 et n'arrive à Colombey-les-deux-Eglises, via Baden-Baden où il a rencontré le Général Massu, qu'à 18h30. Pierre Mendès France se déclare prêt à former un "gouvernement de gestion".
• 30 mai - A 16h30 le Général de Gaulle annonce la dissolution de l'Assemblée nationale. Une manifestation de soutien au chef de l'Etat réunit un million de personnes.
• 31 mai - Remaniement ministériel. Manifestations de soutien au Général de Gaulle en province


In Deutschland

Berlin
Schon Mitte der Sechziger-Jahre wurde seitens der Studenten gegen die prüde Sexualmoral und die autoritäre Erziehung protestiert. Die Außerparlamentarische Opposition(APO), wurde 1966 aus Protest gegen die Große Koalition(SPD/CSU), gegründet. Die Aktionen der APO, liefen oft nach dem Vorbild der Amerikanischen Bürgerrechtsbewegung ab. Sie war Aktionsplattform für allerlei Aktionen wie gewaltlose Sit-ins und Massendemonstrationen.
1967 war sehr wichtig für die verschiedenen Protestbewegungen. Aufgrund von verschiedenen Ereignissen rückten die verschiedenen Gruppierungen näher zusammen. Zum Beispiel wurde die Mitgliederkartei des Sozialistischen Deutschen Studentenbundes (SDS) von der Polizei einfach konfisziert, oder bei verschiedenen Demonstrationen Menschen verhaftet. Außerdem wurde nun gegen die Schutzmacht USA und gegen ihr vorgehen in Vietnam demonstriert.
Dazu kam es am 2. Juni zu einer Demonstration gegen den Schah von Persien, der die Opposition im eigenen Land unterdrückte und Deutschland einen Staatsbesuch abstattete. Es kam zu Zusammenstößen zwischen Sympathisanten des Schahs und den Demonstranten.
"Anschließend ging die Polizei mit der "Leberwursttaktik", wie Polizeipräsident Duensig die Strategie nannte, gegen die Demonstranten vor: Sie sollten von zwei Seiten zusammen-gedrückt und dann "mit dem Knüppel auseinandergedroschen" werden."2
Tragischerweise wurde der Student Benno Ohnesorg durch eine Kugel aus einer Polizeiwaffe getötet. Angeblich war die Kugel ein Querschläger.
Außerdem tat die Boulevardpresse insbesondere Axel Springer und seine Bildzeitung ihr übriges.
Mit Schlagzeilen wie

"Stoppt den Terror der Jung-Roten jetzt"
"Schluss mit Terror und Krawall"
"Lasst Bauarbeiter ruhig schaffen! Kein Geld für langbeharrte Affen!" 3wurde das Volk gegen die Demonstranten aufgebracht.
Durch einen Bildzeitungsleser wurde am 11. April 1968 Rudi Dutschke lebensgefährlich verletzt.
Aus Protest gegen dieses Attentat, kam es zu den sogenannten Osterunruhen, die bis zum 15. April andauerten. Es kam in mehreren Städten zu Straßenschlachten mit der Polizei.

"Bilanz der Osterunruhen: Zwei Tote bei den Auseinandersetzungen in München und laut "Spiegel" –Ausgabe vom 22. April 400 Schwer- und Leichtverletzte."2
Anders als in Frankreich war die Gewerkschaft stets darauf bedacht sich nicht mit den Studenten zu verbünden, obwohl auch sie Demonstrationen abhielten. Auch die Studenten suchten nicht den Dialog mit den Gewerkschaften.

Das Ende der Studentenbewegung

Zu den zahlreichen Enttäuschungen vor allem im Ausland, wie die Entwicklung in der Tschechoslowakei oder das vorgehen der mexikanischen Polizei im Zuge der Proteste gegen die Olympiade, wo 500 Demonstranten getötet wurden, kam das härtere Vorgehen der Polizei und Verhaftungen führender Mitglieder der SDS, im wegen der Osterunruhen. Proteste und Tätigkeiten fanden zwar auch noch 1969 statt, doch musste man die weitreichende Staatsmacht und das Eigene, beschränkte Aktionspotential als gegeben ansehen. Es kam zur Spaltung innerhalb der Protestbewegung. Einige neue Bünde wurden gegründet, wie der Marxistische Studentenbund (MSB), der SDS wurde jedoch 1970 aufgelöst.
Ein paar allerdings beschlossen den Kampf mit härteren Mitteln weiterzuführen. Andreas Baader und Ulrike Meinhof gründeten die Rote Armee Fraktion.

