Materie: | Tesina |
Categoria: | Fisica |
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Data: | 14.02.2006 |
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METODI DI MISURAZIONE DEL TEMPO
All’inizio vi era il Caos.
Poi Urano creò l’universo. Si unì con la madre Gea, la Terra, ed ebbe molti figli che uccise. Si salvò Cronos, il Tempo. Cronos si accoppiò con la sorella Rea, ma come suo padre, uccise i figli. Rea riuscì però a salvare Zeus… Così comincia l’alba degli Dei.
Questo mito antichissimo si perde infatti nella notte dei tempi, ma segna già l’angoscia umana sulle ragioni della vita e della morte. Gli dei sono immortali, gli umani invece No. La loro esistenza è infatti scandita in varie fasi: nascita, crescita, maturità, vecchiaia e infine morte. E’ la prima sequenza per la misurazione del tempo: è l’orologio biologico.
Ma è così anche definita l’inesorabilità del destino umano che vede nascere la vita, consumarla nel tempo e infine perderla...
Il calcolo dell’esistenza però è più sottile e più raffinatamente si divide in anni, mesi, settimane, giorni, ore, minuti, secondi...
Proprio questa raffinatezza e discriminazione, l’uomo, fin dagli albori della sua storia, ha sempre sentito la necessità di disciplinare, seppur in modo non così analitico.
Il sorgere e il tramontare del sole, della luna, l’avvicendarsi delle stagioni e il succedersi di eventi atmosferici che temeva e subiva, a volte con terrore, pian piano divennero a lui familiari. Fu proprio il sole che suggerì all’uomo il primo strumento di misura.
Come detto, quando vinse le sue paure ancestrali, sentì la necessità di regolarsi al trascorrere del tempo. Doveva nutrirsi per sopravvivere, quindi uscire all’alba dal suo rifugio per cacciare le prede e farvi ritorno prima del calar del sole, per non essere a sua volta, sorpreso dalle tenebre allo scoperto e senza difesa.
Osservando e riflettendo, l’uomo del neolitico aveva così appreso che, ponendosi con le spalle al sole, proiettava sul terreno un’ombra. Con dei sassi imparò a delimitarla e successivamente, ponendo i piedi uno davanti all’altro, misurava quanti passi la stessa fosse lunga, quindi anche se in modo empirico, sapeva quanto tempo lo separava dal tramonto.
Questo fu in pratica il primo segnatempo: lo Gnomone umano.
Un altro metodo di misura era quello di allungare il braccio davanti a sé e misurare quante volte le 4 dita della mano posta in modo orizzontale separassero la base del sole dall’orizzonte.
Il primo vero gnomone (un po’ più perfezionato….) era un bastone graduato, con lo stilo posto ad una certa altezza. Un tipo noto ed ancora oggi in uso nel Tibet, ha 8 facce con iscrizioni varie.
Lo gnomone era utilizzato anche dai Sumeri e dagli Egiziani nel 3000 a.C., dai Cinesi nel 2400 a.C. Dagli antichi scritti pervenutici, risulta che in Italia centrale, nel mese di aprile, il corpo umano proiettasse al mattino, un’ombra lunga 24 piedi e a mezzogiorno 4.
Nei classici di Aristofane (400 a.C.) il tempo dei pasti era giunto quando si misuravano 3 piedi d’ombra, Menandro (300 a.C.) dà appuntamento ai conviviali “quando l’ombra sarà di 12 piedi”. Rutilio Palladiano nella sua opera “De re rustica”, dà una completa e interessante tabella delle ore - tradotte in piedi – per i vari mesi dell’anno. Erodoto riferisce che i primi costruttori di Gnomoni evoluti, fossero i Caldei.
A Roma per ordine di Augusto venne costruito uno gnomone, utilizzando come stilo un obelisco che era stato fatto erigere in Egitto e che si trova tuttora in piazza Montecitorio., al Non possiamo confermare che siano stati effettivamente i Caldei ad inventare ed utilizzare correttamente i primi gnomoni, certo è che avevano raggiunto comunque una notevole perfezione nella costruzione dello strumento, conferendogli l’aspetto di un quarto di sfera scavata in un blocco granitico, con una pallina sospesa nel suo centro, proiettante l’ombra sulla zona concava graduata (sfera armillare).
I Greci lo migliorarono, calcolando esattamente ogni graduazione e i Romani nel 491 a.C. ne installarono uno di grandi dimensioni sul Foro. Lo Gnomone dette origine poi ai quadranti solari (meglio conosciuti come meridiane) col loro complesso dei tracciati delle linee meridiane e da qui si passò al primo importante perfezionamento, trasferendo il quadrante solare, calcolato per un luogo fisso e conosciuto, al quadrante universale da viaggio e poi successivamente, al quadrante solare da tavolo e da tasca. Come già detto il funzionamento dell'orologio solare dipende dal movimento apparente del Sole. È costituito da uno gnomone o stilo che proietta l'ombra solare su una superficie solcata dal tracciato delle linee orarie. Queste linee cambiano a seconda del tipo di orologio (declinante, verticale, orizzontale, ecc.) e a seconda della latitudine per la quale l'orologio stesso è tarato. L'orologio poteva assumere varie forme: a colonna, a cilindro, poliedrico, a libro, a tazza, equinoziale (quando lo gnomone è parallelo all'asse terrestre e l'orologio è parallelo al piano dell'equatore), ecc. Poteva anche essere tarato per latitudini diverse (orologio universale). Per leggere correttamente l'ora, l'orologio doveva essere orientato a nord, operazione che veniva compiuta con una bussola.
