Raggi catodici

Materie:Appunti
Categoria:Fisica

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Testo

Per sua natura, un gas si comporta da isolante perfetto, non potendo condurre l’elettricità. Eppure un
semplice esperimento permette di dimostrare che l’aria atmosferica conduce l’elettricità, anche se debolmente. Ogni elettroscopio infatti, dopo essere stato caricato, si scarica con un processo lento, più lento quanto maggiore è il raggio della sferetta collegata all’asta portante le foglioline. Questa dispersione di elettricità si arresta se l’elettroscopio è posto sotto la campana di una macchina pneumatica dalla quale sia stata estratta l’aria, mentre viene accelerata se avviciniamo una sostanza radioattiva, una sorgente di raggi X o una semplice fiamma. Ciò significa che l'aria diventa conduttrice in condizioni speciali e cioè quando per una causa qualsiasi l'aria stessa risulti ionizzata: in tali condizioni una parte delle molecole che compongono la massa gassosa non sono più elettricamente neutre, ma si trovano in parte allo stato di ioni positivi (avendo perduto qualche elettrone) e in parte invece allo stato di ioni negativi (avendo acquisito qualche elettrone). La dispersione della carica di un elettroscopio è dovuta al fatto che la sferetta collegata all’asta attrae gli ioni di segno opposto che, venuti a contatto con l’elettroscopio, neutralizzano gradualmente la sua carica. Avvicinando un agente ionizzante la scarica avviene più velocemente perché si generano nell’aria nuovi ioni, oltre a quelli che in condizioni normali sono prodotti dalla radiazione elettromagnetica e dalle particelle cariche emesse dalle sostanze radioattive della crosta terrestre e presenti anche nei raggi cosmici. L’effetto ionizzante dei raggi cosmici diventa sempre più intenso con l’aumentare dell’altitudine; a 100 km dal livello del mare, l’atmosfera presenta una notevole ionizzazione (ionosfera), importante per la propagazione delle radiazioni elettromagnetiche. Agiscono in particolare come cause ionizzanti dei gas le alte temperature e le radiazioni di brevissima lunghezza d'onda, quali i raggi X e, in misura assai minore, i raggi ultravioletti: inoltre si ha una formazione spontanea di ioni nei fenomeni di evaporazione dei liquidi.
Per osservare il fenomeno della scarica elettrica, si racchiude il gas in un tubo trasparente, alle cui estremità sono fissati due elettrodi metallici. Essi sono collegati ad un circuito esterno da un generatore e da una resistenza. Se aumentiamo la tensione fino ad un valore sufficientemente elevato, fra i due elettrodi scocca una scintilla, un tratto molto luminoso di colore bianco – azzurrognolo che unisce i due elettrodi. Si tratta di una corrente elettrica molto intensa e di brevissima durata, accompagnata da fenomeni luminosi e da un rumore caratteristico. Se gli elettrodi sono sufficientemente vicini, la scintilla ha una forma quasi rettilinea, mentre per distanze maggiori il tratto di scintilla diventa a zig-zag, per poi ramificarsi per distanze ancor più grandi. Se uno degli elettrodi ha la forma di una punta, la scarica elettrica diventa persistente e prende più precisamente il nome di effluvio. Questa scintilla rende uguali i potenziali dei due elettrodi. La differenza di potenziale necessaria per produrre la scintilla si chiama potenziale esplosivo o tensione d’innesco: dipende solo dalla distanza fra gli elettrodi e dalla pressione del gas intermedio, data la formula:

