Relatività Ristretta

Materie:Riassunto
Categoria:Fisica

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Testo

Relatività ristretta-trasformazioni galileane
Prendendo in considerazioni due sistemi di riferimento in moto rettilineo e uniforme fra loro (inerziali) S e S’ e attribuite ad essi diverse cordinate spazio-temporali da due diversi osservatori, tali che nel sistema S il punto materiale ha coordinate x,y,z,t, mentre nel sistema S’ il punto ha coordinate x’,y’,z’,t’, diverse dalle precedenti, si ha che gli osservatori misurano gli stessi valori sia dell’accelerazione del punto materiale, che della forza agente su esso. Pertanto ne segue il principio della relatività secondo cui i fenomeni meccanici si svolgono con leggi dello stesso tipo in due distinti sistemi di riferimento S e S’ in moto rettilineo uniforme fra loro. Le relazioni tra le coordinate spazio-temporali di uno stesso evento nei due distinti sistemi di riferimento S e S’in moto rettilineo uniforme con velocità v uno rispetto all’altro, sono note come trasformazioni galileane.
DISEGNO-ESPERIMENTO
Supponiamo che inizialmente per t=0 i due sistemi coincidano, e che dallo stesso istante il sistema 0’x’y’z’ inizi atraslare a velocità costante v secondo la direzione degli assi x e x’.Dopo un certo intervallo di tempo lo spazio percorso dal sistema S’ rispetto ad S è vt, cioè la misura di OO’. Pertanto possiamo dedurre le quattro equazioni:
x’ = x-vt y’ = y z’ = z t’ = t
Passando da un sistema all’altro, cioè per effetto delle trasformazioni galileane, alcune grandezze cambiano, mentre altre restano immutate e sono dette invarianti. Le grandezze invarianti sono la massa, l’accelerazione di un corpo e la forza agente su di esso; sono invarianti anche i tre principi della dinamica. Pertanto il principio di relatività classica, può essere enunciato dicendo che le leggi della dinamica sono invarianti per effetto di una trasformazione Galileana.
La velocità invece non è un’invariante in quanto segue il principio di composizione delle velocità nelle trasformazioni galileane.
Il principio di relatività galileiana
Nell'ambito della fisica classica l'analisi dei sistemi inerziali, ossia in moto rettilineo uniforme uno rispetto all'altro, veniva condotta sulla base delle trasformazioni di Galileo, che fornivano le relazioni tra le coordinate e la velocità di un punto in ciascuno dei due sistemi. Come conseguenza di queste trasformazioni – lineari nelle velocità e nella variabile temporale – le leggi della meccanica newtoniana mostrano la medesima struttura in tutti i sistemi di riferimento inerziali: questa proprietà dei sistemi di riferimento inerziali va sotto il nome di principio di relatività galileiano.

Le equazioni di Maxwell (il problema dell’etere)
Regolano i fenomeni elettromagnetici; da queste equazioni segue che in assenza di materia le onde elettromagnetiche viaggiano con velocità c = __1__ ≈ 3* 10^8 m/s
√εoμo
L’etere era considerato dai fisici come il mezzo attraverso cui avveniva la propagazione della luce. Ma di fronte a questo caso dobbiamo apportare delle modifiche alle equazioni di base (campo elettrico-campo magnetico) : le equazioni di Maxwell mutano forma per effetto delle trasformazioni Galileane.
1.Teorema di gauss: il flusso del campo elettrico è proporzionale alla carica della superficie e inversamente proporz alla costante elettrica;
2.Il flusso generato dal campo magnetico è contenuto nella superficie dello stesso;
3.Legge di Ampere-Maxwell: la circuitazione del campo magnetico lungo una superficie a cui il campo magnetico è concatenato, è direttamente proporzionale alla permeabilità magnetica nel vuoto e alla somma tra la corrente che circola nella superficie e ad un’ulteriore corrente extra.
