Diritti umani

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Testo

INTRODUZIONE
Per scegliere l’argomento della mia tesina ho impiegato parecchio tempo; volevo occuparmi di un argomento in stretto contatto con l’attualità, che non fosse ristretto nell’ambito prettamente scolastico. Guardando i telegiornali e sfogliando i quotidiani sono rimasto colpito dalle immagini e dai video che arrivavano dal Tibet, riguardo le note vicende politiche. Ho così deciso di approfondire il tema dei diritti umani, che in Cina, così come in altre zone del mondo, sono ufficialmente riconosciuti, ma non sono affatto garantiti.
Il mio lavoro si divide essenzialmente in tre parti:
• Ho iniziato con una breve storia dei diritti umani, partendo dalla “Magna Charta libertatum”, passando per la rivoluzione americana e la rivoluzione francese, per poi concludere con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In questa prima parte è presente anche un piccolo approfondimento sull’Organizzazione delle Nazioni Unite.
• Nella seconda parte mi sono occupato di Amnesty International, l’organizzazione più importante a livello mondiale per la difesa dei diritti umani, e della sua campagna in vista delle olimpiadi di Pechino 2008.
• Infine, basandomi anche sul programma svolto a scuola durante l’anno, ho trattato il tema dei diritti umani dal punto di vista letterario e filosofico. In particolare ho analizzato l’opera di Primo Levi “Se questo è un uomo”, il libro di George Orwell “Nineteen Eighty-Four”, e il pensiero del filosofo americano John Rawls.