Ei = Vi / d. Infatti con il diminuire della pressione aumenta l’energia cinetica acquistata dagli ioni sotto la forza del campo elettrico. Ne segue che, se la pressione diminuisce, è sufficiente un campo elettrico di minore intensità per accelerare gli ioni fino a energie superiori all’energia di ionizzazione.
Un particolare tipo di scintilla è la scarica che avviene tra due nubi temporalesche oppure tra una nube temporalesca e la Terra. La scarica a scintilla prende il nome di lampo nel primo caso e fulmine nel secondo caso.
Nei gas rarefatti la scarica elettrica si innesca con tensioni assai minori che alle pressioni ordinarie e la conduzione successiva attraverso alla colonna gassosa assume gli aspetti caratteristici che variano in misura notevole col grado di rarefazione del gas. Questi fenomeni si possono agevolmente osservare disponendo due elettrodi (il catodo è negativo e l’anodo è positivo) verso le estremità di un tubo di vetro, comunicante con una pompa per l’estrazione dell’aria. Se gli elettrodi sono sufficientemente lontani, inizialmente si hanno soltanto delle scariche rumorose con un’intensità di corrente piuttosto piccola, dovuta al movimento verso gli elettrodi degli ioni presenti nell’aria. Data la distanza tra gli elettrodi, la differenza di potenziale è inferiore al valore d’innesco e così non avviene la scintilla.
Se si estrae progressivamente l’aria, si arriva a un punto in cui si manifestano alcune sottili e tortuose strisce di luce violacea da un elettrodo all’altro con un piccolo intervallo oscuro presso il catodo. Proseguendo la rarefazione, tali strisce finiscono per fondersi in una colonna rossastra che riempie tutto il tubo con un bagliore quasi uniforme escluso solo un certo intervallo presso il catodo che rimane ancora oscuro. Questo intervallo viene detto spazio oscuro di Hittorf. Successivamente, quando la rarefazione scende verso i 0,2 mm di mercurio nella colonna luminosa viene a formarsi una seconda interruzione oscura, denominata secondo spazio oscuro di Faraday, mentre il catodo si contorna di una guaina luminescente denominata primo strato negativo: a questa segue il primo spazio oscuro di Hittorf, relativamente poco esteso, che è a sua volta seguito da uno strato luminescente violaceo, detto bagliore negativo, il quale degrada verso il secondo spazio oscuro di Faraday. Segue infine una colonna luminosa fino all’anodo, denominata colonna positiva. In queste condizioni il gas presenta la massima conducibilità. Con un ulteriore aumento della rarefazione, la conducibilità del gas diminuisce, ed è necessario applicare tensioni molto elevate per mantenere la scarica: si dice che il tubo è diventato duro. Contemporaneamente la luminosità diffusa dalla colonna positiva scompare, mentre il vetro del tubo diventa fluorescente assumendo un colore verde-giallastro. Questo colore assunto dal vetro del tubo è dovuto alla fluorescenza prodotta nel vetro da particelle provenienti dal catodo chiamate raggi catodici.
I raggi catodici o raggi negativi si designano come degli elettroni liberi nello spazio e lanciati in fascio ad alta velocità in una direzione determinata. Con il nome di raggi canale o raggi positivi si intende invece un fascio simile ad alta velocità di ioni positivi. Da questa definizione risulta evidente che tanto i raggi catodici che i raggi canale sono di per sé invisibili. Se questi raggi però attraversano un gas rarefatto vi provocano dei fenomeni di ionizzazione per urto che ne rendono luminose e visibile le tracce. Tanto i raggi catodici che i raggi canale si propagano in linea retta perché l’azione della gravità è assolutamente trascurabile rispetto all’energia cinetica corrispondente all’alta velocità rispettivamente degli elettroni e degli ioni positivi. Per gli elettroni dei raggi catodici questa velocità è di molte migliaia di km/s: per gli ioni positivi dei raggi canale la velocità è ridotta in proporzione alla maggiore massa degli ioni rispetto a quella dell’elettrone.
La traiettoria rettilinea di questi raggi può però essere però deviata per effetto di un campo elettrico o di un campo magnetico ortogonali alla direzione del moto. Questa deviazione può essere utilizzata per misurare la velocità e il rapporto e/m (carica specifica) tra la carica e e la massa m degli elettroni. La prima misura del genere fu fatta nel 1897 dal fisico inglese Thompson con un dispositivo analogo a quello qui sotto.