A seconda del luogo e del tempo in cui sono stati costruiti gli orologi solari possono essere:
Meridiana Orologio solare costruito mediante il tracciamento della linea meridiana generata dall'intersezione del piano verticale del circolo meridiano con quello dell'orizzonte (meridiana orizzontale) o con il piano del quadrante (meridiana verticale). La linea meridiana indica la direzione nord-sud. Fin dai tempi più antichi veniva tracciata seguendo la direzione dell'ombra più breve proiettata da uno gnomone verticale nell'arco della giornata.
Annulo Orologio solare ad armille (anelli). Il raggio del Sole indica l'ora passando attraverso un foro praticato in una delle armille e colpendo l'interno opposto della stessa armilla dove si trova il tracciato delle linee orarie. Le armille indicano i principali circoli della sfera celeste: il meridiano, l'equatore e il coluro solstiziale. Munito di scala delle ombre, l'annulo può anche essere usato per la misurazione delle distanze. La varietà delle sue funzioni è illustrata nella raccolta di scritti di vari autori (tra i quali Regiomontano, Reiner Gemma Frisius e Oronce Finé) data alle stampe a Parigi da Gulielmum Cavellat nel 1557 col titolo Annuli astronomici... usus.
Orologio solare a tazzaDetto anche a "scaphea", questo strumento è uno dei più antichi modelli di orologio solare, la cui origine si fa risalire ai Babilonesi. È costruito riportando in proiezione gnomonica le divisioni orarie del circolo equatoriale su una superficie concava emisferica che rappresenta il rovescio della sfera celeste, il cui centro è rappresentato dalla punta dello gnomone orizzontale.
Orologio solare cilindrico In uso nell'Occidente cristiano fin dal X secolo, questo orologio presenta le linee orarie tracciate sulla superficie di un cilindro verticale. Lo gnomone orizzontale è fissato alla testa girevole del cilindro in modo da poter essere posizionato sulla data corrispondente al momento in cui si effettua la lettura del tempo.
Orologio solare orizzontale È il più diffuso tipo di orologio solare, grazie al fatto che può indicare l'ora in qualsiasi momento del giorno. È costruito riportando in proiezione gnomonica le divisioni orarie del circolo equatoriale su un piano orizzontale. Lo gnomone è infisso nel piano dell'orologio secondo la direzione dell'asse celeste e la sua punta indica il centro della sfera celeste. Le linee orarie sono segnate sul quadrante come linee rette convergenti in un punto che rappresenta la proiezione dei poli celesti, e sono attraversate dalla linea equinoziale (proiezione del circolo equinoziale) e dalle curve di declinazione (proiezioni dei circoli paralleli compresi tra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno). La linea meridiana divide simmetricamente le linee orarie tagliando ortogonalmente l'equinoziale.
Orologio solare universale Questo tipo di orologio solare è detto anche "polare", poiché il suo piano è orientato in direzione dei poli celesti. È costruito riportando in proiezione gnomonica le divisioni orarie del circolo equatoriale su un piano parallelo all'asse celeste. Lo gnomone è formato da una lastra verticale, infissa sulla linea meridiana, la cui sommità rappresenta l'asse celeste. A differenza degli altri orologi solari, questo tipo presenta le linee orarie tutte parallele. Si dice universale perché può essere usato a qualsiasi latitudine.
Orologio solare verticale Generalmente collocato sulle facciate degli edifici, questo tipo di orologio solare è costruito riportando in proiezione gnomonica le divisioni orarie del circolo equatoriale su un piano verticale. Lo gnomone è infisso sul piano dell'orologio secondo la direzione dell'asse celeste e la sua punta indica il centro della sfera celeste. L'orologio si dice "retto", se il piano verticale è orientato direttamente verso uno dei punti cardinali, o "declinante", se il piano presenta qualsiasi altra orientazione.
Orologio solare equatoriale Orologio solare formato da un disco parallelo all'equatore celeste su cui sono tracciate le linee orarie secondo le divisioni del circolo equatoriale. Al centro del disco è infisso ortogonalmente uno gnomone secondo la direzione dell'asse celeste.
Orologio solare anaclastico o diottrico Orologio solare che sfrutta le leggi di rifrazione dei raggi luminosi. È formato generalmente da una vasca o tazza emisferica riempita d'acqua. Le linee orarie sono tracciate sul fondo della vasca tenendo conto ovviamente degli angoli di rifrazione del raggio solare che proietta l'ombra dello gnomone. Una variante di questo orologio prevede, in luogo dell'acqua, un globo di cristallo il cui centro coincide con la punta dello gnomone; l'ora è indicata dal punto luminoso formato dalla concentrazione dei raggi solari. Questo tipo di orologi, comprese numerose altre varianti, è descritto da Athanasius Kircher (1602-1680) nell'Ars magna lucis et umbrae (Roma, 1646), nel contesto della cosiddetta "Gnomonica anaclastica".
Orologio solare anacamptico o catottrico Orologio solare che sfrutta le leggi di riflessione dei raggi luminosi. L'orologio può essere orizzontale, verticale, polare, equinoziale o emisferico; il tracciato delle linee orarie, che risulta capovolto rispetto a quello dei più comuni orologi solari, tiene conto degli angoli di riflessione dei raggi solari deviati dalla superficie di uno specchietto posto in luogo dello stilo gnomonico. Una variante di questo strumento è il cosiddetto orologio anacamptico-anaclastico, che prevede anche lo sfruttamento delle leggi di rifrazione; si tratta di un emisfero concavo riempito d'acqua dove le ore sono segnate su due tracciati orari contrapposti che ricevono sia dall'ombra dello specchietto che il raggio riflesso. L'orologio anacamptico, con le sue numerose varianti, è descritto da Athanasius Kircher nell'Ars magna lucis et umbrae (Roma, 1646), nel contesto della cosiddetta "Gnomonica anacamptica".
