Atomo

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Testo

…il costituente elementare della materia…
Una delle prime domande che ci si pone quando s’inizia a indagare sulla natura degli oggetti che ci circondano è: “Di che cosa è fatto?”. Oggi sappiamo che la risposta è sempre: ”E’ fatto di un numero enorme di particelle piccolissime, invisibili anche al più potente microscopio: è fatto di atomi”.
Tutti gli oggetti, anche i più familiari, possono rientrare in due categorie: quelli costituiti da molte parti diverse unite alla rinfusa e quelli che invece sembrano costituiti da una sostanza unica. Abbiamo cioè corpi eterogenei e corpi omogenei. Ma sino a che punto un corpo omogeneo si conserva tale quando se ne osservano particolari sempre più minuti?
Possiamo pensare di rompere un corpo omogeneo in parti sempre più piccole per vedere se anch’esso non è costituito da sostanze differenti. Ma questo processo di suddivisione andrà avanti all’infinito, oppure dovremo necessariamente arrivare a un punto in cui le particelle ottenute non potranno più essere divise? Di quest’ultima opinione era Democrito di Abdera un “fisico” della Grecia antica. Egli affermò che tutti i corpi sono costituiti da particelle tanto piccole da essere invisibili, infinitamente dure, non ulteriormente divisibili, immutabili, eterne: gli atomi. “Atomo” in greco significa appunto indivisibile. La sua dottrina fu elaborata circa 150 anni dopo, dal filosofo greco Epicuro e proprio nella forma assunta con egli, è giunta a noi attraverso il più straordinario saggio poetico di divulgazione scientifica che sia mai stato scritto: il De Rerum Natura (La Natura) del poeta latino Lucrezio.
In esso apprendiamo che gli atomi si trovano immersi nel vuoto assoluto, presente ovunque e nel quale si muovono, si urtano e si uniscono a formare tutte le cose, e poi si separano nel disfacimento delle cose stesse. Una qualsiasi teoria atomica deve rendere ragione di un fatto molto importante: come stanno uniti tra loro i diversi atomi a formare i diversi corpi che possono essere anche molto duri, come per esempio il diamante? Secondo Epicuro, alle diverse forme degli atomi corrispondono le diverse possibilità di aggregazione per cui in natura si osservano corpi con proprietà molto differenti. La possibilità di dar origine a corpi solidi, per esempio, è dovuta alla particolare forma degli atomi che li costituiscono, forniti di uncini e di protuberanze in modo da restare strettamente uniti tra loro.
LA MODERNA TEORIA ATOMICA Gli atomi di Democrito e di Epicuro tornarono alla ribalta all’inizio dell’800, al nascere della chimica moderna. Secondo l’intuizione di quella straordinaria figura di scienziato che fu il chimico e fisico inglese John Dalton, il concetto di atomo, inteso come particella ultima della materia, era l’unico in grado di spiegare le leggi fondamentali della chimica. L’atomo è infatti necessario per spiegare la legge delle proporzioni multiple, per la quale elementi chimici diversi si combinano in proporzioni ben definite e diverse a formare composti chimici diversi.
A partire da Dalton i chimici pensarono che esistono un numero limitato di tipi diversi di atomi, a ciascuno dei quali corrisponde un elemento chimico diverso (per esempio ci sono atomi di idrogeno, di ossigeno, di carbonio ecc.). Gli atomi si combinano tra loro a formare molecole: per esempio, due atomi dell’elemento idrogeno, uniti fra loro, formano una molecola di idrogeno; due atomi di idrogeno e un atomo di ossigeno formano una molecola d’acqua.
Anche gli atomi dei chimici, immutabili indivisibili come gli atomi di Democrito, sono invisibili perché enormemente piccoli. Ma quanto sono piccoli gli atomi? E’ possibile misurarli? E’ possibile ed è molto semplice.