Breve storia dei diritti umani
I diritti umani non sono un dato assoluto, ma il risultato di un processo storico durato alcuni secoli; è dunque necessario analizzare i contesti sociali, politici, culturali che nel corso del tempo hanno portato alla loro progressiva affermazione. Prima di essere scritti nelle diverse dichiarazioni e di diventare norme giuridiche, i diritti si sono manifestati come bisogni di singoli individui, che sono poi diventati nel tempo pretese diffuse e, solo dopo un lungo percorso, sono stati affermati e riconosciuti.
L’origine sociale dei diritti umani si trova, come ha affermato Norberto Bobbio, uno dei più importanti filosofi italiani del ‘900, nelle “richieste di libertà che provenivano da coloro che combattevano contro il dogmatismo delle chiese e contro l’autoritarismo degli Stati”.
Dalla lotta contro il dogmatismo delle chiese, nasce l’affermazione della libertà religiosa, e più in generale della libertà di coscienza; in opposizione all’autoritarismo dei sovrani invece, sono state rivendicate garanzie contro decisioni arbitrarie che colpivano la vita, il corpo e i beni dei sudditi.
Il primo documento che contiene alcuni principi che saranno poi alla base del diritto moderno è la “Magna Charta libertatum”, emanata nel 1215 dal re inglese Giovanni Senza Terra. In essa viene affermato il principio dell’ ”habeas corpus”:
“Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, spossessato della sua dipendenza, della sua libertà o libere usanze, messo fuori dalla legge, esiliato, molestato in nessuna maniera, noi non metteremo, né faremo mettere la mano su di lui se non in virtù di un giudizio legale dei suoi pari e secondo la legge del suo paese” (art. 39).
È la prima affermazione ufficiale di un valore al di sopra di ogni potere, compreso quello del sovrano. Si tratta di un documento molto importante, ma resta comunque ben lontano dalle vere e proprie dichiarazioni dei diritti dell’uomo.
Per queste dobbiamo attendere il ‘700, un secolo fondamentale per il diritto moderno, detto anche “Secolo dei lumi”. Durante il periodo dell’Illuminismo l'Europa fu testimone di notevoli cambiamenti culturali, caratterizzati, dall'esame sempre più critico della fede nelle tradizionali autorità religiose e dalla conseguente esaltazione di idee laiche e principi razionali e scientifici. I filosofi illuministi si impegnarono per ottenere l’autonomia del potere politico e la laicità dello Stato. Inoltre favorirono la diffusione degli ideali che caratterizzarono la rivoluzione francese: libertà, uguaglianza, fraternità. Grazie a loro infine si comprese la necessità di garantire a tutti gli uomini dei diritti universali validi in ogni angolo del mondo, senza distinzione di razza, sesso, religione e classe sociale. A tal proposito essi si batterono in particolare per il riconoscimento della libertà di coscienza, intesa come facoltà di effettuare una scelta senza dover necessariamente fondarsi sulla fede, ma piuttosto sulla ragione.
È necessario che la libertà di coscienza, così come tutte le altre forme di libertà siano protette da ogni forma di potere dispotico. L’affermazione dei diritti naturali richiedeva dunque una radicale trasformazione delle istituzioni e delle norme vigenti. Il progetto di riforma del diritto proposto dagli illuministi si basava su alcuni elementi essenziali: la certezza della pena, l’uniformità delle leggi sul territorio nazionale, l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e di conseguenza l’abolizione di ogni forma di privilegio. Nell’ambito penalistico molto rilevante fu il contributo degli illuministi italiani. In particolare “Dei delitti e delle pene” di C. Beccaria e “Osservazioni sulla tortura” di P. Verri, misero in luce oltre che la disumanità della tortura e della pena di morte, anche l’inutilità di tali provvedimenti, i quali non erano assolutamente dei deterrenti efficaci, come lo potevano invece essere delle pene certe.
Le sollevazioni dell'Età dei Lumi portarono direttamente alle due grandi rivoluzioni di fine secolo: la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese.
La prima in ordine tempo è stata la Rivoluzione Americana: nella seconda metà del Settecento le sollevazioni dei coloni americani sfociarono nella proclamazione dell’Indipendenza e le colonie si costituirono in nuovi stati. La prima costituzione emanata fu quella della Virginia nel 1776, seguita dalla Dichiarazione d’Indipendenza, e via via da quelle di altri stati, fino a giungere nel 1787 alla Costituzione degli Stati Uniti d’America. La maggior parte delle costituzioni degli stati americani indipendenti contiene, se pur in forme diverse, una Dichiarazione dei diritti. La legittimazione dei nuovi stati attraverso il diritto di ribellione è espressa chiaramente nella stessa Dichiarazione d’Indipendenza:
“Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità.”
La firma della dichiarazione (incisione di Waterman Lilly Ormsby di un dipinto di John Trumbull)
Venne così sancita nel testo fondamentale della nuova nazione la dipendenza stretta fra il potere politico e i diritti individuali. Nella costituzione della Virginia, che venne presa come modello da molti stati si afferma che il governo ha il compito di produrre “il maggior grado di felicità e sicurezza dei cittadini” e qualora appaia inadeguato al perseguimento di tali scopi, i cittadini hanno il diritto di riformarlo o abolirlo. Ampio spazio venne poi dato alle garanzie dell’habeas corpus e alla libertà religiosa e di stampa.
Ai diritti enunciati in varie forme nelle costituzioni dei singoli stati, nel 1791 si aggiunge una Dichiarazione dei diritti federale (Federal Bill of Rights) i cui primi dieci emendamenti sono ancora oggi vigenti. In essa viene dato particolare rilievo alla protezione della libertà, dell’incolumità e dei beni delle persone sottoposte a processo penale. Nella cultura giuridica anglosassone infatti, a partire dalla Magna Charta, i diritti degli imputati hanno sempre goduto di particolare attenzione.
Mentre in Nord America le colonie si dichiararono indipendenti dalla madre patria, in Francia la crisi della monarchia assoluta culminò con la Rivoluzione. Un evento che ebbe ripercussioni immediate anche oltre il confine francese e la cui influenza si risente ancora oggi in molte parti del mondo.
All'indomani della Rivoluzione, l'Assemblea Nazionale Costituente decise di assegnare ad una speciale Commissione di cinque membri eletta il 14 luglio 1789 il compito di stilare una Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino da inserire nella futura costituzione, per segnare il passaggio dalla monarchia assoluta dell'Ancien Régime ad una monarchia costituzionale.
Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen
La Déclaration des droits de l’homme et du citoyen si compone di un preambolo e di 17 articoli, che contengono le norme fondamentali che regolano la vita dei cittadini tra loro e con le istituzioni.
Innanzitutto viene dichiarato solennemente il principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani (art. 1); segue l'elencazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell'uomo cui deve essere improntata l'azione delle associazioni politiche (art. 2).
Negli articoli successivi i principali diritti individuati sono:
• La libertà,
• La proprietà (diritto "inviolabile e sacro" secondo l'art. 17),
• La sicurezza,
• La resistenza all'oppressione.
Un altro pilastro dalla Dichiarazione è il principio di sovranità democratica (art. 3), secondo il quale "il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione". Questa enunciazione non era all'epoca per nulla ovvia, in quanto i sovrani, secondo il legittimismo dell' Ancien Regime regnavano per diritto divino.
Gli articoli 4 e 5 si premurano invece di delineare i limiti dei diritti appena elencati, sancendo che l'esercizio di un diritto non può nuocere ad un diritto altrui e che la legge può limitare questi diritti solo nel caso in cui nuocciano alla società.
L'impatto di questa elencazione di principi fu innovatore e rivoluzionario allo stesso tempo. Sei mesi dopo la presa della Bastiglia e sole tre settimane dopo l'abolizione del feudalesimo, la Dichiarazione attuò uno sconvolgimento radicale della società come mai era avvenuto nei secoli precedenti.
Fu poi Napoleone Bonaparte a esportare il concetto di diritti umani negli altri paesi d'Europa, anche se di fatto li negò con il suo stesso operato. Pertanto, una vera e propria diffusione dei diritti si ebbe solo dopo i moti del 1848 e la conseguente proclamazione delle prime costituzioni liberali nei vari paesi europei.
Nel corso del XX e XXI secolo in Europa occidentale e in America settentrionale molti gruppi e movimenti riuscirono a ottenere profondi cambiamenti sociali in nome dei diritti umani, creando un rapido miglioramento delle condizioni di vita dei popoli cosiddetti occidentali. I sindacati dei lavoratori lottarono per il riconoscimento del diritto di sciopero, per garantire condizioni dignitose di lavoro e per proibire il lavoro minorile. Il movimento per i diritti delle donne riuscì ad ottenere il diritto di voto.
Un'ulteriore grande affermazione dei diritti umani si ebbe dopo la fine della Seconda guerra mondiale con la costituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e con la redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, siglata a New York nel 1948.
La Carta stabiliva, per la prima volta nella storia moderna, l'universalità dei diritti, non più limitati unicamente ai paesi occidentali, ma rivolti ai popoli del mondo intero, e basati su un concetto di dignità umana intrinseca, inalienabile, ed universale.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Preambolo
Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;
Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;
Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;
Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;
Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
L'ASSEMBLEA GENERALE
proclama
la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.
Mrs. Eleanor Roosevelt presenta la Dichiarazione
Struttura della Dichiarazione
La Dichiarazione è composta da un preambolo e da 30 articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona. I diritti dell'uomo vanno quindi suddivisi in due grandi aree: i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali.
La Dichiarazione può essere suddivisa in argomenti:
• il preambolo enuncia le cause storiche e sociali che hanno portato alla necessità della stesura della Dichiarazione;
• gli articoli 1-2 stabiliscono i concetti basilari di libertà ed eguaglianza (già sanciti dalla Rivoluzione francese);
• gli articoli 3-11 stabiliscono i diritti individuali;
• gli articoli 12-17 stabiliscono i diritti dell'individuo verso la comunità;
• gli articoli 18-21 sanciscono le cosiddette "libertà costituzionali", quali libertà di pensiero, opinione, fede e coscienza, parola, associazione pacifica;
• gli articoli 22-27 sanciscono i diritti economici, sociali e culturali;
• gli articoli 28-30 stabiliscono le modalità generali di utilizzo di questi diritti e gli ambiti in cui tali diritti non possono essere utilizzati.
L’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE

L’ONU è la più importante organizzazione internazionale. Fu fondata dopo la fine della seconda guerra mondiale dalle potenze uscite vittoriose dal conflitto (Russia, Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Cina) mediante l’approvazione di uno statuto firmato dai rappresentanti di 50 stati il 26 giugno 1945. L’ONU aveva avuto un precedente nella Società delle nazioni fondata in seguito al primo conflitto mondiale (Conferenza di Parigi, 28 aprile 1919). Ma la Società delle nazioni, un po’ per l’assenza degli Stati Uniti, un po’ per la sua organizzazione troppo rigida (tutte le decisioni andavano votate all’unanimità dagli stati membri) non aveva potuto evitare lo scoppio della seconda guerra mondiale. La fondazione dell’ONU mirò a ricostruire un organismo internazionale a base universale. Inizialmente gli stati membri erano 50,oggi hanno raggiunto il numero di 192. La sede si trova a New York nel famoso “Palazzo di vetro”.