Quando il cielo era nuvoloso era impossibile misurare il tempo con la meridiana, per risolvere questo problema venne inventata la clessidra chi inizialmente era costituita da un vaso dotato di graduazioni e di un foro sul fondo. Questo strumento consentiva di misurare il passare del tempo dalla diminuzione del livello dell'acqua che lentamente defluiva dall'apertura inferiore. Questo strumento non era molto preciso poiché il deflusso del liquido dipende da vari fattori: la forma del vaso, l'altezza dell'acqua del recipiente, la temperatura, ecc...
L'uso di questo strumento sembra essere molto antico.
Grandi clessidre sono state trovate in Grecia, Cina, Roma e Alessandria.
Queste clessidre, che muovevano col flusso del liquido complicati congegni che animavano pupazzi e lancette, erano veri e propri orologi ad acqua.
In Grecia le clessidre giungevano ad errori di circa 8 minuti e mezzo ogni ora; più tardi si sostituirà l'acqua con la sabbia. Altri strumenti per misurare il tempo furono la candela, che attraverso una serie di tacche poteva indicare, con il livello in cui arrivava la fiamma, il passare del tempo.
Altro strumento erano i bastoncini segnatempo, la cui durata, quando venivano bruciati, indicava il tempo trascorso. Verso la fine del tredicesimo secolo iniziarono i primi tentativi di costruzione di orologi meccanici, meno precisi di quelli solari e delle clessidre, ma importanti perché segnarono l'inizio di una nuova era nella determinazione del tempo. La prova che la Terra non era un orologio perfetto è di circa settanta anni fa. Fino a quel tempo, i migliori orologi disponibili erano gli orologi a pendolo. Ma per quanto fossero stati perfezionati, non erano sufficientemente sensibili e stabili: qualche indicazione l'avevano data, ma non conclusiva.
La prova sicura venne con l'adozione di due nuove specie di ``orologi''. Il primo è il moto della Luna e dei pianeti: invece di usare come orologio la rotazione della Terra, si usa il moto dei corpi del sistema solare. Secondo: gli orologi a quarzo. Si tratta quindi di due tecniche completamente diverse: la prima si appoggia fortemente sull'astronomia e sulla meccanica celeste, la seconda gli orologi a quarzo richiede l'elettronica. Negli anni '30 esisteva già la capacità di costruire strumenti elettronici affidabili (non a transistor naturalmente) e si sapeva utilizzare i cristalli di quarzo come campioni di frequenza. Ora questa è diventata una cosa comune, l'orologio al quarzo l'abbiamo al polso; a quel tempo invece per contenere tutto l'apparato ci voleva una stanza. Comunque erano già orologi sufficientemente affidabili per scoprire che la Terra non si comportava bene.
In effetti gli orologi a quarzo vanno bene solo per mostrare che la rotazione della Terra ha delle variazioni periodiche: accelera e rallenta. Non sono buoni per verificare l'effetto di rallentamento secolare, perché non sono affidabili su tempi lunghi. Con gli orologi a quarzo è stato scoperto che la rotazione della Terra ha delle accelerazioni e dei rallentamenti con periodi dell'ordine dell'anno.
Vediamo ora brevemente come funziona un orologio al quarzo. Ogni orologio (quasi: clessidre e simili fanno eccezione) si basa su un sistema fisico capace di moto periodico, dotato di una frequenza propria di oscillazione. Nel caso degli orologi a quarzo, il sistema è un cristallo di quarzo.
Si prende dunque un cristallo di quarzo (pensiamo per es. a una barretta) e lo si mette in oscillazione, per es. longitudinalmente. Il quarzo è un cristallo, quindi un corpo solido: ha una sua costante elastica e una frequenza di risonanza propria. Perché proprio il quarzo? Perché è un cristallo che ha particolari caratteristiche di stabilità, la cui frequenza non cambia molto nel tempo per influenze esterne e inoltre è piezoelettrico: le oscillazioni producono cariche e differenze di potenziale tra le due facce. Se su queste si mettono dei conduttori e li si collegano a un amplificatore, si ottiene una differenza di potenziale che naturalmente varia periodicamente (sinusoidalmente) con la frequenza di oscillazione del quarzo: si manda la tensione a un contatore connesso a un display digitale o a un motore con cui si fa camminare una lancetta... e il gioco è fatto. I primi esemplari di orologi meccanici sono stati costruiti intorno al XIII secolo, si trovarono in monasteri italiani e inglesi. Presentavano già le caratteristiche degli odierni orologi, anche se non avevano ancora quadrante e lancette, ma si limitavano ad azionare una suoneria in alcuni momenti della giornata.
Il funzionamento degli orologi meccanici si basa su tre elementi fondamentali: un motore (in origine un peso avvolto intorno a un cilindro, o tamburo, che ruotava lentamente man mano che il peso scendeva); un sistema di ruote dentate collegate al cilindro e che ruotavano insieme ad esso; una ruota di scappamento, che regolava il movimento di tutto l’ingranaggio interrompendo, a intervalli regolari, la discesa del peso. Attualmente l’orologio più preciso è quello atomico. Vediamo, schematicamente, com'è fatto un orologio atomico. Lo scopo è di sottolineare che si tratta di uno strumento fisico, costituito da certi componenti, funzionante secondo certe leggi. Prima di tutto: perché atomico.
Sebbene estremamente schematica, la fig. 1, già rende evidente come un orologio atomico sia un congegno piuttosto complesso. La prima cosa da guardare nel disegno è la striscia che l'attraversa da sinistra a destra: è un fascio di atomi di Cesio (133Cs, che è l'unico isotopo stabile). Poi ci sono alcuni componenti che evitiamo di descrivere in dettaglio, come i separatori magnetici: il loro scopo è d'isolare quegli atomi del fascio che si trovano in un determinato stato.