4. Legge di Faraday-Newmann : la circuitazione di un campo elettrico è direttamente proporzionale alla variazione di flusso del campo magnetico in un certo intervalli di tempo con il segno invertito.
La nascita di una nuova teoria (il problema dell’etere)
Lo spunto alla ricerca di nuove trasformazioni di coordinate per il cambiamento di sistemi di riferimento venne dalla osservazione, maturatasi alla fine dell’Ottocento, che le equazioni di Maxwell, il nucleo dell'elettromagnetismo, non erano invarianti per trasformazioni di Galileo. Questa considerazione mise in dubbio la validità del principio di relatività galileiano e quindi l'equivalenza di tutti i sistemi di riferimento inerziali. Per risolvere l’inconsistenza, venne introdotto il concetto di etere, una sostanza ideale in cui si ipotizzava avvenisse la propagazione delle onde elettromagnetiche, e fu definita l’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato, a riposo rispetto all'etere, in cui la luce e le onde elettromagnetiche viaggiano con velocità c (velocità della luce).
L’impossibilità di rilevare il moto della terra rispetto all’etere con esperimenti, portava alla conclusione che il principio di relatività meccanica fosse valido anche per le equazioni elettromagnetiche e quindi c’erano esperimenti in contrasto con le previsioni di Maxwell, ma l’esperienza invece, confermava la validità delle equazioni. Lorentz scoprì dopo che le equazioni di M. erano invarianti, non per le trasformazioni galileiane, ma per le seguenti trasformazioni: x1=x vt / √1-v2/c2, y1=y, z1=z, t1=t-vx/c2 / √1-v2/c2, ma dato che v2/c2~0 si ha che le equazioni di Lorentz corrispondono a quelle galileiane.Si abbandonò cosi il concetto di etere,per cui le equazioni di Maxwell non prevedevano l’esistenza di un mezzo per la propagazione del campo elettromagnetico dato che un’onda elettromagnetica è la propagazione non di una vibrazione elastica ma di una vibrazione dei campi E e B (vettori) sia nel vuoto sia in un mezzo materiale.
Relatività ristretta
Ciò che sciolse ogni dubbio eliminando le contraddizione alle quali conduceva il modo di ragionare della fisica classica, fu la pubblicazione di una nuova teoria da parte di Einstein nel 1905: egli pubblicò la teoria della relatività ristretta valida nel caso dei sistemi in moto rettilineo uniforme uno rispetti all’altro. Egli propose due postulati rientranti in questa teoria:
1. Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi inerziali (questo postulato estende la validità del principio della relatività anche ai fenomeni elettromagnetici);
2. La velocità della luce nel vuoto è c = 300000 Km/s indipendentemente dal moto della sorgente e dell’osservatore.
Il concetto di invarianza della velocità della luce veniva mutuato dalle equazioni di Maxwell, nelle quali la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche – dunque anche della radiazione luminosa – è una “costante naturale”, che non varia se i fenomeni sono descritti in sistemi di riferimento diversi.
Pertanto da ciò risulta che le trasformazioni di Galileo non sono valide se si comprendono i fenomeni elettromagnetici.
Dopo tali postulati, furono modificate le trasformazioni galileiane e si capì che le equazioni di Lorentz risultavano una conseguenza dei due postulati. Si ricavò che se S1 si muove con velocità v rispetto S, allora, S si muove rispetto S1 con velocità –v. di conseguenza X = X1 + vt1/ √1-v2/c2, y1 =y, z1=z, t = t1 + vx1/c2 / √1-v2/c2
La relatività ristretta
Nel 1905 Einstein pubblicò il primo di due importanti studi sulla teoria della relatività, in cui negava l'esistenza del moto assoluto. Egli sosteneva infatti che nessun oggetto dell'universo potesse rappresentare un sistema di riferimento assoluto e universale, fisso rispetto al resto dello spazio. Al contrario, qualsiasi corpo (ad esempio, il centro del sistema solare) poteva costituire un buon sistema di riferimento, per lo studio delle leggi che regolano il moto dei corpi.