Organi principali

L’assemblea generale
Viene convocata una volta all’anno e riunisce i rappresentanti di tutti gli stati membri. Ciascuno stato ha diritto a un voto e le decisioni vengono prese a maggioranza qualificata (2/3) o semplice a seconda dei casi.
Il consiglio di sicurezza
Ha l’effettivo potere di decidere concreti interventi in favore del mantenimento della pace. Le sue decisioni sono vincolanti per gli stati membri. E’ composto da 15 stati membri, 10 eletti dall’assemblea ogni 2 anni e 5 permanenti (Russia, Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna). Ciascuno di questi cinque stati ha il potere di veto su ogni decisine del Consiglio di sicurezza. Per gli interventi in cui sono in gioco grandi conflitti di interessi tra gli stati occorre infatti l’unanimità degli stati che sono membri permanenti del Consiglio.
Il consiglio economico e sociale
Si occupa della cooperazione economica e sociale fra gli stati. E’ composto da 54 stati membri, dei quali un terzo è eletto ogni anno per un periodo di tre anni.
Il segretario generale
Dirige l’apparato burocratico e cura l’esecuzione delle decisioni prese dal Consiglio di sicurezza. Viene eletto dall’assemblea costituente con un mandato rinnovabile di 5 anni. L’attuale segretario generale è il coreano Ban Ki-moon.
La corte di Giustizia Internazionale (Tribunale Penale Internazionale Permanente)
Giudica sulle controversie che insorgono tra gli stati sulla base del diritto internazionale. Lo statuto della corte è stato ultimato il 17 luglio 1998 a chiusura della Conferenza diplomatica di Roma. Il tribunale penale internazionale permanente è competente a giudicare i responsabili di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione. Esso è indipendente dal potere politico dei singoli stati e può quindi agire anche contro quei crimini e quegli abusi che, pur colpendo la coscienza dell’umanità in maniera così forte da essere ritenuti crimini in base al diritto internazionale, non sono contemplati dalle leggi nazionali.

Scopi
Gli scopi dell’ONU sono essenzialmente due: il mantenimento della pace e lo sviluppo della cooperazione internazionale nei campi economico, sociale, culturale ed umanitario.
Al raggiungimento del primo scopo si dovrebbe provvedere sia con mezzi pacifici, sia con misure collettive efficaci, tra le quali è previsto anche l’uso di forze armate.
Al conseguimento del secondo scopo gli organi delle Nazioni Unite provvedono sia indirettamente, cioè cercando di influire sul comportamento degli Stati con raccomandazioni e progetti di convenzioni internazionali, sia direttamente, con attività operative quali ad esempio l’assistenza finanziaria e tecnica ai paesi sottosviluppati.
L’azione dell’ONU nell’impedire le guerre si è dimostrata finora di scarsa efficacia. Dal 1945 ad oggi si sono verificati più di cento conflitti armati rispetto ai quali l’ONU si è rivelata per lo più impotente. Ciò è dipeso soprattutto dal veto delle grandi potenze, che hanno impedito l’intervento dell’ONU nei conflitti in cui esse erano parti in causa.