Si prende un recipiente d’acqua con la superficie libera molto grande e con l’acqua che giunge quasi sul bordo. Sul recipiente si pone poi, a contatto del pelo libero, un filo che divide la superficie in due parti. In una delle due zone si deposita una piccola goccia d’olio, per esempio quella che potrebbe essere contenuta in un cubetto di 1 mm di lato, cioè 1 mm cubico d’olio. L’olio si spande uniformemente e tende a occupare la massima superficie possibile che noi spostando il filo gli metteremo a disposizione. Aumentando la superficie così coperta misuri 1 m quadrato, cioè un milione di millimetri quadrati. Il volume è naturalmente rimasto quello di 1 mm cubo, dunque possiamo ottenere lo spessore dello strato (e della molecola) dividendo il volume per la superficie di base: 1 mm cubo diviso 1000000 mm quadri dà 0,000 001 mm. Un milione di molecole d’olio (e una siffatta molecola è costituita da diversi atomi) messe in fila coprono appena la distanza di un millimetro! Facendo ancora un piccolo conto si trova che nel nostro millimetro cubo d’olio ci sono un milione di milioni di milioni di molecole.
Grande merito di Dalton non fu solo quello di aver risuscitato gli atomi di Democrito. Egli fece molto di più: per la prima volta nella storia dell’atomo cominciò a determinarne le proprietà e a misurarne le caratteristiche. Per esempio, quanto pesa un atomo?
Più che la determinazione del peso di un singolo atomo è importante la determinazione del peso relativo, cioè il peso dell’atomo misurato prendendo come unità di misura quello di un altro atomo, per esempio quello dell’atomo di idrogeno che è il più leggero. E’ questa una delle caratteristiche più importanti degli atomi ed è detta peso atomico.
La determinazione del peso atomico dell’ossigeno si può fare, per esempio, osservando la proporzione in peso secondo la quale esso si combina con l’idrogeno a formare acqua. Per ottenere una certa quantità d’acqua è necessaria una quantità d’acqua è necessaria una quantità in peso di ossigeno 8 volte tanto quella dell’idrogeno. Dunque il peso di un atomo di ossigeno è 8 volte tanto 2 atomi di idrogeno e quindi il peso atomico dell’ossigeno è uguale a 16, visto che nella molecola d’acqua vi sono due atomi di idrogeno e uno di idrogeno.
LA STRUTTURA DELL’ATOMO Per spiegare il modo in cui gli atomi stanno uniti tra loro, il grande fisico svedese Robert Rydberg, ancora nel 1885, pensava che le loro forme geometriche dovessero permettere l’incastro degli uni negli altri in modo da dar luogo a certi composti piuttosto che ad altri. L’atomo di ossigeno, per esempio, doveva essere a forma di ciambella con buco, l’atomo di idrogeno sferico e gli atomi di sodio e di potassio a forma di corto sigaro. In questo modo, gli atomi sferici di idrogeno potevano alloggiarsi nel buco della ciambella – ossigeno ai due lati opposti e dar luogo alla molecola d’acqua. Poiché poi il sigaro – sodio si incastra nel buco della ciambella meglio della sfera – idrogeno ecco come dall’acqua e sodio può formarsi la soda caustica (NaOH) per sostituzione di un atomo di idrogeno con un atomo di sodio. Ma l’atomo non può essere, come l’immaginava Democrito, una struttura senza parti, durissima e inaccettabile. Innanzitutto, dell’atomo fanno parte gli elettroni, particelle di carica elettrica negativa il cui moto rappresenta la forma più comune di corrente elettrica. In condizioni normali, gli atomi sono elettricamente neutri e quindi in essi deve essere contenuta una carica positiva che compensi esattamente la carica negativa del complesso dei suoi elettroni.
All’inizio di questo secolo, il modello di atomo più interessante e promettente era quello ideato dal fisico inglese J.J. Thomson. Egli immaginava l’atomo come costituito da una sfera relativamente grande di elettricità positiva, nella quale gli elettroni si trovano immersi quasi come uvetta nel panettone. Thomson aveva pienamente ragione di pensare l’elettrone così piccolo rispetto alla massa complessiva dell’atomo: egli stesso aveva infatti misurato la massa dell’elettrone e aveva trovato che ammontava a una frazione quasi insignificante della massa dell’atomo più leggero: la massa dell’elettrone è infatti 1/1840 della massa dell’atomo di idrogeno. Il suo modello fece però un fiasco completo: l’atomo si rivelò infatti assai diverso da come egli l’aveva immaginato.
Se riteniamo che all’interno di una balla di fieno si trovino dei corpi molto piccoli, duri e massicci, alcuni proiettili che li colpiscono frontalmente possono anche rimbalzare all’indietro. Se, al contrario, all’interno questi corpi non ci sono, i proiettili attraversano il fieno senza subire deviazioni rilevanti.