DILATAZIONE DEL TEMPO
Consideriamo un orologio a luce, nel quale viene riflesso un lampo di luce tra gli specchi S1 e S2. il tempo impiegato dal lampo per percorrere la distanza d, che parte da S1 arriva ad S2 e ritorna ad S1, rappresenta il periodo dell’orologio a luce. Consideriamo due orologi a luce collegati con due osservatori fissi O e O1: pertanto gli orologi hanno lo stesso periodo e misurano lo stesso intervallo di tempo. Supponiamo che O1 si muova con velocità V costante insieme al suo orologio rispetto ad O. O1 osservando il proprio orologio vede solo il lampo di luce andare su e giù, tra i due specchi in quanto il proprio orologio è fermo. L’osservatore O che osserva O1 vede il lampo di luce procedere obliquamente. Durante il tempo ∆t, impiegato dalla luce rispetto ad O1 per andare dallo specchio inferiore a quello superiore, il lampo di luce rispetto ad O, percorre il tratto l (ipotenusa del triangolo rettangolo che ha per cateti d ossia le distanze tra gli specchi e a, la distanza percorsa dall’orologio rispetto ad O). quindi lo spazio percorso dalla luce rispetto ad O è maggiore rispetto ad O1. Pertanto considerando ∆t variazione di tempo registrata da O e ∆t1 variazione di tempo registrata da O1, concludiamo dicendo che ∆t maggiore di ∆t1, la relazione tra ∆t e ∆t1 si trova con il seguente procedimento L2 = d2 + a2 sappiamo che: L = c ∆t; d = c∆t1, a = v∆t; andando a sostituire avremo che: c2 ∆t2 = c2 ∆t12 + v2 ∆t2 . c2 ∆t2 - v2 ∆t2 = c2 ∆t12; ∆t2(c2 – v2) = c2 ∆t12, ora ∆t2 = c2 ∆t12 / c2 – v2; dividendo per c2 si ha: ∆t2 = ∆t12/ 1 – v2/c2, di conseguenza ∆t = ∆t1/ √ 1 – v2/c2. Ponendo v/c = β si ha ∆t = ∆t1 / √ 1 – β2. essendo ∆t1 = ∆t per tutta quella quantità che è minore di uno, allora ∆t1 minore ∆t.
CONTRAZIONE DELLE LUNGHEZZE
Consideriamo due aste A e B di uguale lunghezza, la prima fissata ad un osservatore O, e la seconda ad un osservatore O1 in moto rettilineo e uniforme con velocità v rispetto ad O. Supponiamo inoltre che la direzione del moto coincida con quella comune degli assi x e x1, e che le aste siano disposte secondo la direzione di questi assi. L’osservatore O1 per misurare la lunghezza della propria asta B può riportare sull’asta un regolo di lunghezza nota. Indichiamo il risultato della misura con l1 = x12 – x11 , ove queste sono le ascisse degli estremi dell’asta del sistema di coordinate S1 collegato a O1.
L’osservatore O invece di misurare la lunghezza della stessa asta, dato che essa è in movimento, può segnare sull’asse x ad un certo istante t, misurato nel proprio sistema di riferimento, le posizioni degli estremi dell’asta. Se le ascisse di questi estremi sono x1 e x2, la lunghezza dell’asta, misurata dall’osservatore O, è l = x2 – x1
Secondo le equazioni di Lorentz, si ha che: x11 = x1 – vt/ √1 – v2/ c2, e x12 = x2 – vt/√1 – v2/ c2 quindi l1 = x12 – x11 = x2 – vt / √ 1 - β2 – (x1 – vt /√ 1 - β2 da cui: x12 – x11 = x2 – x1/√1 – v2/ c2 cioè l = l1 * √ 1 - β2 con β = v/c. infine possiamo affermare che l è minore di l1( la lunghezza l si è contratta).