Amnesty international

Mettere fine agli arresti segreti, alla tortura e agli omicidi richiede un lavoro organizzato e internazionale. Accanto agli organismi governativi (come ad esempio l’ONU e tutti gli altri organi che da essa dipendono), possiamo trovare anche numerose organizzazioni internazionali, tra le quali Amnesty International.
Amnesty International è un movimento internazionale, indipendente da qualsiasi governo, interesse politico o credo religioso. Fu fondata nel 1961 dall'avvocato inglese Peter Benenson e lavora per la promozione e la difesa dei diritti umani, concentrando la sua attività in particolare sui casi dei singoli prigionieri. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti nel corso degli anni il più importante è stato sicuramente il Premio Nobel per la pace.
Gli obiettivi
➢ Si batte per la liberazione e l’assistenza di prigionieri detenuti per le proprie opinioni, il colore della pelle, il sesso, l’origine etnica, la religione, che non abbiano usato violenza o non ne abbiano promosso l’uso.
➢ Sollecita procedure giudiziarie eque e rapide per i prigionieri politici e lavora a favore di coloro che si trovano detenuti senza processo o imputazione.
➢ Si oppone incondizionatamente alla pena di morte e alla tortura, così come a ogni altro trattamento crudele e degradante per la persona umana.
➢ Si oppone alla pratica delle sparizioni e delle esecuzioni attuate arbitrariamente dai governi, così come agli omicidi avvenuti ad opera di gruppi armati di opposizione ai governi.
➢ Promuove e svolge attività di educazione ai diritti umani direttamente nelle scuole, formando insegnanti ed educatori destinati anche ai carceri.
I metodi adottati
Per attuare i suoi obiettivi, Amnesty International usa tecniche diverse, tutte miranti ad esercitare una forte pressione sui governi. Le tecniche di intervento variano a seconda della situazione ma sono essenzialmente quattro:
➢ Tecnica delle adozioni: azioni a lungo termine intraprese in caso di prigionieri condannati a molti anni di detenzione a causa delle loro opinioni.
➢ Azioni urgenti: vengono attuate nel caso di persone in serio pericolo di vita o di tortura che necessitano pertanto di un’azione tempestiva e concentrata nelle ore immediatamente dopo l’arresto.
➢ Le campagne: hanno il duplice obiettivo di denunciare le violazioni dei diritti umani, cercando di colpire l’opinione pubblica e coinvolgendola in azioni concrete a favore delle vittime, e di esercitare al tempo stesso una forte pressione sulle autorità dei paesi dove queste violazioni si verificano.
➢ Reti d’intervento su aree regionali: sono state studiate per fronteggiare situazioni in cui il metodo dell’adozione è inefficace.
La campagna: " Pechino 2008: Olimpiadi e diritti umani in Cina"
Il principale obiettivo della campagna di Amnesty International è che la Cina onori l'impegno assunto di fronte al Comitato olimpico internazionale (Cio). Nell'aprile 2001, Kiu Jingmin, vicepresidente del Comitato promotore di Pechino 2008, affermò: "Assegnando a Pechino i Giochi, aiuterete lo sviluppo dei diritti umani". A pochi mesi dall'inizio delle Olimpiadi e nonostante alcune riforme in tema di pena di morte e di maggiore libertà di stampa per i media internazionali, questo impegno appare lontano dall'essere rispettato.
In vista delle Olimpiadi, sono essenzialmente quattro le richieste fondamentali presentate al governo cinese: adottare provvedimenti che riducano significativamente l'applicazione della pena di morte, come primo passo verso la sua completa abolizione; applicare tutte le forme di detenzione in accordo con le norme e gli standard internazionali sui diritti umani e introdurre misure che tutelino il diritto ad un processo equo e prevengano la tortura; garantire piena libertà d'azione ai difensori dei diritti umani, ponendo fine a minacce, intimidazioni, arresti e condanne nei loro confronti; porre fine alla censura, soprattutto nei confronti degli utenti di Internet.
La " rieducazione attraverso il lavoro"
Si tratta di un altro grande problema cinese, al quale però l’opinione pubblica concede scarso risalto.
La "rieducazione attraverso il lavoro" è applicata in Cina fin dalla metà degli anni '50 come forma di detenzione extragiudiziaria e colpisce i colpevoli di reati minori. È un meccanismo che conferisce alla polizia il potere di decidere autonomamente e in modo del tutto soggettivo: se un'azione viene considerata "comportamento illecito", si propende per un programma di "rieducazione attraverso il lavoro"; se viene valutata un reato più serio, allora si ricorre al sistema giudiziario.
Il linguaggio, volutamente vago, utilizzato per definire le tipologie di "comportamento illecito", conferisce alle autorità ampia discrezionalità nel recludere i dissidenti o coloro che sono impegnati in azioni di protesta pacifiche, tenendo così lontano dalle corti i casi più sensibili ed evitando pubblicità negativa.
É noto anche che alcune persone, dichiarate innocenti e prosciolte dalle corti, sono state in seguito imprigionate dalla polizia e trasferite nei centri di "rieducazione attraverso il lavoro". Reati punibili con questa pena sono anche la prostituzione e il furto. Coloro che devono scontare un periodo di "rieducazione attraverso il lavoro", che può durare fino a quattro anni, non hanno diritto a un avvocato, non possono comparire di fronte a un giudice e sono esposti a rischio di percosse, tortura o altri maltrattamenti.
Sono circa 150.000 coloro che vengono reclusi ogni anno nei centri di "rieducazione attraverso il lavoro".
Punire i reati attraverso una procedura amministrativa ed extragiudiziaria non esonera il governo cinese dalla responsabilità di assicurare la tutela degli standard internazionali dei diritti umani sui processi equi, sulla detenzione arbitraria, sulla tortura e gli altri maltrattamenti e di conformarsi alla proibizione della schiavitù, che significa non imporre lavori forzati o obbligatori.
L'utilizzo diffuso della "rieducazione attraverso il lavoro" e di altre forme di detenzione amministrativa, soprattutto a Pechino in questo periodo, appare strettamente collegato all'avvicinarsi dei Giochi olimpici. Amnesty International teme che questi sistemi illegali siano applicati nei confronti dei senza tetto, dei tossicodipendenti e di autori di reati minori, con l'obiettivo di "ripulire" la capitale prima dell'inizio delle Olimpiadi. Sono inoltre sempre più numerose le denunce di detenzioni amministrative di difensori dei diritti umani.
Pertanto le autorità cinesi dovrebbero abolire tutte le forme di detenzione amministrativa, trasferire dalla polizia a un sistema di corti competenti e indipendenti il potere di imporre periodi di detenzione, rivedere la legislazione penale e amministrativa e non punire alcuna azione condotta in maniera pacifica, garantendo in questo modo il rispetto dei diritti umani fondamentali, incluso il diritto a riunirsi e associarsi pacificamente e il diritto alla libertà di espressione e di opinione.
Centro di riabilitazione del Municipio di Kunming, Provincia di Yunnan