Quando Thompson eseguì il suo celebre esperimento la struttura atomica dell’elettricità mancava di una verifica sperimentale quantitativa, anche se veniva accettata come una ipotesi scientifica altamente probabile. I risultati di questo esperimento permisero di provare che mentre la velocità degli elettroni cresce con la differenza di potenziale tra catodo e anodo, la carica specifica è indipendente dalle condizioni sperimentali e dalla natura del gas residuo all’interno del tubo. Il valore e/m trovato da Thompson per i raggi catodici risultò molto più elevato, per un fattore di diverse migliaia, dei corrispondenti valori determinati per gli ioni. Perciò Thompson ne concluse che la radiazione catodica era composta da particelle con massa molto più piccola degli ioni e con carica negativa. Queste particelle furono più tardi chiamate “elettroni”. Misure recenti hanno dato per la carica specifica di un elettrone il valore
= 1,76 1011 coulomb /chilogrammo
Se accettiamo, come fece Thompson, e come del resto può essere provato con misure dirette, che ciascuna particella catodica abbia una carica elementare di 1,60 10-19 coulomb, possiamo calcolare la massa di un elettrone. Abbiamo:
m = = 9,1 10-31 kg
Il tubo a raggi catodici viene usato sia negli oscilloscopi che negli apparecchi televisivi per produrre su uno schermo un’immagine controllata elettricamente.
Gli elettroni vengono emessi per effetto termoelettronico, che consiste nell’emissione di elettroni da parte di un filamento metallico portato ad alta temperatura, dal catodo che viene riscaldato dalla resistenza elettrica, percorsa dalla corrente. Questi elettroni emessi nel vuoto vengono accelerati dall’anodo, che si trova a una differenza di potenziale positiva rispetto al catodo. Un foro praticato nell’anodo consente il passaggio di un fascetto di elettroni, che prosegue il suo percorso nel vuoto, senza incontrare resistenza, fino a colpire lo schermo che è situato sul fondo del tubo. Lo schermo dei tubi a raggi catodici è costituito da materiali speciali, detti fosfori, che emettono luce quando sono bombardati da elettroni. Vi sono numerose qualità di fosfori per schermi fluorescenti, che differiscono fra loro nel colore, nella persistenza, nel rendimento, ecc. Uno dei fosfori più comuni è la “Willemite” (orto silicato di zinco – ZnO + SiO2 – con tracce di manganese che agisce da attivatore). Un altro materiale usato per gli schermi è costituito da un miscuglio di zinco, cadmio, magnesio e silicio. La presenza, in proporzione minore di una parte su 100.000 di alcuni metalli, come per esempio argento, rame o cromo, può aumentare la luminosità dello schermo da 10 a 100 volte, determinandone anche il colore. L’intensità luminosa di uno schermo fluorescente è proporzionale al numero di elettroni che lo bombardano, ossia alla corrente del fascio e aumenta approssimativamente secondo il quadrato della tensione anodica. La luce prodotta dallo schermo non cessa istantaneamente appena finisce il bombardamento di elettroni; analogamente essa impiega un certo tempo prima di raggiungere l’intensità massima. La posizione del punto luminoso è controllata da due coppie di placchette (armature del condensatore) di deflessione in direzioni perpendicolari. Quando gli elettroni passano attraverso la prima coppia di placchette, vengono attirati verso la placchetta a potenziale più elevato. La deviazione è regolata variando la differenza di potenziale tra le due placchette. Una coppia di placchette produce deflessione orizzontale (se la placchetta superiore possiede un potenziale più alto di quella inferiore, il fascetto devierà verso l’altro, se la placchetta inferiore possiede un potenziale più alto di quella superiore, il fascetto devierà verso il basso), l’altra coppia produce deflessione verticale (se la placchetta di destra possiede un potenziale più alto di quella di sinistra, il fascetto devierà verso destra, se la placchetta di sinistra possiede un potenziale più alto di quella di destra, il fascetto devierà verso sinistra). Con entrambe le coppie di placchette si può spostare il punto luminoso in ogni punto dello schermo.