Relatività ristretta-trasformazioni galileane
Prendendo in considerazioni due sistemi di riferimento in moto rettilineo e uniforme fra loro (inerziali) S e S’ e attribuite ad essi diverse cordinate spazio-temporali da due diversi osservatori, tali che nel sistema S il punto materiale ha coordinate x,y,z,t, mentre nel sistema S’ il punto ha coordinate x’,y’,z’,t’, diverse dalle precedenti, si ha che gli osservatori misurano gli stessi valori sia dell’accelerazione del punto materiale, che della forza agente su esso. Pertanto ne segue il principio della relatività secondo cui i fenomeni meccanici si svolgono con leggi dello stesso tipo in due distinti sistemi di riferimento S e S’ in moto rettilineo uniforme fra loro. Le relazioni tra le coordinate spazio-temporali di uno stesso evento nei due distinti sistemi di riferimento S e S’in moto rettilineo uniforme con velocità v uno rispetto all’altro, sono note come trasformazioni galileane.
DISEGNO-ESPERIMENTO
Supponiamo che inizialmente per t=0 i due sistemi coincidano, e che dallo stesso istante il sistema 0’x’y’z’ inizi atraslare a velocità costante v secondo la direzione degli assi x e x’.Dopo un certo intervallo di tempo lo spazio percorso dal sistema S’ rispetto ad S è vt, cioè la misura di OO’. Pertanto possiamo dedurre le quattro equazioni:
x’ = x-vt y’ = y z’ = z t’ = t
Passando da un sistema all’altro, cioè per effetto delle trasformazioni galileane, alcune grandezze cambiano, mentre altre restano immutate e sono dette invarianti. Le grandezze invarianti sono la massa, l’accelerazione di un corpo e la forza agente su di esso; sono invarianti anche i tre principi della dinamica. Pertanto il principio di relatività classica, può essere enunciato dicendo che le leggi della dinamica sono invarianti per effetto di una trasformazione Galileana.
La velocità invece non è un’invariante in quanto segue il principio di composizione delle velocità nelle trasformazioni galileane.
Il principio di relatività galileiana
Nell'ambito della fisica classica l'analisi dei sistemi inerziali, ossia in moto rettilineo uniforme uno rispetto all'altro, veniva condotta sulla base delle trasformazioni di Galileo, che fornivano le relazioni tra le coordinate e la velocità di un punto in ciascuno dei due sistemi. Come conseguenza di queste trasformazioni – lineari nelle velocità e nella variabile temporale – le leggi della meccanica newtoniana mostrano la medesima struttura in tutti i sistemi di riferimento inerziali: questa proprietà dei sistemi di riferimento inerziali va sotto il nome di principio di relatività galileiano.

Le equazioni di Maxwell (il problema dell’etere)
Regolano i fenomeni elettromagnetici; da queste equazioni segue che in assenza di materia le onde elettromagnetiche viaggiano con velocità c = __1__ ≈ 3* 10^8 m/s
√εoμo
L’etere era considerato dai fisici come il mezzo attraverso cui avveniva la propagazione della luce. Ma di fronte a questo caso dobbiamo apportare delle modifiche alle equazioni di base (campo elettrico-campo magnetico) : le equazioni di Maxwell mutano forma per effetto delle trasformazioni Galileane.
1.Teorema di gauss: il flusso del campo elettrico è proporzionale alla carica della superficie e inversamente proporz alla costante elettrica;
2.Il flusso generato dal campo magnetico è contenuto nella superficie dello stesso;
3.Legge di Ampere-Maxwell: la circuitazione del campo magnetico lungo una superficie a cui il campo magnetico è concatenato, è direttamente proporzionale alla permeabilità magnetica nel vuoto e alla somma tra la corrente che circola nella superficie e ad un’ulteriore corrente extra.