“Nineteen Eighty-Four” by George Orwell
Nineteen Eighty-Four is Orwell’s most famous work. It is an anti-utopian novel. An anti-utopian novel is the reverse of a conventional utopian novel and it tries to promote the creation of a better society by presenting a negative society as hideous. It also tends to exaggerate tendencies already present in a society and to present a terrible vision of the future. In Nineteen Eighty-Four Orwell describes a gloomy society where man’s instincts and intelligence are crushed by an all-powerful party. It was written in 1948, the same year of the universal declaration of human rights, and the last two numbers of that year were used to give the title of the novel.
George Orwell and the British first edition cover
The plot
The story starts, as the title tells us, in the year of 1984, and it takes place in England or how it is called at that time, Airstrip One. Airstrip One itself is the mainland of a huge country, called Oceania, which consists of North America, South Africa, and Australia. The country is ruled by the Party, which is led by a figure called Big Brother. The population of Oceania is divided into three parts:
1.The Inner Party (app. 1% of the population)
2.The Outer Party (app. 18% of the population)
3.The Proles
The protagonist is Winston Smith, a member of the Outer Party, working at the Ministry of Truth, where his job is to alter records, and once altered, to throw them into the Memory Hole where they are burnt. At the beginning of the novel for the first time Winston develops critical thoughts against the ruling dictatorship of the party. So he decides to buy himself a book, a rare thing those days, to use it as a diary. As individual expression is forbidden by the Party, having a diary is considered a crime, which could even be punished with death. There are so-called telescreens in each room, showing propaganda and political pamphlets, which have a built-in camera and a microphone, in order to spy on people. Therefore keeping a secret book is not only forbidden, but also very dangerous.
After World War II the party has taken control of the country, and from then on it has been difficult to remember anything, because the party permanently changes the history to their own benefit. Winston had a wife, but she was very stupid and just following the orders of the Party, which said that there may only be Sex to produce "new material" for the Party, and that sex for personal pleasure is a crime. The last entry Winston writes in his diary is that freedom is to say that two and two makes four.
One day Winston meets Julia, a young girl, with whom he starts an illegal relationship: they make love, but sex is forbidden, and they collect old furniture, but the appreciation of the past is forbidden too. Winston finds a room without telescreens and so he decides to rent it: so they can have a place where they can meet and talk without the fear of being observed.
Unknown to Winston, the Thought Police have been spying on him and Julia. Later, when approached by Inner Party member O'Brien, Winston believes that he's come into contact with The Brotherhood, opponents of the Party. O'Brien gives him a copy of "The Book", a book written by Emanuel Goldstein, about his political ideas; it explains the perpetual war and exposes the truth behind the Party's slogan, "War is Peace; Freedom is Slavery; Ignorance is Strength."
The Thought Police capture Winston and Julia and they are separately interrogated at the Ministry of Love, where the regime's opponents are tortured and killed. In the Ministry of Love torture chamber, O'Brien tells Smith that he will be cured of his hatred for the Party. During a session, he explains to Winston that the purpose of torture is to alter his way of thinking.
At the end of the treatment they are “cured” but destroyed in body and soul; Winston is an automaton, with no will or emotion. He can only stare dumbly at Big Brother and adore him with all his being.
Pictures from the movie “Nineteen Eighty-Four”: Big Brother and the Winston’s diary
Setting
The story is set in London in 1984. The world is controlled by three similar totalitarian super-states engaged in perpetual war with each other: Oceania, Eurasia and Eustasia. England is a part of Oceania, and it’s ruled by a dictatorship whose leader is Big Brother.
Themes
The story represents the useless rebellion of the individual against the power. Not only the Party tries to destroy people physically, but it deprives them of their dignity and at the end they are puppets, not men.
Psychological control is one of the major themes in Nineteen Eighty-Four and Orwell proves this theme by giving examples of how a totalitarian government could gain it by using their power to control history and technology. George Orwell wrote Nineteen Eighty-Four as a warning to people of what might come true in the future if people are not careful. At the time Orwell was writing the book, the Cold War had not yet escalated, and many American intellectuals supported communism. Orwell demonstrated his terror of communist actions by writing Nineteen Eighty-Four and inventing Big Brother, the governing party of Oceania, who succeeded in conforming everyone and eliminating people’s rights.
In the story the citizens are told that Big Brother is the leader of the nation and the head of the Party. The party’s motto is, “Those who control the past, control the future: who controls the present controls the past”. The party controls the present, so people do what the party wishes.
Another theme in 1984 is the manipulation of history as psychological control. The party rewrites every detail of history, adapting it to the political needs of the moment. Even personal photographs are eliminated. Without photographs for visual reference, a person’s mind becomes fuzzy, and his memory suffers. The information that is given to the citizens is usually manipulated to fit the party’s needs. Since this is the only information, people believe what the party says. By having the power to control the past, the party controls the future. With the power to control the future, they manipulate the human mind and enforce beliefs to fit the party’s needs.
In the society created in Orwell's novel there is the complete annihilation of the individual. It is a society totally controlled by the Party, which strips the individual of all freedom. All activities, words, and thoughts are closely monitored by Big Brother through telescreens and Thought Police. Anyone who criticizes or questions the government, even mentally, is branded as a criminal, guilty of committing a 'thought crime'. Freedom of thought and expression, a basic democratic right of all men, does not exist in the new society.
The control over the citizens includes children too. Beginning at an early age, children are brainwashed and encouraged to spy on their parents by an organization called the Junior Spies. This organization destroys family structure by having children report any instance of disloyalty to the Party.
In 1984 Orwell made a prophetic picture of a world where individuality is annihilated. Nowadays Big Brother has become the symbol of the total control of the individual’s life by mass media.
Here below is an extract from the story, in which we can clearly see the methods used by the Party to have the psychological control over the individual.
Extract from Nineteen Eighty-Four:
( O’Brien is using electric shocks to torture Winston)
“It is impossible to see reality except by looking through the eyes of the Party. That is the facts that you have got to re-learn, Winston. It needs an act of self-destruction, an effort of the will. You must humble yourself before you can become sane”
He paused for a few moments, as though to allow what he had been saying to sink in.
“Do you remember” he went on “writing in your diary that freedom is the freedom to say that two plus two makes four?”
“Yes” said Winston.
O’Brien held up his left hand, its back towards Winston, with the thumb hidden and the four fingers extended.
“How many fingers I am holding up, Winston?”
“Four”
“And if the Party says that it is not four but five, then how many?”
“Four”
The word ended in a gasp of pain. The needle of the dial had shot up to fifty-five. The sweat had sprung out all over Winston’s body. The air tore into his lungs and issued again in deep groans which even by clenching his teeth he could not stop. O’brien watched him, the four fingers still extended. He drew back the lever. This time the pain was only slightly eased.
“How many fingers Winston?”
“Four”
The needle went up to sixty.
“How many fingers Winston?”
“Four! Four! What else can I say? Four!”
The needle must have risen again, but he did not look at it. The heavy, stern face and the four fingers filled his vision. The fingers stood up before his eyes like pillars, enormous, blurry, and seeming to vibrate, but unmistakably four.
“How many fingers Winston?”
“Four! Stop it! Stop it! How can you go on? Four! Four!”
“how many fingers Winston?”
“Five! Five! Five!”
“No, Winston, that is no use. You are lying. You still think that are four. How many fingers, please?”
“Four! Five! Four! Anything you like. Only stop it, stop the pain!”
“Again” said O’Brien. The pain flowed into Winston’s body. The needle must be at seventy, seventy-five. He had shut his eyes this time. He knew that the fingers were still there, and still four. All that mattered was somehow to stay alive until the spasm was over. He had ceased to notice whether he was crying out or not. The pain lessened again. He opened his eyes. O’Brien had drawn back the lever.
“How many fingers Winston?”
“Four. I suppose there are four. I would see five if I could. I am trying to see five”
“Which do you wish? To persuade me that you see five, or really to see them?”
“Really to see them”
“Again” said O’Brien.
Perhaps the needle was eighty-ninety. Winston could only intermittently remember why the pain was happening. Behind his screwed-up eyelids a forest of fingers seemed to be moving in a sort of dance, weaving in and out, disappearing behind one another and reappearing again. He was trying to count them, he could not remember why. He knew only that it was impossible to count them, and it was somehow due to the mysterious identity between five and four. The pain died down again. When he opened his eyes it was to find that he was still seeing the same thing. Innumerable fingers, like moving trees, were still streaming past in either direction, crossing and recrossing. He shut his eyes again.
“How many fingers I am holding up Winston?”
“I don’t know. I don’t know. You will kill me if you do that again. Four, five, six. In all honesty, I don’t know”
“Better” said O’Brien.
Pictures from the movie “Nineteen Eighty-Four”: O'Brien brainwashes Winston