L’oscillografo a raggi catodici è uno strumento di grande importanza nella tecnica moderna, per lo studio non solo di fenomeni elettrici, ma anche di fenomeni periodici di natura diversa, come, per esempio, la vibrazione di una sorgente sonora o le pulsazioni del cuore, rilevabili sotto forma di impulsi elettrici. Per mezzo di elettrodi piantati su una cellula il potenziale che si vuole esaminare viene applicato alle placchette verticali di un oscilloscopio causando uno spostamento verticale del punto luminoso. Per rappresentare la variazione in funzione del tempo degli impulsi, viene fatto spazzolare a velocità costante il fascio orizzontalmente da sinistra verso destra. Arrivato a destra, il fascio viene rapidamente riportato a sinistra e ricomincia un nuovo spazzolamento. Questo movimento richiede che la tensione applicata alle placchette orizzontali abbia forma a dente di sega. La differenza di potenziale parte da zero, raggiunge un valore massimo V0, poi istantaneamente assume il valore –V0 e successivamente inizia di nuovo a salire fino a V0 e così via. La linearità della differenza di potenziale rispetto al tempo, poiché lo spostamento dell’immagine luminosa è proporzionale alla differenza di potenziale, fa sì che il puntino luminoso si sposti sullo schermo di moto uniforme. Se il tempo t0 che impiega la differenza di potenziale per variare da –V0 a +V0 è superiore al tempo di persistenza delle immagini sulla retina (1/10 di s), si osserva sullo schermo un puntino luminoso che parte dall’estremità sinistra, raggiunge l’estremità destra, poi ritorna istantaneamente a sinistra e così via. Se invece t0 è minore di 1/10 di secondo, si osserva sullo schermo una linea luminosa fissa.
Il tubo di un televisore è molo simile al tubo a raggi catodici, eccetto per il fatto che il fascio di elettroni è deviato magneticamente invece che elettricamente. Il fascetto elettronico qui viene spostato rapidamente da un meccanismo automatico, in modo tale che esso percorra 25 volte al secondo l’intero schermo, il quale è costituito da 625 righe. In ogni istante, un solo punto dello schermo viene colpito dagli elettroni emessi dal catodo, ma la successione è talmente rapida che lo schermo sembra illuminato contemporaneamente. I segnali che provengono dall’antenna (o da un videoregistratore) comandano in ogni punto l’intensità del fascetto, determinando così la definizione e le variazioni delle immagini che vengono osservate sullo schermo. Con il meccanismo descritto si ottengono delle immagini “in bianco e nero”: dove arriva il fascetto si ha il bianco e dove non arriva si ha il nero. In un televisore a colori vi sono tre fascetti elettronici che operano contemporaneamente, ognuno dei quali incide su strati differenti dello schermo, che producono punti colorati rispettivamente di rosso, verde e blu. Dalla composizione e distribuzione di questi punti si ottengono molte sfumature di colore, che rendono le immagini create sullo schermo simili a quelle reali.
In genere, le tensioni applicate tra anodo e catodo in un normale televisore sono parecchie di migliaia di volt; di conseguenza gli elettroni accelerati dal campo elettrico raggiungono delle velocità altissime.
Televisori e monitor a tubo catodico sono oggi stati sostituiti da altri che usano tecnologie diverse, come i cristalli liquidi e il plasma, ma per alcune applicazioni (come certi tipi di videogiochi) la maggior parte degli utenti sembra ancora preferire la “vecchia” tecnologia a tubo catodico.