Wien
Auch in Österreich gibt es die Studentenbewegung. Auch hier richtet sich der Protest gegen die Missstände an den Universitäten. Bei der Einsetzung von Universitätsprofessoren wird, ist die politische Gesinnung, bedeutend. Außerdem wird in Österreich nur 0,3% des Bruttosozialprodukts wird für Forschung ausgegeben. Bei der Amtseinsetzung Fritz Schwinds, zum neuen Rektor an der Wiener Universität, wird gegen diese demonstriert. Gefordert wird eine Reform der Hochschulen hinsichtlich Schülerstipendien, Budget und Besetzung von Lehrstellen an der Uni. Auch für die Studenten in Österreich ist Mao Tse-tung eine Kultfigur und verschiedene Linke Gruppierungen nehmen an den Protesten Teil. Auch von Amerika war ein Stück der dortigen Kulturrevolution übergeschwappt. Die Flower-powergeneration wurde von dort übernommen und wie in Berlin, gab es auch in Wien Kommunen.

"Das, worum es in täglichen Auseinandersetzungen ging, war ein Mehr an Demokratie und war ein Widerstand gegen autoritäre Bestimmung der Menschen. Besonders an der Universität, aber auch in der Gesellschaft."4
Zum Beispiel gab es zwar eine gewählte Studentenvertretung, dennoch hatten diese an den Studienbedingungen nichts mitzusprechen. 1970 war es Bruno Kreisky und die SPÖ, die bei der Nationalratswahl eine Mehrheit erhielt. Er setzte die Demokratisierung dann in die Tat um, für die viele Demonstranten auf die Strasse gingen. In Österreich mit weniger Gewalt als beispielsweise in Deutschland oder Frankreich.

"[...Die Demonstranten setzen sich aus vielen sehr inhomogenen Kräften zusammen: sozialistische Studenten, Studenten linker als die sozialistischen Studenten, Marxisten-Leninisten, Kommunisten, Kommunarden, Chaoten, Aussteiger, Aktionisten, Feministen."5

Schah von Persien
Eigentlich der Schah von Iran, denn sein Vater hatte Persien 1934 offiziell umbenannt, wurde 1919, als Mohammed Resa Pahlewi, in Teheran geboren. 1949 gab es ein erfolgloses Attentat auf den Schah. 1953 floh er ins Exil um mit Hilfe der CIA wieder an die Macht zurückzukehren. Er war Pro-westlich, führte viele Reformen und Modernisierungen zu und zog sich damit den Hass der islamischen Fundamentalisten zu. Als in den 70er Jahren der Iran, durch Erdöl, immer bedeuteder wurde erstarkte eine Gruppe fundamentalistischer Muslime. 1979 wurde er von Ayatollah Khomeini aus dem Iran vertrieben. Er starb 1980 im Exil, in Kairo.
Sorbonne, ist eines der Gebäude an der Universität von Paris, dennoch wird es als Synonym für den ganzen Universitätenkomplex in Paris verwendet. Der Name Sorbonne stammt von Robert de Sorbon, der 1257 eine theologische Hochschule in Paris gründete.

IN VIETNAM

In Vietnam la situazione è molto diversa, gli studenti si ribellano contro gli oppressori, vengono torturati. Non è più il 1968, siamo già nel 1970 e la situazione è sicuramente più drammatica. Come testimoniano alcune lettere di diversi studenti.