Il fisico inglese Ernest Rutherford, per scoprire come erano fatti, trattò gli atomi come balle di fieno: prese una sottilissima lamina di alluminio e vi sparò dentro particelle cariche positivamente e pesantissime. Erano queste le ben note particelle alfa costituite da atomi di elio privi di elettroni prodotte da materiali radioattivi. Il risultato dell’esperienza fu stupefacente. La maggior parte delle particelle alfa attraversavano lo strato di alluminio, che aveva uno spessore di circa 100 000 atomi, senza subire assorbimento apprezzabile, chiaro segno che la quasi totalità del volume atomico era costituito da spazio vuoto. Certi proiettili subivano però enormi deviazioni e alcuni rimbalzavano addirittura all’indietro, con un comportamento incompatibile con il modello di Thomson: in esso gli unici corpi massicci presenti dovrebbero essere gli elettroni e un elettrone ha meno probabilità di far rimbalzare una particella alfa di quanta ne abbia una carrozzella per bambini nei confronti di un treno in corsa. Nella rappresentazione di Rutherford (per molti aspetti ancora utile), la quasi totalità della massa dell’atomo è concentrata nel suo nucleo e l’atomo stesso somiglia molto ad un sistema solare in miniatura; intorno al nucleo centrale, piccolissimo e carico positivamente, ruotano, su orbite circolari, a distanze relativamente enormi dal nucleo, gli elettroni. Per avere un idea di quanto un atomo sia “vuoto” basta pensare che se si ingrandisse l’orbita di un elettrone atomico sino a renderla grande come il circuito di uno stadio di calcio, in proporzione le dimensioni del nucleo non diventerebbero più grandi della capocchia di uno spillo.
La similitudine con il sistema solare diventa più stretta, se si pensa che, come nel Sole è concentrato il 99,87% della massa del sistema solare, così nel nucleo è concentrato il 99,97% della massa atomica.
Le proprietà chimiche degli elementi dipendono dal numero di elettroni che orbitano attorno al nucleo; tale numero è uguale al numero di cariche positive, nuclei di idrogeno o protoni, contenute all’interno del nucleo. Esso è anche il numero d’ordine nella tavola periodica degli elementi ed è detto numero atomico (A).
Il nucleo atomico, oltre che da protoni, è costituito da particelle neutre, chiamate neutroni, di massa praticamente uguali a quella dei protoni. Il numero dei neutroni presenti nei nuclei di atomi di uno stesso elemento può essere differente: atomi con numero uguale di protoni, ma con diverso numero di neutroni, sono detti isotopi. Tutti gli isotopi di uno stesso elemento hanno le stesse proprietà chimiche, proprietà che dipendono esclusivamente dalla distribuzione degli elettroni periferici, ma possono avere proprietà fisiche Anche notevolmente differenti. Il numero complessivo di nucleoni, cioè di protoni e neutroni, di un atomo è detto numero di massa (Z) dell’atomo. Per distinguere isotopi differenti, si scrive talvolta il numero di massa in alto a sinistra del simbolo dell’elemento. L’uranio (U) ha per esempio, tre isotopi: il 235, il 237 e il 238. I diversi isotopi sono presenti in proporzioni differenti nei vari elementi allo stato naturale: ecco perché i pesi atomici dei diversi elementi, anziché essere uguali, o molto vicini, a numeri interi (le masse degli elettroni sono trascurabili e le masse dei nuclei sono multipli interi della massa dell’atomo di idrogeno) si scostano anche notevolmente da tali valori. I pesi atomici sono attualmente riferiti all’unità di massa atomica, che non è più la massa di un atomo di idrogeno, ma è uguale a ½ della massa dell’isotopo del carbonio (C) avente numero di massa uguale a 12. In questo modo il peso atomico dell’idrogeno non è più 1, ma risulta uguale a 1,00782511.
Nonostante le apparenti analogie con il sistema solare, il modello di Rutherford non può funzionare. Esso, infatti, non potrebbe esistere più a lungo di pochi miliardesimi di secondo, mentre sappiamo che la maggior parte degli atomi dell’universo ha un’età di diversi miliardi di anni e potrebbe praticamente vivere ancora in eterno.