Melissa Lupone


Per sua natura, un gas si comporta da isolante perfetto, non potendo condurre l’elettricità. Eppure un
semplice esperimento permette di dimostrare che l’aria atmosferica conduce l’elettricità, anche se debolmente. Ogni elettroscopio infatti, dopo essere stato caricato, si scarica con un processo lento, più lento quanto maggiore è il raggio della sferetta collegata all’asta portante le foglioline. Questa dispersione di elettricità si arresta se l’elettroscopio è posto sotto la campana di una macchina pneumatica dalla quale sia stata estratta l’aria, mentre viene accelerata se avviciniamo una sostanza radioattiva, una sorgente di raggi X o una semplice fiamma. Ciò significa che l'aria diventa conduttrice in condizioni speciali e cioè quando per una causa qualsiasi l'aria stessa risulti ionizzata: in tali condizioni una parte delle molecole che compongono la massa gassosa non sono più elettricamente neutre, ma si trovano in parte allo stato di ioni positivi (avendo perduto qualche elettrone) e in parte invece allo stato di ioni negativi (avendo acquisito qualche elettrone). La dispersione della carica di un elettroscopio è dovuta al fatto che la sferetta collegata all’asta attrae gli ioni di segno opposto che, venuti a contatto con l’elettroscopio, neutralizzano gradualmente la sua carica. Avvicinando un agente ionizzante la scarica avviene più velocemente perché si generano nell’aria nuovi ioni, oltre a quelli che in condizioni normali sono prodotti dalla radiazione elettromagnetica e dalle particelle cariche emesse dalle sostanze radioattive della crosta terrestre e presenti anche nei raggi cosmici. L’effetto ionizzante dei raggi cosmici diventa sempre più intenso con l’aumentare dell’altitudine; a 100 km dal livello del mare, l’atmosfera presenta una notevole ionizzazione (ionosfera), importante per la propagazione delle radiazioni elettromagnetiche. Agiscono in particolare come cause ionizzanti dei gas le alte temperature e le radiazioni di brevissima lunghezza d'onda, quali i raggi X e, in misura assai minore, i raggi ultravioletti: inoltre si ha una formazione spontanea di ioni nei fenomeni di evaporazione dei liquidi.
Per osservare il fenomeno della scarica elettrica, si racchiude il gas in un tubo trasparente, alle cui estremità sono fissati due elettrodi metallici. Essi sono collegati ad un circuito esterno da un generatore e da una resistenza. Se aumentiamo la tensione fino ad un valore sufficientemente elevato, fra i due elettrodi scocca una scintilla, un tratto molto luminoso di colore bianco – azzurrognolo che unisce i due elettrodi. Si tratta di una corrente elettrica molto intensa e di brevissima durata, accompagnata da fenomeni luminosi e da un rumore caratteristico. Se gli elettrodi sono sufficientemente vicini, la scintilla ha una forma quasi rettilinea, mentre per distanze maggiori il tratto di scintilla diventa a zig-zag, per poi ramificarsi per distanze ancor più grandi. Se uno degli elettrodi ha la forma di una punta, la scarica elettrica diventa persistente e prende più precisamente il nome di effluvio. Questa scintilla rende uguali i potenziali dei due elettrodi. La differenza di potenziale necessaria per produrre la scintilla si chiama potenziale esplosivo o tensione d’innesco: dipende solo dalla distanza fra gli elettrodi e dalla pressione del gas intermedio, data la formula:

Ei = Vi / d. Infatti con il diminuire della pressione aumenta l’energia cinetica acquistata dagli ioni sotto la forza del campo elettrico. Ne segue che, se la pressione diminuisce, è sufficiente un campo elettrico di minore intensità per accelerare gli ioni fino a energie superiori all’energia di ionizzazione.
Un particolare tipo di scintilla è la scarica che avviene tra due nubi temporalesche oppure tra una nube temporalesca e la Terra. La scarica a scintilla prende il nome di lampo nel primo caso e fulmine nel secondo caso.
Nei gas rarefatti la scarica elettrica si innesca con tensioni assai minori che alle pressioni ordinarie e la conduzione successiva attraverso alla colonna gassosa assume gli aspetti caratteristici che variano in misura notevole col grado di rarefazione del gas. Questi fenomeni si possono agevolmente osservare disponendo due elettrodi (il catodo è negativo e l’anodo è positivo) verso le estremità di un tubo di vetro, comunicante con una pompa per l’estrazione dell’aria. Se gli elettrodi sono sufficientemente lontani, inizialmente si hanno soltanto delle scariche rumorose con un’intensità di corrente piuttosto piccola, dovuta al movimento verso gli elettrodi degli ioni presenti nell’aria. Data la distanza tra gli elettrodi, la differenza di potenziale è inferiore al valore d’innesco e così non avviene la scintilla.
Se si estrae progressivamente l’aria, si arriva a un punto in cui si manifestano alcune sottili e tortuose strisce di luce violacea da un elettrodo all’altro con un piccolo intervallo oscuro presso il catodo. Proseguendo la rarefazione, tali strisce finiscono per fondersi in una colonna rossastra che riempie tutto il tubo con un bagliore quasi uniforme escluso solo un certo intervallo presso il catodo che rimane ancora oscuro. Questo intervallo viene detto spazio oscuro di Hittorf. Successivamente, quando la rarefazione scende verso i 0,2 mm di mercurio nella colonna luminosa viene a formarsi una seconda interruzione oscura, denominata secondo spazio oscuro di Faraday, mentre il catodo si contorna di una guaina luminescente denominata primo strato negativo: a questa segue il primo spazio oscuro di Hittorf, relativamente poco esteso, che è a sua volta seguito da uno strato luminescente violaceo, detto bagliore negativo, il quale degrada verso il secondo spazio oscuro di Faraday. Segue infine una colonna luminosa fino all’anodo, denominata colonna positiva. In queste condizioni il gas presenta la massima conducibilità. Con un ulteriore aumento della rarefazione, la conducibilità del gas diminuisce, ed è necessario applicare tensioni molto elevate per mantenere la scarica: si dice che il tubo è diventato duro. Contemporaneamente la luminosità diffusa dalla colonna positiva scompare, mentre il vetro del tubo diventa fluorescente assumendo un colore verde-giallastro. Questo colore assunto dal vetro del tubo è dovuto alla fluorescenza prodotta nel vetro da particelle provenienti dal catodo chiamate raggi catodici.
I raggi catodici o raggi negativi si designano come degli elettroni liberi nello spazio e lanciati in fascio ad alta velocità in una direzione determinata. Con il nome di raggi canale o raggi positivi si intende invece un fascio simile ad alta velocità di ioni positivi. Da questa definizione risulta evidente che tanto i raggi catodici che i raggi canale sono di per sé invisibili. Se questi raggi però attraversano un gas rarefatto vi provocano dei fenomeni di ionizzazione per urto che ne rendono luminose e visibile le tracce. Tanto i raggi catodici che i raggi canale si propagano in linea retta perché l’azione della gravità è assolutamente trascurabile rispetto all’energia cinetica corrispondente all’alta velocità rispettivamente degli elettroni e degli ioni positivi. Per gli elettroni dei raggi catodici questa velocità è di molte migliaia di km/s: per gli ioni positivi dei raggi canale la velocità è ridotta in proporzione alla maggiore massa degli ioni rispetto a quella dell’elettrone.
La traiettoria rettilinea di questi raggi può però essere però deviata per effetto di un campo elettrico o di un campo magnetico ortogonali alla direzione del moto. Questa deviazione può essere utilizzata per misurare la velocità e il rapporto e/m (carica specifica) tra la carica e e la massa m degli elettroni. La prima misura del genere fu fatta nel 1897 dal fisico inglese Thompson con un dispositivo analogo a quello qui sotto.