“Se parlo delle pene che subiamo attualmente nelle prigioni del Sud Vietnam, non posso fare a meno di dimostrare anche quail sono le motivazioni che ci hanno spinto a questa lotta difficile, noi che siamo la gioventù cittdina di Saigon e che, di conseguenza, gosiamo di condizioni di vita relativamente facili.
La rivolta della grande maggioranza degli studenti in tutte le città del sud Vietnam nel 1970 ha dato alla gioventù cittadina nuovi orizzonti, diversi dall’atmosfera protettiva della famiglia del quadro tradizionale della scuola e soprattutto dal clima corrotto delle città.
Ciascuno di noi, entrando nella lotta, ha una motivazione diversa del proprio punto di partenza: idealismo, attivismo, il caso…
Io sono figlio unico di una famiglia operaia di Khanh Hoi. I miei genitori hanno circa sessant’anni. Ho 18 anni, sono allievo della II liceo Petru Ky, la più grande scuola media superiore pubblica di Saigon che è situata di fronte all’edificio centrale della polizia nazionale.
La mia rivolta ha le sue origini nei contatti quotidiani che la mia famiglia ha con I rappresentanti dell’amministrazione di Saigon, anzitutto il capo del Comitato di sicurezza installatosi in casa nostra dal giorno in cui fu decretata la politica di autodifesa delle città. Ogni giorno egli viene a chiedere a mio padre 200 piastre per la tassa di sorveglianza; poi con un capitano della sicurezza militare che non fa altro che vantare le sue imprese repressive allo scopo di spaventare mio padre e I vicini; e ancora con il commissario di quartiere della polizia, soprannominato “Tigre grigia” che regna come un padrone con i mezzi iniqui (tassazioni illegali, corruzione…); e infine , con i membri del Consiglio municipale del quartiere i quali esigono sempre di essere pagati con una bottiglia di vino per qualsiasi documento da firmare o da rilasciare.
Ogni giorno, ogni volta che vedevo mio padre timoroso e deferente verso questa gente, avevo pietà di lui e nello stesso tempo mi cresceva dentro un odio inesprimibile verso di loro. Ma non sapevo che fare.
Il movimento di lotta contro la repressione mi ha aperto, nel 1970, la via verso una soluzione: insieme ai miei compagni desidero schiacciare tutti questi vermi.
Sono stato arrestato durante una discussione sulla militarizzazione della scuola, organizzata nell’agosto del 1970 alla Facoltà di agronomia sita a fianco del palazzo dell’Indipendenza. Un battaglione intero della polizia speciale ci ha aggrediti con bombe lacrimogene e bastoni. Il sangue colava e urla stridenti venivano da ogni parte. Alla fine 120 di noi sono stati arrestati. Ai giornalisti è stato impedito di fotografarci e di intervistarci. L’attacco è stato diretto personalmente da Trang Si Tan, capo della polizia della città di Saigon. Ci hanno condotto al 1° quartiere della città, i cui capi sono incaricati specialmente della repressione dei movimenti degli studenti e degli allievi.
50 ragazze sono state rinchiuse in una stanza, e 70 ragazzi in un’altra. Abbiamo cominciato a cantare i canti di lotta composti da alcuni di noi e abbiamo rifiutato di fornire elenchi di nomi. I negoziati fra i poliziotti e noi fallirono dopo circa un’ora di discussioni. Alla fine, i poliziotti proposero di discutere separatamente con i nostri rappresentanti. Abbiamo rifiutato, temendo che li identificassero, isolandoli. Di fronte alla nostra ostinazione, una compagnia di soldati armati fece irruzione nelle stanze fecendoci piovere addosso una pioggia di colpi. Poi ci divisero in gruppi di 5 per gli interrogatori. Mi legarono le mani dietro la schiena, mi bendarono gli occhi e mi condussero attraverso quel che sembrava un corridoio in una stanza buia e umida.
Sono uno dei dirigenti del Movimento in lotta dei liceali. Mi domandarono: “Chi ti ha eletto?” risposi: “I rappresentanti degli allievi del liceo”. E loro: “Se sarai rilasciato, continuerai a lottare?”. Gli dissi: “Se gli allievi avranno ancora fiducia in me, continuerò”. Mi colpirono con pugni e calci. In realtà, le domande gli servivano soltanto come pretesto per picchiarmi, perché da tempo ero schedato e tutte le mie attività erano seguite.
Ricondotto nella camera di detenzione rimasi immobile. I compagni mi massaggiarono bestemmiando, mentre le ragazze, più emozionate, scoppiarono a piangere.
Sono stato arrestato il 3 ottobre 1971. Attualmente, nel settembre 1972, sono ancora detenuto. Ho riflettuto molto durante questo periodo di tempo. Da un obiettivo limitato, la lotta contro la repressione, siamo giunti alla conclusione fondamentale, a sapere cioè che si deve lottare contro l’intervento americano nel nostro paese e contro i collaboratori vietnamiti.
Incoraggiati dallo sforzo comune dei popoli del mondo intero, che sono solidali con la lotta per l’indipendenza del nostro popolo, ne siamo molto felici e continueremo ad adoperarci in questo senso nonostante i pericoli che ci minacciano, anche mentre scriviamo queste righe.