Gli elettroni dell'atomo avranno vari possibili stati: tra questi c'è lo stato fondamentale. Il nucleo del 133Cs ha un momento magnetico il cui campo interagisce con gli elettroni; ne consegue che quello che si pensa comunemente come stato fondamentale, in realtà non è un singolo livello energetico, ma è separato in due sottolivelli. La spaziatura in energia fra questi sottolivelli è molto piccola: circa 4·10e5eV. Per questo motivo si parla di struttura iperfina. C'è un numero quantico che classifica i livelli della struttura iperfina, solitamente indicato con F: i due sottolivelli hanno F=3 (il più basso) e F=4 (il più alto).
La piccolissima separazione fra i due sottolivelli ha una conseguenza importante: già a temperatura ambiente, e a maggior ragione alla temperatura del fascio (v. dopo) i due livelli sono entrambi popolati; anzi, a causa del più alto valore di F , il sottolivello superiore contiene un numero di atomi un po' maggiore.
Alla transizione fra i due sottolivelli corrisponde un'emissione o un assorbimento di fotoni della corrispondente energia. La frequenza di questa radiazione (circa 9 GHz) sta nelle microonde: la lunghezza d'onda è qualche centimetro.
Il principio dell'orologio al Cesio è questo: col primo separatore si escludono dal fascio gli atomi con F=3, lasciando solo quelli con F=4. Si fa poi passare il fascio in una cavità che ha una frequenza di risonanza corrispondente alla transizione fra i sottolivelli iperfini; se nella cavità c'è un campo elettromagnetico a quella frequenza, esso induce la transizione da 4 a 3. Il campo è generato da un oscillatore esterno, mantenuto alla frequenza necessaria per la transizione. Dato che il livello 4 è più alto, si tratterà di un'emissione (non spontanea: stimolata) ma questo non è importante. È invece importante che gli atomi che escono dalla cavità non sono più tutti nello stato 4: almeno in parte sono andati nello stato 3. Quelli rimasti nello stato 4 vengono eliminati con un secondo separatore magnetico, e i restanti inviati a un rivelatore, il quale dà un segnale proporzionale al numero di atomi che riceve per unità di tempo.
Se la frequenza non è quella giusta per produrre le transizioni, gli atomi in uscita sul livello 3 sono ridotti in numero o addirittura scompaiono: il rivelatore se ne accorge e dà un segnale diverso. La variazione del segnale viene usata per creare un segnale di correzione che viene riportato all'oscillatore.
Quindi, sebbene l'oscillatore non sia perfetto, esso resta agganciato alla frequenza di transizione degli atomi (la frequenza corrispondente alla distanza fra i due livelli iperfini) e viene mantenuto lì, perché quando si sposta automaticamente nasce un segnale di correzione. Questa tecnica (del feedback) è in uso da tempo, in moltissime applicazioni.
Il segnale che esce dall'oscillatore, così agganciato alla frequenza della transizione atomica, viene mandato a un amplificatore; poi eventualmente diviso in frequenza, se vogliamo fino anche a 1 Hz, ossia un ciclo al secondo.
Risultato: la definizione del secondo nel Sistema Internazionale è oggi la seguente: 9 192 631 770 cicli della transizione iperfina del 133Cs.
Da che cosa dipendono la bontà e l'accuratezza di un orologio di questo genere? Dipendono dal fatto che quella frequenza è strettamente legata alla differenza di energia tra i due livelli, che è una proprietà degli atomi, indipendente da parametri esterni, come accadeva invece per un pendolo, per il quarzo, ecc... Gli atomi in sé sono oggetti molto più sicuri, affidabili, stabili, di quanto non siano apparati costruiti da noi.
Perché sono importanti gli orologi atomici? Ci sono due ragioni.
Da un punto di vista pratico, perché sono molto stabili e pochissimo sensibili alle influenze esterne: con gli orologi atomici oggi è possibile tranquillamente misurare il tempo, anche su intervalli dell'ordine di mesi, con un'accuratezza dell'ordine di 1013.
La seconda proprietà degli orologi atomici è che sono assoluti. Infatti il loro funzionamento dipende idealmente solo dalle proprietà degli atomi, che sono tutti identici, indipendentemente dal tempo e dal luogo e quindi ogni volta che costruisco un orologio basato su un certo tipo di atomi, la frequenza sarà quella che mi aspetto. Ogni orologio, per conto proprio, è già un campione di frequenza, cosa che non è vera per un orologio al quarzo: se fabbrico due barrette di quarzo, non ho nessuna ragione per aspettarmi che siano uguali.
Da adesso in poi prendiamo l'orologio atomico come paradigma di un orologio ideale. Brevemente, affermo che due orologi atomici in luoghi ed epoche diverse segnano lo stesso tempo. Intendo dire che sono uguali: più uguali di così non li so fare; il loro funzionamento dipende solo dal fatto che dentro hanno quei certi atomi, identici dappertutto; quindi sono sicuro che segnano lo stesso tempo. Anche se li mando sulla Luna, anche se li metto in situazioni e ambienti molto diversi dal mio laboratorio, li posso considerare come campioni ideali di tempo. Prenderemo quindi l'orologio atomico come paradigma di un orologio ideale, nel senso che quando parleremo di orologi ideali, potremo visualizzarlo come orologio atomico. Ideali non saranno, poiché non si possono realizzare strumenti perfetti; ma questi sono estremamente vicini, sono di gran lunga il meglio, molto meglio degli orologi a pendolo, degli orologi a quarzo, ecc...