4. Legge di Faraday-Newmann : la circuitazione di un campo elettrico è direttamente proporzionale alla variazione di flusso del campo magnetico in un certo intervalli di tempo con il segno invertito.
La nascita di una nuova teoria (il problema dell’etere)
Lo spunto alla ricerca di nuove trasformazioni di coordinate per il cambiamento di sistemi di riferimento venne dalla osservazione, maturatasi alla fine dell’Ottocento, che le equazioni di Maxwell, il nucleo dell'elettromagnetismo, non erano invarianti per trasformazioni di Galileo. Questa considerazione mise in dubbio la validità del principio di relatività galileiano e quindi l'equivalenza di tutti i sistemi di riferimento inerziali. Per risolvere l’inconsistenza, venne introdotto il concetto di etere, una sostanza ideale in cui si ipotizzava avvenisse la propagazione delle onde elettromagnetiche, e fu definita l’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato, a riposo rispetto all'etere, in cui la luce e le onde elettromagnetiche viaggiano con velocità c (velocità della luce).
L’impossibilità di rilevare il moto della terra rispetto all’etere con esperimenti, portava alla conclusione che il principio di relatività meccanica fosse valido anche per le equazioni elettromagnetiche e quindi c’erano esperimenti in contrasto con le previsioni di Maxwell, ma l’esperienza invece, confermava la validità delle equazioni. Lorentz scoprì dopo che le equazioni di M. erano invarianti, non per le trasformazioni galileiane, ma per le seguenti trasformazioni: x1=x vt / √1-v2/c2, y1=y, z1=z, t1=t-vx/c2 / √1-v2/c2, ma dato che v2/c2~0 si ha che le equazioni di Lorentz corrispondono a quelle galileiane.Si abbandonò cosi il concetto di etere,per cui le equazioni di Maxwell non prevedevano l’esistenza di un mezzo per la propagazione del campo elettromagnetico dato che un’onda elettromagnetica è la propagazione non di una vibrazione elastica ma di una vibrazione dei campi E e B (vettori) sia nel vuoto sia in un mezzo materiale.
Relatività ristretta
Ciò che sciolse ogni dubbio eliminando le contraddizione alle quali conduceva il modo di ragionare della fisica classica, fu la pubblicazione di una nuova teoria da parte di Einstein nel 1905: egli pubblicò la teoria della relatività ristretta valida nel caso dei sistemi in moto rettilineo uniforme uno rispetti all’altro. Egli propose due postulati rientranti in questa teoria:
1. Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi inerziali (questo postulato estende la validità del principio della relatività anche ai fenomeni elettromagnetici);
2. La velocità della luce nel vuoto è c = 300000 Km/s indipendentemente dal moto della sorgente e dell’osservatore.
Il concetto di invarianza della velocità della luce veniva mutuato dalle equazioni di Maxwell, nelle quali la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche – dunque anche della radiazione luminosa – è una “costante naturale”, che non varia se i fenomeni sono descritti in sistemi di riferimento diversi.
Pertanto da ciò risulta che le trasformazioni di Galileo non sono valide se si comprendono i fenomeni elettromagnetici.
Dopo tali postulati, furono modificate le trasformazioni galileiane e si capì che le equazioni di Lorentz risultavano una conseguenza dei due postulati. Si ricavò che se S1 si muove con velocità v rispetto S, allora, S si muove rispetto S1 con velocità –v. di conseguenza X = X1 + vt1/ √1-v2/c2, y1 =y, z1=z, t = t1 + vx1/c2 / √1-v2/c2
La relatività ristretta
Nel 1905 Einstein pubblicò il primo di due importanti studi sulla teoria della relatività, in cui negava l'esistenza del moto assoluto. Egli sosteneva infatti che nessun oggetto dell'universo potesse rappresentare un sistema di riferimento assoluto e universale, fisso rispetto al resto dello spazio. Al contrario, qualsiasi corpo (ad esempio, il centro del sistema solare) poteva costituire un buon sistema di riferimento, per lo studio delle leggi che regolano il moto dei corpi.