NGUYEN VAN DAN

Chi Hoà, 20 settembre 1972

Sono cresciuto, da sempre, nel quadro politico del Sud Vietnam. Nato nel 1947, ho passato gli anni della scuola elementare e del liceo in modo tranquillo, senza prestare attenzione agli avvenimenti sociali. Le crudeli immagini della guerra attorno a me suscitarono in me paura, poi tristezza, e infine indifferenza.
Quando sono entrato alla Facoltà di Lettere di Saigon nel 1965, la situazione politica nel Sud Vietnam era già molto tesa e gli americani iniziavano il loro sbarco a Danang. Allora ho cominciato a cercare di capire la situazione politica e i problemi della vita che mi assillavano tutti i giorni.
Questa ricerca mi ha portato, poco a poco, a pormi delle domande sulla guerra, sulla presenza americana nel Vietnam e sul destino dei giovani della mia generazione.
Così, sono giunto alla conclusione che la guerra attuale è una guerra condotta dal nostro popolo contro l’aggressione americana che è una continuazione del colonialismo francese. Il Nord e il Sud sono un unico paese che deve unificarsi per lottare contro gli americani. La tesi secondo la quale il Nord aveva aggredito il Sud non è che una favola inventata dalla propaganda Americana.
I governi che si sono succeduti nel Sud Vietnam, compreso il governo Thieu, non sono in realtà che creature degli americani, gestiti e nominati da loro. Sono governi che non difendono una giusta causa perché chi ne fa parte era stato in precedenza collaboratore dei francesi. Non fanno che una sola cosa: continuare la guerra secondo il piano elaborato dagli americani. Non si preoccupano affatto delle condizioni della vita della popolazione sudvietnamita che affoga sempre più nella miseria.
Tutte le strutture e le tradizioni del popolo vietnamita sono minate. La nostra generazione ha la scelta fra tre sole vie:
integrarsi nelle attuali strutture del potere per godere dei vantaggi, vale a dire la via dei traditori;
essere passivi e affidare l’avvenire del nostro paese nelle mani dei dirigenti attuali che ci stanno conducendo alla rovina;
lottare contro gli americani e i loro collaboratori sudvietnamiti.
Malgrado le difficoltà, le sofferenze che ne risultano, io ho scelto questa terza via come mi hanno dettato il cuore e lo spirito ed è questa la via che il popolo deve seguire, a qualunque prezzo.
(…)
Quel che doveva accadere è accaduto. Più di 30 poliziotti sono giunti in macchina alla facoltà di lettere per arrestarci. Non potendo resistere a mani vuote, siamo stati arrestati e condotti al commissariato di polizia. Picchiato e lasciato senza cibo per tre giorni, sono stato poi condotto al posto centrale di polizia. Lì mi hanno rinchiuso in una piccola cella per due mesi. Il cibo era scarso al punto che potevo contare i grani di riso nel piatto. Minacce, ricatti, torture si sono succeduti senza che potessi mai dormire un solo minuto. Poco dopo, mi hanno portato alla prigione di Chi Hoà. In teoria sono condannato a sei mesi di prigione, ma in realtà la durata della mia detenzione è illimitata. Del resto, i miei compagni in altre prigioni si trovano nelle stesse condizioni. Qui sono testimone di crimini abominevoli del regime che imprigiona perfino bambini dai 4 anni in su e vecchi di oltre 70 anni.
Tra i prigionieri ci sono anche dei drogati e dei mutilati volontari (per evitare il servizio militare). Tutto ciò rivela l’esistenza di una società putrida, amministrata da un potere feroce e inumano. Manchiamo di tutto: riso da mangiare, luce per vedere, ossigeno per respirare. Il nostro odio verso il regime è tanto più grande perché le manette che rinchiudono le nostre mani sono marcate “Made in USA” e perché la nostra prigione si trova in un edificio costruito dai fascisti giapponesi e dai colonialisti francesi.
Non mi sono mai pentito, nemmeno per un solo istante, di aver preso la via che ho scelto; al contrario, ne sono fiero e aspiro a un sacrificio più completo e più efficace per la mia patria. Anche se dovessi marcire fino alla morte in prigione, non potrei mai esaurire il mio odio verso gli aggressori americani e i loro servi. Ma ho fiducia nel mio popolo che riuscirà, ne sono certo, a cacciare gli aggressori, malgrado l’alto prezzo che dovrà pagare in sofferenze. Neppure il cielo potrà comprendere che il mio popolo non ha altra scelta, poiché “nulla è più prezioso dell’indipendenza e della libertà”