METODI DI MISURAZIONE DEL TEMPO
All’inizio vi era il Caos.
Poi Urano creò l’universo. Si unì con la madre Gea, la Terra, ed ebbe molti figli che uccise. Si salvò Cronos, il Tempo. Cronos si accoppiò con la sorella Rea, ma come suo padre, uccise i figli. Rea riuscì però a salvare Zeus… Così comincia l’alba degli Dei.
Questo mito antichissimo si perde infatti nella notte dei tempi, ma segna già l’angoscia umana sulle ragioni della vita e della morte. Gli dei sono immortali, gli umani invece No. La loro esistenza è infatti scandita in varie fasi: nascita, crescita, maturità, vecchiaia e infine morte. E’ la prima sequenza per la misurazione del tempo: è l’orologio biologico.
Ma è così anche definita l’inesorabilità del destino umano che vede nascere la vita, consumarla nel tempo e infine perderla...
Il calcolo dell’esistenza però è più sottile e più raffinatamente si divide in anni, mesi, settimane, giorni, ore, minuti, secondi...
Proprio questa raffinatezza e discriminazione, l’uomo, fin dagli albori della sua storia, ha sempre sentito la necessità di disciplinare, seppur in modo non così analitico.
Il sorgere e il tramontare del sole, della luna, l’avvicendarsi delle stagioni e il succedersi di eventi atmosferici che temeva e subiva, a volte con terrore, pian piano divennero a lui familiari. Fu proprio il sole che suggerì all’uomo il primo strumento di misura.
Come detto, quando vinse le sue paure ancestrali, sentì la necessità di regolarsi al trascorrere del tempo. Doveva nutrirsi per sopravvivere, quindi uscire all’alba dal suo rifugio per cacciare le prede e farvi ritorno prima del calar del sole, per non essere a sua volta, sorpreso dalle tenebre allo scoperto e senza difesa.
Osservando e riflettendo, l’uomo del neolitico aveva così appreso che, ponendosi con le spalle al sole, proiettava sul terreno un’ombra. Con dei sassi imparò a delimitarla e successivamente, ponendo i piedi uno davanti all’altro, misurava quanti passi la stessa fosse lunga, quindi anche se in modo empirico, sapeva quanto tempo lo separava dal tramonto.
Questo fu in pratica il primo segnatempo: lo Gnomone umano.
Un altro metodo di misura era quello di allungare il braccio davanti a sé e misurare quante volte le 4 dita della mano posta in modo orizzontale separassero la base del sole dall’orizzonte.
Il primo vero gnomone (un po’ più perfezionato….) era un bastone graduato, con lo stilo posto ad una certa altezza. Un tipo noto ed ancora oggi in uso nel Tibet, ha 8 facce con iscrizioni varie.
Lo gnomone era utilizzato anche dai Sumeri e dagli Egiziani nel 3000 a.C., dai Cinesi nel 2400 a.C. Dagli antichi scritti pervenutici, risulta che in Italia centrale, nel mese di aprile, il corpo umano proiettasse al mattino, un’ombra lunga 24 piedi e a mezzogiorno 4.
Nei classici di Aristofane (400 a.C.) il tempo dei pasti era giunto quando si misuravano 3 piedi d’ombra, Menandro (300 a.C.) dà appuntamento ai conviviali “quando l’ombra sarà di 12 piedi”. Rutilio Palladiano nella sua opera “De re rustica”, dà una completa e interessante tabella delle ore - tradotte in piedi – per i vari mesi dell’anno. Erodoto riferisce che i primi costruttori di Gnomoni evoluti, fossero i Caldei.
A Roma per ordine di Augusto venne costruito uno gnomone, utilizzando come stilo un obelisco che era stato fatto erigere in Egitto e che si trova tuttora in piazza Montecitorio., al Non possiamo confermare che siano stati effettivamente i Caldei ad inventare ed utilizzare correttamente i primi gnomoni, certo è che avevano raggiunto comunque una notevole perfezione nella costruzione dello strumento, conferendogli l’aspetto di un quarto di sfera scavata in un blocco granitico, con una pallina sospesa nel suo centro, proiettante l’ombra sulla zona concava graduata (sfera armillare).
I Greci lo migliorarono, calcolando esattamente ogni graduazione e i Romani nel 491 a.C. ne installarono uno di grandi dimensioni sul Foro. Lo Gnomone dette origine poi ai quadranti solari (meglio conosciuti come meridiane) col loro complesso dei tracciati delle linee meridiane e da qui si passò al primo importante perfezionamento, trasferendo il quadrante solare, calcolato per un luogo fisso e conosciuto, al quadrante universale da viaggio e poi successivamente, al quadrante solare da tavolo e da tasca. Come già detto il funzionamento dell'orologio solare dipende dal movimento apparente del Sole. È costituito da uno gnomone o stilo che proietta l'ombra solare su una superficie solcata dal tracciato delle linee orarie. Queste linee cambiano a seconda del tipo di orologio (declinante, verticale, orizzontale, ecc.) e a seconda della latitudine per la quale l'orologio stesso è tarato. L'orologio poteva assumere varie forme: a colonna, a cilindro, poliedrico, a libro, a tazza, equinoziale (quando lo gnomone è parallelo all'asse terrestre e l'orologio è parallelo al piano dell'equatore), ecc. Poteva anche essere tarato per latitudini diverse (orologio universale). Per leggere correttamente l'ora, l'orologio doveva essere orientato a nord, operazione che veniva compiuta con una bussola.