Ma perché l’atomo di Rutherford è tanto instabile?
Consideriamo l’atomo più semplice, cioè l’atomo di idrogeno. Esso è costituito da un unico protone che ne forma il nucleo e da un elettrone di carica esattamente opposta che gli ruota intorno. Come una carica elettrica oscillante in un’antenna radio emette nello spazio energia elettromagnetica in grande quantità, così l’elettrone orbitante irradia in grande quantità energia attorno a sé, rallentando il suo moto e precipitando nel nucleo nella frazione di tempo che si è detto.
Per superare queste difficoltà, il fisico danese Niels Bohr perfezionò il modello di Rutherford introducendo in esso i concetti della fisica che aveva alla base i principi della teoria dei quanti.
L’ATOMO DI BOHR Un satellite artificiale orbitante attorno alla Terra possiede un’energia
che gli deriva dal fatto di essere in moto (è il tipo di energia che ha un treno in corsa) e dal fatto di essere stato portato al di sopra della superficie terrestre (è il tipo di energia che possiede una valanga prima di precipitare a valle). Anche un elettrone in orbita possiede una data energia (energia che può essere attribuita all’atomo nel suo complesso), diversa secondo l’orbita in cui l’elettrone si trova. Per ogni gruppo di orbite elettroniche può essere quindi attribuito all’atomo un certo livello energetico.
Bene, per risolvere il problema della stabilità dell’atomo del modello di Rutherford sembrava più difficile della quadratura del cerchio, Bohr propose un nuovo modello di atomo che presupponeva che a livello atomico dovessero valere leggi diverse da quelle sperimentate comunemente con oggetti di dimensioni umane. Ecco in sintesi il modello di Bohr.
1. Gli elettroni non possono descrivere orbite qualsiasi, ma solo un numero discreto di orbite di energia ben definita.
2. In queste orbite privilegiate l’elettrone non irradia.
3. Gli elettroni possono “saltare” da un’orbita a un’altra emettendo o assorbendo la differenza di energia tra le due orbite sotto forma di un pacchetto di energia (ovvero un treno d’onde elettromagnetiche, spesso luminose, di lunghezza d’onda ben determinata) la cui entità è funzione dell’orbita di partenza e quella di arrivo.
Normalmente gli elettroni si trovano nello stato di energia più bassa, detto stato o livello fondamentale. Se dall’esterno viene fornita a un elettrone esattamente l’energia sufficiente a passare a un livello di energia maggiore, l’elettrone effettua il salto e l’atomo passa a un livello energetico eccitato. Ma non vi resta indefinitamente: dopo un tempo più o meno breve l’elettrone torna all’orbita di partenza, l’atomo torna allo stato fondamentale ed emette l’energia in eccesso sotto forma di un pacchetto di onde elettromagnetiche (quando d’energia, o fotone). Il fatto che l’atomo emetta con questo meccanismo radiazioni elettromagnetiche (in particolare luminose) di frequenza ben determinata è in perfetto accordo con il fatto che i diversi elementi emettono radiazioni di lunghezza d’onda costante e caratteristica di ciascuno di essi.
Ma qual è il piano generale di costruzione dell’edificio atomico nel modello di Bohr?
Innanzitutto bisogna ancora precisare che la nuova fisica che descrive la realtà a livello atomico permette anche di rappresentare gli elettroni come specie di trottole microscopiche eternamente ruotanti attorno a un asse: è questo il cosiddetto “spin” dell’elettrone.
Esiste poi un importante principio che esclude (è detto appunto principio di esclusione) che in una stessa orbita possano stare due elettroni perfettamente identici.
A questo punto la distribuzione degli elettroni attorno al nucleo può essere immaginata come la sistemazione degli inquilini in un edificio di appartamenti costruito con criteri particolari.
In questo edificio ogni singolo appartamento può essere occupato al massimo da due inquilini, e quando ciò succede essi devono aver spin opposti: gli inquilini possono vivere solo in determinati piani sopra il piano terra. Nel nostro edificio solo un appartamento è disponibile a piano terra, ed è in grado di ospitare un solo elettrone, o al massimo due sempre che abbiano spin opposti. Il secondo piano invece è progettato in modo diverso, disponendo di quattro appartamenti in grado ciascuno di ospitare due elettroni con spin opposti per un totale di otto inquilini. Il terzo piano dispone di nove appartamenti per un totale di 18 inquilini, mentre il quarto ha una capacità di 32 inquilini. Ciascun “piano” contenente un numero diverso di appartamenti o orbite viene chiamato guscio. Il livello atomico più basso è chiamato guscio K, il secondo L, il terzo M e così via. Più il guscio è lontano dal nucleo, più elettroni può contenere.