QUELLA MALEDETTA ESTATE DEL ‘69

Se è vero che il 1968, con i tragici assassini di Martin Luther King e di Robert Kennedy e il diffondersi della rivolta nelle strade, viene generalmente considerato come l’anno più turbolento della moderna storia americana, furono in realtà gli eventi dell’anno successivo, il 1969, a lasciare le tracce più profonde e devastanti nella cultura popolare. Il 28 giugno di quell’anno, una delle ennesime azioni intimidatorie compiute dalla polizia nei confronti di un bar gay, lo Stonewall Inn, nel cuore del Greenwich Village di New York, provocò una rivolta che durò molti giorni e che inaugurò il moderno movimento per i diritti civili dai gay.
Il 20 luglio la passeggiata dell’astronauta Neil Armstrong sulla superficie della Luna segnò praticamente la fine della prima era del progresso umano.
Tuttavia l’estate del 69 è principalmente associata a Woodstock, l’ormai leggendario festivalconcerto che finì per simboleggiare l’irruzione definitiva del rock nella cultura ufficiale e nell’industria commerciale. Dal 15 al 17 agosto, a Bethel, una sonnolenta comunità rurale novanta miglia a nord di New York City, una fattoria e i suoi seicento acri di terreno furono trasformati nel luogo di un evento che venne pubblicizzato come la Woodstock Music and Art Fair. Gli organizzatori dell’iniziativa avevano previsto l’afflusso di circa centomila spettatori (costo del biglietto 18 dollari) ma quando quasi cinquecentomila giovani si presentarono ai cancelli d’ingresso, sfondandoli, l’evento si trasformò in una vera e propria celebrazione gratuita della musica, dell’espressione e dello spirito. Un milione e mezzo di persone rimaste bloccate nel gigantesco ingorgo che paralizzò la strada in direzione di Bethel, ma quelli che riuscirono a entrare affrontarono un ininterrotto diluvio di pioggia e un mare di fango per assistere all’esibizione di ben 27 dei migliori gruppi del momento prima che Hendrix chiudesse degnamente il weekend con una versione elettrica di The Star Spangled Banner, l’inno distorto che per molti sembrò celebrare degnamente l’alba della tanto agognata era dell’acquario.
Dall’altra parte del paese intanto, a Los Angeles, la sera del 9 agosto degli sconosciuti entrarono nella casa del regista Roman Polanski e uccisero brutalmente sua moglie, l’attrice Sharon Tate, incinta di 8 mesi, e alcuni suoi amici. La notte successiva, nel quartiere Los Feliz, Leno La Bianca, proprietario di una drogheria e sua moglie furono massacrati in circostanze analoghe. A collegare i due avvenimenti contribuivano la ferocia mostrata dagli assassini e i bizzarri messaggi scritti sui muri delle abitazioni con il sangue delle vittime. Questi crimini e il concerto di Woodstock non sembrarono avere alcun collegamento, anche se molti dei giovani in viaggio per Betel appresero la notizia dei fatti di Los Angeles alla radio. Ma il successivo arresto di Charles Manson e della sua banda di giovani seguaci si rivelò molto più sinistro e significativo di quanto si fosse potuto immaginare. La vicenda di Manson allontanò simbolicamente tutte le buone vibrazioni che sembravano aver avvolto la nazione di Woodstock e provocò la crescita di un persistente nichilismo che ancora oggi abita le correnti sotterranee del rock.

LA FINE DEL FIUME

È il 1969, finisce Woodstock, finiscono i sogni degli Hippy, si infrangono i desideri di pace e amore con gli omicidi della Manson Family, con la guerra in Vietnam che diventa ogni giorno più cruenta. Continuano gli scontri nelle piazze.
Willard è arrivato al punto di dover uccidere Kurtz e rinnegare ciò che era stato prima di allora, per comprendere che la follia non è mai tutta da una parte o tutta dall’altra, come il bene e il male, ma che, come nello Yin e nello Yang sono in qualche modo interconnessi. Il 69 se ci pensate ricorda graficamente proprio questo simbolo. Forse non è un caso. Forse era arrivata la fine del fiume per tutti e la vita dopo sarebbe stata diversa…

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