A seconda del luogo e del tempo in cui sono stati costruiti gli orologi solari possono essere:
Meridiana Orologio solare costruito mediante il tracciamento della linea meridiana generata dall'intersezione del piano verticale del circolo meridiano con quello dell'orizzonte (meridiana orizzontale) o con il piano del quadrante (meridiana verticale). La linea meridiana indica la direzione nord-sud. Fin dai tempi più antichi veniva tracciata seguendo la direzione dell'ombra più breve proiettata da uno gnomone verticale nell'arco della giornata.
Annulo Orologio solare ad armille (anelli). Il raggio del Sole indica l'ora passando attraverso un foro praticato in una delle armille e colpendo l'interno opposto della stessa armilla dove si trova il tracciato delle linee orarie. Le armille indicano i principali circoli della sfera celeste: il meridiano, l'equatore e il coluro solstiziale. Munito di scala delle ombre, l'annulo può anche essere usato per la misurazione delle distanze. La varietà delle sue funzioni è illustrata nella raccolta di scritti di vari autori (tra i quali Regiomontano, Reiner Gemma Frisius e Oronce Finé) data alle stampe a Parigi da Gulielmum Cavellat nel 1557 col titolo Annuli astronomici... usus.
Orologio solare a tazzaDetto anche a "scaphea", questo strumento è uno dei più antichi modelli di orologio solare, la cui origine si fa risalire ai Babilonesi. È costruito riportando in proiezione gnomonica le divisioni orarie del circolo equatoriale su una superficie concava emisferica che rappresenta il rovescio della sfera celeste, il cui centro è rappresentato dalla punta dello gnomone orizzontale.
Orologio solare cilindrico In uso nell'Occidente cristiano fin dal X secolo, questo orologio presenta le linee orarie tracciate sulla superficie di un cilindro verticale. Lo gnomone orizzontale è fissato alla testa girevole del cilindro in modo da poter essere posizionato sulla data corrispondente al momento in cui si effettua la lettura del tempo.
Orologio solare orizzontale È il più diffuso tipo di orologio solare, grazie al fatto che può indicare l'ora in qualsiasi momento del giorno. È costruito riportando in proiezione gnomonica le divisioni orarie del circolo equatoriale su un piano orizzontale. Lo gnomone è infisso nel piano dell'orologio secondo la direzione dell'asse celeste e la sua punta indica il centro della sfera celeste. Le linee orarie sono segnate sul quadrante come linee rette convergenti in un punto che rappresenta la proiezione dei poli celesti, e sono attraversate dalla linea equinoziale (proiezione del circolo equinoziale) e dalle curve di declinazione (proiezioni dei circoli paralleli compresi tra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno). La linea meridiana divide simmetricamente le linee orarie tagliando ortogonalmente l'equinoziale.
Orologio solare universale Questo tipo di orologio solare è detto anche "polare", poiché il suo piano è orientato in direzione dei poli celesti. È costruito riportando in proiezione gnomonica le divisioni orarie del circolo equatoriale su un piano parallelo all'asse celeste. Lo gnomone è formato da una lastra verticale, infissa sulla linea meridiana, la cui sommità rappresenta l'asse celeste. A differenza degli altri orologi solari, questo tipo presenta le linee orarie tutte parallele. Si dice universale perché può essere usato a qualsiasi latitudine.
Orologio solare verticale Generalmente collocato sulle facciate degli edifici, questo tipo di orologio solare è costruito riportando in proiezione gnomonica le divisioni orarie del circolo equatoriale su un piano verticale. Lo gnomone è infisso sul piano dell'orologio secondo la direzione dell'asse celeste e la sua punta indica il centro della sfera celeste. L'orologio si dice "retto", se il piano verticale è orientato direttamente verso uno dei punti cardinali, o "declinante", se il piano presenta qualsiasi altra orientazione.
Orologio solare equatoriale Orologio solare formato da un disco parallelo all'equatore celeste su cui sono tracciate le linee orarie secondo le divisioni del circolo equatoriale. Al centro del disco è infisso ortogonalmente uno gnomone secondo la direzione dell'asse celeste.
Orologio solare anaclastico o diottrico Orologio solare che sfrutta le leggi di rifrazione dei raggi luminosi. È formato generalmente da una vasca o tazza emisferica riempita d'acqua. Le linee orarie sono tracciate sul fondo della vasca tenendo conto ovviamente degli angoli di rifrazione del raggio solare che proietta l'ombra dello gnomone. Una variante di questo orologio prevede, in luogo dell'acqua, un globo di cristallo il cui centro coincide con la punta dello gnomone; l'ora è indicata dal punto luminoso formato dalla concentrazione dei raggi solari. Questo tipo di orologi, comprese numerose altre varianti, è descritto da Athanasius Kircher (1602-1680) nell'Ars magna lucis et umbrae (Roma, 1646), nel contesto della cosiddetta "Gnomonica anaclastica".
Orologio solare anacamptico o catottrico Orologio solare che sfrutta le leggi di riflessione dei raggi luminosi. L'orologio può essere orizzontale, verticale, polare, equinoziale o emisferico; il tracciato delle linee orarie, che risulta capovolto rispetto a quello dei più comuni orologi solari, tiene conto degli angoli di riflessione dei raggi solari deviati dalla superficie di uno specchietto posto in luogo dello stilo gnomonico. Una variante di questo strumento è il cosiddetto orologio anacamptico-anaclastico, che prevede anche lo sfruttamento delle leggi di rifrazione; si tratta di un emisfero concavo riempito d'acqua dove le ore sono segnate su due tracciati orari contrapposti che ricevono sia dall'ombra dello specchietto che il raggio riflesso. L'orologio anacamptico, con le sue numerose varianti, è descritto da Athanasius Kircher nell'Ars magna lucis et umbrae (Roma, 1646), nel contesto della cosiddetta "Gnomonica anacamptica".