Quando Thompson eseguì il suo celebre esperimento la struttura atomica dell’elettricità mancava di una verifica sperimentale quantitativa, anche se veniva accettata come una ipotesi scientifica altamente probabile. I risultati di questo esperimento permisero di provare che mentre la velocità degli elettroni cresce con la differenza di potenziale tra catodo e anodo, la carica specifica è indipendente dalle condizioni sperimentali e dalla natura del gas residuo all’interno del tubo. Il valore e/m trovato da Thompson per i raggi catodici risultò molto più elevato, per un fattore di diverse migliaia, dei corrispondenti valori determinati per gli ioni. Perciò Thompson ne concluse che la radiazione catodica era composta da particelle con massa molto più piccola degli ioni e con carica negativa. Queste particelle furono più tardi chiamate “elettroni”. Misure recenti hanno dato per la carica specifica di un elettrone il valore
= 1,76 1011 coulomb /chilogrammo
Se accettiamo, come fece Thompson, e come del resto può essere provato con misure dirette, che ciascuna particella catodica abbia una carica elementare di 1,60 10-19 coulomb, possiamo calcolare la massa di un elettrone. Abbiamo:
m = = 9,1 10-31 kg
Il tubo a raggi catodici viene usato sia negli oscilloscopi che negli apparecchi televisivi per produrre su uno schermo un’immagine controllata elettricamente.
Gli elettroni vengono emessi per effetto termoelettronico, che consiste nell’emissione di elettroni da parte di un filamento metallico portato ad alta temperatura, dal catodo che viene riscaldato dalla resistenza elettrica, percorsa dalla corrente. Questi elettroni emessi nel vuoto vengono accelerati dall’anodo, che si trova a una differenza di potenziale positiva rispetto al catodo. Un foro praticato nell’anodo consente il passaggio di un fascetto di elettroni, che prosegue il suo percorso nel vuoto, senza incontrare resistenza, fino a colpire lo schermo che è situato sul fondo del tubo. Lo schermo dei tubi a raggi catodici è costituito da materiali speciali, detti fosfori, che emettono luce quando sono bombardati da elettroni. Vi sono numerose qualità di fosfori per schermi fluorescenti, che differiscono fra loro nel colore, nella persistenza, nel rendimento, ecc. Uno dei fosfori più comuni è la “Willemite” (orto silicato di zinco – ZnO + SiO2 – con tracce di manganese che agisce da attivatore). Un altro materiale usato per gli schermi è costituito da un miscuglio di zinco, cadmio, magnesio e silicio. La presenza, in proporzione minore di una parte su 100.000 di alcuni metalli, come per esempio argento, rame o cromo, può aumentare la luminosità dello schermo da 10 a 100 volte, determinandone anche il colore. L’intensità luminosa di uno schermo fluorescente è proporzionale al numero di elettroni che lo bombardano, ossia alla corrente del fascio e aumenta approssimativamente secondo il quadrato della tensione anodica. La luce prodotta dallo schermo non cessa istantaneamente appena finisce il bombardamento di elettroni; analogamente essa impiega un certo tempo prima di raggiungere l’intensità massima. La posizione del punto luminoso è controllata da due coppie di placchette (armature del condensatore) di deflessione in direzioni perpendicolari. Quando gli elettroni passano attraverso la prima coppia di placchette, vengono attirati verso la placchetta a potenziale più elevato. La deviazione è regolata variando la differenza di potenziale tra le due placchette. Una coppia di placchette produce deflessione orizzontale (se la placchetta superiore possiede un potenziale più alto di quella inferiore, il fascetto devierà verso l’altro, se la placchetta inferiore possiede un potenziale più alto di quella superiore, il fascetto devierà verso il basso), l’altra coppia produce deflessione verticale (se la placchetta di destra possiede un potenziale più alto di quella di sinistra, il fascetto devierà verso destra, se la placchetta di sinistra possiede un potenziale più alto di quella di destra, il fascetto devierà verso sinistra). Con entrambe le coppie di placchette si può spostare il punto luminoso in ogni punto dello schermo.