“Se questo è un uomo” di Primo Levi
Quando la mattina del 27 gennaio 1945 le truppe dell’Armata Rossa raggiunsero Auschwitz, in Polonia, trovarono davanti ai loro occhi la follia e la morte. Il campo di concentramento venne scoperto, i suoi cancelli abbattuti e per la prima volta si rivelò l’orrore del genocidio nazista: lo sterminio sistematico del popolo Ebreo.
Tra i superstiti che si aggiravano tra le rovine del campo c’era anche il prigioniero numero 174517. Tatuato sul braccio sinistro e segno inconfondibile dell’appartenenza ai campi di concentramento, questo anonimo numero di matricola aveva sostituito, per due lunghi e terribili inverni, il nome e l’identità di quel prigioniero: Primo Levi.
Testimone dell’orrore dei lager nazisti e autore del capolavoro mondiale Se questo è un uomo, Primo Levi, chimico torinese nato nel 1919, è uno degli scrittori più noti e più importanti della letteratura italiana del Novecento.
Era il 13 dicembre del 1943 quando Primo Levi, appena ventiquattrenne, partigiano ed ebreo, venne catturato dalla milizia fascista e trasferito nel campo di Fossoli. Da qui partì per essere deportato ad Auschwitz dove arrivò il 22 febbraio 1944, data che segnò per sempre la sua vita. E’ la data d’inizio del suo inferno.
Alcuni ebrei su un treno diretto verso i campi di concentramento e l’ingresso del lager di Auschwitz con la famosa scritta “ARBEIT MACHT FREI” (il lavoro rende liberi)
Levi venne deportato nel campo di Monowitz, un lager satellite dello sterminato complesso di Auschwitz dove aveva sede l’impianto Buna-Werke, una fabbrica di gomma, proprietà della I.G.Farben. I campi di concentramento infatti, oltre ad essere fabbriche di morte, erano anche il cuore dell’industria bellica tedesca.
Per una serie di circostanze fortunate Levi riuscì a sopravvivere al Lager. Il 1944 infatti, fu l’anno in cui il governo tedesco, per mancanza di manodopera, sospese le uccisioni arbitrarie allungando la vita media dei prigionieri. A questo si aggiunse la sua laurea in chimica, fondamentale per il lavoro all’interno della fabbrica.
Al suo ritorno, dopo un lungo viaggio attraverso l’Europa dell’Est, Levi sentì il bisogno di raccontare il suo dolore e tutto quello che i suoi occhi avevano visto, in una sorta di liberazione interiore. Nacque così Se questo è un uomo, pubblicato nel 1947, un libro che ha alle spalle una sofferenza personale profonda e milioni di morti.
Se questo è un uomo è contemporaneamente un documento storico, perché testimonianza del periodo più buio della storia mondiale, e un documento letterario, perché ricostruisce la degradazione umana, l’offesa e l’umiliazione di un popolo.
Levi non si pone domande, semplicemente sollecita continuamente il lettore con le sue riflessioni. E’ questa la sua potenza, intatta nonostante gli anni, ed è questo che fa del romanzo un vero capolavoro.
Il testo viene scritto non per vendetta, ma come testimonianza di un avvenimento storico. Lo stesso Levi dice testualmente che il libro «è nato fin dai giorni di lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi» ed è scritto per soddisfare questo bisogno. Raccontare e tramandare alle future generazioni la follia dei campi di sterminio oltre ad essere una necessità è anche un dovere: bisogna far sapere alla gente quello che è successo, per condannare gli errori commessi ed evitare di ripeterli.
Inoltre il libro si configura come una raccolta di materiali “per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano”. Dunque l’opera di Levi non è soltanto un libro di memorie, che certo non mancano, ma le stesse memorie costituiscono la base per esercitare un’attenta meditazione e riflessione su quello che la Storia ci ha tramandato.
Levi non ha nessuna intenzione di soffermarsi sugli orrori del Lager, sulle crudeli procedure delle camere a gas e dei forni crematori. Preferisce indagare le condizioni psicologiche e i problemi morali.
Levi è riuscito a donarci la sua testimonianza, nonostante il suo dolore. Un dolore che lo ha accompagnato per tutta la vita perché Levi, e come lui tutti gli altri sopravvissuti, non è mai uscito completamente fuori dal filo spinato del campo di concentramento. Il suo suicidio, nel 1987, è una prova.
Alcune frasi particolarmente significative tratte dal testo
“Mostrami il tuo numero: tu sei il 174517. Questa numerazione è incominciata diciotto mesi fa, e vale per Auschwitz e per i campi dipendenti. Noi siamo ora diecimila qui a Buna-Monowitz; forse trentamila fra Auschwitz e Birkenau. Dove sono gli altri? – Forse trasferiti in altri campi…? – propongo io. Schmulek crolla il capo, si rivolge a Walter: - non vuole capire”.
Con pochissime parole Schmulek riesce a rendere le dimensioni dello sterminio compiuto dai nazisti. I numeri si riferiscono al solo lager di Auschwitz per un periodo di diciotto mesi. Va ricordato infatti che lo sterminio riguardò circa 5 dei 7,5 milioni di ebrei che vivevano in Europa prima della seconda guerra mondiale. Il numero delle vittime è confermato dalla vasta documentazione lasciata dai nazisti stessi (scritta e fotografica) e dalle testimonianze dirette (di vittime, carnefici e spettatori).
“ Il mio nome è 174517.”
Una persona che entra in un lager non è più un uomo. I deportati vengono privati di ogni cosa, persino del proprio nome, e vengono chiamati con un numero, come se fossero delle bestie; in fondo proprio questo è l’obiettivo dei nazisti.
“ Per rientrare alla Bude bisogna attraversare uno spazio ingombro di travi e di tralicci metallici accatastati. Il cavo di acciaio di un argano taglia la strada, Alex lo afferra per scavalcarlo, ecco, si guarda la mano nera di grasso viscido. Frattanto io l’ho raggiunto: senza odio e senza scherno, Alex strofina la mano sulla mia spalla, il palmo e il dorso, per nettarla, e sarebbe assai stupito, l’innocente bruto Alex, se qualcuno gli dicesse che alla stregua di questo suo atto io oggi lo giudico, lui e Pannwitz e gli innumerevoli che furono come lui, grandi e piccoli, in Auschwitz e ovunque.”