Quando il cielo era nuvoloso era impossibile misurare il tempo con la meridiana, per risolvere questo problema venne inventata la clessidra chi inizialmente era costituita da un vaso dotato di graduazioni e di un foro sul fondo. Questo strumento consentiva di misurare il passare del tempo dalla diminuzione del livello dell'acqua che lentamente defluiva dall'apertura inferiore. Questo strumento non era molto preciso poiché il deflusso del liquido dipende da vari fattori: la forma del vaso, l'altezza dell'acqua del recipiente, la temperatura, ecc...
L'uso di questo strumento sembra essere molto antico.
Grandi clessidre sono state trovate in Grecia, Cina, Roma e Alessandria.
Queste clessidre, che muovevano col flusso del liquido complicati congegni che animavano pupazzi e lancette, erano veri e propri orologi ad acqua.
In Grecia le clessidre giungevano ad errori di circa 8 minuti e mezzo ogni ora; più tardi si sostituirà l'acqua con la sabbia. Altri strumenti per misurare il tempo furono la candela, che attraverso una serie di tacche poteva indicare, con il livello in cui arrivava la fiamma, il passare del tempo.
Altro strumento erano i bastoncini segnatempo, la cui durata, quando venivano bruciati, indicava il tempo trascorso. Verso la fine del tredicesimo secolo iniziarono i primi tentativi di costruzione di orologi meccanici, meno precisi di quelli solari e delle clessidre, ma importanti perché segnarono l'inizio di una nuova era nella determinazione del tempo. La prova che la Terra non era un orologio perfetto è di circa settanta anni fa. Fino a quel tempo, i migliori orologi disponibili erano gli orologi a pendolo. Ma per quanto fossero stati perfezionati, non erano sufficientemente sensibili e stabili: qualche indicazione l'avevano data, ma non conclusiva.
La prova sicura venne con l'adozione di due nuove specie di ``orologi''. Il primo è il moto della Luna e dei pianeti: invece di usare come orologio la rotazione della Terra, si usa il moto dei corpi del sistema solare. Secondo: gli orologi a quarzo. Si tratta quindi di due tecniche completamente diverse: la prima si appoggia fortemente sull'astronomia e sulla meccanica celeste, la seconda gli orologi a quarzo richiede l'elettronica. Negli anni '30 esisteva già la capacità di costruire strumenti elettronici affidabili (non a transistor naturalmente) e si sapeva utilizzare i cristalli di quarzo come campioni di frequenza. Ora questa è diventata una cosa comune, l'orologio al quarzo l'abbiamo al polso; a quel tempo invece per contenere tutto l'apparato ci voleva una stanza. Comunque erano già orologi sufficientemente affidabili per scoprire che la Terra non si comportava bene.
In effetti gli orologi a quarzo vanno bene solo per mostrare che la rotazione della Terra ha delle variazioni periodiche: accelera e rallenta. Non sono buoni per verificare l'effetto di rallentamento secolare, perché non sono affidabili su tempi lunghi. Con gli orologi a quarzo è stato scoperto che la rotazione della Terra ha delle accelerazioni e dei rallentamenti con periodi dell'ordine dell'anno.
Vediamo ora brevemente come funziona un orologio al quarzo. Ogni orologio (quasi: clessidre e simili fanno eccezione) si basa su un sistema fisico capace di moto periodico, dotato di una frequenza propria di oscillazione. Nel caso degli orologi a quarzo, il sistema è un cristallo di quarzo.
Si prende dunque un cristallo di quarzo (pensiamo per es. a una barretta) e lo si mette in oscillazione, per es. longitudinalmente. Il quarzo è un cristallo, quindi un corpo solido: ha una sua costante elastica e una frequenza di risonanza propria. Perché proprio il quarzo? Perché è un cristallo che ha particolari caratteristiche di stabilità, la cui frequenza non cambia molto nel tempo per influenze esterne e inoltre è piezoelettrico: le oscillazioni producono cariche e differenze di potenziale tra le due facce. Se su queste si mettono dei conduttori e li si collegano a un amplificatore, si ottiene una differenza di potenziale che naturalmente varia periodicamente (sinusoidalmente) con la frequenza di oscillazione del quarzo: si manda la tensione a un contatore connesso a un display digitale o a un motore con cui si fa camminare una lancetta... e il gioco è fatto. I primi esemplari di orologi meccanici sono stati costruiti intorno al XIII secolo, si trovarono in monasteri italiani e inglesi. Presentavano già le caratteristiche degli odierni orologi, anche se non avevano ancora quadrante e lancette, ma si limitavano ad azionare una suoneria in alcuni momenti della giornata.
Il funzionamento degli orologi meccanici si basa su tre elementi fondamentali: un motore (in origine un peso avvolto intorno a un cilindro, o tamburo, che ruotava lentamente man mano che il peso scendeva); un sistema di ruote dentate collegate al cilindro e che ruotavano insieme ad esso; una ruota di scappamento, che regolava il movimento di tutto l’ingranaggio interrompendo, a intervalli regolari, la discesa del peso. Attualmente l’orologio più preciso è quello atomico. Vediamo, schematicamente, com'è fatto un orologio atomico. Lo scopo è di sottolineare che si tratta di uno strumento fisico, costituito da certi componenti, funzionante secondo certe leggi. Prima di tutto: perché atomico.
Sebbene estremamente schematica, la fig. 1, già rende evidente come un orologio atomico sia un congegno piuttosto complesso. La prima cosa da guardare nel disegno è la striscia che l'attraversa da sinistra a destra: è un fascio di atomi di Cesio (133Cs, che è l'unico isotopo stabile). Poi ci sono alcuni componenti che evitiamo di descrivere in dettaglio, come i separatori magnetici: il loro scopo è d'isolare quegli atomi del fascio che si trovano in un determinato stato.