Quando occupa uno di questi appartamenti, di norma un elettrone deve installarsi in uno degli appartamenti liberi del piano più basso. Un atomo di idrogeno, di numero atomico uno, ha solo un elettrone che “abita” nel livello inferiore, il guscio K. Un atomo di litio (numero atomico 3) possiede due elettroni di spin opposti nel guscio K e uno nel guscio L, mentre un atomo di magnesio (numero atomico 12) ne ha due nel guscio K, otto nel guscio L e due nel guscio M. Dopo l’elemento argo (numero atomico 18) sfortunatamente queste regole di combinazione cominciano a non valere più. Ciò perché gli elettroni, avendo tutti la stessa carica, si respingono reciprocamente, rimanendo però sempre in orbita attorno al nucleo. Quando molti elettroni sono vicini la repulsione reciproca può diventare troppo forte, cioè gli appartamenti risultano eccessivamente affollati per una coabitazione comoda per tutti. Gli elettroni cominciano allora a distribuirsi in modo da allontanarsi il più possibile gli uni dagli altri, cercando però di rimanere sempre il più vicino possibile al nucleo. In questo modo l’edificio atomico raggiunge una maggiore stabilità. Dopo l’argo, dunque, i due elettroni successivi prendono alloggio al quarto piano, il guscio N, lasciando vuoti alcuni appartamenti del piano sottostante. Dallo scandio (numero atomico 21) al rame (numero atomico 29) gli inquilini si spostano negli appartamenti meno comodi rimasti liberi al terzo piano prima che vanga permesso l’accesso ad altri appartamenti del quarto piano. Violazioni analoghe di queste regole di coabitazione si verificano anche nel gruppo degli elementi compreso tra l’ittrio (numero atomico 39) e il palladio (numero atomico 46), e dal lantanio (numero atomico 57) fino all’ultimo elemento conosciuto. Con gran dispiacere degli scienziati, il regolamento condominiale dell’edificio atomico è in realtà molto complicato.
La particolare distribuzione degli elettroni attorno al nucleo degli atomi di ciascun elemento determina quali sono le altre specie atomiche con cui essi si combinano per formare molecole, e in quali proporzioni. Lo studio del comportamento degli elettroni nei gusci atomici può dunque permettere di capire le proprietà chimiche degli elementi.

GLI ORBITALI ATOMICI Per un pianeta che ruoti attorno al Sole il termine orbita ha un significato molto semplice: la sua conoscenza implica che possiamo determinare in qualsiasi istante posizione e velocità del pianeta stesso. Ma nel caso di un elettrone le cose cambiano moltissimo. Guardare il pianeta attraverso un telescopio non interferisce con il moto del pianeta stesso, ma se vogliamo “vedere” un elettrone per determinarne contemporaneamente velocità e posizione, ecco che ci troviamo di fronte a una impossibilità di fondo. Per far ciò dobbiamo “illuminarlo”, cioè colpirlo con una particella di luce, un fotone, di energia adeguata. È come se un cieco per vedere se sulla sua strada ci sono degli ostacoli sparasse delle cannonate tutto intorno! Certamente può accorgersi di averli colpiti e può determinare anche la posizione in cui li ha colpiti, ma non ha alcuna possibilità di sapere a che velocità si muovevano prima dell’urto.
La conclusione è che noi possiamo solo prevedere la probabilità di trovare un elettrone di data energia in una data zona di spazio intorno al nucleo. Questa probabilità viene solitamente rappresentata con una nuvola più o meno densa nei diversi punti a seconda della maggiore o minore probabilità. Questa distribuzione di probabilità è chiamata orbitale
I livelli energetici dell’atomo continuano a mantenere il loro significato, ma le orbite di Bohr vengono sostituite da questi orbitali a nuvola, a forma sferica, a sigaro, a manubrio, o con altre forme bizzarre.

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