DILATAZIONE DEL TEMPO
Consideriamo un orologio a luce, nel quale viene riflesso un lampo di luce tra gli specchi S1 e S2. il tempo impiegato dal lampo per percorrere la distanza d, che parte da S1 arriva ad S2 e ritorna ad S1, rappresenta il periodo dell’orologio a luce. Consideriamo due orologi a luce collegati con due osservatori fissi O e O1: pertanto gli orologi hanno lo stesso periodo e misurano lo stesso intervallo di tempo. Supponiamo che O1 si muova con velocità V costante insieme al suo orologio rispetto ad O. O1 osservando il proprio orologio vede solo il lampo di luce andare su e giù, tra i due specchi in quanto il proprio orologio è fermo. L’osservatore O che osserva O1 vede il lampo di luce procedere obliquamente. Durante il tempo ∆t, impiegato dalla luce rispetto ad O1 per andare dallo specchio inferiore a quello superiore, il lampo di luce rispetto ad O, percorre il tratto l (ipotenusa del triangolo rettangolo che ha per cateti d ossia le distanze tra gli specchi e a, la distanza percorsa dall’orologio rispetto ad O). quindi lo spazio percorso dalla luce rispetto ad O è maggiore rispetto ad O1. Pertanto considerando ∆t variazione di tempo registrata da O e ∆t1 variazione di tempo registrata da O1, concludiamo dicendo che ∆t maggiore di ∆t1, la relazione tra ∆t e ∆t1 si trova con il seguente procedimento L2 = d2 + a2 sappiamo che: L = c ∆t; d = c∆t1, a = v∆t; andando a sostituire avremo che: c2 ∆t2 = c2 ∆t12 + v2 ∆t2 . c2 ∆t2 - v2 ∆t2 = c2 ∆t12; ∆t2(c2 – v2) = c2 ∆t12, ora ∆t2 = c2 ∆t12 / c2 – v2; dividendo per c2 si ha: ∆t2 = ∆t12/ 1 – v2/c2, di conseguenza ∆t = ∆t1/ √ 1 – v2/c2. Ponendo v/c = β si ha ∆t = ∆t1 / √ 1 – β2. essendo ∆t1 = ∆t per tutta quella quantità che è minore di uno, allora ∆t1 minore ∆t.
CONTRAZIONE DELLE LUNGHEZZE
Consideriamo due aste A e B di uguale lunghezza, la prima fissata ad un osservatore O, e la seconda ad un osservatore O1 in moto rettilineo e uniforme con velocità v rispetto ad O. Supponiamo inoltre che la direzione del moto coincida con quella comune degli assi x e x1, e che le aste siano disposte secondo la direzione di questi assi. L’osservatore O1 per misurare la lunghezza della propria asta B può riportare sull’asta un regolo di lunghezza nota. Indichiamo il risultato della misura con l1 = x12 – x11 , ove queste sono le ascisse degli estremi dell’asta del sistema di coordinate S1 collegato a O1.
L’osservatore O invece di misurare la lunghezza della stessa asta, dato che essa è in movimento, può segnare sull’asse x ad un certo istante t, misurato nel proprio sistema di riferimento, le posizioni degli estremi dell’asta. Se le ascisse di questi estremi sono x1 e x2, la lunghezza dell’asta, misurata dall’osservatore O, è l = x2 – x1
Secondo le equazioni di Lorentz, si ha che: x11 = x1 – vt/ √1 – v2/ c2, e x12 = x2 – vt/√1 – v2/ c2 quindi l1 = x12 – x11 = x2 – vt / √ 1 - β2 – (x1 – vt /√ 1 - β2 da cui: x12 – x11 = x2 – x1/√1 – v2/ c2 cioè l = l1 * √ 1 - β2 con β = v/c. infine possiamo affermare che l è minore di l1( la lunghezza l si è contratta).

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