Gli elettroni dell'atomo avranno vari possibili stati: tra questi c'è lo stato fondamentale. Il nucleo del 133Cs ha un momento magnetico il cui campo interagisce con gli elettroni; ne consegue che quello che si pensa comunemente come stato fondamentale, in realtà non è un singolo livello energetico, ma è separato in due sottolivelli. La spaziatura in energia fra questi sottolivelli è molto piccola: circa 4·10e5eV. Per questo motivo si parla di struttura iperfina. C'è un numero quantico che classifica i livelli della struttura iperfina, solitamente indicato con F: i due sottolivelli hanno F=3 (il più basso) e F=4 (il più alto).
La piccolissima separazione fra i due sottolivelli ha una conseguenza importante: già a temperatura ambiente, e a maggior ragione alla temperatura del fascio (v. dopo) i due livelli sono entrambi popolati; anzi, a causa del più alto valore di F , il sottolivello superiore contiene un numero di atomi un po' maggiore.
Alla transizione fra i due sottolivelli corrisponde un'emissione o un assorbimento di fotoni della corrispondente energia. La frequenza di questa radiazione (circa 9 GHz) sta nelle microonde: la lunghezza d'onda è qualche centimetro.
Il principio dell'orologio al Cesio è questo: col primo separatore si escludono dal fascio gli atomi con F=3, lasciando solo quelli con F=4. Si fa poi passare il fascio in una cavità che ha una frequenza di risonanza corrispondente alla transizione fra i sottolivelli iperfini; se nella cavità c'è un campo elettromagnetico a quella frequenza, esso induce la transizione da 4 a 3. Il campo è generato da un oscillatore esterno, mantenuto alla frequenza necessaria per la transizione. Dato che il livello 4 è più alto, si tratterà di un'emissione (non spontanea: stimolata) ma questo non è importante. È invece importante che gli atomi che escono dalla cavità non sono più tutti nello stato 4: almeno in parte sono andati nello stato 3. Quelli rimasti nello stato 4 vengono eliminati con un secondo separatore magnetico, e i restanti inviati a un rivelatore, il quale dà un segnale proporzionale al numero di atomi che riceve per unità di tempo.
Se la frequenza non è quella giusta per produrre le transizioni, gli atomi in uscita sul livello 3 sono ridotti in numero o addirittura scompaiono: il rivelatore se ne accorge e dà un segnale diverso. La variazione del segnale viene usata per creare un segnale di correzione che viene riportato all'oscillatore.
Quindi, sebbene l'oscillatore non sia perfetto, esso resta agganciato alla frequenza di transizione degli atomi (la frequenza corrispondente alla distanza fra i due livelli iperfini) e viene mantenuto lì, perché quando si sposta automaticamente nasce un segnale di correzione. Questa tecnica (del feedback) è in uso da tempo, in moltissime applicazioni.
Il segnale che esce dall'oscillatore, così agganciato alla frequenza della transizione atomica, viene mandato a un amplificatore; poi eventualmente diviso in frequenza, se vogliamo fino anche a 1 Hz, ossia un ciclo al secondo.
Risultato: la definizione del secondo nel Sistema Internazionale è oggi la seguente: 9 192 631 770 cicli della transizione iperfina del 133Cs.
Da che cosa dipendono la bontà e l'accuratezza di un orologio di questo genere? Dipendono dal fatto che quella frequenza è strettamente legata alla differenza di energia tra i due livelli, che è una proprietà degli atomi, indipendente da parametri esterni, come accadeva invece per un pendolo, per il quarzo, ecc... Gli atomi in sé sono oggetti molto più sicuri, affidabili, stabili, di quanto non siano apparati costruiti da noi.
Perché sono importanti gli orologi atomici? Ci sono due ragioni.
Da un punto di vista pratico, perché sono molto stabili e pochissimo sensibili alle influenze esterne: con gli orologi atomici oggi è possibile tranquillamente misurare il tempo, anche su intervalli dell'ordine di mesi, con un'accuratezza dell'ordine di 1013.
La seconda proprietà degli orologi atomici è che sono assoluti. Infatti il loro funzionamento dipende idealmente solo dalle proprietà degli atomi, che sono tutti identici, indipendentemente dal tempo e dal luogo e quindi ogni volta che costruisco un orologio basato su un certo tipo di atomi, la frequenza sarà quella che mi aspetto. Ogni orologio, per conto proprio, è già un campione di frequenza, cosa che non è vera per un orologio al quarzo: se fabbrico due barrette di quarzo, non ho nessuna ragione per aspettarmi che siano uguali.
Da adesso in poi prendiamo l'orologio atomico come paradigma di un orologio ideale. Brevemente, affermo che due orologi atomici in luoghi ed epoche diverse segnano lo stesso tempo. Intendo dire che sono uguali: più uguali di così non li so fare; il loro funzionamento dipende solo dal fatto che dentro hanno quei certi atomi, identici dappertutto; quindi sono sicuro che segnano lo stesso tempo. Anche se li mando sulla Luna, anche se li metto in situazioni e ambienti molto diversi dal mio laboratorio, li posso considerare come campioni ideali di tempo. Prenderemo quindi l'orologio atomico come paradigma di un orologio ideale, nel senso che quando parleremo di orologi ideali, potremo visualizzarlo come orologio atomico. Ideali non saranno, poiché non si possono realizzare strumenti perfetti; ma questi sono estremamente vicini, sono di gran lunga il meglio, molto meglio degli orologi a pendolo, degli orologi a quarzo, ecc...