L’oscillografo a raggi catodici è uno strumento di grande importanza nella tecnica moderna, per lo studio non solo di fenomeni elettrici, ma anche di fenomeni periodici di natura diversa, come, per esempio, la vibrazione di una sorgente sonora o le pulsazioni del cuore, rilevabili sotto forma di impulsi elettrici. Per mezzo di elettrodi piantati su una cellula il potenziale che si vuole esaminare viene applicato alle placchette verticali di un oscilloscopio causando uno spostamento verticale del punto luminoso. Per rappresentare la variazione in funzione del tempo degli impulsi, viene fatto spazzolare a velocità costante il fascio orizzontalmente da sinistra verso destra. Arrivato a destra, il fascio viene rapidamente riportato a sinistra e ricomincia un nuovo spazzolamento. Questo movimento richiede che la tensione applicata alle placchette orizzontali abbia forma a dente di sega. La differenza di potenziale parte da zero, raggiunge un valore massimo V0, poi istantaneamente assume il valore –V0 e successivamente inizia di nuovo a salire fino a V0 e così via. La linearità della differenza di potenziale rispetto al tempo, poiché lo spostamento dell’immagine luminosa è proporzionale alla differenza di potenziale, fa sì che il puntino luminoso si sposti sullo schermo di moto uniforme. Se il tempo t0 che impiega la differenza di potenziale per variare da –V0 a +V0 è superiore al tempo di persistenza delle immagini sulla retina (1/10 di s), si osserva sullo schermo un puntino luminoso che parte dall’estremità sinistra, raggiunge l’estremità destra, poi ritorna istantaneamente a sinistra e così via. Se invece t0 è minore di 1/10 di secondo, si osserva sullo schermo una linea luminosa fissa.
Il tubo di un televisore è molo simile al tubo a raggi catodici, eccetto per il fatto che il fascio di elettroni è deviato magneticamente invece che elettricamente. Il fascetto elettronico qui viene spostato rapidamente da un meccanismo automatico, in modo tale che esso percorra 25 volte al secondo l’intero schermo, il quale è costituito da 625 righe. In ogni istante, un solo punto dello schermo viene colpito dagli elettroni emessi dal catodo, ma la successione è talmente rapida che lo schermo sembra illuminato contemporaneamente. I segnali che provengono dall’antenna (o da un videoregistratore) comandano in ogni punto l’intensità del fascetto, determinando così la definizione e le variazioni delle immagini che vengono osservate sullo schermo. Con il meccanismo descritto si ottengono delle immagini “in bianco e nero”: dove arriva il fascetto si ha il bianco e dove non arriva si ha il nero. In un televisore a colori vi sono tre fascetti elettronici che operano contemporaneamente, ognuno dei quali incide su strati differenti dello schermo, che producono punti colorati rispettivamente di rosso, verde e blu. Dalla composizione e distribuzione di questi punti si ottengono molte sfumature di colore, che rendono le immagini create sullo schermo simili a quelle reali.
In genere, le tensioni applicate tra anodo e catodo in un normale televisore sono parecchie di migliaia di volt; di conseguenza gli elettroni accelerati dal campo elettrico raggiungono delle velocità altissime.
Televisori e monitor a tubo catodico sono oggi stati sostituiti da altri che usano tecnologie diverse, come i cristalli liquidi e il plasma, ma per alcune applicazioni (come certi tipi di videogiochi) la maggior parte degli utenti sembra ancora preferire la “vecchia” tecnologia a tubo catodico.

Melissa Lupone

Esempio



  


  1. giulia

    tesina sull alimentazione

  2. alejandro

    molto canzo questo esercizio ;)