Il gesto di Alex racchiude in sé qualcosa di più grave del disprezzo: attesta che nel prigioniero egli non ravvisa più un uomo, bensì una cosa. Alex è definito da Levi un innocente bruto, perché è un inconsapevole, insieme complice e vittima del sistema nazionalsocialista.
“ Soltanto un giorno prima un simile avvenimento non sarebbe stato concepibile. La legge del lager diceva: - mangia il tuo pane, e, se puoi, quello del tuo vicino – e non lasciava posto per la gratitudine. Voleva ben dire che il lager era morto. Fu quello il primo gesto umano che avvenne tra noi. Credo che si potrebbe fissare a quel momento l’inizio del processo per cui, noi che non siamo morti, da Haftlinge siamo lentamente ridiventati uomini.”
Il lager è morto, non esiste più, ora i deportati che erano stati ridotti a bestie, stanno tornando uomini. Un evento del genere (dare del pane per ringraziare di un favore), nel lager non sarebbe stato possibile, perché il lager non permette di pensare, non lascia spazio ai sentimenti, alla generosità verso il prossimo. Solo ora, che tutto è finito, questo può accadere.

Le condizioni dei deportati nelle baracche dei lager e un carro colmo di cadaveri
Concludo con la poesia che fa da preludio all’opera:
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Questa fortissima poesia di Primo Levi posta come introduzione a Se questo è un uomo è l’unica opera poetica pubblicata dal grande autore torinese. La poesia parla dell’esperienza dei lager, della Shoah, dell’efferato sterminio nazista, ma non solo. È una poesia che più in generale parla della Storia, di ciò che dovrebbe insegnarci, di ciò che di più tremendo sa essere l’uomo. Il centro della poesia è il quindicesimo verso, quel “meditate che questo è stato”: non è un “sappiate”, o un “ricordate”, ma “meditate”; è l’invito a non accettare di ricordare soltanto, o a conoscere e basta, ma a far tesoro di ciò che la storia, gli uomini prima di noi, hanno detto, fatto, commesso.
John Rawls (1922-2002)
John Rawls è un filosofo statunitense le cui idee hanno influenzato notevolmente il pensiero filosofico e politico del XXI secolo.
Il suo libro più importante, A Theory of Justice del 1971 (tradotto in italiano con il titolo Una teoria della giustizia), rappresenta un'opera di filosofia politica fra le più studiate del Novecento.
Egli prende come bersaglio polemico il filosofo utilitarista Sidgwick, secondo il quale, dovendo scegliere, è moralmente preferibile il maggior bene della società al minor bene individuale. Pur riconoscendo un certo valore a tale principio, che si propone il miglioramento della società nel suo complesso, Rawls ritiene ingiustificato che il singolo venga sacrificato per il tutto. L’utilitarismo inoltre non si pone il problema dell’eguaglianza nella distribuzione dei diritti e dei doveri, ma mira solo al maggior saldo di bene per l’insieme: “Il fatto che alcuni abbiano meno affinché altri prosperino – osserva Rawls – può essere utile, ma non è giusto”.
Già Kant aveva contestato l’utilitarismo, come ogni altra etica finalistica. A suo avviso infatti, un’azione si dice “morale” non quando viene compiuta per raggiungere uno scopo (un ben o un premio), ma solo per adempiere il proprio dovere. Per determinare quale era il dovere di un individuo, Kant formulò il principio di universalizzabilità, che in fondo si trovava già implicito nella massima cristiana “Non fare agli altri ciò che non vorresti essere fatto a te”. Per capire dunque se l’azione che si sta per compiere sia o meno morale, ci si deve porre la domanda: “È opportuno che la mia azione sia generalizzata?”, o in altre parole “Voglio che tale azione sia compiuta anche da tutti gli altri uomini?”
L’etica kantiana nel XXI secolo è stata ripresa ogniqualvolta è stata data una valenza universalistica alle questioni poste dall’agire morale. Secondo Rawls nella situazione attuale, caratterizzata da un pluralismo di valori, soltanto un’etica procedurale, che non prenda posizione circa i contenuti del bene e del male, può consentire agli uomini di vivere in modo ordinato e pacifico, secondo alcune semplici regole di giustizia. Si tratta di riconoscere che abbiamo aspettative e scopi differenti, perché riponiamo fiducia in beni e valori contrastanti, e che, pertanto, dobbiamo mettere da parte le nostre specificità, per tentare un accordo di carattere formale e procedurale su una norma di giustizia che possa valere per tutti.
Secondo il filosofo americano alla base della società vi è la giustizia ed il primo principio di giustizia è l’eguale libertà di ogni persona: libertà politica e libertà di voto; libertà di pensiero, di parola e riunione; libertà personale e della proprietà privata; libertà dall’arresto ingiustificato e dalla detenzione arbitraria. Tali libertà devono essere considerate prioritarie rispetto a tutto il resto e, in particolare, rispetto al secondo principio di giustizia, che afferma l’equa distribuzione del reddito e la pari opportunità di accesso alle cariche pubbliche. Infatti, senza la libertà nessuna altra rivendicazione è possibile.
Per raggiungere una condizione di equità e di uguaglianza, Rawls propone un esperimento mentale. Egli immagina una “situazione ideale” (original position) in cui i singoli scelgono i principi di giustizia in condizione di assoluta ignoranza; essi sono privi, infatti, di tutte quelle informazioni relative al posto che avranno nella società: se saranno ricchi o poveri, proprietari di beni mobili o immobili o nullatenenti… Il “velo di ignoranza” (veil of ignorance) è decisivo per far loro assumere decisioni “oggettive”. Infatti, se fossero a conoscenza di dover essere proprietari di case, potrebbero considerare ingiuste eventuali imposte sugli immobili, e così per quanto riguarda la tassazione e tutto il resto. Il “velo di ignoranza” ha l’obiettivo di escludere la conoscenza di quei fattori che potrebbero creare conflitto tra le persone, rendendo impossibile ogni accordo sui principi di giustizia. Nella posizione originaria, caratterizzata dal “velo di ignoranza”, tutte le parti sono eguali: ognuna ha gli identici diritti nell’avanzare proposte razionali da sottoporre al giudizio e all’accordo altrui. Gli individui sono soggetti disinteressati, poiché nessuno può pensare di avvantaggiarsi dalla scelta dei criteri di giustizia. Sotto questo profilo, i principi di giustizia che verranno formulati saranno frutto di una condizione di equità.
Rawls tiene a precisare che la sua teoria della giustizia può tollerare una sola eccezione, che egli identifica come principio di differenza, grazie al quale le uniche ineguaglianze ammesse sono quelle che vanno a compensare le persone meno avvantaggiate dalla società, i più deboli. Gli esseri morali infatti, sotto il “velo di ignoranza”, che impedisce loro di conoscere la situazione in cui si troveranno a vivere, sceglierebbero senz’altro di togliere alle categorie privilegiate qualche beneficio di carattere economico con l’obiettivo di concorrere al miglioramento della condizione dei più poveri. Una società giusta deve dunque praticare quello che possiamo chiamare il criterio della riparazione, secondo cui, volendo assicurare a tutti pari opportunità, si deve prestare un’attenzione particolare a quelle persone che sono venute al mondo con carenze fisiche, psicologiche, intellettuali o che, comunque, occupano posizioni sociali sfavorite. Da ciò discende il suggerimento di destinare una maggiore quantità di risorse statali all’educazione dei meno dotati, specie nell’infanzia.

Conclusioni
Per concludere ho voluto riportare un brano tratto dal sito ufficiale di Amnesty International, che ci ricorda che la strada da percorrere per giungere alla completa affermazione dei diritti umani è ancora molto lunga. Siamo infatti solo all’inizio di quel lungo e faticoso cammino cominciato sessanta anni fa.
Sei miliardi di persone vivono sul nostro pianeta. Un pianeta così ricco e differente, un pianeta che ha permesso la sopravvivenza di miliardi e miliardi di esseri umani per migliaia di anni. Per alcuni è stata una vita di agi e ricchezze, per molti è trascorsa nella povertà. Per alcuni è stata un’esistenza lunga ed appagante, per altri è stata breve e talvolta brutale. Non la natura, ma alcuni esseri umani sono stati causa di schiavitù, sofferenza e privazioni di altri esseri umani. Purtroppo questo accade ancora oggi.
Il 10 dicembre 1948, 60 anni fa, i capi di 59 nazioni indipendenti concordarono un codice di condotta che descriveva gli eguali diritti e doveri di tutti gli esseri umani e affidava in primo luogo ai governi la promozione e la protezione di quei diritti.
A che punto siamo oggi? 1,3 miliardi di persone sopravvivono con meno di un dollaro al giorno, 35000 bambini muoiono quotidianamente di malnutrizione e malattie prevenibili, parole che credevamo scomparse dal nostro vocabolario tormentano tutti i giorni la nostra coscienza: genocidio, pulizia etnica, stupri collettivi. L’orribile volto dei conflitti armati domina la realtà di centinaia di milioni di persone in 30 paesi. Nella maggior parte di queste guerre il nemico non è necessariamente un combattente armato ma, piuttosto, “l’altro”. Quello con una fede diversa o di un’etnia diversa: l’approccio consiste innanzitutto nel disumanizzare il nemico, cosicché non possa ricorrere al linguaggio dei diritti, perché i diritti appartengono agli esseri umani. Poi “stanare per distruggere”. In alcune società “pacifiche” la stessa logica viene sempre più spesso applicata nei confronti degli immigrati provenienti da nazioni più povere.
Mentre il linguaggio dei diritti ha fatto considerevoli passi avanti, mentre il sistema del monitoraggio internazionale dei diritti umani comprende tutti gli stati e copre aree sempre più vaste, mentre la coscienza popolare e la richiesta di diritti e obblighi permeano quasi tutte le società, le violazioni delle leggi internazionali sui diritti umani proseguono implacabilmente.
Ma la protezione e la promozione dei diritti umani non sono soltanto un imperativo morale. Esse sono, come affermato esplicitamente nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, le basi della libertà, della giustizia, della pace.
Nel 1948 una rivoluzione silenziosa iniziò con un manifesto chiamato Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Con la Dichiarazione stiamo andando nella giusta direzione: tutto quello che dobbiamo fare, adesso, è continuare a camminare.
Bibliografia
• Alessandra Facchi “Breve storia dei diritti umani” Universale Paperbacks Il Mulino
• Arturo Cattaneo e Donatella De Flaviis “Literary highlights” Carlo Signorelli Editore
• www.wikipedia.org (sia la versione italiana che la versione inglese)
• www.amnesty.it (sito ufficiale italiano di amnesty international)
• Primo Levi “Se questo è un uomo” Einaudi
• George Orwell “Nineteen Eighty-Four” Secker & Warburg
• Notizie e immagini da siti internet e giornali vari
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Esempio



  


  1. Sara

    Sto cercando una relazione (meglio tesina) di tecnologia sull'INDUSTRIA BELLICA. Devo sostenere l'esame di terza media..per favore, qualcuno mi dia una mano, gliene sarò molto riconoscente.. :)